mercoledì 22 giugno 2022




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Stefano Becciolini, un valido comunicatore che nel suo Becciolini Network pubblica giornalmente un podcast con le opinioni sui fatti del giorno di suoi interlocutori  che vantino una presenza attiva e critica nel campo dell’informazione, lunedì scorso ha dato lo spazio di questa rubrica anche a me.

I temi trattati partono dall’infame  trattamento del libero giornalista Julian Assange, proseguono con gli assetti politici francesi profondamente alterati dalle recenti elezioni legislative, con forti implicazioni sulla situazione geopolitica europea, e analizzano le significative novità latinoamericane, prodotte da esiti elettorali del tutto sgraditi all’Impero del Nord. Negli Stati Uniti si parla di “onda pink” (rosa) in Latinoamerica, con riferimento a un rosso sbiadito con il quale si definiscono gli esponenti di un centrosinistra tornato alla ribalta. Dato che il “pink” è meglio del nero dell’epoca dei dittatori disseminati da Washington in tutto il subcontinente e in Centroamerica, ma è peggio del rosso netto degli esiti “rossi” di alcuni decenni fa (Chavez, Morales, Correa, Kirchner, Ortega), tocca vedere e capire quanto oro c’è in quel che luce.

 


Intanto l’America Latina che si muove ha ottenuto un bel successo, facendo fare un indegno flop al “Vertice delle Americhe” di Los Angeles, convocato da Biden con indecente esclusione di Cuba, Venezuela e Nicaragua. Picconata tafazziana sui propri zebedei del vacillante presidente USA dato, che ne sono risultate la rivolta e la mancata partecipazione al Vertice di alcuni tra i più significativi capi di Stato latinoamericani, a partire da colui che oggi ne è con ogni evidenza, insieme a Nicolas Maduro, il rappresentante più influente, Lopez Obrador, presidente del Messico (alla faccia dell’ex-subcomandante zapatista in pensione, Marcos, che per tre volte, in combutta con i caudilli filoyankee del narcostato, ha provato a sabotarne la vittoria elettorale).

 

Buon ascolto,

Fulvio

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