lunedì 10 aprile 2023

 


Crolla la sistemazione imperialista del Medioriente

LA PAX CINESE CONTRO LE GUERRE ATLANTOSIONISTE

 

https://www.youtube.com/watch?v=-s5VZgnGD70

https://youtu.be/-s5VZgnGD70.

 Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

 

Partiamo dal fatto, consolidato da Storia, cronaca, logica ed esperienza personale, che di quanto emana, anzi rigurgita, da CIA, MI6 (i servizi esteri britannici), Mossad e Shin Bet (il servizio interno israeliano) è sistematicamente inteso a prenderci per le chiappe. E’ falso 10 volte su 10 e, anche fosse vero, diventa falso per le intenzioni recondite che cela.

 

Poi ogni tanto inciampano. La pietra d’inciampo, l’altro giorno, è stato il povero nostro connazionale Alessandro Parini che, sulla sua pelle, ha fatto un’esperienza diretta dell’ospitalità israeliana.

 

Prima la polizia sparacchiona locale ammette che il ragazzo è stato colpito da un proiettile, che tale proiettile si trova conficcato nel corpo di Parini e precisamente nella gamba, anzi no, nella testa. Passano poche ore, arriva ad affrontare l’immane imbarazzo della verità, il più esperto servizio segreto domestico del mondo: “Non c’è nessuna pallottola, nè nella gamba, né nella testa, ma il giovane è stato ucciso dall’immancabile terrorista arabo, lanciatosi a velocità folle sul gruppo di turisti”.  

 

C’è poi quel supertifoso del Tel Aviv, tale Stefano Piazza di “La Verità” (encomiabile giornale per quello che scrive contro il complotto Covid) che bonifica le bugie dello Shin Bet mettendoci il carico da 90: “E’ uscito dalla macchina e ha sparato all’impazzata”. Fa il paio con quanto, travolto dall’orgasmo sionista, aveva scritto sulla moschea di Al Aqsa, stuprata dai militari israeliani: “Nella moschea si erano asserragliati militanti armati fino ai denti”. E’ uno che non teme il ridicolo tombale, quello che con una risata seppellisce lo scribacchino.

 

Che non conosceva. Per lui avrebbe potuto anche essere fratelli arabi del Kuweit, o di Beirut. O magari suoi cugini. E non era nemmeno un terrorista, tantomeno un estremista. Pacifico negoziante di giocattoli, che con la moglie faceva anche le pulizie in scuole israeliane, arabo dei dintorni di Tel Aviv, da una vita in pacifica convivenza con gli israeliani ebrei, e pure cittadino israeliano.

 

Cosa raccontano i suoi parenti? Che, padre di sei figli, erano notti che non dormiva per qualche grossa preoccupazione finanziaria. Che non aveva mai fatto niente, né di politico, né di militante (e la polizia conferma), che deve aver sbandato e quindi fatto finire la macchina sul gruppo di turisti.

 

Sarò inguaribilmente fazioso, ma è da oltre sessant’anni che bazzico da quelle parti e mi risulta, personalmente e generalmente, che se vogliamo stabilire una relazione aritmetica, le verità israeliane stanno a quelle palestinesi nel rapporto di 1 a cento. Sulla falsariga del rapporto tra quanto dicono Zelensky o Biden e quanto dice Putin. Non sempre subito, ma dopo un po’ ci sono sempre le prove.

 

Nell’intervista, ricordato quanto hanno fatto Netaniahu e il camerata Ben Gvir ai palestinesi negli ultimi giorni (settimane, mesi, anni, decenni…) per distogliere gli occhi dei concittadini dalle malefatte loro e di tutto il regime (senza riuscirci, a quanto pare oggi), diamo un’occhiata geopolitica all’insieme della regione. Vedendo cose che ai Netaniahu e soci atlantici e atlanticisti devono essere andate di traverso come niente dai tempi delle botte date da Pancho Villa ai soldati yankee invasori.

 

Ed è anche per questo che la giunta di Tel Aviv ha scatenato, o minacciato, l’inferno su palestinesi, siriani, iraniani. Gesti mossi dall’ira, più che dal raziocinio. Già, perchè arrivano in ritardo sulla crepa apertasi nella regione e che minaccia di inghiottire sia la Grande Israele, sia tutte le basi americane: la pax cinese.

 

Dite quello che vi pare della Cina, ma qui Xi Jinping ha inflitto ai maniaci delle provocazioni e aggressioni, una lezione da farli restare in ginocchio sui fagioli per il resto dell’impero cadente. Il superamento del conflitto nelle varie aree del Medioriente, tenuto in vita per gestire l’ordine, anzi il disordine locale (e la vendita di armi), avvicinatosi con la stretta di mano, realizzata a Pechino, tra i due giganti della regione, Iran e Arabia Saudita (con al seguito monarchie e Stati laici soddisfattissimi), rischia di mettere fuori gioco sia l’imperialismo necolonialista euroamericano, sia il ruolo israeliano di pivot regionale (e oltre) per chi deve vivere e chi deve morire.

 

I dettagli nell’intervista.

 

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