Un funerale, un’intimidazione, un avvertimento
BERLUSCONI
NON DEVE MORIRE
Visione TV Dietro il sipario
https://www.youtube.com/watch?v=sE63hTqnbH8
Francesco Toscano conduce. Partecipano Glauco Benigni,
Fulvio Grimaldi, Umberto Pascali
Stiamo assistendo a qualcosa alla quale ci hanno
gradualmente e poi possentemente abituati il trattamento inflittoci tramite
pandemia, cambiamento climatico, guerra, mutazione del linguaggio: la trasformazione
della realtà nel suo contrario, o, comunque, nella sua deformazione. Così nei
giorni nefasti e grotteschi delle celebrazioni di un imprenditore-politico-guitto
e brigante, il fenomeno da assegnare alla damnatio memoriae non sono più
Berlusconi e il berlusconismo, ma l’antiberlusconismo e coloro che insistono a
praticarlo. Bel colpo.
Un punto equilibrato e dialettico lo ha messo la puntata di
Dietro Sipario dedicata alla questione che non è esagerato definire drammatica
nelle sue premesse, nel suo svolgimento e nelle ripercussioni in atto e che
minacciano di aggravare ulteriormente una nostra sconvolgente mutazione
antropologica.
Un equilibrio dialettico sostenuto da Francesco Toscano che,
da abile moderatore, ha salvaguardato la voce di quella vasta schiera di né-né.
Né del tutto contro il sovrano malvivente di Arcore, pur garante degli
interessi suoi, più che di quello degli italiani onesti, protetto dal boss; né del
tutto in sua difesa, per essersi esso in qualche modo differenziato dai testi sacri
imposti alla nostra condizione di marca imperiale alzando un po’ più il capino
nei consessi internazionali. E verso i “giudici cattivi”.
Sorvolo sul contributo, ultrageneroso nei confronti dell’oggetto
del contendere, dell’esperto da Washington Umberto Pascali, col suo tentativo di
fare del microbo Berlusconi una copia ideologico-politica del gigante Trump. Entrambi
bizzarri, fuori-registro e per certi versi eversivi rispetto all’ordine
codificato dal capitalismo ultraliberista e guerrafondaio, ma resta comunque il
confronto tra un provincialotto sfornito di strumenti culturali che non fossero
quelli dell’anticultura, di Drive In e del “mi consenta”, e un improvvisatore
strategico, visionario, ma incerto tra passi di lato e passi in lockstep.
Ho trovato illuminante la grande competenza di Glauco
Benigni in materia di strutture, poteri, meccanismi e condizionamenti della
comunicazione nell’era in cui si è fatta funzione cruciale del capitalismo del
terzo millennio fondata sulla pubblicità. Della quale Berlusconi non è stato
che il più o meno complice, dipendente e poi vittima.
Quanto a me, ho visto la nostra vicenda umana nel tempo del Tardo
Impero nell’agghiacciante volto, fatto e rifatto, gonfiato, modellato, mutatosi
infine nella grottesca maschera di un clown del Circo dell’Orrore. Faccia artificiale
al posto di quella naturale, quanto l’Intelligenza Artificiale è chiamata a
obliterare quella naturale. Altro
rovesciamento della natura, neanche nella sua caricatura, ma proprio nel suo
contrario.
Ma questa è la superficie. L’assegnazione a Berlusconi di
una funzione di rottura del sistema è fondata su pure apparenze, colpetti di
testa che non lasciavano traccia alcuna in un percorso che, nella sostanza, era
quello calcato da un’ininterrotta schiera di faccendieri, opportunisti,
omuncoli impegnati, più o meno tutti, nel servile encomio e nel codardo
oltraggio. Il primo, riservato al padrone ontologico, il secondo, alle masse
nazionali e al nemico da sputacchiare via via indicatoci.
Non c’è sostanziale soluzione di continuità rispetto all’ordinamento
accettato dai vinti nel 1945 e assegnato a forze politiche corrotte dalla
minaccia e dalle sovvenzioni, sotto controllo di Gladio, servizi segreti
stragisti eterodiretti, criminalità associata organizzata e manovalanza
terroristica neofascista. I nodi del filo nero differiscono soltanto nei modi e
nell’intensità dell’esecuzione, nello spessore intellettuale e nel tasso di criminalità
dei vari vendipatria, proconsoli imperiali: De Gasperi (al quale va
riconosciuta l’impossibilità di andare oltre al salvataggio del salvabile),
Andreotti, Craxi, Berlusconi, Prodi, Monti, Renzi, Draghi, tralasciando le
scartine di ieri e quelle di oggi.
Siamo ridotti a scavare nella melma della politica ed
economia subalterna a grandi poteri basilarmente nemici dei popoli, per
appendere alcuni di questi “protagonisti” a un gancio di alterità: Il Craxi,
superladro, a Sigonella, ma poi nell’assoluta continuità dell’obbedienza cieca
e assoluta; il Prodi per (de)meriti euro ed europeisti, il Berlusconi amico del
vilipeso Putin, ma nella più bieca osservanza delle regole e dei sorveglianti
assegnatici nel dopoguerra
Nel mito greco, contenitore di ogni saggezza umana, l’amicizia,
Achille-Patroclo per dirne una, è il vincolo più forte, e infrangerlo è il
crimine massimo. Quando pensiamo al riscatto di un governante da
avanspettacolo, perché simpatico, barzellettiere d’angiporto, invidiato puttaniere
che metteva (o lasciava) le donne al loro posto, fissato dai sani costumi, prescritto
solo nove volte, ma condannato per aver rubato agli italiani tramite frodi
fiscali, corruttore di giudici, finanziari e giornalisti, elargitore di
pacchianerie televisive che hanno degradato l’Italia di Dante e Raffaello fino
a renderla irriconoscibile, quando pensiamo, o non pensiamo, a tutto questo e
altro, ci appendiamo alla lungimiranza che avrebbe manifestato nei rapporti con
Gheddafi e Putin, amici.
Amici accoltellati alla schiena, non appena il sicario ha intravvisto
alzarsi il sopracciglio del padrone.
Ha fatto lo stesso con gli italiani. Ma, come stiamo
vedendo, al peggio non c’è mai fine. Quei funerali di Stato, con tanto di
Mattarella, sono un avvertimento.
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