venerdì 17 marzo 2017

SIRIAQ, GRANDE E' IL DISORDINE SOTTO IL CIELO. Qualche domanda a Putin.

 

Siriani, russi, statunitensi
I più gravi mali che l’uomo ha inflitto all’uomo sono dovuti al fatto che la gente si è sentita certa di qualcosa che, invece, era falsa”. (Bertrand Russell)

Siamo sprofondati a una tale bassezza che riaffermare l’ovvio  è diventato il primo dovere di uomini intelligenti”. (George Orwell)

Ultim’ora: Venerdì 17, Missili siriani terra-aria S-200 hanno abbattuto un caccia israeliano, parte di uno stormo che, per l’ennesima volta, attaccava obiettivi militari siriani. I jet israeliani avevano cercato di colpire concentrazioni di truppe siriane all’inseguimento di forze jihadiste dell’Isis a est di Palmira. Ulteriore prova del sostegno fornito ai terroristi da Israele, oltreché da Usa, Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Stavolta i siriani hanno reagito. Complimenti.

Pisapia, Bersani, Fratoianni, Tsiprasiani, vendoliani… E la guerra?
Mi accingo a scrivere due cose sugli ultimi contradditori e confondenti sviluppi in Siria e Iraq.Trattasi di guerra e di una guerra che sul Medioriente imperversa da 26 anni, da quando Bush Primo ha lanciato il suo paese e relativi clienti, vassalli e sguatteri all’assalto del resto dell’umanità, a partire dagli arabi (non dai musulmani!). La premessa è: quale delle molteplici monadi sinistre che ballonzolano nel vuoto italico, Pisapia, Bersani, Fratoianni, Tsipras e chi più ne ha più ne metta, quelle che come orizzonte politico supremo hanno l’applicazione di cerotti  alle necrosi del sistema vigente, si occupa, sfiora soltanto, gli passa per la mente, la guerra? La Nato? Le basi Nato e Usa che butterano il belpaese? Le 70-90 atomiche in corso di ammodernamento qui installate? Insomma quanto gliene frega a questi scissi dell’atomo che i nostri governi ci rendono da decenni partecipi e complici di eccidi di massa,  con conseguenti spopolamenti e alluvioni migratorie? La risposta la sapete. Kermesse, convegni, conferenze di fondazione, nuovo soggetto di sinistra… e avete mai sentito un solo borborigmo di riferimento a tutto questo? E noi dovremmo votare per questi brutti e infingardi nanerottoli da giardino che non ambiscono ad altro che ad accucciarsi ai piedi dell’inciucio golpista, ossequioso alla Nato, “ForzaPD”?


Russia e Siria: d’amore e d’accordo?
Alcuni tra i più validi, preparati e informati interlocutori sul mio blog insistono a rappresentarmi le potenzialità e positività della presenza russa in Medioriente. Capisco, concordo sulle grandi linee dipanatesi finora, ma non riesco a sottrarmi al fastidioso sospetto che la realpolitik del Cremlino, che indubbiamente è stato il fattore decisivo nel frenare l’aggressività atlantica e salvaguardare una Siria azzannata da tutte le parti, possa farsi i suoi calcoli anche se non  a completa soddisfazione della Siria e del diritto internazionale.

Negli ultimi giorni si sono verificati importanti sviluppi a notevole alterazione del quadro siriano. All’avanzata dell’Esercito Arabo Siriano in direzione di Idlib, a nord-ovest e, a est, da Palmira liberata verso Der Ezzor e Raqqa, roccaforte Isis, su cui convergono anche i curdi sostenuti da centinaia di militari Usa dotati di artiglieria pesante, si è accompagnato l’accordo tra curdi e truppe siriane per la difesa di Manbij, in quel momento sotto attacco dei turchi che si erano impadroniti di Al Bab. Immediata è stata la risposta Usa: provenendo dall’alleata Turchia, una colonna di truppe e blindati Usa si è avventata su Manbij (vedi video https://youtu.be/C2jUic1vMAU).  La mossa serve a bloccare un accordo curdi-Damasco che, almeno in quell’area, impediva l’ulteriore estensione della penetrazione turca in territorio siriano e sottraeva una componente curda al controllo che gli Usa esercitano sull’intero YPG.  
YPG apripista del neocolonialismo Usa

Curdi, democratici, partecipatori, femministi, socialisti, o strumento imperialista?
Dall’area detta Royava, con al centro Ain Al Arab (chiamata Kobane dai curdi), i miliziani dell’YPG, sostenuti dagli Usa, ai quali hanno permesso di installare due grandi basi, si sono allargati occupando vaste zone arabo-siriane e compiendo vere e proprie pulizie etniche, fatte di espulsioni, vessazioni, arresti arbitrari, esclusione dai rifornimenti alimentari e idrici, dalle scuole e dai presidi sanitari, distruzione delle amministrazioni locali. Comportamenti in atto da mesi e che smentiscono drasticamente il quadro elegiaco che l’inciucio destre-sinistre occidentale dipinge di una comunità curda progressista, partecipativa, femminista, multietnica. Come testimoniano numerosi arabi, anche cristiani, fuggiti da Hasakah e da altri centri invasi dai curdi, quella che occupa i loro territori è una forza brutale, razzista, sanguinaria, non dissimile dai tagliagole Isis che l’avevano preceduta. Non stupisce: i padrini morali e istruttori militari dell’YPG , come dei terroristi Isis-Al Qaida, sono pur sempre gli stessi americani, turchi e sauditi.

Come rimediare alla liberazione di Mosul? Bombardando i civili e dando la colpa a Baghdad
Rientra nello stesso quadro strategico l’offensiva vittoriosa dell’esercito e delle milizie popolari irachene su Mosul, ormai quasi interamente in mano ai governativi. Fallita la manovra mediatica “alla Aleppo”, in cui i liberatori venivano dipinti come massacratori dell’inerme popolazione chiusa nel centro storico, fandonia smentita sotto l’occhio di mille telecamere dal flusso dei fuggitivi che abbracciano e festeggiano i liberatori, rimane l’accanimento bombarolo degli Usa e della coalizione dagli Usa comandata. E’ già stato abbondantemente documentato da mille episodi che i bersagli sono raramente concentramenti Isis (a quelli pensano i russi), anzi, semmai li si agevola nelle avanzate. Picchiano su civili, infrastrutture, acquedotti, installazioni petrolifere, depositi di viveri, strade e ponti.

Conferma delle vere intenzioni di Washington, ribadite oggi dall’attacco Usa contro l’avanzata siriana verso Idlib. 70 civili uccisi nel bombardamento della moschea di Al-Jinah, a est di Aleppo. E in Iraq, da anni, si accumulano le prove video, fotografiche, testimoniali, esibite del governo di Baghdad, dei rifornimenti aerei degli Usa all’Isis. Oggi si susseguono le denunce dei bombardamenti indiscriminati della coalizione, quasi esclusivamente sui civili e quasi mai sulle cruciali linee di rifornimento del califfato.

Intanto, al tragico destino del Museo Nazionale e della Biblioteca Nazionale di Baghdad, di Niniveh, di Hatra, di Palmira, si è ora aggiunto quello del preziosissimo museo e della biblioteca di Mosul, devastati, demoliti e svuotati dai mercenari Nato di Al Baghdadi. Un patrimonio dell’umanità perso irrimediabilmente, i grandiosi tori alati, le tavolette cuneiformi, i tesori artistici e letterari di assiri, babilonesi, Abbasidi, polverizzati. L’aggressore sa che, per cancellare nazioni, bisogna estirparne memoria e identità e umiliarne voci, visioni e testimonianze nella mercificazione dei mercati d’arte.


I successi militari di siriani e iracheni e dei loro alleati (pare che i russi svolgano a Bagdad un importante ruolo nel coordinamento militare e delle comunicazioni) hanno suscitato enormi preoccupazioni nei mallevadori della frantumazione di questi paesi. I successi diplomatici  russi sono meno ingombranti, visto che poi tutto si decide a Ginevra, dove i convenuti alle tre conferenze di pace di Astana, Kazakistan - russi, iraniani, turchi e “opposizioni” - si dovranno confrontare con lo schieramento occidentale e del Golfo. Trump, non si sa se per spontaneo rovesciamento di posizioni assunte durante la campagna elettorale, o perché le pressioni del partito della guerra, ora alleato alle “sinistre e ai liberal-progressisti”, gli hanno reso difficile, o forse a rischio, la vita, sta percuotendo i tamburi di guerra come un ossesso. Altre migliaia di soldati americani in Kuwait, Iraq, Siria, dotati di armamenti adatti allo scontro con eserciti moderni e forti.

Vittorie, contraddizioni e caos
In Iraq si tratta di evitare che i successi sul califfato, che la stampa sinistro-destra deve sempre più riconoscere al preminente ruolo del già tanto disprezzato esercito iracheno e delle sue Unità di Mobilitazione Popolare, volute far passare per bande di tagliateste sciti, ricompongano un Iraq unito. Mentre sono scomparsi dalla scena i peshmerga, accozzaglia di pretoriani dei narco- e petro-trafficanti curdi, Barzani e Talibani, che da noi si volevano eroici combattenti, meritevoli di essere armati e addestrati da americani, israeliani, britannici, francesi, italiani. Non sono serviti neanche da mercenari  e quinta colonna infiltrata tra i liberatori dell’Iraq.

In Siria la fibrillazione di turchi, statunitensi e wahabiti del Golfo, tutti sponsor dei terrorismi islamisti ieri, oggi e domani, davanti alla graduale riconquista siriana, quanto meno dei territori più densamente abitati, socialmente, economicamente e militarmente significativi, ha creato condizioni inedite e ambigue. Il Trump della guerra totale all’Isis, da condurre di stretta intesa con Mosca, s’è mutato nel Trump dirazzato che si precipita con grande spiegamento di mezzi a invadere uno Stato sovrano. Il nemico comune Isis non risulta più affrontato d’intesa con i russi. E pare che gli Usa, alleati dei turchi e non dei siriani, abbiano dato il loro benestare all’iniziativa dei turchi di chiudere la diga sull’Eufrate tagliando l’acqua alla Siria. Cosa sulla quale non risulta alcuna presa di posizione dei russi, a loro volta alleati di turchi e siriani. Crimine di guerra e contro l’umanità di cui non pare che nessun pacifista e nessuna Onu dei diritti umani si siano adombrati.


Looking through a glass darkly
La citazione da una lettera di Paolo ai corinti, ripresa in un film di Bergman, indica che, guardando attraverso un vetro scuro, si vede tutto confuso. Bene, il vetro scuro è quello  che ci presentano oggi i vari attori sulla scena siriana.Tocca concentrarsi. Quei siriani, cui gli invasori di Trump, alleati ai turchi nemici dei curdi, vogliono impedire di difendere Manbij e i curdi da turchi e Isis; quei siriani cui deve essere impedito che possano liberare Raqqa prima che se la prendano gli invasori di Trump e i loro ascari curdi; quei siriani cui deve essere impedito di riconquistare l’area di Idlib, occupata da Al Qaida, ma anche dai turchi, i quali sono alleati degli invasori di Trump, però anche dei russi, a loro volta difensori della Siria aggredita da turchi, curdi e Usa-Israele-Nato-Golfo… Ebbene tutti quei siriani sono alleati storici e attuali dei russi, che sono però anche alleati recenti dei turchi e, un po’ sì e un po’ no, pure ci provano con Trump e con i curdi. La sintassi diventa oscura, ma oscuro assai è il quadro.

Io ai russi e a Putin ci tengo, qui come in Donbass e nel mondo intero. Guai se non ci fossero, ve lo immaginate?  Con gli americani guidati da una psicopatica sanguinaria, da un masskiller di sette guerre, innumerevoli attentati False Flag e non ricordo quanti regime change e colpi di Stato e da un bislacco col ciuffo di granturco che cento ne dice e cento ne contraddice? Quel Trump che ora si capovolge e cerca addirittura di superare la frenesia bellica del predecessore che lo vorrebbe morto e quindi andrebbe rabbonito. Ha aumentato del 432% i raid dei droni, sport assassino preferito da Obama, con 36 incursioni letali in soli 45 giorni e ha bisbocciato a Washington col secondo in successione del Re saudita Salman, dopo che il suo capo Cia, Pompeo, lo aveva già fatto col principe ereditario a Riad. Tanto per chiarire che il divieto d’ingresso ai 6 paesi musulmani riguarda i disperati che scappano da casa perché vittime dei genocidi Usa, non certo i soci grassatori miliardari dell’Arabia Saudita, compagni d’armi nello sterminio dello Yemen.

Domande rispettose a Vladimir Putin
Un interrogativo serio si pone sul ruolo dei russi nello shanghai incasinato di cui sopra. Quale è la parte in commedia di Putin? Non era il caso di piantare un casino della madonna contro l’invasione in Siria dei lanzichenecchi Usa, e prima ancora di quelli turchi, tuttora legati anima e corpo ai jihadisti e operativi di conserva con loro, che violano in maniera tanto proterva la sovranità di un paese riconosciuto  dall’ONU, oltreché da tutto il mondo, e già martirizzato da sei anni di orrori del mercenariato terrorista? Forse si pensa, che, a fare i pazienti, tornerà il giorno in cui Trump e i suoi si rivelano per quello che sembravano (e forse non erano) prima di entrare nella Casa Bianca? O che con la politica del silenzioso beneplacito si riesce a sottrarre The Donald alla canea dei licantropi Cia-Pentagono-Stato Profondo-sinistra liberal-progressista e a farlo tornare il ragionevole partner che diceva che con Assad si può convivere e con Mosca si possono fare affari?

Lassair faire, sui fronti come sui mercati?
Si crede, forse, che subendo e risubendo  tsunami di attacchi russofobici, per cui ormai non c’è malasorte occidentale che non sia determinata dai complottardi russi, isteria che da sorosiana e obamiana sta diventando collettiva, se ne possa attenuare la virulenza e riportare questi diffamatori a una ragionevolezza di cui non c’è più traccia da almeno trent’anni? Cosa si aspetta a rispondere con una controinformazione di  katiuscia, howitzer, missili intercontinentali, che illustri al colto e all’inclita le ingerenze di cui si sono resi colpevoli gli Usa dalle elezioni italiane del 1948 ad oggi, i loro crimini terroristici, i loro complotti  di destabilizzazione di Stati, le loro crisi da bulimia scaricate sugli altri, le loro 35 guerre dal 1945, eccetera, eccetera, eccetera?
E se il fratello, in soccorso del quale tanto si è fatto per evitare che gli facessero a pezzi il paese, giustamente esige che tutto il territorio nazionale venga restituito ai legittimi governo e titolati cittadini, cosa significa tirar fuori un progetto di costituzione federale, antipasto di una spartizione cara a Israele, wahabiti , imperialismo e arlecchini curdi?

E’ di queste ore la notizia che le nazitruppen di Kiev sono riuscite a ottenere dal regime il blocco totale (ferrovie, strade, rifornimenti, comunicazioni) alle repubbliche popolari del Donbass, preludio a qualcosa di molto grosso, già preannunciato dagli attentati terroristici che hanno decapitato buona parte del potenziale militare dei novorussi. Domanda maligna: per salvare capra e cavoli, si cerca di proporre un do ut des tra Novorussija e Siria? O, tornando allo scacchiere sud, è possibile che la certamente strategica importanza per Mosca del gasdotto Turkish Stream, dopo la chiusura di quello balcanico, possa far permettere ai turchi di giocarsi insieme l’alleanza con Nato e Usa, l’amicizia con i russi, il sostegno al terrorismo jihadista e la distruzione della Siria?

Capisco che si possa ricorrere alla temperanza, al far finta di niente, in virtù di un grande senso di responsabilità verso il proprio e tutti i popoli. Atteggiamento che Mosca, a fronte di infinite provocazioni, ha saputo dimostrare al mondo. Capisco che non si voglia dar corda a questi soggetti imprevedibili, scampati al manicomio criminale, che se solo ti azzardi ad alzare la paletta di transito vietato davanti alle loro colonne blindate a Raqqa e Manbij, ti scatenano l’olocausto nucleare?


Sono domande legittime, da amico ad amici. E da chi con siriani e iracheni ha condiviso casa, pasto, strette di mano, sguardi , sorrisi. E pianti.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

L’articolo illustra molto bene i paradossi o, se si vuole, l’inesplicabilità e la mostruosa contorsione della situazione. Sia pure per sopprimere il disgusto interno, forse vale la pena di credere a un’immensa saggezza dei russi nel sopportare senza batter ciglio i delitti commessi in Siria dai loro nemici e stran-amici (vedi turchi etc.). Dato e non concesso che quel che appare sia.
Certi avvenimenti e soprattutto gli sviluppi interni agli usa dimostrano il potere nonche' il timore che il sionismo incute nel cosiddetto governo o apparato amministrativo che dir si voglia.
Per esempio preso a caso, nell’articolo allegato sugli assassini Kagan https://consortiumnews.com/2017/03/15/the-kagans-are-back-wars-to-follow/ il giornalista sembra aver paura a dire a quale affiliazione religiosa appartengono questi cosiddetti neo-cons. Dei quali 2/3 sono ebrei e l’altro terzo è fatto di goyms legati a doppio filo per interesse alla macchina sionista.
E mentre anche a un accenno critico al sionismo vengono fuori Auschwitz e le (inesistenti) camere a gas, quindi si chiedono scuse, condanne etc. etc. – gli ebrei sono liberi, letteralmente, di pisciare sui simboli religiosi del cristianesimo. Visionare il seguente video http://www.realjewnews.com/?p=651 per credere.
Voltaire1964

Paolo Selmi ha detto...

Caro Fulvio,
hai perfettamente ragione. E' una situazione insostenibile, che ha ampiamente superato i limiti dell'assurdo per attestarsi, quotidianamente, su un'altra dimensione.
Donbass: ogni giorno vado su cigr.net e ogni giorno trovo un bollettino che sembra fatto col copia-incolla del giorno prima; tiri d'artiglieria pesante su obbiettivi civili, dalle case all'impianto di depurazione dell'acqua che dà da vivere a Doneck, e via discorrendo. Cosa diamine aspettano a passare all'offensiva? Mi chiedo da qui. Poi, come i recenti fatti di Avdeevka testimoniano, capisco che chi in questo momento "provoca", sulla pelle di milioni di persone, non aspetta altro. E capisco che, man mano che passa il tempo, aumenta il consenso popolare non solo degli abitanti del Donbass libero, ma anche di quello occupato militarmente dai battaglioni neonazisti e governativi. Anzi, lo scontro in atto fra Poroshenko e i neonazisti su tempi e modalità del blocco economico, ha portato, de facto, a un duopolio che sta danneggiando enormemente non solo l'economia ucraina, ma anche gli equilibri di potere su cui UE e USA contavano per stabilizzare questo Paese nella loro guerra non dichiarata contro i russi. L'Ucraina, oggi come oggi, è un'arma del tutto inservibile e inutile anzi, si sta rivelando un boomerang.
Sulla Siria, stesso discorso: "Boots on the ground" dei russi... basterebbe poco per chiudere la partita. Perché non lo fanno? Hai centrato tutte le risposte nell'ultimo paragrafo. E' la stessa idea che mi son fatto anch'io. Partiamo anche da questo presupposto: voglio bene al popolo russo (e agli ex-sovietici in generale), li amo al pari del popolo cinese e di quello giapponese, che ho frequentato altrettanto assiduamente per oltre un decennio dentro le aule universitarie e in strada, nel mio lavoro di mediatore culturale, qualche vita fa. Tuttavia, la Russia di Putin non è l'URSS, e gli interessi sul luogo sono di natura strettamente geopolitica o, per dirla brutalmente, economica. Non c'è Comintern, non c'è rivoluzione mondiale. Prima delle sanzioni occidentali, i nostri mobilifici caricavano ogni due giorni bilici interi (116 mc d'aria) per Mosca con mobili che noi ci sognamo, destinati ai nuovi arricchiti. Nella ditta per cui lavoro, all'epoca, ci lavoravano in tre nel reparto camionistico Russia: oggi una persona sola. Giù la maschera: i Russi non potranno mai barattare Doneck con Damasco, perché hanno bisogno sia di Doneck (per tentare di arginare l'offensiva Nato nei loro confronti) sia di Damasco (per mantenere l'unica base rimasta nel Mediterraneo e consolidare il proprio ruolo e i propri interessi nella regione). Ma non possono neppure rischiare che i sauditi, su imboccata di Washington, riducano nuovamente il costo del petrolio mettendoli in ginocchio. E così, hanno scelto la strada più difficile, ma l'unica percorribile nella loro situazione. Consolidare progressivamente il potere di Assad, renderlo nuovamente interlocutore affidabile nella regione, anzi, l'unico soggetto in grado di riportare stabilità e pace. Il loro è un sostegno discreto, che sta dando i suoi frutti. Il fatto che i marines USA si stiano affannando a prendere Raqqa, è indice del fallimento della strategia a stelle e strisce nella regione. Non solo i loro leccapiedi ufficiali non sono riusciti a buttare giù Assad, e neppure l'ISIS da loro finanziato e sostenuto, ma se non intervengono - e presto! - Assad si ripiglia Raqqa da solo e arriva da Palmira a Deir-Ez-Zor (sintesi di questo lungo editoriale apparso poco fa su ria.ru https://ria.ru/analytics/20170315/1490065811.html). E non è detto che siano già fuori tempo massimo. Ne vedremo delle belle...
Un caro saluto e
grazie.
Paolo

Anonimo ha detto...

Ci vorrebbe un po' meno Nietzsche (superuomo) ed un po' più Marx (lotta di classe).

alex1 ha detto...

Nel Frattempo un'altra "false flag" a Parigi? dove in "musulmano non schedato" (perche' adesso I muslmani sono schedati in quanto tali?) quindi in teoria di cui non si dovrebbe sapere nulla, viene eliminato come in cane all'aeroporto. Dicono che avesse rubato in arma ad una soldatessa. Ma il Corriere della Sera riporta fedellemente la notizia che era un "radicalizzato" quindi come vedete, per la nostra stampa ogni musulmano non schedato e' un piu' che potenziale pericolo. Ergo la politica UE ed I provvedienti relative ai musulmani sono anche oltre il "muslim ban" di Trump. il quale a mio parere non controlla quasi nulla degli apparati CIA ed Esercito, visto che non ha rivendicato e neanche spiegato il motivo per cui oltre 400 marines sono de facto alleati (dai tempi della Killary e di Obama) con l'ISIS e dei Curdi collaborazionisti YPG di Kobane,accusati da fonti non sospette di pulizia etnica ai danni delle popolazioni arabe, ma tanto esaltati dalla sinistra "radicale" italiana. Tale sinistra "radicale" non e' riuscita poi a fare molto di meglio che organizzare uno sciopero delle donne l'8 marzo contro gli uomini e le loro violenze, adducendo motivazioni marginali e per lo piu' false, per nascondere in realta' che lo sfruttamento e l'arretramento delle conquiste che I lavoratori di ogni nazionalita' e sesso subiscono in Italia e' dato dai padroni piccoli e grandi (smontiamo la retorica della "piccola impresa produttrice" che gira da in po' a sinistra), dai governi che cancellano le norme garantiste, dal mancato rinnovo dei contratti, dal job acts e non dal "maschio violento".

Fulvio Grimaldi ha detto...

Paolo Selmi@
Caro Paolo, noto una certa divergenza tra l'apertura - Hai perfettamente ragione - è la chiusura, in cui le varie domande e perplessità che rivolgo ai russi suonano bell'e risolte positivamente. Non mi pare sia così. E vorrei anche sentire cosa Mosca ha da dire sulle continue incursioni sui propri alleati siriani da parte del simpatico partner dialogante israeliano. Ciao.

rossoallosso ha detto...

@alex1

apprezzo il tuo commento e lo condivido è solo quandi affermi (smontiamo la retorica della "piccola impresa produttrice") ho qualche dubbio nel senso che ciò è vero nella stragrande maggioranza dei casi ma esistono anche le mosche bianche,piccole-medie realtà dove hanno capito che il nemico non è l'operaio ma le politiche neoliberiste alle quali tu ti riferisci e se si ricerca una lotta di classe per contrastarle bisogna necessariamente allargarla alla borghesia alleato prezioso in un momento in cui di proletariato non è rimasto nemmeno la prole

alex1 ha detto...

@rossoallosso. Credo di aver capito quello che dici. In effetti viviamo una realta' spaccata a meta', dove ci sono diversi piccoli imprenditori che capiscono che le politiche Europeiste (non le chiamerei tanto "neoliberiste" perche' nei paesi che pesano l'intervento dello Stato c'e' eccome) sono la prima causa delle difficolta' ed allo stesso tempo tanti del proletariato pensano a se come individui, come piccoli geni e/o ricchi in momentanea difficolta', oppressi dalla burocrazia (parola a cui si riferisce tutto ed il suo contrario, ormai) dal lavoratore pubblico, dagli immigrati che verrebbero trattati "meglio degli italiani" e da un "Sistema non meritocratico" perche' non premia loro, meritevoli a prescindere piu' di altri. Forse e' vero che per contrastare questa linea folle di cancellazione di diritti e di dignita' del lavoratore e del cittadino e' necessario sperare nell'alleanza con la "borghesia produttrice" come la chiama anche uno dei pochi giovani intellettuali degni di questo nome, Diego Fusaro. Ma fino a che punto questo approccio, che poi e'simile a quello del M5S non subira' le evidenti contraddizioni se una, per ora solo ipotetica, mobilitazione delle masse per la riconquista dei diritti e del potere perduto della classe operaia dovesse riemergere?

Paolo Selmi ha detto...

Ciao Fulvio!
ieri sera poi ti ho girato due passi tradotti di un editoriale di un professore di scienze politiche russo proprio sulla politica estera nazionale in m.o., con particolare riferimento al recente abbattimento di caccia israeliani da parte dei siriani. A me blogger non mi aveva dato problemi di invio, il problema è che non solo non ho possibilità di verificarlo o di vederlo dopo l'invio, ma neppure di recuperarlo a posteriori. Se non l'hai ricevuto ti ritraduco il tutto stasera. Fammi sapere. Grazie mille e
buona giornata!
paolo

Fulvio Grimaldi ha detto...

Paolo ciao, no, non mi è arrivato nulla. A proposito, qual'è il tuo indirizzo email?

Paolo Selmi ha detto...

Ciao Fulvio!
L'editoriale è a questo indirizzo: https://ria.ru/authors/20170318/1490321432.html
Due sono i cardini del ragionamento dell'editorialista, professore
Il primo lo riporto letteralmente: "Были прецеденты, когда израильтяне прямо бомбили сирийских военных, и Москва не вмешивалась. В свою очередь, в Тель-Авиве тоже понимают, что мы не можем отвечать за Асада и запретить сирийцам бомбить израильтян. Москва — лишь один из гарантов, который обеспечивает политику Асада. Никто не забывает, что на Израиль давление оказывает и Иран". "Ci sono stati precedenti, dove gli israeliani hanno bombardato direttamente soldati siriani, e Mosca non si è messa in mezzo. A sua volta, Tel Aviv comprende anche che noi non possiamo rispondere di Assad e impedire ai siriani (sic!) di bombardare gli israeliani. Mosca è solo uno dei garanti della politica di Assad. Nessuno si dimentica che anche l'Iran esercita pressione su Israele".
Nemmeno una nuora si sarebbe espressa meglio nei confronti di una suocera. "Non impedisco X, ma neppure impedisco Y": pragmatismo, cinismo, chiamiamolo come vogliamo, della nuova politica russa, che non è né quella del Comintern, né quella dell'URSS dell'ultimo suo mezzo secolo di vita.
Prova ne è il secondo perno del ragionamento del professore di Mosca: "La Russia sta cercando di "creare triangoli". Si spiega così: Nei vari conflitti locali che vedono opposti Turchia e Israele, Turchia e Siria, Turchia e Iran, Turchia e Sauditi, Turchia ed Egitto, Iran e Sauditi, Iran e Israele, Iran e Qatar, Iran ed Egitto, Sauditi e Israele, Sauditi e Iemen, Israele ed Egitto, Israele e Libano, ecc. (Letterale Fulvio, non ho esagerato, questo è il testo originale "Турция-Израиль, Турция-Сирия, Турция-Иран, Турция-Саудовская Аравия, Турция-Египет, Иран-Саудовская Аравия, Иран-Израиль, Иран-Катар, Иран-Египет, Саудовская Аравия-Израиль, Саудовская Аравия-Йемен, Израиль-Египет, Израиль-Ливан "), la Russia ha il vantaggio di essere in pace o, quantomeno, lavorare, con entrambe le parti in causa. Così, ha potuto e può fare da terzo angolo, triangolare le relazioni di conflitto bilaterale in corso a suo vantaggio.
Scappo che riattacco, casomai ci risentiamo stasera.
Indirizzo di mail selmi punto tafuro chiocciola alice punto it
ciao!
paolo

Paolo Selmi ha detto...

Ciao Fulvio!
ho provato ad abbozzare una risposta in pausa dal pc di casa. Se non hai ricevuto, significa che ho qualche problema da casa e devo fare un po' di pulizia fra cookies e quant'altro. Poi provo a rimandarti il tutto.
Te la giro anche sull'indirizzo di gmail
Ciao!
Paolo

rossoallosso ha detto...

@alex

io non so darti una risposta chiara e definitiva posso solo dire che nel momento in cui tutte le parti in causa si faranno la medesima domanda vorrebbe dire aver riconosciuto il problema che ripeto non è solo della classa operaia, già questo sarebbe un grande successo poichè nella domanda è già insita la risposta