mercoledì 17 ottobre 2018

Informazione, Di Maio, Calabresi: la pagliuzza e la trave ----- LIBERTA’ COME SEI INVECCHIATA, QUANDO PASSI NON TI RICONOSCO PIU’




E’ lungo. Va bene che siamo nell’era veloce dei tweet, delle frasi semplici, del chat, dei periodi senza subordinate. Ma talvolta fa pure bene al cervello fare uno sforzetto. Come aille ginocchia quando cammini anziché stare seduto in tram affondato nel cellulare.

Un quartiere può ben essere paragonato a un albero. Se forte e bello, o sbilenco e stentarello dipende dal terreno in cui affonda le radici. Trastevere era un albero forte, grande e bello, con le fronde e i rami che per millenni hanno protetto e coperto i suoi abitanti. Genti di varissimi colori, ma che Trastevere trasteverizzava, lo ricambiavano curandone il suolo, potando ed accrescendo, a misura di necessità. Stefano Rosso era l’uccellino nato tra quelle fronde e che ne abitava i rami, gli dava voce. Suonava la chitarra e cantava le sue canzoni, tra le più belle e significative del cantautorato degli anni felici. Non ha voluto altro pubblico che noi, quelli che lo andavamo ad ascoltare a Piazza Santa Maria, accrocchiati sulla fontana intorno a lui. Non aveva mai un soldo, Stefano, non ci teneva ai quattrini. Ogni tanto mangiavamo un piatto di pasta da me e poi giù con le chitarrate. Quando l’albero, maltrattato da turbe di colonizzatori, ha incominciato a seccarsi, Stefano, il suo usignolo, era già diventato famoso. Non se n’era neanche accorto. Era rimasto sul ramo di quell’albero, ancora a cantare, a impollinarne le fioriture sempre più rade. E’ stato l’ultimo canterino a volar via, l’ultima foglia a caderne, nell’inverno del nostro scontento. E con lui è volata via la poesia e la profondità. Poi l’albero, millenario come gli ulivi che vanno spazzando via in Puglia per far spazio alla modernità, è marcito ed è crollato. Suggerirei a chi legge questo pezzo, di tenersi sullo sfondo la dolce amarezza di Stefano: (www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=42666)  



Sì, viaggiare (fuori, dentro, con e contro i media)
Nel primo tempo, quello del Vaffa, i 5 Stelle si astennero dal mescolarsi tra le anime morte, ma esuberantemente ciarliere, dell’informazione-comunicazione-intrattenimento-rintronamento, specie televisivi. Fecero bene a tirare un frego tra loro, che parlavano alla gente nelle piazze e in rete (ahimè solo per chi la frequentava), e coloro che le arrangiavano attraverso i canali consolidati del totalitarismo comunicativo. Nel secondo tempo, maturati, iniziarono a mescolarsi, con un certo occhio alla selezione. E fecero bene, giacchè ovunque apparissero e con chi, disintegravano l’interlocutore. Nei supplementari, oggi, si mescolano con chiunque, vanno dappertutto, anche da Barbara D’Urso. E non so se fanno bene, anche Renzi l’aveva fatto, davanti alle stesse ginocchia nude, d’attrazione e distrazione (che poi se uno le toccasse finirebbe alla garrota) della stessa intervistatrice, celebrante della star di turno. Forse gli tocca, giacché tutti, dappertutto, ne parlano e nel 99,9% dei casi male. E visto che sei al governo e ti ha messo lì la nazione, tocca rispondere. Sennò resta muto anche chi  li ha eletti. E questo, in democrazia, non dovrebbe andar bene.



Inesperti e indisciplinati, non avvezzi alle buone regole, come sono tutti quelli che arrivano da fuori e in ritardo, i 5 Stelle a volte rispondono male. Senza neanche coprirsi la bocca. E tutti lo vengono a sapere e siccome quelli che gestiscono l’informazione, da sinistra a destra, li hanno in uggia, potete immaginare lo tsunami di riprovazione e damnatio memoriae, praesentis et futuri che gli arriva addosso. Uno tsunami che ha a disposizione tutti i venti per potenziarne la forza devastatrice: tv, stampa, metà dei social, i chierici, i laici benpensanti, gli amici del bar che guardano la Juve e le comari che festeggiano la gravidanza di Meghan e danno retta a Gramellini.

Al contadino non far sapere…
La differenza è che, quando non parlano attraverso i canali che qualcuno ha sancito istituzionali, anche se rispondono a privatissimi magnati del soldo, del mattone, del farmaco, questi formidabili catoni parlano di nascosto. Sono i casi in cui il teleobiettivo, o l’orecchio, o lo sguardo puntati non sono sotto loro stretto controllo. Parlano fitto fitto coprendosi la bocca. E non è per infastidire l’altro con l’alitosi. Qualunque sia il lezzo emanante dalle parole. Lo hanno imparato anche i calciatori che, bisbigliandosi trovate tattiche, o suggerendosi di spezzare le tibie a quello lì, pensano di fregare l’avversario. O magari  lo spettatore tv perché non sappia della combine.


Così è successo che Di Maio, quello più cornuto nella coppia di governo, secondo  gli illibati che c’erano prima, perché non fa smargiassate, o cose palesemente riprovevoli da ogni punto di vista, ma qualcuna  di quelle che questi avrebbero dovuto fare e non si sono mai sognati e per questo sono stati messi dietro la lavagna, ha detto sulla stampa ciò che tutti sanno. Nulla più. Quando è uscito un DEF in tutto e per tutto simile a quelli fatti prima, ma stavolta in odio al babbo UE, alla mamma BCE, alla zia FMI e al curato e con provvisioni non per due dozzine di ricchi, ma per qualche milionata di pezzenti sul divano, al maremoto forza 10 che gli si è sollevato contro, Di Maio è sbottato in “terrorismo mediatico”. Ha addirittura osato riferire che, come i dati ahinoi da tempo denunciano, la carta stampata perde lettori e anche Repubblica. Non sarà mica perché i lettori, più che leggerla, hanno mangiato la foglia?  Ma come si permette, il parvenu! Quello delle gazzose allo stadio San Paolo!

Ha preso la per lui inusuale penna, Mario Calabresi e, a nome di tutti i vilipesi, ha vergato su tre paginoni del suo giornale, “la Repubblica”, membro dell’oligopolio “Stampubblica” (Stampa, Repubblica, Secolo XIX e gazzettini associati, più L’Espresso), formatosi in nome del pluralismo e dell’ editoria pura, una catilinaria che, a confronto, quella del povero Cicerone contro il reo difensore delle libertà repubblicane pare la reprimenda della mamma per togliere i gomiti dalla tavola. Prima uno squillo di trombe: “Noi continueremo a raccontare la verità”, Poi un rullo di tamburi: “Quell’ossessione per Repubblica dei nuovi potenti”. Dove per “potenti” non credo abbia inteso né Debenedetti, né Berlusconi, né Cairo, né Caltagirone che, tra loro, hanno per le mani tre quarti dei media significativi di questo paese. Nè è probabile che abbia pensato a chi a Bruxelles, Francoforte, Parigi, Berlino e Washington mette i suoi poveri mezzi e poteri a disposizione della vendetta di coloro che il 4 marzo sono stati spodestati da una banda di barbari. E neppure, come adombra tremando il direttore di Repubblica, dovrebbero essere, Putin e Trump, stavolta in coppia alla Bonnie and Clyde?  Quei “potenti” del Calabresi restano l’enigma della fase.

Il resto dell’articolessa, come l’arguto Sergio Saviane chiamava le opere che per lui non meritavano altra qualifica, è un frenetica successione di spazzolate, un vorticoso impazzare di “Folletto”, un ripetuto passaggio in lavatrice della coda, per eliminare il sale che Di Maio gli aveva schizzato sopra. “Campagna con i giornali e contro Repubblica in particolare ogni giorno più ossessiva e più aggressiva…vogliono liberarsi dei corpi intermedi, delle critiche e delle domande scomode… peccato che tu, grillino, possa solo ascoltare, al massimo commentare o votare in un sondaggio e se i voti non sono quelli desiderati in un attimo spariscono…chi insiste nel fare domande (ai grillini) disturba, mette in evidenza contraddizioni, errori e furbizie, deve essere messo fuorigioco… si sono chiesti (i grillini) come possiamo provare a imbavagliarli, indebolirli, mandarli fuori strada?....Hanno preso di mira la nostra pubblicità (i grillini), un trucco delle aziende per comprare i giornalisti, hanno reso immorale la pubblicità… nemmeno Berlusconi arrivò mai a tanto (bum!)… sterilizzare qualunque critica al ministro (grillino). Infatti, nella storia della Repubblica non s’era mai visto nessun governo così indenne da critiche e così universalmente magnificato.

Se non basta Hitler, ecco la Stasi

 
Modello Stasi


Messo il paese sull’avviso contro la dittatura dei potenti, razzisti, xenofobi e populisti che sprigiona dai primi cinque mesi del governo salvimaio, soprattutto “maio”, chè con il “salvi” in comune già c’erano sensi liberali e liberisti, capannoni lombardoveneti, Saia e Toti, banchette vernacolari varie. Poi il giornale dei Debenedetti  dà una sistematina anche alla dittatura d’antan, tanto per far notare l’accostamento. Due pagine dell’illustre storico (?), Pietro Citati, dedicati a Hitler. Cito: “Falsi miti. Non sapeva far nulla, non lavorava, amava smisuratamente la madre, pensava di essere un artista. Poi scoprì di avere una vera passione, l’odio e un unico talento: saper parlare” . Insomma, un Fuehrer mammone, un po’ coglione, in fondo nient’altro che uno spurgo d’odio. Un po’ come i grillini? Il ricorso a Hitler vi pare un po’ scontato, abusato? C’è sempre la Stasi, la CIA cattiva della Germania Orientale, con i suoi spaventosi metodi di coercizione e punizione. La Stasi è’ quella, per Faenza sul “Fatto Quotidiano” , come per Ciccarelli sul “manifesto” (uno resosi icona della credibilità quando ha spernacchiato alcune migliaia di scienziati, tecnici, testimoni, che mettevano in discussione la versione ufficiale delle Torri Gemelle), che stanno copiando i 5 Stelle quando al reddito di cittadinanza uniscono 8 ore di “lavoro forzato” socialmente utile e misure perché i 750 euro vadano a Pinocchio e a Geppetto e non finiscano in bocca al gatto e alla volpe

Libera stampa in libero Stato
Sul  “manifesto” Marina Catucci, già scatenata agit prop di Hillary Clinton, nota esultatrice  su cadaveri violati, dedica un paginone con fotona a un  gruppetto di teenager rivoluzionarie anti-Trump ben individuate, che tutte lamentano la perdita di Hillary e Obama e si dichiarano pronte alla guerra contro l’oppressione delle donne, delle minoranze, dei LGBTQ, contro negazionisti, misogeni, omofobi, razzisti. E anche contro la libera disponibilità di armi che provoca il “mass shooting” nelle scuole americane. Bravissime, Soros esulta.


Legittimo. Legittima la scelta delle notizie da dare e non dare. Forse legittima, ma non deontologica la scelta di NON dare neanche un trafiletto alla Marcia delle donne sul Pentagono nel fine settimana 20-21 ottobre, organizzata da Cindy Sheehan, madre di un soldato ucciso in Iraq, diventata la più nota militante antiguerra degli Usa. Ai tempi di Trump, ma anche di Hillary e Obama. E neanche una notiziola sul convegno internazionale contro la Nato a Dublino dal 16 novembre con la partecipazione di rappresentanti di 120 nazioni e centinaia di organizzazioni anti-guerra. E neanche un accennino alla manifestazion di massa programmata contro il prossimo vertice Nato a Washington il 4 aprile prossimo, per il quale si raccolgono adesioni dal mondo. Legittimo occultamento. Un po’ meno legittimo quando si esibisce la testata “quotidiano comunista”.

Legittima la scelta di Repubblica, del manifesto e di tutti gli altri, di giudicare l’Egitto preda di una dittatura. Legittima, ma sospetta quando si dice di arresti e non di terrorismo Isis dilagante, che uccide civili e funzionari a gogò, brucia chiese copte, tiene in scacco il paese. Legittimo esigere la verità sull’uccisione di  Giulio Regeni, ricercatore italiano. Ma legittimo anche, nello sceverare ogni minimo particolare dell’accaduto, occultare che il ragazzo era lì per sollecitare progetti anti-regime, che era stato bruciato da un suo interlocutore e, soprattutto, che era stato alle dipendenze di una ditta di spionaggio angloamericana diretta da ceffi come l’inventore dagli squadroni della morte, Negroponte, l’ex-capo dello spionaggio britannico, McCollin, e il protagonista del Watergate David Young?  Un pensierino su chi poteva aver combinato il pastrocchio, chiaramente anti-egiziano e anti-italiano, no? Giornalismo d’inchiesta?

Luci intermittenti sulla realtà
Santificare le Ong delle migrazioni e celare che sono finanziate dallo speculatore e destabilizzatore internazionale George Soros? Definirlo filantropo e  perdersi il dettaglio (vero “manifesto”?) del furto di miliardi a Italia, Regno Unito e Tailandia (dove, se ci va, lo sbattono al gabbio per sempre), cui in combutta con agenti locali quali la Regina, Draghi e Andreatta, ha demolito la valuta nazionale facendo arrivare sul mercato degli amici una produzione industriale a prezzo di saldo? Non aggiungere che c’è la manina di Soros in ogni porcata fatta a Stati sovrani, tipo golpe e rivoluzioni colorate, da Kiev a Managua? Modello BBC, standard aureo quanto il New York Times delle armi di Saddam, che, dopo aver attribuito alla provocazione dell’IRA la strage della domenica di sangue di Derry perpetrata dai parà di Sua Maestà, solo dopo trent’anni si è rassegnata a un’inchiesta imposta a furor di popolo e di testimoni (compreso il sottoscritto), ma solo per spostare la colpa del crimine, dal governo che l’aveva ordinato, all’ intemperante testa calda  al comando dei militari (nessuno dei quali è ancora, 46 anni dopo, è finito sotto processo).


Perché, di Stefano Cucchi finalmente restituito alla verità  dalla confessione di un carabiniere che ha denunciato i suoi colleghi nell’Arma nei secoli fedele, quanti dei nostri innumerevoli  talk show di approfondimento giornalistico hanno parlato? Nessuno, salvo Porta a Porta. E quanti degli eminenti giornaloni, così arruffati dalle maldicenze di Di Maio, hanno istantaneamente rivelato ai loro lettori che quelli del Ponte di Genova erano i Benetton? Nessuno. Il nome uscito dopo giorni e giorni e nascosto in fondo alla foliazione. E il processo alla trattativa Stato Mafia del PM Nino Di Matteo? E la sentenza che inchioda una classe dirigente al connubio con la mafia nella più orrenda campagna di attentati mai vista in Europa? Tutti zitti tranne il Fatto Q.Fin qui siamo agli occultamenti, detti “legittima scelta delle notizie da dare e non” a un volgo che rischia di essere composto da zotici “deplorables”.

C’è la notizia che non lo è, c’è quella falsa, quella occultata, quella travisata, quella opportunamente collocata.  Ma c’è anche il come queste notizie si danno, lasciando da parte i commenti, tutti ovviamente legittimi. Quando le fonti di informazioni che tratteggiano in nero i nemici dell’Occidente sono “anonime, sicure, affidabili,  diplomatiche, di intelligence, di organi altrui, sono i “si dice” e sono avvolti in condizionali come parrebbe, avrebbe, sarebbe”, si tratta nel 90% dei casi di propaganda, spazzatura. Tenetevi il 10%, vagliatelo e rovistate piuttosto in rete. Lì qualche barbaglio di luce lampeggia.  Per il come basta un esempio. Quello del vilipeso quotidiano di Calabresi-Debenedetti che con grande enfasi titola “Centri impiego flop, 2 milioni di richieste, 37mila posti trovati, ogmni sede va per conto suo, sono falliti i tentativi di coordinamento…” Uno legge e si dice: cazzo, anche su questo i grillini hanno toppato. Bersaglio centrato. Da nessuna parte c’era scritto che tutto il disastroso ambaradan era il frutto di decenni di quelle politiche governative, sostenute da “Repubblica” (Amato, Dini, Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) , in cui il lavoro non  lo si doveva proprio trovare. Come si sarebbe fatto, senza disoccupati, a tenere a bada “l’odio” degli occupati a strozzo e a ore/giorni?

E poi ci sono i tempi. A occhio e croce, nel TG del mio ex-collega al TG3 Luca Mazzà, le proporzioni sono queste: 20% a due esponenti del governo, 25% all’opposizione di destra (PD), 25% a quella di destra-destra, con la sfilata sui tacchi di Bernini, Gelmini, Carfagna e le epifanie di Berlusconi e Tajani, richiamati da Mazzà in vita, 10% alle micro-opposizioni di Meloni, Grasso, Fratoianni e Fassina. A ognuno di questi si strappa l’immancabile 1% che corona la politica con Bergoglio e Mattarella. Il quadro statistico è questo.

Dati AGCOM
Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

“pluralismo politico/istituzionale sul servizio pubblico televisivo”

Minutaggio complessivo, tra interviste e notizie date in terza persona, che Tg1, Tg2, Tg3 e Rai News hanno riservato alle diverse forze politiche nel periodo 1 - 30 settembre 2018 .


Partito
Politico


Tempo
dedicato

Quota elettorale
marzo 2018

Movimento 5 stelle


4 ore e 44 minuti

32,7 %

Lega


5 ore e 39 minuti

17,4 %

Partito Democratico


15 ore e 16 minuti

18,7 %

Forza Italia


12 ore e 14 minuti

14 %

Nota Bene: sommando il tempo dedicato alle due forze che compongono la maggioranza di governo si arriva a un totale di 10 ore e 23 minuti, contro le 27 ore e 30 minuti di PD+FI.

Tutto questo fa parte della strategia dell’informazione come concepita ai tempi in cui i voti li danno Reporters Sans Frontieres che dalla Cia ricevono un guiderdone annuale. Poi c’è la tattica, quella delle notizie fieramente false, la famigerate fake news che, per la Boldrini e diversi legislatori d’Occidente starebbero tutti in rete. E qui non c’è che nuotare per non affogare. Vado alla rinfusa, ‘ndo cojo, cojo: troll russi contro Mattarella, penali miliardarie se cancelli il Tav o cacci Autostrade, Foa, neopresidente Rai, ha scritto un libro che spiega come falsificare le notizie a servizio dei governi (vero il contrario), gli amanti della Raggi, il Ponte Morandi è crollato perché il M5S ha bloccato la Gronda, Assad, come si sveglia, spara armi chimiche sui civili, la Casaleggio è tutt’uno con la Spectre….

Dalla censura ai tabù

Apoteosi della nostra libertà di stampa, d’espressione, di critica RAI 3 ha coronato quanto con  tanta forza ha rivendicato il direttore di Repubblica e, con lui, tutti i paladini schierati davanti al castello delle nostre libertà, minacciate e aggredite dal feroce Saladino. Sabato 13 ottobre, “Le parole della settimana”, programma buonista ultrà di Gramellini. A troneggiare sul proscenio tre sommi sacerdoti  della nostra corretta informazione; lo stesso Gramellini, Enrico Mentana (standard aureo del giornalismo tv) e Andrea Vianello. In collegamento skype, Diego Fusaro, filosofo marxista: presenza diversa e divergente, ma di notevole appeal  per il feticcio Audience, garanzia di pluralismo e benevola tolleranza pur verso chi ti è odioso. Nei pochi secondi  che gli sono stati concessi, Fusaro era subito riuscito a solleticare la sensibilità pluralistica, la fedeltà ai principi costituzionali della libertà d’opinione dei tre luminari del giornalismo democratico, citando Heidegger e, con lui, spernacchiando un’informazione che nasconde la realtà dietro chiacchiere, pettegolezzi, allusioni, fonti mai dichiarate, “si dice”, falsità conclamate. Bufale a gogò, aveva denunciato, tipo gli avvelenamenti dei russi, o le armi di distruzione di massa, cui si sono inchinate, e le hanno propagate, tutti i più prestigiosi media della democrazia occidentale. 

Stava per dire che gli hate speech, discorsi dell’odio, attribuiti h24 a chiunque non si trovi a suo agio nei tempi correnti,  sono proprio di coloro che accusano l’intero mondo fuori dal loro salotto Luigi XV di non fare che discorsi dell’odio, che in scena si percepisce una certa agitazione. Poi, come fosse un ectoplasma spento da qualcuno, Fusaro sparisce nella foschia dello sfumato. Che peccato, Skype interrotto, ghignano i commensali del pasto nudo dell’informazione. E la Federazione Nazionale della Stampa, con la succursale  Articolo 21, presenti in ogni piazza in cui si celebri la verità, da Regeni alle Ong di Soros, il giorno dopo non poteva mancare a denunciare la soppressione della libertà d’espressione perpetrata da…. Luigi Di Maio.

Ci rimane pur sempre la satira. Rai 3 e Tg3, quelli detti “Kabul” quando c’ero io, magari danno solo tre volte lo spazio alle opposizioni di quello che danno al governo (proporzioni invertite rispetto ai governi precedenti), noblesse oblige, perchè stare con gli oppositori oggi fa fico, ma mantengono in vita addirittura Blob. La satira! Quella che graffiava tutto e tutti, senza sconti per nessuno, ma con il piatto della bilancia sempre pencolante dalla parte del più sfigato, di quello fuori dall’ordine perbene delle cose, quello in basso. Con un occhiolino di complicità verso chi disturbava  E sui supponenti e protervi rovesciava quell’orrido blob che usciva dal cinemino di Piccadilly Circus. Come è missione della satira. Anche oggi fa così, anche oggi sbertuccia  i potenti e accarezza i deboli. Pensate, sulla kermesse del PD in Piazza del Popolo ha messo la canzone “I comunisti della capitale, è giunto alfin il dì della riscossa….”. Ma non era satira, non era ironia. Era l’omaggio commosso del giullare del re ai partigiani della nuova resistenza. A Renzi, Martina, Del Rio, Calenda, Zingaretti e Franceschini. Ecco dove era arrivata la trave di Calabresi per estirpare la pagliuzza di Di Maio.


Diceva quel destraccio di Leo  Longanesi: “Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi”. Faceva dire Orson Welles a Humphrey Bogard: Questa è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente' -

12 commenti:

Mauro Murta ha detto...

Ottimo e prezioso articolo Fulvio, che ho prontamente condiviso su Facebook.
Ho solo qualche dubbio su Stefano Rosso. Ho letto su Wikipedia (per quel che vale, aspetto smentite) che nei primi anni 80, per un calo di successo, per delusione amorosa o chissà, si arruolò nella Legione Straniera rimanendovi due anni. Non so cos'abbia fatto in quel periodo, ma non credo che impastasse zucchero filato al luna park. Di questi tempi si giudica un po' troppo, specie i morti che non possono difendersi, ma alle frustrazioni si può reagire in maniera costruttiva, autodistruttiva o distruttiva. Si direbbe che Rosso abbia scelto quest'ultima.

Fulvio Grimaldi ha detto...

Mauro Murta@
Non ne sapevo niente, caro Mauro. A me risultava in sterilità creativa e in preda a depressione. Si era trasferito a Ostia ed è morto per problemi etilici.
Mi informerò su questa storia della Legione.
Grazie dell'apprezzamento.

alex1 ha detto...

E' un gran bel ricordo di Stefano Rosso. Alcune sue canzoni come Bologna 77 sono poche pennellate che descrivono con poesia il movimento del 77 e la dura repressione. Io me lo ricordo una volta, avrò avuto 12 anni, a San Remo, uno dei primi che ho visto, che cantava mentre teneva in mano un giornale. Servirebbe uno che metta alla berlina certa stampa di oggi. Riguardo alla Legione Straniera, prenderei un pochino con le molle wikipedia. Ognuno può scriverci e non c'è accertamento, oltre nella fattispecie tutto non cita neanche le fonti relative.

Anonimo ha detto...

Ottimo come al solito Fulvio. I dati del AGCOM sono allucinanti, sono la prova scientifica della faziosità dei servi di Renzi che furono inculcati nella selva oscura della rai e tutt'ora sguazzano nel putridume della disinformazione.
Il manuale Cencelli degli anni che furono, permetteva se non altro una scelta del canale da seguire. Oggi questo non è più possibile. Aspettimao fiduciosi grandi cambiamenti dai nuovi arrivati.
Un saluto Pierluigi

Anonimo ha detto...

Stefano Rosso è morto il 16 settembre del 2008, portato via da un tumore arrivato "come il mal di denti, quando meno te lo aspetti".Un po’ poeta e un po’ trasteverino che ha guardato il mondo dall’uscio di casa, senza salvare nessuno.

alex1 ha detto...

A proposito di cantautori, mi permetto di ricordare un altro cantautore recentemente scomparso il quale è rimasto sempre se stesso e non ha mai cercato il successo ad ogni costo, Claudio Lolli. Neanche una trasmissione per ricordarlo, spesso etichettato da anni come "vecchio", ma aveva solo 68 anni, come "politico" in senso quasi dispregiativo, perché non si è mai legato alle tendenze mainstream. Ma era un cantautore che ha toccato molti temi esistenziali, il rapporto con la famiglia, con la giovinezza, l'inquietudine della vita metropolitana, la solitudine, l'amicizia.
https://www.youtube.com/watch?v=cOZopQ8g238
Spero apprezziate questo ricordo.

Fulvio Grimaldi ha detto...

Alex1@
Condivido, Alex. Lo stesso vale per il compagno Sergio Endrigo, riesumato solo superficialmente in questi ultimi tempi e ridotto alle sole sue produzioni più commerciali, dopo vent'anni di oscuramento, dagli anni '80 in poi, per punizione del suo essere comunista e aver cantato il Che e nell'imbarazzo che al regime destro-sinistro hanno sempre provocato i nostri profughi giuliani (poi riscattati da un magnifico lavoro teatrale di Cristicchi.

Fabrizio Casalegno ha detto...

Sono appena tornato dal cinema dove ho visto il trailer di A Private War, film ispirato alla storia di Marie Colvin. La giornalista con la benda sull'occhio uccisa ad Homs durante l'offensiva delle forze governative. Aspettiamoci una nuova carrellata di propaganda contro Assad e i popoli libico e siriano. Vi dico solo che ho visto una scena dove attaccava Gheddafi durante un'intervista a proposito dell'imminente aggressione occidentale alla Libia...

Unknown ha detto...

@Fabrizio: in effetti anche le proiezioni cinematografiche possono essere segnali sui possibili sviluppi politici. Questi sarebbero pessimi segnali. A febbraio del 2011 alcuni studenti fuori dal cinema di Westwood davano inviti per il film "the dictator" dove si faceva anche sulla locandina riferimento ad un personaggio con vestito chiaro lungo, capelli neri ed occhiali da sole. Chiaro riferimento. Di lì a poche settimane si scatenerà l'attacco alla Libia e all'assassinio di Gheddafi. Non per essere pessimisti ma poco tempo fa in una trasmissione radio si diceva che in Siria la guerra " sembra dover durare ancora a lungo"...

Alex1 ha detto...

Ieri pomeriggio, ad alcuni tifosi della S.P.A.L a Roma è stato impedito l'accesso allo stadio. La loro "colpa" è stata quella di avere indossato una maglietta con l'immagine di Aldrovandi il giovane torturato ed ucciso da quattro agenti dopo l'arresto a Ferrara. Notizia dimenticata dalla maggior parte della stampa, concenrata tutta sul "fallimento" della manifestazione M5s al Circo Massimo.

Fabrizio Casalegno ha detto...

Ho notato che in diverse librerie sono ultimamente usciti alcuni fumetti sul conflitto siriano che stanno contribuendo ad indirizzare la massa ad una certa idea sul conflitto. Ad esempio ho trovato un volume di Zerocalcare che raccoglie un reportage fatto a fumetto che era apparso su Internazionale in due puntate. Le tavole sono un resoconto del suo viaggio a Kobane ed esaltano "l'utopia democratica della Rojava" contrapposta alla distruzione ideologica dell'Isis.

Fulvio Grimaldi ha detto...

Fabrizio Casalegno@
Zerocalcare, fumettista di regime, nel senso di Soros e del buonismo globalista. Esaltare quei curdi, mercenari degli Usa e pulitori etnici degli arabi, è degno di chi viene periodicamente esaltato da quei cialtroni di Propaganda Live di Zoro (Diego Bianchi)