“Potevano
essere indotti ad accettare le più flagranti violazioni della realtà, poiché non
hanno mai pienamente compreso l’enormità di quanto da loro si pretendeva e non
erano abbastanza interessati ai fatti pubblici per accorgersi di cosa stava
succedendo”. (George Orwell)
Di questioni che ci impongono a
scegliere fra due o più strade in direzioni divergenti, perché sono in grado di
determinare il nostro presente e futuro, dopo che è stato alterato e travisato
il nostro passato, ce ne sono molte. Mi sono limitato a considerarne, a volo
d’uccello, alcune, quelle che mi paiono al momento le più pressanti.
Siria e Venezuela: non è fatta!
Vedo buontemponi che si fregano le
mani convinti che in Siria, se non alla
vittoria completa di quel popolo, dei suoi alleati e della sua dirigenza, con
relativo riequilibrio geopolitico, si sia quanto meno alla sconfitta di
assalitori e loro mercenari. Quando gli assalitori covano progetti elaborati
nei decenni, in buona parte realizzati, dotati di forza militare (nucleare) e
mediatica senza pari, decisivi per il loro ruolo e i loro obiettivi nel mondo,
e dunque irrinunciabili, nessuna partita si può dire vinta, anche se nemmeno
persa. E di mercenariato, tra masse alienate e alla canna del gas, ce n’è una
fonte inesauribile. Colonialismo e
neoliberismo ne sono prodighi.
La stessa schiatta di fiduciosi
nelle “magnifiche sorti e progressive”, ma ignari del pessimismo cosmico
leopardiano, passato un mese dalla grottesca epifania di un teppistello da
angiporto, però addestrato da Otpor a Belgrado e dalla National Endowment for Democracy (leggi CIA) a Washington,
sottovalutando la psicopatologia dei mandanti e la determinazione dei banchieri
sulle loro spalle, crede che basti la mancata defezione dei militari e il
sostegno popolare maggioritario per affermare la vittoria di Nicola Maduro e
della resistenza bolivariana. Magari restando un tantino interdetti per i tre
micidiali colpi cibernetici che hanno annientato il funzionamento energetico
del paese.
Il primo dei quali subito
smascherato come atto bellico Usa dalla rivista “Forbes”, ma, prima ancora, in
quanto annunciato, a 2’40” dal suo verificarsi, dal vaticinatore per il
presidente venezuelano della stessa fine di Gheddafi, Marco Rubio, uno di cui
andrebbe messa in discussione la natura umana. Con ogni evidenza, la guerra per
cancellare dalla faccia della Terra la realtà bolivariana e l’intera
emancipazione latinoamericana è appena iniziata. E se il moloch ripete con
accanimento “tutte le opzioni sono sul tavolo”, sa quel che si dice e il blackout in atto si può definire
l’inizio della guerra (economica) totale.
Chi vince prende tutto
Di crocevia della Storia, in
entrambi i casi si tratta. Qui (ma anche in Afghanistan, Yemen, Libia, Iraq,
Iran, Ucraina, Corea del Nord, Europa) alcuni miliardi di esseri umani sono
coinvolti in un processo che li pone al bivio tra la fine dell’uomo voltairiano
e socratico, e l’uomo del consumo-autoconsumo, abbarbicato alla slotmachine, o
affogato nello smartphone, con zero altre opzioni o diritti. Ma anche tra
esproprio totale e fine dell’uomo tout
court. E, meglio ancora, tra mafia e padrini, definitivamente elevati al
rango di governo globale, e quanto ci resta di sovranità dell’individuo,
sublimata in sovranità di popolo e Stato.
O vince l’imperialismo USA (con l’appendice
junckeriana UE e del neofeudalesimo tirannico dei detriti antistorici sauditi),
strumento dei finanzdittatori del mondialismo, o resiste uno straccio di potere
del diritto, come emerso dai bagni di sangue della storia con il Trattato di Westfalia
e poi la Carta dell’ONU. O il governo della legge, o l’arbitrio di chi si
arroga il diritto di imporre gli interessi del proprio 1% al resto del pianeta
vivente. Tipo tagliandoti le mani se non ottemperi alle sanzioni all’Iran, ti
incammini sulla Via della Seta, sposti denaro dall’alto al basso, non accetti
di fare da bersaglio alle rappresaglie missilistiche russe a missili Usa, o non
riconosci un turpe fantoccio emerso dal
laboratorio di pendagli da forca per rivoluzioni colorate e colpi di
Stato, inaugurato a Belgrado contro la Jugoslavia e ricaricato a molla ovunque
occorresse.
Camere a gas 2.0
Il TAV non serve a nessuno, se non alle
mafie degli appalti e loro padrini politici, è il doppione di una ferrovia
esistente, ma costa/rende 20 miliardi e la devastazione di Prealpi e Alpi, con
relativa umanità, fauna e flora. L’Eastmed, il gasdotto ora all’esame del
governo, sarà il più lungo del mondo, con 1.500 km subacquei che passano su
faglie sismiche e vulcaniche, costa 12 miliardi di euro (in effetti il doppio)
e fornisce appena il 5% della domanda europea (contro il terzo fornito a prezzo
più basso dalla Russia), coinvolge Israele, Cipro, Grecia e Italia e sbocca,
come il TAP, in Puglia. Taglia fuori Turchia, Libano, Siria e Palestina (Gaza),
che si affacciano sugli stessi giacimenti del Mediterraneo Orientale. Cerca di
ridurre il ruolo della Russia. Ma elimina dal gioco soprattutto l’Egitto e
l’ENI, possessori del giacimento più vasto e fornitori più ricchi, meno costosi
e a noi vicini. Dal che si capisce meglio, sia l’operazione Regeni, che la
spaventosa guerra terroristica lanciata contro l’Egitto dai Fratelli Musulmani
(Isis) a nome dei concorrenti.
TAV, TAP, Eastmed, Italia hub del
gas europeo, trionfo del fossile e sacrificio della nostra residua integrità
ecologica nel tempo in cui incontrovertibili studi e conseguite evidenze ci
lasciano 10 anni perché l’inizio dell’estinzione di massa (già in atto per il
40 % dei vertebrati e per molto di più degli insetti), sia irreversibile.
Grazie all’energia fossile siamo stati capaci di arrivare a fine agosto avendo
già esaurito quanto il pianeta può fornire in un anno. Non c’è un vertice sul
disastro climatico e sulle morìe che provoca, tranne quello di Kyoto, dove
personalmente ho visto gli Usa, con l’ambientalista Al Gore, bloccare
l’obbligatorietà dei vincoli, che imponga sanzioni agli Stati che non
raggiungono i già tardivi e minimalisti obiettivi di riduzione dei gas serra e
di consumo del suolo. Abbiamo un piede sospeso sul baratro, ma i padrini della
criminalità organizzata politico-economica si costruiscono bunker e isole buenos retiros. E ricercatori
Frankenstein ben pagati cercano tecnologie per spegnere il sole due ore al giorno,
o raccogliere le alluvioni in innaffiatoi.
Sbloccare i cantieri o bloccare le frane?
Lo sfessante e ormai ridicolo rinvio
della decisione sul TAV, per sentire francesi ed europei che sanno
benissimo come tutto il Corridoio 5 non
esista più e fare quel buco serva solo a bastonare gli sconvenienti 5 Stelle,
finirà in parlamento. Qui il da sempre finto bipolarismo si tradurrà in
perfetto monopolarismo, come del resto su tutto ciò che conta (Atlantismo,
Israele, Venezuela, Via della Seta, trivelle, affari, malaffari), e il TAV
finirà,.anzi partirà, come il TAP e l’ILVA. Di Maio ha detto: “Noi le infrastrutture le vogliamo fare,
anche quelle nuove” e tutti i gialloverdi si riempiono la bocca dello
“Sbloccacantieri”, eco tonitruante del renziano “Sbloccaitalia”. Mica hanno
detto “Qui tocca rifare l’Italia”.
Dissestata, inquinata, franata, siccitata, alluvionata, cementificata,
soffocata, con i ratti che impazzano e gli esseri umani che stanno a guardare.
E a morire. C’è uno che lo dice. Si chiama Costa e fa il ministro
dell’ambiente, come nessuno l’aveva fatto prima. Al crocevia non va lasciato
solo.
Fare o disfare l’Italia
In compenso qualcuno ha detto, anzi
ha bisbigliato, dato che ancora le plebi non hanno saputo niente, che l’Italia
va… disfatta. E qui siamo a un altro crocevia del destino, dalla scelta irrinunciabile. Speravamo
in un nuovo bipolarismo: 5 Stelle da una parte, tutti gli altri, come loro
natura e le rimpiante larghe intese bancarie comandano, dall’altra. Invece
siamo al monopolarismo con frange. E siccome noi di signori abbiamo i
signorotti di provincia, il nostro nuovo feudalesimo subimperiale si articolerà
in piccole unità monovernacolari, monoculturali, monofiscali, insignificanti e
inoffensive sulla scena europea e mondiale, con la classica vocazione dei microbaroni
e microprincipotti italioti: Francia o Spagna purchè se magna. Nel caso si
tratta di Francia e Germania. E gli altri? Un
volgo disperso che nome non ha.
E questi che governano, lo stesso
custode della Costituzione, di cui il valore più alto è l’unità d’Italia, si
rendono meritevoli delle misure che la Patria prevedeva per alto tradimento
Perciò lo fanno di soppiatto. Come ladri nella notte. E nessuno, né tantomeno
Salvini, gli spara.
Al bivio tra Via del Padrino e Via dei picciotti
Resta un ultimo bivio tra la via al mondo
dei gangster e quella al mondo degli umani, con il loro indispensabile corredo
animale, vegetale, ambientale. Non s’era mai visto, dopo gli uomini saggi e
buoni di Neanderthal, che il flusso della ricchezza dalla terra agli uomini e,
tra questi, da quelli bassotti a quelli altotti, cambiasse verso, dall’alto
verso il basso. Attimi, in migliaia di anni, si sono avuti dopo il 1917, qua e
là nel mondo. Ma è durato poco. Poi quattro stenterelli, intestatisi le stelle,
ci hanno riprovato. Un piccolo esperimento, capace però di fare da innesco,
soprattutto alla consapevolezza che il trasferimento dal basso verso l’alto non
era necessariamente nella natura delle cose. E per cinque milioni di italiani
hanno invertito la corrente. E’ successo il finimondo. Anatemi, scomuniche,
roghi (mediatici) Come quando Copernico (15°secolo D.C), informatosi da Aristarco
di Samo (terzo secolo A.C), asserì che la Terra girava intorno al sole. E non
viceversa, neanche se è sulla Terra che era venuto Gesù bambino.
E fu il reddito di cittadinanza.
Quello per i fannulloni sul divano. Quello del suo più nevrastenico oppositore.
Tale Roberto Ciccarelli che, a disco rotto, ha ripetuto 127 volte l’esorcismo:
“sussidio di povertà impropriamente detto
reddito di cittadinanza”. E’ uno che vanta tutti i crismi della
credibilità: sull’11 settembre ha sepolto sotto sberle e sputazzi oltre 3000
scienziati e tecnici che non erano proprio d’accordo con il racconto di Bush.
Scrive sul “quotidiano comunista” . Quindi i soldi per i poveri gli vanno
proprio di traverso. All’incrocio, non ha esitato un attimo.
Possiamo esitare noi che siamo il
99% e abbiamo la scelta tra il padrino, che infila popoli tra i tondini delle
fondamenta dei suoi edfici e quelli che mafiosi non sono. Ci facciano un pensierino colui che si chiama
con termine antipatizzante “capo politico” e la polvere di stelle che lo segue.
Al crocevia, che strada sceglieranno, dato che la scelta di Salvini, e dei suoi
compari nel monopolarismo, chierici del pensiero unico, quello del padrino, la
conosciamo bene?
3 commenti:
Io ricordo bene cosa disse Di Maio a febbraio :" Finche il M5S sara al governo la TAV non si fara". Queste le parole del capo politico, ora aspettiamo i fatti e la coerenza.
ps: video postato sul mio account facebook.
https://www.facebook.com/parzyval.whoknows/videos/2613202718696133/
Complimenti.
In effetti tra segretario del partito e capo politico è preferibile la prima dicitura, con buona pace delle lotte anticasta, e se tanto mi da tanto era migliore il clima ... in generale.
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