USA, 11 settembre 2001
Afghanistan, 31 agosto 2021, stessa mano
⭐DALL' 11
SETTEMBRE DI NEW YORK AL 31 AGOSTO DI KABUL⭐
Ospiti: i giornalisti FULVIO GRIMALDI e FRANCO
FRACASSI.
Conduce
STEFANO BECCIOLINI
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“Il
tramonto dell’Occidente” è il capolavoro del filosofo e storico tedesco Oswald
Spengler, che trae la sua ispirazione dalla fine dell’allora più sanguinoso
conflitto della storia europea, la prima Guerra Mondiale, e dalla successiva
grande depressione del ’29. Spengler percepisce e analizza una svolta storica,
la fine di un’epoca, forse di un evo. Da quegli anni che introducono al secondo
conflitto mondiale e allo scontro tra due totalitarismi capitalisti, uno in uniforme,
l’altro in abito borghese, la Storia si è messa a correre e appena un secolo
dopo, l’umanità, stavolta intera, si ritrova travolta da un nuovo cambio
radicale di paradigma.
Dalle
frenate e dai rovesci in Iraq, Libia, Siria, America Latina, da lacerazioni
interne senza precedenti, dalla formidabile alternativa egemonica di Cina e
Russia, dall’assoluta irrilevanza dell’Europa, si intravvede la fine del breve “secolo
americano” con la sua euroappendice, e l’affermarsi impetuoso di qualcosa di
nuovo, dai caratteri euroasiatici. La Versailles della Germania è diventata la
Doha dove si è negoziata la resa degli Stati Uniti. Sono da attendersi analoghi
colpi di coda, ma il nostro destino è ormai fermamente nelle mani del cosmopolitismo
finanziario e di chi vi resiste. I suoi strumenti da fisico-psichici sono
diventati psico-fisici: meno Stati, meno eserciti, più telematici, più
farmaceutici. Agli americani resta un’indiscutibile e per ora irreversibile
egemonia “culturale”, che si perpetua con forza sulle giovani generazioni del
pianeta, a cui né il Sud del mondo, né Cina e Russia, hanno finora saputo
opporre un’alternativa.
Cambia tutto: fine del complesso militar industriale?
Al
declino americano si è tentato di porre un freno con l’esercizio della forza
militare, 900 basi sparse su tutto il globo, il dominio dell’aria e dello
spazio, interventi diretti e, sempre più, di forze mercenarie: terroristi per
la cosiddetta “guerra al terrorismo”. Ma la colossale debacle di Kabul alimenta
il sospetto che a questo immenso apparato della forza possa essere riservata la
stessa fine dell’esercito fantoccio superarmato di 300.000 uomini, a difesa dell’occupazione
dell’Afghanistan e del regime di miserabili quisling installato dagli invasori.
Dal
Vietnam in poi USA e i suoi mercenari NATO e ISIS/Al Qaida non fanno che
rimediare insuccessi. Perfino i colpi di Stato, vedi Bolivia, o Venezuela, non
riescono più.e, dopo l’Ucraina, neanche le “rivoluzioni colorate”: Hong Kong,
Libano, Myanmar, Iran, Russia….. La risorsa estrema è digitale e sanitaria e
anche qui, alla luce, sempre più diffusa, di cosa ci combinano i vaccini e coloro
che li manovrano, si aprono delle crepe.
L’ultradestra
imperiale che si finge sinistra
Vignettisti di regime (il manifesto)
Un
segnale mediatico significativo, a parte il noto, rozzo e cieco, atlantismo che
fa di tutti i media generalisti un'unica camera dell’eco, ce lo dà l’infiltrato
“il manifesto”, che trasmette quotidianamente e fedelmente gli ordini di
servizio del Deep State USA e dei suoi servizi terroristici. La sviscerata promozione
della nuova arma-fine-del-mondo sanitaria, chimico-genica, si accompagna in
questi giorni alle geremiadi dei suoi vari specialisti geopolitici sullo scontro
di civiltà perduto dall’Occidente in Afghanistan. In particolare sui diritti
umani (sopravvissuti a vent’anni di bombardamenti, carceri della tortura,
stragi di civili, depredazione di un intero popolo) lasciati alla mercè dei
trucidi “turbanti neri”.
Vi
eccelle tale Giuliano Battiston, che divide la sua lealtà e le sue prestazioni
tra il “quotidiano comunista” e l’ISPI, Istituto di Studi di Politica
Internazionale, non altro che il ragazzo di bottega locale del Dipartimento di
Stato e della Difesa statunitensi. Mentre un finto “anti-americano”, come
Alberto Negri, prova a rattoppare truffe americane come l’attentato “saudita”
dell’11 settembre, i mercenari curdi “patrioti rivoluzionari”, Osama maestro
attentatore, ucciso dalle forze speciali USA e altre fiabe che servono a tenere
assieme il tessuto di menzogne dell’Impero in disarmo.
In
questo contributo all’episodio che apre la “guerra al terrore” del più grande
Stato terrorista della Storia e a quello che felicemente lo chiude a Kabul,
Fracassi e io abbiamo cercato di buttare un po’ di sabbia negli ingranaggi del
menzognificio. Una sabbia che fa anche giustizia della furbata degli ambiguoni che,
per rimediare al disastro di tutto l’Occidente, ai sono inventati la teoria, oggettivamente
salvafaccia degli USA, per cui non ci sarebbe stata nessuna sconfitta dell’Impero,
ma piuttosto un’intesa sotterranea tra Washington e i vendipatria Taliban, in
vista di spartirsi economicamente le risorse del paese. Così ne uscirebbero
sani e salvi gli americani e farebbero una figura di merda gli odiosi Taliban.
5
milioni di afghani a cui i dati personali sono stati sottratti attraverso il
riconoscimento facciale coatto. Gli indigeni non meritano privacy, né rispetto.
Un
colpo di coda che, comunque, la globalizzazione si va prendendo sono quei 4
milioni di afghani, perlopiù giovani e formati, che verranno sottratti al paese
e alla sua rinascita con la scusa dell’ “accoglienza dei fuggitivi dagli orrori
Taliban” e rovesciati sull’Europa
degli alleati che non hanno saputo far vincere la partita.
Ci
saranno anche donne e ragazze, possibilmente avvenenti e commoventi, che per
mesi e anni riempiranno pagine e schermi con la loro narrazione su quanto
abbiano patito e quanto ancora patiranno le loro sorelle e tutto il popolo
sotto il regime dei “barbuti”. Ma è chiacchiericcio stereotipato che non
destabilizzerà né noi, né il nuovo Afghanistan liberatosi dal colonialismo.
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