SIRIA,
NUN MORO IO !
Intervista
di Paolo Agrotti, “Rassegna di attualità Storia e Geopolitica”, a Fulvio
Grimaldi
“Nun moro io!” il popolo siriano ce lo avveva intimato anche da molto prima. Almeno da quando i colonialisti francesi e britannici hanno provato a spargere sul Mashreq le membra separate del grande corpo arabo mesopotamico, fulcro di una delle più elevate civiltà che abbiano fertilizzato la Terra: Siria, Iraq, Libano, Palestina..
Mal
gliene incolse. I frammenti sono rimasti separati, ma sono bastati, ognuno per
sé, a ricacciare in gola agli stroncatori del bello e del giusto il proprio
rigurgito antistorico.
“Nun
moro io”
è stato la risposta ancora una volta della Siria quando, utilizzando la potenza
dell’intruso israeliano, per ben quattro volta, 1948, 1956, 1967, 1973, il
colonialismo, ora con punta di diamante rabbinica e minaccia nucleare, si è
dovuto fermare davanti a questo scoglio e cuore dell’identità e della
resistenza araba. Laica e socialista.
Quella
frase sono 56 anni che dalla regina degli arabi, la Siria, mi sento ripetere.
Da quando la visitai, non vinta, dopo la Guerra dei Sei Giorni, a quando la
rividi, inflessibilmente in piedi e vibrante di vita, decennio dopo decennio,
sofferenza e insulto do0po sofferenza e insulto, alta sul passo del suo cammino, a dispetto di un’aggressione che
non si rassegna. Fino all’incredibile martirio che una cosca internazionale di
criminali insiste a infliggerle dal 2011 ad oggi. Perché è Siria. Perché è
civiltà. Perché è araba.
“Nun moro io!”, ora anche nell’immane cataclisma del terremoto, Raddoppiato, decuplicato nella sua letalità dalle sanzioni dei mostri.
Mi
è arrivato un video dalla Siria abbandonata tra le macerie e le bombe:
veterinari siriani che scavano, salvano, curano animali. Cani, gatti, galline. In
Turchia, dove i soccorritori dal mondo intero sono come la Grande Armada di
Spagna, niente di simile s’è visto. Possibile che siano così spesso gli arabi a
farci vergognare?
(grazie
alla LAV per le immagini)
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