Le
belle famiglie occidentali
PAPA’ IN
CAMICIA NERA, MAMMA IN MIMETICA, FIGLIA TANGENTISTA, FIGLIO TERRORISTA
Nella puntata ci sono la richiesta d’arresto della
Corte Penale internazionale. Con un giochetto di prestigio si mette sullo
stesso piano Israele genocida e Hamas forza di liberazione antifascista e anticolonialista.
E come accoppiare sul banco degli imputati le SS e la Brigata Garibaldi, i
nazisti di Azov e i resistenti del Donbass, Crosetto e Danilo Dolci. Ma l’effetto
pubblico per quanto riguarda Hamas è come l’ennesimo giro di un vecchio disco;
quello su Israele è un effetto Hiroshima, un botto di portata storica, un
discredito pari a una contaminazione radioattiva che uccide lentamente.
Nella puntata non c’è ancora l’intimazione della Corte
Internazionale di Giustizia di piantarla con la fregola di estendere il
genocidio a quanto rimane vivo a Rafah e di fare entrare i camion di aiuti che
io stesso ho visto allineati fermi, impediti dai carcerieri di Gaza, per 200 km
tra Suez e Rafah. Altro che la presa per il culo del molo galleggiante preteso
da Netaniahu e costruito dagli americani per mettere a disposizione dei
genocidi il sostegno di mille Marines. Oltre a fornire la via di fuga verso il
nulla a 2,3 milioni di evacuandi della nuova Nakba.
Nella puntata c’è anche un soffietto per il tuttora
vegetante Oliviero Diliberto:, ex-membro dell’Idra a tre teste detta,
millantando, “Comunisti Italiani”: Cossutta, Rizzo e lui. Ora è preside, a
dispetto degli studenti che manifestano per la più giusta delle cause, della facoltà
di Giurisprudenza della Sapienza. Come il PCI berlingueriano nei gloriosi ’68-’77,
si schiera dalla parte della polizia. Noi allora li chiamavamo “Via via l’altra
polizia”: non menavano con i manganelli e i candelotti, menavano con la complicità
politica e con il servizio d’ordine di Lama. E’ rimasto tale l’ex-PCCino, e ha
trovato l’occasione per dimostrarlo. Con un panegirico alla rettrice della
Sapienza, esaltabile per aver chiamato i poliziotti a devastare tendopoli e
corpi filopalestinesi e con un’accorata, quasi erotica, difesa della stessa dai
vergognosi dileggi riservati alla teppa anti-genocidio. Gonfia, Oliviero, oltre
ogni razionalità e anatemizza i crimini di Hamas, come inventati dai
protagonisti del fuoco amico “Hannibal” del 7 ottobre, senza peraltro aver
trovato nulla da ridire sul lunapark dell’orrore allestito da Israele in Palestina
da 75 anni a questo minuto secondo. Il duro e puro paracomunista difende e
glorifica l’intesa tra la sua università, finanziata dal complesso
militar-industriale, e quelle sioniste, ideatrici dei mezzi più raffinati per disintegrare
bambini palestinesi e torturarne i genitori nei campi di concentramento.
Sorprendente. Incoerente? Nessuna sorpresa e il massimo
della coerenza in secula seculorum. 1999, predicare l’opposizione al
capitalismo ed entrare, a costo della scissione da un partito comunista all’opposizione
(PRC), in un governo del non plus ultra
della modernità consociativa capitalista, anzi bicamerale (oggi “larghe intese”).
Sempre 1999, Sostenere la pace e la collaborazione fra paesi socialisti, al
punto da andare a baciare il presidente della Jugoslavia e Serbia, Slobodan Milosevic,
sotto attacco bombarolo NATO, e al tempo stesso fare il ministro di un governo guerrafondaio
(D’Alema-Mattarella), in prima linea, con le sue basi e i suoi mezzi, nell’attacco
NATO a Jugoslavia, Serbia e Milosevic, presidente democratico di paese neutrale,
pacifico e socialista.
Come può allora stupire uno che, al pari del sodale
Marco Rizzo (il terzo della triade, oggi partner di comunisti come Alemanno e Bandecchi), si dice filopalestinese,
spara fango sui filopalestinesi nel nome di Arafat (che non ha modo di
obiettare), non trova spunti per arricciare il naso sul genocidio israeliano e
s’impegna nella pugna per far prosperare le intese con gli atenei che
lubrificano l’operatività dello Stato fuorilegge. Qualche milione di comunisti veri
vorticano nella tomba.
Detto del presidente iraniano Raisi e del trattamento
alla Mattei riservatogli dal nemico che dal 1979 pratica il terrorismo omicida
e stragista in Iran, ci meravigliamo come quel commissario UE anonimo non abbia
rappresentato al primo ministro della Georgia, Irakli Konakhidze, la concreta
ipotesi di fare la fine del equipollente iraniano Ibrahim Raisi. Avrebbe
rinforzato l’avvertimento che , un giorno prima, gli ha invece tirato con il
lanciafiamme: “Occhio, amico, pensa a quanto è successo al collega slovacco
Robert Fico per aver sbertucciato, come te, sia Zelensky, sia coloro che gli
forniscono armi, sia l’OMS e i suoi giochi di prestigio pandemici”. E per non
aver trattato alla stessa maniera la calamità di tutte le galassie, Vladimir
Putin.
L’Occidente è molto risentito del degrado della
democrazia in Georgia. Democrazia accanitamente coltivata, invece, dal gorbacioviano
Shevardnaze, quando si imbrattava di stelle e strisce, nell’era dello sbraco di
Eltsin. Fece tracimare la Georgia di ONG occidentali (USAID, NED, AVAAZ, HRW e
cc.), prodighe di prebende a scuole, università, ospedali, amministrazioni, imprese,
così messe in condizione di sviluppare una valida classe dirigente del paese da
incorporare in NATO e UE. Niente di meglio come ascensore sociale per gli
appassionati di mercato.
Mal gliene incolse, dato che uno ancora meglio di lui,
Saakashvili, organizzò una rivoluzione delle rose, una Maidan al profumo di
rosa Tea, per andare oltre e fare la guerra alla Russia, per interposta Ossezia
del Sud e Abcabia, aree sfuggite alle ONG poichè popolate, come il Donbass, da
genti irriducibilmente antinaziste, russofone e russofile.
Sono bastati quattro schiaffi da Putin al malconsigliao
biscazziere da Lasa Vegas e, a parte qualche morto, c’era solo da ridere
soddisfatti. Avevano pensato – male, come ormai regolarmente dal Vietnam in qua
– che si sarebbe trattato dell’aperitivo del banchetto, con il quale nell’Occidente
nazifilo e natizzato si sogna di degustare ciò che al primo tentativo
(Napoleone) e al secondo (Hitler), era sfuggito. L’esito del mandato ricevuto
da chi era più fesso di lui gli intralciò il gozzo al punto da porre fine alla
sua carriera. Successi, questi, di Saakashvili che lo hanno fatto cacciare dall’intera
Eurasia, privare della cittadinanza sia dell’Ucraina, che della Georgia. Un avventuriero
criminale finito, prima, governatore di Odessa, a lui cara per via dell’odore
di bruciato delle vittime nel palazzo dei sindacati antinazisti, poi ramingo e
apolide
Diceva Kissinger "Essere un nemico degli Stati Uniti è pericoloso, ma esserne un
amico è fatale". Qualcuno in Georgia ha imparato la lezione. Ovviamente non l’emula
di Hillary, Salomè Zourabichvili, presidente georgiana che ha messo il veto,
dando retta a chi ne ha favorito l’ascesa, come alle bande di manipolati che rumoreggiano
contro il parlamento. La sacrosanta legge, del tutto simile a quella vigente
negli Usa e nel Regno Unito (“Agente straniero” è la Ong che riceve soldi da
fuori), ma detta “russa”, impone di svelare chi, dall’estero, ha contribuito
oltre il 20% ai finanziamenti delle ONG. Basta rivoluzioni colorate Soros, CIA
e Mossad.
Nella puntata si cerca di capire anche altro. Cosa
bisogna dedurre dal fatto che l’’Alta Corte britannica ha accolto l’appello di
Julian Assange, mezzo morto nel carcere della tortura di Belsham, e ha concesso
che gli USA non hanno dato sufficienti garanzie per l’applicazione al
giornalista-di-tutti-noi del Primo Emendamento: libertà di parola. Gli rode che
quella protezione costituzionale possa proteggere chi dice la verità. Andrà
come andrà. Intanto, come succede con Israele e la Palestina, pare che siano
tornati i tempi quando la mobilitazione della gente qualcosa ottiene. Tappa su
tappa verso la rivoluzione.
E la deportazione colonialista, nella colonia Ruanda del
brutto ceffo Kagame, di migranti sbarcati nel Regno Unito (da noi, si parva
licet…si fa con l’Albania), ci offre l’occasione per squarciare trent’anni
di megatruffa su chi e perché ha fatto passare una sanguinaria rivincita dei feudatari
Tutsi, gestita dal neocolonialismo francese, come genocidio operato dai plebei
Hutu, che invece ne sono stati le vittime.
Volete sapere come va a finire con le nostre
incontaminate Alpi, estremo ridotto ecologico di un paese butterato dal vaiolo
della devastazione ambientale? Prendete il Piemonte dell’analoga edizione delle
Olimpiadi invernali nel 2006, dei suoi indecenti sprechi, dei suoi costi alla
comunità, dei suoi scheletri lasciati ad arrugginire, moltiplicato tutto per 10
e avrete la risposta. Quella prevedibile. Quella del consultivo verrà pianta da
qualche residua conifera. E neanche più da uno stambecco, o una marmotta.
Saranno fuggiti in Sudtirolo.
Ora ci ha messo il naso la Procura di Milano. Questa
meneghina, come quella di Genova, che si occupa del ladrocinio di vertice, o
quella di Firenze, che indaga generali per essere rimasti a braccia conserte
davanti all’annuncio delle stragi statomafiose del 1993, è chiaramente una Procura da esami
psicoattitudinali. Lo dicono nientemeno che Nordio, Crosetto, Gasparri, Salvini…
La crème de la crème.
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