ESTRATTI DALL’ARTICOLO
Nel
milione di manifestanti del 3 e 4 ottobre non s’è udito nessuno azzardare una
sola parola di biasimo, o di condanna, o di critica, a Hamas. Bella risposta a
Travaglio e al suo inserto nel Fatto Quotidiano in cui ben 14 paginoni sono
state riempite da firme ritenute illustri per ripetere l’assunto che Israele
ritiene giustifichi l’orrore di Gaza: il terroristico pogrom di Hamas del 7
ottobre, con la carneficina di 1.200 civili e relativi stupri. A salvarsi è
rimasta la sola Barbara Spinelli che, forse, ha intuito che se un milione di
persone applaudono a un cartello con la scritta “Verità sul 7 ottobre” e se gli
stessi israeliani di Haaretz rifiutano la fabbricazione del loro governo,
qualche motivo per pensarci dovrebbe esserci.
Quelli
che… poveri palestinesi ma quei terroristi di Hamas…”Il governo di Israele e
il vertice di Hamas, cioè le due organizzazioni terroristiche…”, “”Israele
appoggiava Hamas per cancellare la già debolissima ANP… “Entrambi, Israele e
Hamas, i guardiani del loro inferno”…” E’ un genocidio, ma le atrocità commesse
da Hamas il 7 ottobre”…”La strage dei milleduecento innocenti perpetrata il 7
ottobre 2023 dai macellai di Hamas”… “Sentimenti ovviamente ignoti al terrorismo
di Hamas”…
Trattasi
di dichiarazioni pubbliche e pubblicate, tutte di personaggi in vista,
giornalisti, analisti, diplomatici, che, mentre forniscono questi assist al
genocidio equiparando colonialisti e colonizzati, oppressori e resistenti,
tirannia e movimento di liberazione, si professano – e risultano al pubblico –
convinti critici di quanto lo Stato sionista infligge alla Palestina. E poi c’è
chi ritiene eccessivo che, per riconoscere l’integrità e coerenza di chi si
proclama “proPal”, gli debba essere fatto “l’esame del sangue” (ovviamente
etico-politico).
L’equiparazione,
stavolta del tutto evidente è, da un lato, quella che vede una Meloni dal megalomane
vittimismo definire nemici della pace gli equipaggi della spedizione
politico-umanitaria. Quelli che, sfidando questi infami dileggi, a volte fatti
propri perfino da chi si dichiara “voce della Palestina”, hanno messo a
disposizione della pace e della giustizia il loro tempo, i loro mezzi
finanziari, la loro incolumità
Accanto
a lei tutti quegli altri, suoi pari colonialisti occidentali, compresi i
proclamatori grotteschi della “pace eterna”, cioè della resa incondizionata dei
palestinesi. Sono coloro che ricattano i naviganti (sia ripetuto: infinitamente
nobili e coraggiosi) intimandogli di mollare e non provocare “le giuste
rappresaglie di Israele”, ma si astengono rigorosamente dall’imporre imporre ai
violatori del diritto internazionale e carnefici di Gaza di rientrare nella
legalità e rispettare il diritto di violare blocchi illegali.
Dall’altro
lato, in parallelo, anzi, in osmosi, stanno quei personaggi, statuali, politici
e mediatici della sfera sionista, che affermano, sventolando documenti di
fattura opaca, che l’intero ambaradan della flottiglia, dei portuali che
sabotano le partenze di armi per Israele, di centinaia di milioni di
manifestanti nell’orbe terracqueo, obbediscano ai “terroristi” di Hamas e da
questi verrebbero addirittura pagati. Sarebbero le bande dei contractors di
Hamas. Qui la collocazione sullo stesso piano ci sta tutta, comodamente.
E’
tempo, da tempo, di false flag
Stiamo
attraversando tempi nei quali i cieli del Nordeuropa producono grandinate di
False Flag, uno strumento diventato principe dell’arsenale di chi muove guerra
per sottomettere, conquistare, rapinare, ma che ha alle spalle, in Occidente,
quasi tutta la sconfinata teoria di guerre colonialiste e imperialiste. Spesso,
quando ormai lontane nel tempo e indifferenti a smentite, addirittura neppure
più rivendicate come tali dai rispettivi autori.
Basta
pensare alla Maine, nave da guerra USA, incendiata dagli USA nella baia
dell’Avana per strappare Cuba agli spagnoli. A Pearl Harbor, quando, fingendo
un imminente attacco a Tokio, si indusse il Giappone a bombardare una flotta
USA, in buona parte spostata al riparo, peer avere il pretesto della guerra.
Nel Golfo del Tonchino dove un inventato attacco vietnamita agli USA innescò
una guerra costata al Vietnam tre milioni di morti e conseguenze genetiche a
generazioni da napalm e diossina da Agente Orange. I tedeschi che finsero di
essere stati sparati da soldati polacchi che invece erano soldati del Reich. Il
primato assoluto per ciò che se ne è tratto, ma anche per la grossolanità
dell’inganno, spetta all’11 settembre. L’attentato, attribuito a degli
sprovveduti sauditi, costò 3000 vittime nelle torri, ma guerre “al terrorismo”
per milioni di morti in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, accompagnato da
repressioni in casa favorevoli alla fascistizzazione delle proprie società.
Israele,
di solito, non ha bisogno di ricorrere a false flag. Le sue bandiere sono
magari false nella narrazione dell’accadimento, ma quanto all’accadimento
stesso non si sono mai manifestati scrupoli, Netanyahu o non Netanyahu, ad
attaccare, bombardare, invadere, incendiare, devastare, uccidere. Vedi, oltre a
Gaza e Cisgiordania, Iran, Libano, Iraq, Yemen, Qatar, più attentati ed
esecuzioni sparsi in giro, perlopiù tra paesi amici. Con governi tolleranti
fino alla compiacenza.
Così,
subìta l’offensiva del 7 ottobre, la prima dopo le operazioni dei fedayin degli
anni settanta, gli attentati kamikaze, le due intifade e il successivo
quietarsi della popolazione sotto occupazione, indotto dal collaborazionismo
nella repressione dell’ANP di Abu Mazen, Israele si è adoperato a fare del suo
racconto una falsa bandiera.
Hamas
è il legittimo rappresentante dei palestinesi, in seguito alla sua vittoria
nelle ultime elezioni che l’ANP di Mahmud Abbas ha permesso di tenere nei
territori occupati. La sua operazione del 7 ottobre ha ridato vita alla
prospettiva di esistenza di una nazione per 15 milioni (tra stanziali e profughi)
di palestinesi. L’ha inserita al centro dell’attenzione mondiale, anche per
essere diventata un simbolo della contesa mondiale tra colonizzatori e
colonizzati e, di più, tra ricchi e non ricchi, tra élites e masse, tra i pochi
e i tanti.
L’operazione condotta il 7
ottobre alle porte di Gaza, finalizzata a ottenere la liberazione di qualcuno
dei 70.000 palestinesi passati per le carceri israeliane, spesso senza accusa e
processo e a tempo indeterminato, diventa nel racconto del regime israeliano il
pretesto e la giustificazione militare, politica e morale del genocidio in atto
da allora. Ed è qui che sventola la bandiera falsa. Conviene tornare a
esaminarla. E su questo bubbone cognitivo che si ha il dovere di incidere.
Arrivati
via aria in territorio occupato adiacente alla Striscia con parapendii a motore
e, via terra, con moto e pick-up, l’obiettivo era quello di approfittare della
presenza di giovani, spesso militari, al Rave Nova e di altri coloni che
risiedevano nel kibbutzim costruiti sulle macerie dei villaggi palestinesi. Va
qui precisato che quando si parla di civili attaccati e uccisi, si parla di
coloni occupanti una terra altrui, in gran parte armati contro gli espropriati.
Gli unici israeliani ai quali non si attaglia questa definizione dovrebbero
essere coloro non in grado di decidere se stare in quel posto: i bambini
Neutralizzata ed elusa la rete di sorveglianza
fisica ed elettronica, gli incursori sono riusciti a occupare il comando
centrale dell’IDF di Erez, alle porte di Gaza, oltre a comandi minori lungo la
delimitazione della Striscia. Questo ha impedito ogni reazione prevista
pressochè automatica. Ci sono volute circa due ore prima che forze di sicurezza
e militari, avvertiti via cellulare dagli abitanti dell’area, potessero
intervenire. I combattenti di Hamas disponevano di armi leggere, Israele è
intervenuto con carri armati e una ventina di elicotteri. E allora da chi e
cosa sono stati sventrati o ridotti in macerie gli edifici dei Kibbutzim con al
loro interno gli abitanti e i militanti di Hamas che facevano prigionieri da
scambiare on i loro? Dai mitra degli incursori, o dalle cannonate dei tank e
dai missili degli elicotteri?
Distrutto
il mito dell’invincibilità militare di Israele, ma riparato con la favola che
Israele ha lasciato fare o, addirittura, era d’accordo con Hamas.
La
dottrina Hannibal, a suo tempo adottata in Libano per impedire la cattura di
soldati, è stata a quel punto impiegata dalle forze disordinatamente accorse e
confusamente impiegate. Lo ammettono ufficiali superiori della stessa
aeronautica israeliana che nessuno ha mai smentito e poi lo stesso Yoav
Gallant, allora ministro della Difesa. Hannibal impone di sparare ai
sequestratori, anche a costo di colpire i propri cittadini. Ne sono nati il
fuoco incrociato e le cannonate e i missili che hanno ridotto in macerie
edifici in cui si trovavano sia gli incursori, sia i loro residenti. A loro
volta i piloti degli elicotteri, come detto anche nei loro scambi telefonici,
privi di istruzioni, hanno sparato sui mezzi che portavano via i coloni
catturati.
Perché,
quando si continuava a parlare di 1.200
“civili innocenti” uccisi (poi da Haaretz ridimensionati a circa 600
verificati) si trascura che, oltrechè di soldati, di coloni si trattava,
perlopiù già militari o in procinto di esserlo, comunque adulti della riserva,
spesso armati, partecipi dell’occupazione coatta di un territorio espropriato.
Coloni e, per contro, colonizzati, ai quali la carta dell’ONU e numerose
convenzioni riconoscono il diritto della lotta armata di liberazione.
C’è
una più recente smentita alla narrazione false flag che dovrebbe giustificare i
bambini uccisi mentre chiedevano pane, gli ospedali distrutti, i sanitari e
pazienti ammazzati e gettati nelle fosse comuni, un popolo che viene fatto
morire di fame e di sete, l’80% delle costruzioni in macerie, le coltivazioni
devastate avvelenate, mare e pesca negati a fucilate (ricordiamo Vittorio
Arrigoni), le donne alle cui pance
gravide veniva ordinato di mirare, i civili catturati, denudati, umiliati e
rinchiusi in carceri della tortura.ù
E’ ora uscito un rapporto
dell’Associazione Internazionale per la Prevenzione della Violenza Sessuale
(SVPA), basata a Washington e altamente rispettata per i suoi interventi,
ricerche, denunce e la gestione della più grande data basi sul fenomeno a
livello mondiale.
Il rapporto dimostra come
Israele stia producendo propaganda bellica fondata sugli stupri e utilizzando
la violenza sessuale come arma di guerra. A questo scopo Tel Aviv farebbe ricorso
a ciò che nel rapporto è chiamato SORVO, acronimo inglese di Systemic
Oppression, Reverse Victim and Offender, oppressione sistemica, inversione
di vittima e autore di violenze.
“ Osservo
ogni giorno l’impiego di SORVO contro i palestinesi. Violenza sessuale per
giustificare un genocidio”, dichiara l’autrice responsabile del rapporto,
Miranda Martone, a commento del dato, affermato da un PM israeliano, che non ci
sono state a oggi denunce di violenze
sessuali commesse da palestinesi il 7 ottobre.
Un
testimone che avrebbe salvato donne dall’essere violentata da combattenti di
Hamas, è stato smentito e screditato da un giornalista israeliano. Rami
Davidian, “testimone della corona” nel libello di propaganda intitolato “Urla
prima del silenzio”, filmato della regista statunitense Sheryl Sandberg,
avrebbe visto dozzine di donne uccise, vittime
di presunti stupri.
Nulla
di tutto queste è confortato da prove autoptiche e altre, o da testimoni sul
posto, e rientra, nei dati del rapporto SORVO, tra gli strumenti di propaganda
islamofobica secondo cui misogenia e violenza caratterizzerebbe il musulmano.
Personalmente, avendo frequentato per sessant’anni il mondo arabo e islamico,
mi è rimasta solo l’impressione di una grande armonia nelle famiglie e di un
assoluto rispetto per la donna. Non ho mai visto una mano maschile alzarsi su una
donna.
Lo
stesso New York Times ha dovuto fare ammenda per il suo commento al film “Urla
prima del silenzio”. Commento basato su dichiarazioni di vittime, la più
rilevante delle quali ha poi dovuto negare tutto quanto il giornalista le aveva
attribuito. Resta da osservare che il governo israeliano ha impedito all’ONU di
effettuare un’inchiesta sulle violenze del 7 ottobre.
La narrazione false flag di
Israele è a brandelli. Ma insistono a trarne spunto spunto, i nostri amici delle
equivalenze. Quelli che si ritraggono indignati dall’accordo
Trump-Netaniahu-Blair per “finire il lavoro” e, due righe più in là, si
riaggiustano la cravatta deplorando le atrocità dei terroristi di Hamas. Ma c’è
anche di peggio. Sono quelli che si dichiarano del nostro fronte, ma che
abbondano di talmente tanta buona volontà colonialista da interpretare l’intimazione
alla resa del popolo palestinese, condita di minacce di “finire il lavoro” fino
all’ultimo palestinese, come un accettabile passo verso la pace.
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