.”Spunti di
riflessione” Fulvio Grimaldi intervistato da Paolo Arigotti
DALLA
PALESTINA AL VENEZUELA LA PAX TRUMPIANA
L'espressione
"Fanno il deserto e lo chiamano pace" (Solitudinem faciunt, pacem
appellant) è attribuita dallo storico romano Tacito al capo britanno
Calgaco. Qui, parafrasando, si può dire: “Consacrano un genocidio e lo chiamano
Piano di Pace”, o “Creano una golpista e le danno il Nobel della Pace”. Le due
cose vanno di pari passo, hanno la stessa matrice e puntano allo stesso
risultato. In primis a salvarsi le chiappe. Come cerchiamo di spiegare nella
chiacchierata.
Nella
Knesset dalla standing ovation a getto continuo, abbiamo visto il rivoltante
spettacolo di un Netaniahu che, col linguaggio delle parole e del corpo, si
strusciava sui piedi del salvatore della patria assiso sul trono. Abbiamo
assistito all’esibizione abietta di una canaglia genocida che, nell’atteggiamento
detto del ciclista, pesta verso il basso e piega la schiena verso l’alto. Il “basso”
essendo Gaza rasa al suolo con dentro 2 milioni di palestinesi. l’alto, colui
che lo ha tratto in salvo a un centimetro dall’abisso, insieme a tutta la sua
compagnia da manicomio criminale. Questa immonda esibizione, poi allargata ai
partecipanti di Sharm el Sheikh accorsi a nettarsi, con una pace di fuffa e di
truffa, della propria complicità o ignavia.
Analogamente
dall’altra parte del mondo e, guardacaso, in perfetta sintonia di intenti, abbiamo
visto l’investitura a Nobel della Pace di un collaudato arnese dei servizi
sporchi a imperialismo e colonialismo. Ringalluzzita dalle trasfusioni di
onorabilità concessole da uno dei più grotteschi premi Nobel mai concessi dal
dipartimento NATO norvegese, Maria Corina Machado s’è fatta polena della flotta
militare che va assediando il Venezuela e promettendo sfracelli alla nazione
bolivariana.
Pace
“eterna” in Medioriente grazie all’obliterazione dei palestinesi e del loro
Stato e al via libera al nazisionismo per il Nuovo Ordine in quella regione
secondo i termini del Grande Israele. “Remontada” yankee in America Latina, a
partire dalla disgregazione del paese portabandiera del riscatto di quel
continente e ricorrendo, per l’ennesima volta, dal primo golpe del 2002, al
proprio agente a Caracas. Una fomentatrice ultraventennale di regime change,
invocatrice di sanzioni e interventi militari contro il proprio popolo, ora dal
Premio Nobel irrobustita e resa internazionalmente punta di lancia della restaurazione
“democratica” del cortile di casa.
Maria
Corina Machado si è meritata il riconoscimento, quanto Netanyahu la salvezza. Il
taumaturgo Trump ha assicurato ad entrambi quanto meno un lasso di
sopravvivenza, possibilmente della durata del suo secondo e ultimo mandato
presidenziale. Quello a cui lo hanno chiamato l’aggregato di Deep State,
finanza ebraica, Big Tech, Big Armi, e i piccoli ras europei inguaiati dalla
propria crisi e a rischio di suicidarsi con una guerra contro la Russia.
Tutto
questo succede senza che entrino in scena né la verità, né l’onesta, né la
democrazia, né i popoli, la cui autodeterminazione è proclamata obsoleta. La
Flotilla, i milioni nelle strade del mondo che hanno costretto le mafie
politiche a mettersi in ghingheri di pace, si ricordano di Pier Capponi: “"Voi
sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane!"
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