Basato sulla figura del pagliaccio malefico, Joker è uno
dei supercriminali più famosi della storia
dei fumetti, nonché la nemesi del Cavaliere Oscuro[5].
Presentato come uno psicopatico con un senso dell'umorismo
contorto e sadico. Così la presentazione
del personaggio su Wikipedia. E’ la personificazione di Donald Trump.
Da ragazzini uscivamo dai film di grandi personaggi positivi,
di eroi medievali, immaginandoci tali anche noi. Eravamo, a seconda dei gusti,
dei Robin Hood, dei Cavallo Pazzo, dei D’Artagnan, dei Sandokan. Personalmente
mi rifacevo a Widukind, o Vitichindo, re dei Sassoni pagani e per questo
genocidati da Carlo Magno, un altro che ammazzava in onore del suo dio. Queste
fantasticherie duravano finchè, all’urto con la realtà, non venivano
drasticamente demensionate a livello di impiegato di banca, operatore ecologico,
vigile urbano, medico della mutua, operaio alla catena, start up con IVA.
Con Donald Trump, personaggio eccessivo in senso fisico e
metafisico, dall’onda gialla in capo, votato al disdegno di ogni minima regola
del vivere civile in omaggio al principio Forza su Diritto, il copia e incolla
è stato immediato. Qui, tra supereroi e supermalfattori, che nella supercultura
del superuomo hanno dominato l’immaginario americano, dal generale Custer a
Jesse James e ad Al Capone, l’adolescente The Donald si è immediatamente
riconosciuto nel più affine: Joker.
E se la Nuova Frontiera di Bibi Netaniahu è quel Grande
Israel le cui fondamenta si reggono su strati multipli di ossa cementate
dall’IDF, come non poteva non accorrere in suo soccorso The Donald-Joker?
Soccorso alla disperata, vista la sorte che allo Stato ebraico stava
approntando lo tsunami della rabbia e della sollevazione di tante genti in Gotham
City. Soccorso just
in time di uno che, anche da Joker, si porta dentro e impone fuori morale,
metodi, strumenti e valori di quell’altro genocidio, quello dei “palestinesi”
delle Americhe, detti indiani e indios. Esattamente ciò che è previsto per Gaza
e per tutti i luoghi dove formicolino quei non umani che si ostinano a brucare
la dove dal dio degli ebrei la terra e i suoi frutti sono stati riservati al
popolo eletto e ai suoi armenti e greggi.
Joker contro USA
Non è che il Joker dai capelli a pannocchia tratti i suoi
concittadini – sudditi che osano manifestare contro il sovrano sotto lo slogan
“No kings!”, nessun re – molto diversamente dei non umani di Gaza. Qualche
settimana fa aveva rivolto ad alcune centinaia di suoi generali e ammiragli un
tonante appello a prepararsi a occupare decine di città statunitensi,
ricorrendo a migliaia di soldati, per “neutralizzare i nemici domestici”. Che
sarebbero non umani, pari ai gazawi, perché come quelli si oppongono ai suoi
ordini esecutivi. Detto fatto. Resta una leggera sproporzione nel confronto tra
Joker e i cittadini di Gotham City: Sabato scorso ben 7 milioni di quest’ultimi
hanno ribadito “No Kings”. Per risposta, l’intelligenza artificiale di Joker, marchiatili
tutti di “Antifa”, li ha bombardati con tonnellate di merda. Chi ha fatto la
figura migliore?
Le città statunitensi, soprattutto quelle a governo dei
Democratici, definiti “radicali di estrema sinistra”, si sono viste invadere e
occupare da truppe federali e dalla Guardia Nazionale, senza che le relative
autorità statali l’avessero richiesto, o consentito. Si parla di Chicago, Los
Angeles, New York, Portland o San Francisco. Poi scontri protofisici con
magistrati che denunciavano queste offese alla Costituzione, tumulti da
rastrellamenti di manifestanti pro-Palestina e di qualunque persona che desse
l’’idea di essere un immigrato nè anglosassone, né bianco. Postilla di Joker: “Dovremmo
utilizzare alcune di queste pericolose città, sotto assedio degli Antifa e di altri
terroristi interni, come campi di addestramento dei nostri militari”.
Dopo che un Giudice Federale aveva proibito l’uso della
Guardia Nazionale nell’Oregon, Joker gli mandò contro la Guardia Nazionale
della California e del Texas. Di fronte al rinnovato divieto del magistrato, Joker-Trump
minacciò di ricorrere alla Legge Anti-Insurrezione del 1807, legge impolverata
ma che consente al presidente di proclamare un’emergenza e impiegare truppe sul
suolo degli Stati Uniti. Legge che ha permesso al nostro campione di democrazia
alla Gotham City di militarizzare zone del paese con oltre 35.000 soldati
federali, dell’aeronautica, della marina e dell’esercito.
Commento di Hina Shamsi, direttrice del Progetto di
Sicurezza Nazionale nell’Unione Americana delle Libertà Civili: “Quando forze
militari impongono misure di polizia ai cittadini, ci troviamo di fronte a
un’intollerabile minaccia alle nostre libertà individuali e ai valori
fondamentali di questo paese. Sarebbe dittatura”.
Tutto questo non ha impedito al Pentagono, recentemente
rinominato, con consapevole coerenza, Ministero della Guerra e al suo
neoministro, l’impomatato Pete Hegseth di catechizzare il fior fiore dei
comandi USA, perché adotti uno spirito più muscolarmente guerresco. Spirito con
cui affrontare anche il nemico interno, quella nebulosa di variopinti
oppositori che Trump ha battezzato “Antifa”.
Dell’attacco al Primo Emendamento, al diritto di
cittadinanza per nascita e alla libertà di parola, danno poi testimonianze le
più prestigiose Università americane, da Harvard a Columbia. Scuole e atenei sollecitati
a non accettare studenti e contributi stranieri, redarguiti e puniti, quando
non privati dei dovuti finanziamenti, per non aver soppresso manifestazioni, o
attività di informazione sulle stragi israeliane in Palestina.
Puntando l’indice contro l’ennesimo nemico terrorista –
categoria inventata da Bush dopo l’11 settembre e adottata come viatico al
genocidio da Netanyahu in occasione del 7 ottobre – questa volta individuato
nel Venezuela (ne parliamo qualche riga più giù), il nostro Joker ha dato via libera alla CIA e a
tutte le 14 agenzie dell’intelligence statunitense per “azioni segrete esterne
al quadro della legalità”. Cioè ha ufficializzato ciò che questi aggregati
hanno sempre fatto, ma con meno clamore e senza il sigillo dell’investitura
formale.
E qui si ribadisce quanto la nostra “Donna, madre,
cristiana” abbia in comune con colui che ispira moltissime delle azioni sue e
del suo regimetto. Pensate al recente Decreto Sicurezza. Un provvedimento che,
tra le altre facezie alla Joker, consente ai servizi segreti (quelli spuntati
in ognuna delle stragi che sono costate all’Italia centinaia di morti e
regressioni spaventose) di “organizzare e perfino dirigere organizzazioni
criminali e terroristiche…”.
Non vogliamo chiamarli Stati di polizia? Guardate che gli
assomigliano molto.
Joker contro il Venezuela
Avete presente Catwoman, la donna gatto, quella che, al pari
di Joker, imperversa a Gotham City rubando, truffando, picchiando, scassinando,
rapinando e, soprattutto, travestendosi nell’opposto: onesta, democratica,
rispettosa della legge? Proprio come Maria Corina Machado, la quale, da
Catwoman in associazione con Joker, sta provvedendo, dopo decenni di tentativi
andati a vuoto, a preparare il terreno al compare-padrino per lo scasso del suo
paese, il Venezuela. Anch’essa travestita e da noi riconosciuta combattente
della libertà e della democrazia. E ha dunque per prediletti riferimenti
politici Benjamin Netaniahu e Javier Milei, ai quali riserva complimenti e
auguri e dai quali trae suggerimenti.
Con l’assegnazione del Premio Nobel della Pace, il Comitato
NATO norvegese, mimetizzato da Comitato del Nobel per la Pace, ha messo in mano
a Joker-Trump una carta che si spera decisiva. Mezzo mondo, quello amerikkkano,
lo ha festeggiato come l’asso per vincere una partita che Gotham
City-Washington sta giocando e perdendo dal 1998, quando Ugo Chavez vinse
democraticamente le elezioni presidenziali e pose fine a secoli di colonialismo
spagnolo e yankee.
Ci siamo sfiorati, Catwoman e io, a Caracas nel 2002, giorni
del primo golpe a cui diede il suo contributo una giovane donna scaturita
dall’oligarchia spodestata. Il golpista Pedro Carmona, presidente della
Confindustria venezuelana, si era autoproclamato presidente del Venezuela ed
aveva emanato il famigerato “Decreto Carmona”. Un decreto con il quale si instaurava la dittatura tramite lo
scioglimento di tutte le istituzioni democratiche venezuelane, come codificate
nella nuova Costituzione bolivariana votata dopo la vittoria di Chavez.
Chavez era stato sequestrato da un gruppo di ufficiali che,
minoranza infima delle forze armate, avevano aderito al golpe ed era stato
rinchiuso in una base dell’esercito. Immediata è stata la mobilitazione della
popolazione. Sul grande vialone che dal centro di Caracas porta a Palazzo
Miraflores, sede della presidenza, decine di migliaia di cittadini da tutto il
paese si muovevano per cacciare l’usurpatore e imporre il ritorno del
presidente legittimo. Nelle immediate vicinanze del palazzo, un cavalcavia sovrastava
questa strada. Ero lìssù con la telecamera a filmare lo sconfinato fluire di
gente incazzata che invocava “Chavez presidente”. Ma sullo stesso cavalcavia,
affacciati sul percorso dei manifestanti, si erano riuniti sostenitori del
golpe. Erano armati di pistole e sparavano sulla folla in basso. Tra loro, ad
animarli e incitarli, una menade scatenata: Maria Corina Machado. Lo si può
rivedere nel mio docufilm “Americas Reaparecidas”.
Tutto finì molto presto. Nel giro di poche ore, in un paese
paralizzato dai sostenitori della rivoluzione bolivariana, militari fedeli alla
Costituzione avevano liberato e riportato a Miraflores Ugo Chavez. La
rivoluzione bolivariana sarebbe continuata. Alla faccia dei tentativi di
sabotarla con altri colpi di Stato, rivoluzioni colorate, sanzioni micidiali,
sabotaggi, attentati, incursioni di mercenari dalla vicina Colombia, allora
sotto il regime del proconsole USA, Alvaro Uribe e delle sue bande paramilitari
AUC.
Per il suo ruolo nel golpe del 2002, la Machado venne
condannata a 28 anni e privata dei diritti politici. Un’amnistia concessa da
Chavez la rimise a piede libero, ma non le spense l’impegno
controrivoluzionario e gli stretti rapporti, anche finanziari, con le centrali
del regime change di Washington, dalla CIA alla NED (National Endowment for
Democracy) e a USAID.
La Catwoman-Premio Nobel dovrebbe aver fornito agli USA,
dopo tanti tentativi andati a vuoto grazie alla coesione sociale e politica del
popolo venezuelano, impegnato a difendere il proprio riscatto e la propria
autodeterminazione, l’assist per trasformare le recenti provocazioni militari
in azione diretta sul territorio venezuelano.
Preceduta da un indurimento delle sanzioni che, dalla prima
vittoria di Chavez, hanno vessato la popolazione provocando profonde crisi
economiche e sociali (si parla di 40.000 morti dovuti all’embargo) e da
un’ininterrotta serie di quasi golpe, con Joker -Trump e Catwoman - Machado,
pare si voglia arrivare alla resa dei conti. Come insegnano Iraq, Libia, Siria,
Gaza, neanche in Latinoamerica deve esistere un paese che custodisca e gestisca
a favore dei propri cittadini una della più grandi ricchezze di idrocarburi del
mondo. Sottraendole al monopolio dell’energia e delle relative forniture che
Washington spera di condividere con i suoi clientes del Golfo. E fornendo al
subcontinente un intollerabile modello di vera giustizia sociale e sovranità.
La Machado si è adoperata instancabilmente perché questo
assunto si realizasse. A tutte le elezioni in Venezuela, che osservatori
indipendenti regolarmente definivano “le più corrette e trasparenti del mondo”,
seguivano le “guarimbas”, tumulti, violenze con la specialità democratica dei
cavi stesi attraverso la strada per decapitare poliziotti in moto. Il tutto
accompagnato da alti lai internazionali del giro NATO sulla repressione dello
Stato autocratico e a glorificazione della Machado. Alla quale, tuttavia, non è
mai stata vietata la libera circolazione, a dispetto di violazioni della legge
e della Costituzione quali l’invocazione di interventi militari statunitensi
contro i propri concittadini, di sanzioni che colpisseero in modo letale la
popolazione.
Nel 2019 fu la sostenitrice più in vista del colpo di Stato commissionato
da Washington al presidente dell’Assemblea Nazionale, Juan Guaidò. Un golpe
presto tramutatosi in patetica farsa e spreco di centinaia di milioni di
dollari arrivati a sostegno, indovinate da chi: dal nostro Joker, al suo primo
mandato. Una mobilitazione di controrivoluzionari al confine con la Colombia,
con grande spreco di altoparlanti e carrozzoni di teppisti, si spense da sola.
Il tentativo di innescare una sedizione militare si risolse nel penoso
spettacolo di Guaidò che arringava una cinquantina di militari di truppa..
Trump sta minacciando Caracas di sfracelli. Ha proclamato il
presidente Maduro boss di un inesistente “Cartel de los soles” e il
Venezuela Primo Narcostato dell’America Latina, responsabile degli stupefacenti
che, sotto gli occhi della DEA, inondano il mercato USA e i caveau delle sue
banche. Il dato che l’ONU e il suo stesso ex-vicepresidente e responsabile del
capitolo droga, Pino Arlacchi, affermano che nessuna coltivazione e nessun
traffico di droga esistono in Venezuela, non hanno impedito al Joker di Washington
di lanciare una vera e propria apertura di ostilità. E’ la concentrazione, al
largo della costa caraibica del Venezuela, di una flotta cosiddetta anti-narcotraffico,
composta di incrociatori, sommergibili nucleari, corvette e navi da sbarco con
sopra qualche centinaio di Marines. Apparato che si è subito reso responsabile
dell’affondamento di cinque imbarcazioni civili e di 11 vittime assolutamente
estranee al narcotraffico.
Adesso si tratta di vedere se anche il Nobel assegnato a
Catwoman porterà a risultati come quelli conseguiti dai suoi predecessori, tipo
Kissinger (1973, Pinochet), Obama (7 guerre), Begin (terrorista Irgun) e
agevolerà un’aggressione vera e propria. Il Nobel allo strumento della CIA lo
farebbe temere. Ma invasione e occupazione risultano problematiche dati un
territorio immenso e una popolazione mobilitata e addestrato alla difesa in
sinergia con il suo esercito. Il Joker in questione potrebbe limitarsi alla
creazione del caos mediante bombardamenti e infiltrazione di mercenari.
Joker contro la Palestina
Qui Joker sé messo a fare il gioco delle tre carte. Carta
perde, carta vince, dov’è la carta della pace? E tu provi, riprovi, provi
ancora e sbagli sempre e la carta della pace non la scopri mai. Che non ci sia?
Che il tappetaro di Gotham City l’abbia inventata per gabbare lo santo e i suoi
fedeli? Ma no, e come se esiste! Non c’è
forse il compare, finto passante, quello con la kippa, che ci scommette che c’è
e, infatti, la scopre e vince i soldi? Sempre solo lui, però.
E qui, cari amici, basta metafora. Al confronto con la
coppia di malviventi in carne e ossa, il sadico eroe dei fumetti diventa un
boyscout. La realtà ci dice che uno scaltro e squinternato yankee, pompato e
tenuto in pugno dalla finanza ebraica. come impersonata dalla miliardaria ebrea
Miriam Adelson (abbracciata e decorata alla Knesset), ha pagato pegno correndo
in soccorso a Israele quando questa era rimasta in mutande a Gaza e del tutto
nuda davanti alle genti del mondo (ricordate la favola di Andersen e il re
scoperto nudo dal ragazzino?). Il suo finto piano di pace, che oblitera ogni
prospettiva di un riconoscimento della Palestina, negandone la resistenza, il
diritto alla statualità e al risarcimento degli immensi torti subiti (Il
corrotto naziregime di Kiev viene ovviamente risarcito dei danni di guerra dai
fondi russi congelati in Belgio) e ignorandone la stessa esistenza, non è che
una fuga in avanti.
Fuga in avanti sostenuta, lungo la strada, da posti di
ristoro che forniscono sostegno sotto forma di avallo mediatico alla megatruffa
di una pace che lascia il 53% di Gaza in mano all’IDF, con licenza di sparare a
chiunque si avvicini all’invisibile “Linea Gialla” (licenza che ultimamente ha
permesso di seccare gli 11 membri di una famiglia che passava da lì in autobus).
Fuga in avanti che lascia ai lati del percorso le sistematiche violazioni
israeliane di ogni presunta tregua, con la prosecuzione dei massacri e
dell’arma della fame fino all’ultimo palestinese. Che poi un Netanyahu, non più
tanto lucido, ha provato a far passare per “violazione della tregua da parte di
Hamas”.
Gli ci è voluto un razzo finto-Hamas per rimettere a posto
il cosiddetto Piano di Pace, come era facile aspettarsi dal ghigno con cui i
dioscuri del genocidio fino all’ultimo palestinese, Ben Gvir e Smotrich,
avevano accompagnato – e irriso - l’annuncio del Piano di Pace.
Fuga in avanti il cui effetto collaterale è l’abbandono, nel
fosso lungo la strada, di una Palestina che consista almeno della Cisgiordania.
Fuga in avanti che prova a scampare dall’inseguimento di un’umanità che, con
Flotille e sollevazioni di popolo, costringendo i propri governanti a fare atto
di riconoscimento, ha dimostrato di avere un passo più lungo di ogni
cospirazione colonialista.
E fuga in avanti a ostacoli che la sfiancheranno perché sono
l’esplosione di contraddizioni irrimediabili, insite nella dialettica tra forza
e diritto, tra colonialismo e libertà. Tra i pochi e i tanti. Tra umanità e
anti-umanità. Chi ha marciato nelle colonne in stracci con addosso fagotti
contenenti i resti di casa e vita, armate solo di consapevolezza, volontà e
fiducia, che ritornavano alla terra sotto le macerie di Gaza City, lo sa. Sono
la postguardia dei marciatori ripartiti un secolo fa da una terra loro da
millenni e che nessuno riuscirà mai a fermare. Neanche Joker, neanche con quel
fedifrago antropofago di massa che gli fa da gendarme della “pace” continuando
a uccidere con il pretesto che non gli ridanno subito dei corpi polverizzati
dalle sue stesse bombe (ma è prodigo di restituzioni di centinaia corpi
insaccati senza nomi, bastonati a morte, torturati, giustiziati a freddo con
colpi tra gli occhi, e privati di organi utili per trapianti. Come piace a
Joker).
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