Vaccino Covid, "Si rischia una reazione avversa
fatale". L'intervista
Su Affaritaliani.it il parere di Loretta
Bolgan, Harvard Medical School di Boston. "Alterazioni epigenetiche e
infertilità"
Di Monica Camozzi
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Mentre si
ascolta Loretta
Bolgan parlare del vaccino, la sensazione è quella di una
roulette russa. Laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche, dottorato in
scienze farmaceutiche e research
fellow alla Harvard Medical School di Boston, quindi ricercatrice
industriale per aziende che producono kit diagnostici e si è occupata di
registrazione di farmaci, Bolgan teme, nell’ordine, “un rischio gravissimo di
reazione avversa fatale; il pericolo di reazioni autoimmuni, di malattie gravi
a carico del sistema nervoso; la possibilità che si verifichino alterazioni
epigenetiche, ovvero capaci di modificare l’espressione dei geni. Infine,
l’ipotesi che possa essere attaccato il sistema riproduttivo con lo spettro
dell’infertilità”.
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“Sono
sempre stata per la libertà vaccinale e terapeutica, ma questa volta sono
assolutamente contro l’autorizzazione del vaccino. Non è stato rispettato alcun
principio di precauzione. La popolazione farà da cavia”.
Dottoressa,
perché è così allarmata?
Perché non ci sono i requisiti per mettere in
commercio questi vaccini. Quando mancano dati certi si usa il principio di
precauzione. Qui non è stato applicato. Nei fatti, nonostante le
rassicurazioni dei produttori, è stata fatta una sperimentazione molto parziale
e non esistono dati certi. E rischiamo di scoprire le conseguenze una volta
inoculato il vaccino. In particolare, il rischio gravissimo di reazione avversa
fatale. Tutti i vaccini contro la SARS sono stati bloccati, perché gli animali
morivano di complicazione polmonare fatale una volta reinfettati.
Cos’è una
reazione avversa fatale?
Una reazione avversa fatale avviene quando il
nostro sistema immunitario reagisce potenziando la malattia per cui ci stiamo
vaccinando. Ovvero, scatenando la malattia da cui dovremmo proteggerci. Ma qui
ci sono due tipi di problemi: il tipo di virus utilizzato per fare il vaccino.
E i rischi dovuti al fatto che iniettiamo materiale genetico senza avere studi
a riguardo. In linea teorica il vaccino dovrebbe essere sicuro, se il virus non
mutasse. Ma il virus muta…
Andiamo
per gradi. Ci spieghi perché il pericolo starebbe nel tipo di virus usato per
fare il vaccino
Partiamo dal vaccino di Oxford. Prevede la
produzione di un vettore in cui viene inserito un frammento della spike, ovvero
la sequenza genetica che dovrebbe portare alla produzione di anticorpi e che è
stata sintetizzata chimicamente a partire dalle sequenze fornite dai cinesi. Ma
il virus si è modificato profondamente nel passaggio da uomo a uomo. Inoltre,
essendo un virus a RNA, ha la proprietà di formare delle popolazioni di mutanti
minori. Sono “quasi specie” che si formano dentro la persona quando si infetta
ed entrano in competizione fra loro. In sostanza, possono produrre una
resistenza verso il vaccino ma, ancor peggio, una selezione di mutanti più
pericolosi e contagiosi. La persona rischia di infettarsi con virus più
pericolosi.
Che
probabilità ci sono che questo accada?
Il punto è questo, non lo sappiamo. La
sperimentazione animale è stata condotta con il ceppo originario del virus, non
con quello attuale. Il rischio è quello di iniettare materiale
genetico senza una sperimentazione certa. Faccio un altro esempio. Il frammento
con materiale genetico entra nella cellula e viene tradotto in proteina dal
sistema ribosomale. Teoricamente dovrebbe restare a livello di citoplasma. Il
rischio è che questo RNA non si trasformi solo in proteina, ma anche in DNA a
doppia elica e che venga portato all’interno del nucleo, producendo effetti
imprevedibili. Ripeto, non abbiamo una sperimentazione in grado di dircelo.
Rischiamo che tutto questo si scopra una volta che le persone sono state vaccinate.
Ci sta
dicendo che le persone faranno da cavie?
Nonostante il vaccino sia fatto per non
integrarsi con il nostro DNA, nei fatti non ci sono studi e non possiamo sapere
cosa accadrà. Il materiale genetico ingegnerizzato, quando iniettato, può
scatenare reazioni avverse di immunopatologia violenta, ovvero creare quella
tempesta di citochine per cui il COVID-19 si è rivelato letale. Oppure
potrebbero verificarsi alterazioni epigenetiche, che significa una modifica
dell’espressione dei geni. Non mutazioni della sequenza, ma cambiamenti nel
modo in cui i geni vengono espressi.
Lei ha
parlato del potenziamento della malattia che invece si dovrebbe
combattere. In che modo si sostanzia questo rischio?
Il vaccino viene creato per produrre anticorpi,
ma non è sterilizzante, cioè non evita l’infezione e la trasmissione del virus.
Ci stanno dicendo che è efficace al 95% ma contesto questo dato: si
tratta della capacità di formare anticorpi vaccinali, ma nessuno garantisce che
sia protettivo. Fino a prova contraria la persona può comunque infettarsi
ed essere contagiosa. Sostengono che la persona venga protetta dalla malattia,
ma non lo sappiamo perché hanno scelto modelli animali che non hanno
sviluppato la complicazione.
Domandiamoci
perché i vaccini contro la SARS furono bloccati. Lo studio su animali, che deve
sempre precedere quelli sull’uomo, ci dicono che essi morivano di complicazione
polmonare fatale una volta reinfettati. Il vaccino era visto come fonte di
reazione avversa quindi venne bloccato. Qui hanno vaccinato gli animali con un
antigene che ha le sequenze del virus di Wuhan ma, lo ripeto, il virus
circolante è mutato. Nessuno ha condotto questo studio in modo tale da
rassicurarci. I vaccini messi in commercio ci dicono solo se una persona è in
grado di produrre anticorpi vaccinali, sul resto abbiamo la totale incertezza.
Dovremmo fare un monitoraggio a lungo termine, ma negli studi clinici è stato
previsto un monitoraggio attivo molto corto, da 7 a 15 giorni.
Cosa si
vede, in 7 o 15 giorni?
Nella scheda tecnica troveremo rossori,
indurimento nella sede d’iniezione, febbre, inappetenza o anafilassi
(allergia grave) come reazioni acute. Le reazioni autoimmuni non si vedono
subito, si vedono più in là nel tempo. In particolare, le reazioni
autoimmuni potrebbero verificarsi soprattutto con i richiami. Potremmo avere
risposte che peggiorano progressivamente. Mi spiego. Questo virus forma
anticorpi autoimmuni e questo è documentato in letteratura. Significa che oltre
ad anticorpi contro il virus si formano anticorpi contro le proteine umane.
Quando si ha una reazione del sistema immunitario alle proteine umane, si ha
una reazione autoimmune. Gran parte delle proteine oggetto dell’attacco
autoimmune sono del sistema nervoso centrale. Ciò significa l’insorgere di SLA,
sclerosi, e altre patologie gravissime. Ma questo non possiamo saperlo, se non
facciamo una farmacovigilanza attiva nel tempo. Inoltre non sono affatto note
le azioni a danno dell’apparato riproduttivo.
Vuole
dire infertilità?
Si, ma non solo.
La
velocità con cui lo hanno prodotto mi lascia il dubbio che non lo abbiano
adeguatamente purificato da alcuni residui di lavorazione. E anche qui mi
spiego. Dopo aver sintetizzato il pezzettino di sequenza genetica e creato il
vettore, devono produrlo in grande quantità per fare il vaccino. 300 milioni di
dosi non possono essere fatte per sintesi, bisogna trovare un
sistema che replica questo pezzettino in quantità industriali. Per questo si
sano le linee cellulari. Ebbene, il vaccino ad adenovirus di Oxford viene
prodotto utilizzando linee cellulari immortalizzate. In particolare linee
cellulari fetali potenzialmente cancerogene. Se rimangono residui di
lavorazione nel vaccino è molto pericoloso. Il DNA fetale ha alta
capacità di integrarsi nel DNA dell’ospite ed essendo
immortalizzato porta con sé geni mutati che potrebbero innescare la
cancerogenesi. E poi rimane il problema evidenziato da uno studio dell’ISS,
della vaccinazione antinfluenzale.
Cosa
c’entra l’antinfluenzale?
Tre anni fa ho segnalato al sottosegretario del
Ministro della Salute uno studio dell’ISS, in cui si dimostrava che l’incidenza
di polmoniti gravi aumentava del 50% nei vaccinati con l’antinfluenzale. Lo
studio riportava inoltre il 12% in più di mortalità nei vaccinati, per
potenziamento della malattia.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29616677/
https://www.onb.it/2018/11/02/vaccini-antinfluenzali-risposte-ed-efficacia-per-fasce-di-eta/
Può trattarsi anche di una coincidenza ma
varie città in cui hanno anticipato di due mesi l’antinfluenzale, dopo sono
diventate zone rosse. Ho portato l’evidenza tre anni fa, ho segnalato il
pericolo di potenziamento della malattia e non l’hanno considerato. Anzi, dopo
due mesi sono partiti con la campagna vaccinale senza tener conto di questo
grave rischio.
Come per il vaccino antinfluenzale, anche per
il vaccino anti-COVID, oltre i rischi noti e potenziali, non sappiamo quanto
dura la sua azione.
Vuol dire
che non sappiamo per quanto tempo espleta il suo effetto protettivo?
Esatto. Sembra che la durata sia bassissima,
ovvero di qualche mese. Ad esempio, il vaccino con vettore
adenovirale forma anticorpi contro il vettore stesso, non si possono fare
richiami. L’adenovirus viene riconosciuto dal sistema immunitario e non
possiamo usare lo stesso vettore. Non possiamo fare richiami. Gli anticorpi
protettivi, ammesso che si formino, restano limitati nel tempo, massimo due o
tre mesi. Un altro problema è che quando comincia a replicarsi per produrre la
proteina, l’adenovirus “sputa” fuori il pezzettino di sequenza
dell’antigene che gli hanno messo dentro. Quindi si replica l’adenovirus
ma non la sequenza, ci sono perciò problemi di inefficacia dovuti alla modalità
di costruzione del vaccino.
E sul
problema della conservazione cosa ci dice?
Il vaccino va inoltre conservato a meno ottanta
gradi ed è di importanza vitale che ciò avvenga. Il materiale genetico
degradato è fortemente infiammatorio. Scatena una reazione
infiammatoria molto violenta. Quindi inoculare un vaccino degradato risulta
pericolosissimo.
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