Byoblu intervista Fulvio Grimaldi sull’inatteso risultato del primo turno dele elezioni legislative e presidenziali in Brasile. Una interpretazione nettamente divergente da quella dei media generalisti e da cui, comunque, emerge l’ennesimo scontro tra globalismo e sovranismo.
La corruzione di quasi ogni processo elettorale nei paesi
autoproclamatisi democrazie è minato in partenza. Al punto da deformarne
inevitabilmente i risultati. Data la concentrazione che la globalizzazione ha
generato come assist decisivo nella sua partita contro il genere umano
pre-transumanesimo e pre-dittatura mafiofinanziaria, anche le società delle
ricerche di mercato hanno subito un demensionamento. Entrate nell’orbita
del superpotere mediatico, hanno subito un re-indirizzo in direzione di interessi
che nulla hanno a che fare con gli
effettivi rapporti di forza elettorali. Anzi, provano a piegarli ai risultati dal
potere programmati.
Si verifica nelle sedicenti democrazie occidentali, che poi
si dilettano a fare le bucce a qualsiasi elezione che non vada nel senso
desiderato, a partire, esempio emblematico, dal recente referendum nelle zone
liberate dell’Ucraina, dove una popolazione di etnia e lingua russa ha votato
per la riunificazione con la madre patria, dopo otto anni di aggressione armata
e di ogni genere di atrocità subite dall’occupante Nato-nazista.-
Ora ne abbiamo avuto una dimostrazione eclatante in Brasile,
dove i sondaggi hanno voluto ad ogni costo prefigurare un trionfo alla prima
tornata del candidato “sicuro”, quello che avrebbe esteso anche al Brasile la
ola di presidenti “rosa”, o fucsia. Candidati presentatisi come riformisti, o
radicali di sinistra, e rivelatisi poi in perfetta continuità con le destre
dure che li hanno preceduti.
Così in Cile con Gabriele Moric, in Perù con Pedr4o Castillo
e in Colombia con Gustavo Petro. Evidentemente coloro che, dal Nord, ambiscono
a riassicurarsi il famigerato “cortile di casa” in Latinoamerica, hanno
ritenuto superato il modello della dittatura filo-yankee esplicito, alla
Pinochet o Videla, con le reazioni che ha inescatro, dai Tupamaros a Chavez.
In Brasile la mistificazione fucsia ha ricuperato il nome
del vecchio Luiz Inàzio da Silva, Lula, già presidente dal 2003 al 2010.
Governi che hanno visto, soprattutto nel primo mandato, una deforestazone senza
pari dell’Amazzonia e, nel secondo, un notevole recupero alla sopravvivenza dei
poveri assoluti, grazie all’alto prezzo delle materie prime agricole di cui il
paese dispone.
Difficile fare pronostici sull’esito del ballottaggio, il 30
ottobre tra, chi ha avuto quasi il 48% e chi quasi il 44%, tanto più che il
Congresso è finito nelle mani del Partito Liberale di Bolsonaro e il partito
detto centrista, MDB, solidamente di destra alla PD, mantiene il riserbo sulla
propria scelta. Probabilmente attende disposizioni.
Il resto nel video.
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