https://youtu.be/q7F-xyQr9qc da Visione TV
Intervista a Fulvio Grimaldi sulla nuova fase della vicenda
libica, segnata dal fallimento degli sforzi di risoluzione politica e
diplomatica e dalla nuova offensiva del generale Khalifa Haftar su Tripoli.
La Libia, fino all’aggressione USA-NATO, tramite
mercenariato islamista e bombardamenti atlantici, della primavera 2011, è stata
nostro vicino e partner privilegiato, essenzialmente nel nostro interesse
grazie all’approvvigionamento di idrocarburi e ai reciproci investimenti. In
compenso, da classici badogliani, con il regime Berlusconi abbiamo poi
partecipato all’aggressione, iniziata dalla Francia e poi risolta in totale
distruzione da USA e NATO, dandoci la classica martellata sui santissimi,
proprio come nostra abitudine nell’ambito dell’euro-atlantismo, ribadita in
occasione dell’Ucraina e delle sanzioni alla Russia.
Con il regimetto installato, nelle sue varie formulazioni,
dall’Occidente militarizzato a Tripoli, si è fatto in modo che, non potendo
essere garantito, grazie alla renitenza sociale del popolo libico, il controllo
totale del paese, la Libia finisse nel classico caos endemico, soluzione B
dell’imperialismo.
Il regime fantoccio di Tripoli, che controlla appena la parte nord, mediterranea, della Tripolitania è, sì, riconosciuto dall’ONU, ormai dependance dell’Impero, e, di conseguenza dalla “comunità internazionale” (leggi NATO), ma è illegittimo. L’ultimo parlamento eletto, che ha espresso il proprio governo, è stato cacciato da Tripoli dalle milizie islamiste di matrice Fratelli Musulmani, e si è dovuto insediare a Tobruk, in Cirenaica. Da lì controlla i tre quarti del paese: Cirenaica, Fezzan al Sud e il centro della Tripolitania.
Manifestazione per Saif Al Islam GheddafiElezioni, previste per Natale sono saltate, grazie alle
turbolenze scatenate dalle milizie islamiste e sollecitate dalla prospettiva
certa che la vittoria sarebbe arrisa ai cirenaici, tanto più che tra i loro
candidati figurava anche il popolarissimo figlio di Gheddafi Saif. Anche le
successive esplorazioni diplomatiche si sono infrante contro il blocco
turco-islamista (sostenuto dai Fratelli Musulmani del Qatar). Poco tempo dopo
la caduta di Gheddafi e della fine dell’unità e libertà di questo popolo, già
prospero e autodeterminato, il presidente turco Erdogan ha esteso il suo
controllo geopolitico e militare su Tripoli, vi ha installato sue forze
ufficiali e parte delle milizie ISIS coltivate in Siria e, da allora, sabota
ogni tentativo di normalizzazione e riunificazione.
Da qui la scelta di Tobruk-Bengasi, il cui esercito è
comandato da Haftar e che gode del sostegno dell’Egitto e di buoni rapporti con
la Russia, di ricorrere all’ultima misura a disposizione. La liberazione delle
parti della Tripolitania soggette al regime neocoloniale del “premier”
fantoccio Dbeida. Vantando questo, con la Turchia, il pieno appoggio di un
potente membro della NATO, una soluzione positiva non pare in vista.
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