sabato 30 novembre 2024

Messico vince, Bolivia perde, Venezuela resiste, fascismo in Argentina --- AMERICA LATINA, L’ALTRO CONFRONTO

 

Messico vince, Bolivia perde, Venezuela resiste, fascismo in Argentina

AMERICA LATINA, L’ALTRO CONFRONTO


“Il ringhio del bassotto”, Paolo Arigotti  intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=WIiHA68hwQ8

https://youtu.be/WIiHA68hwQ8

 

Non solo Ucraina, Medioriente e Taiwan. L’impero sta al resto del mondo come i bizantini nel 1453 stavano agli ottomani. Con qualche mezzo militare, qualche vassallo e qualche potere manipolatorio in più.

In Latinoamerica, dopo gli episodi isolati di Cuba e del Nicaragua, si potrebbe dire che, a spanne, siamo alla Fase Tre. Abbiamo, nella seconda metà del secolo scorso, la fase dei primi fermenti di rivolta antimperialista con i movimenti guerriglieri alla Tupamaros, schiacciati nel sangue dalle dittature imposte con la kissingeriana Operazione Condor. Poi la fase della risposta rivoluzionaria partita dal Venezuela e diffusasi in quasi tutto il subcontinente. Oggi sembra si possa dire che siamo al terzo capitolo della guerra tra colonialismo ed emancipazione. In senso tennistico, come usa oggi, stiamo a tre set a due con i giocatori sul 3 a 3. La partita resta aperta.

In Perù un golpe propiziato dalla Generale Laura Richardson, Comandante SUD degli USA, ha messo al potere la parlamentare Dina Boluarte e ha chiuso in carcere il legittimo presidente progressista Pedro Castillo. In Ecuador, dopo il golpe contro Raffale Correa, si succedono presidenti che disfano quello che Correa aveva fatto in termini sociali e di liberazione dei ceppi yankee. In Argentina, con la demenziale elettrosega Javier Milei, siamo alla catastrofe sociale (58% di poveri assoluti) attraverso una privatizzazione di tutto, Banca Nazionale copmpresa, la coatta adozione delle ricette del FMI, una feroce repressione popolare, una stretta alleanza con Biden, Netaniahu e… Meloni.

Nell’ambiguità viaggiano i presidenti di Cile e Brasile. Il primo, Gabriel Boric, presidente dal 2022, devoto alla tradizione economica e antidemocratica dei predecessori post-Pinochet. Il secondo, il ripetente Lula, scampato alle imputazioni di corruzione, come la “successora” Russeff, fa la sua prima visita da neopresidente a Biden, omaggiandolo capo del primo partner di Brasilia, successivamente pone il veto alla partecipazione al vertice dei BRICS in Russia di due paesi antimperialisti e socialisti, Venezuela e Nicaragua e sul primo condivide la campagna USA di presunti brogli nelle ultime elezioni generali e presidenziali. Poco significa, in questo contesto, il formale sostegno ai palestinesi.

Note positive, invece vengono dallo stesso Venezuela, netto vincitore delle elezioni assicurate dal sistema elettorale più trasparente e preciso del Mondo (Centro Carter) e dall’enorme concorso di folla avversa alle ennesime mire golpiste dell’opposizione. Di grande risonanza a Caracas, anche il convegno mondiale antifascista.

Lo Stato sandinista di Daniel Ortega resiste agli incessanti tentativi di destabilizzazione e sovversione, con attori i soliti colorati filo-USA, rappresentanti dei residui ceti padronali e, con particolare accanimento, la Chiesa cattolica. Si avvicina il momento in cui il Nicaragua sarà attraversato da un nuovo canale tra Caraibi e Pacifico, con grave scorno del Panama e di chi né esercita il padrinaggio.

In Messico, con la recente elezione di Claudia Sheinbaum alla successione di AMLO, Andres Manuel Lopez Obrador, primo vero rinnovatore delle tradizioni rivoluzionarie e sovraniste di Juarez, Zapata, Villa, Cardenas. Con Obrador, il Messico ha iniziato la sua faticosa uscita dalla presa letale dei Narcotrafficanti, di cui i suoi predecessori e pezzi di magistratura, polizia ed esercito erano manifesti complici e benficiari.

Un compito che ora la sua compagna nel partito nazionalista e progressista “Sigamos Haciendo Historia”, Sheinbaum, vincitrice delle presidenziali con il 57% contro il 31%, va perseguendo. Adesione ai BRICS, ricupero delle risorse naturali (petrolio, litio) attraverso nazionalizzazioni, riconoscimento dello Stato di Palestina, netto rifiuto alla manomorta statunitense, le cui banche cessano di essere alimentate dal narcotraffico messicano, sono il segno della continuità antimperialista.

La situazione più drammatica e a rischio di ritorno ai tempi bui della successione di colpi di Stato e dittature, sotto sponsor USA, è quella di un faro della lotta di liberazione anticoloniale latinoamericana. La Bolivia, per la quale si è sacrificato il più grande eroe del Continente, Che Guevara, e che vent’anni fa era stata ricuperata al suo cammino di sovranità ed emancipazione economico-sociale da Evo Morales e dal suo Movimento al Socialismo (MAS), va rasentando da oltre un anno la guerra civile.

Evo Morales, subito nel 2019 un colpo di Stato reazionario dagli storici terratenientes di Santa Cruz, la parte meridionale e più arretrata del paese, era fuggito in Messico e aveva abbandonato il suo paese, e specialmente la componente indigena, sua base di forza, alla feroce repressione dei golpisti. Rientrato, dopo che un sollevamento popolare, espressosi poi anche nel voto del 2020, aveva sconfitto il disegno yankee e posto democraticamente alla presidenza il creolo Luis (Lucho) Arce, suo valido ministro dell’economia dal 2006 al 2017, Evo aveva voluto candidarsi, contro Arce, per il 2025, a un quarto mandato presidenziale, non ammesso dalla Costituzione.

L’improvvida iniziativa ha provocato una profonda lacerazione nel MAS, come nelle organizzazioni civili e nei sindacati, finendo con il contrapporre “luisisti” ed “evisti”, con episodi eversivi che vedono contrapposti i due fronti anche sul piano fisico. Evo, a partire dalla sua roccaforte di Cochabamba, terra dei cocaleros, organizza posti di blocco, marce nazionali sulla capitale La Paz, finge di aver subito attentati. Arce risponde con la mobilitazione delle istituzioni. Ora siamo allo sciopero della fame di Morales e alla sua invocazione di una mediazione dei governi amici: segno di debolezza.

La vicenda è tragica, visto il ruolo positivo che per due decenni questo paese ha svolto dal cuore del continente, a fianco di Cuba, Venezuela, Nicaragua, Honduras, Messico e altre nazioni sovrane del Cono Sud. Evo Morales sembra un leader sopravvissuto al suo tempo e che non si rassegna a un cambiament che a molti risulta fisiologico. Qualcuno ha l’occasione di pescare nel torbido.

Nel video il resto e la mia esperienza in Latinoamerica.

 

giovedì 28 novembre 2024

Bye bye Grande Israele LIBANO, INIZIO DELLA FINE PER CHI?

 


Bye bye Grande Israele

LIBANO, INIZIO DELLA FINE PER CHI?

 

Byoblu, Arianna Graziato intervista Fulvio Grimaldi

https://www.byoblu.com/2024/11/27/medio-oriente-arriva-la-tregua-ma-manca-la-pace-che-idea-ti-sei-fatto/

Avete presente quel pugile, Tyson, a 58 anni vecchio come il cucco, ma con una carriera di sfracelli alle spalle? Ci riprova, è chiuso all’angolo, mena colpi all’impazzata senza cogliere il bersaglio, barcolla, si aggrappa alle corde, crollerà. Qualcuno getta l’asciugamano, si chiama Amos Hochstein, israelo-americano dell’IDF.

E’ andata così a Beirut nei giorni scorsi, ma, a dispetto della complicità delle varie mafiosità predatrici dell’Occidente politico, neanche la tregua di 60 giorni salverà Israele dall’abominio universale con cui lo vede e tratta la parte migliore dell’umanità.

Contro il Libano, obiettivo da distruggere per far spazio alla Grande Israele, colpo fallito nel 2000 e nel 2006 col naso rotto da Hezbollah, Israele, che già non riesce a domare Hamas in una striscia di 60km x 10 bombardata e genocidata da 14 mesi, doveva:

-        mettere in sicurezza 150.000 esasperati cittadini cacciati dalle loro colonie nel Nord e nel Sud della Palestina occupata e che ora arrivano a prendere a pugni i propri soldati, in gran parte riservisti che non gliela fanno più.

-       Sollecitare al ritorno i 700.000 occupanti della Palestina che, a causa dei casini in corso, dentro Israele e tutt’intorno, hanno abbandonato Israele e da paese dell’immigrazione (indispensabile per contenere la prolificità palestinese) lo hanno ridotto a paese della gente in fuga.

-       Superare una crisi economica senza precedenti dovuta alla scomparsa degli investitori esteri e alle difficoltà delle imprese provocata dal trasferimento di impiegati, tecnici, operai e dirigenti nelle file dell’IDF. Tamir Hayman, già direttore della Divisione dell’Intelligence Militare sionista, dice che, dopo 2 anni, Israele non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi contro Hamas e Hezbollah.

-       Pacificare con una vittoria finalmente netta le masse di suoi cittadini in rivolta per come il loro regime, per proteggerne il capo dai processi per le sue ruberie di Stato, prosegue una guerra infischiandosene dei loro congiunti in mano a Hamas e perlopiù uccisi dalle proprie bombe.

-       Creare in Libano il fatto compiuto, trampolino per l’assalto all’Iran, prima del cambio dell’amministrazione USA.

-       Provare all’opinione pubblica mondiale che i mandati d’arresto a Netaniahu e Gallant del Tribunale Penale ONU sono pura fuffa e Israele può permettersi tanti genocidi quanto gli pare.

Mi fermo qui, ma ci sarebbe dell’altro su questo piano. Completate voi il giro d’orizzonte. Vi porterà sull’orlo dell’abisso in cui, soprattutto a forza di implosioni e di perdita di status morale mondiale, questa creatura deforme sta per precipitare.

Così si è affidata ad Amos Hochstein, che l’acchiappasse per il colletto prima del precipizio. Chi è costui? Secondo la stampa del lecca lecca è un imparziale mediatore tra le parti in conflitto, o in sofferenza, della contesa libanese. Secondo chi guarda oltre è un ex-ufficiale dell’IDF sionista che, negli anni ‘90 reprimeva e uccideva i militanti delle Intifade palestinesi e chi altro capitava sotto tiro; poi un consulente per l’energia di Obama e Biden che fregò ai palestinesi di Gaza i diritti sui giacimenti di gas davanti alle loro coste. Dunque, l’ideale dell’imparziale negoziatore.

Di fronte a quanto sopra ho elencato circa le condizioni di salute dello Stato sionista, questo signore doveva trovare un coniglio nel cilindro. Ma ha trovato solo un pelouche da farci giocare tutti quelli che vogliono convincerci che a Israele è andata bene e agli arabi tutti molto male.

La tregua prevede che debba riattivarsi la risoluzione ONU 1706 del 2006, adottata dopo che Hezbollah, allora ancora in ciabatte, ci aveva messo un mese per cacciare le truppe israeliane dal Libano. C’ero alla battaglia decisiva di Bint Jbeil e ricordo con una certa soddisfazione come gli invasori, cacciati di casa in casa, dimostrassero una volta di più che Israele è micidiale a bombardare (visto che nessuno nei dintorni a una forza aerea, o anti-aerea), ma molto scarsa nello scontro sul terreno, dove le equazioni si impongono. Credo che più che di armamenti trattasi di motivazione.

Per farla breve, cosa si è concluso con questo accordo del cessate il fuoco? Prima nominalmente, poi nella sostanza.

Entrano in campo e nel sud libanese (i 30km tra confine e il fiume Litani) gli inutili, ma “indispensabili” Unifil e, insieme a questi, un esercito libanese che vale quanto quello dei soldatini di piombo che avete nella cameretta. E’ composto da una miriade di credenze, etnie, tribù, impostazioni politiche e culturali che ricorrentemente, per la soddisfazione di del Libano vuole disfarsi, si guardano in cagnesco. Dovrebbero questi, e Unifil, con addirittura la supervisione di “osservatori” francesi, tedeschi (come si sa nemici mortali e, dunque, fornitori di armi di Israele) e…americani, impedire a Hezbollah di esserci e agire.

 Venendo alla sostanza, quell’esercito libanese non ha niente di nazionale e quindi è debitore di motivazione e capacità a combattenti come Hezbollah che, da 40 anni, in politica e in armi, dimostrano di essere gli unici a difendere paese e nazione, per quanto frazionata. E perciò, e anche perché i sionisti, furbi, hanno bombardato, oltre a Hezbollah, tutto il Libano, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Perfino la loro ex-quinta colonna cristiano-maronita, perfino i quartieri residenziali e gli ospedali, comprese i patrimoni archeologici e turistici che facevano la ricchezza del paese. Hanno così creato, loro, una coscienza avversa nazionale, una resistenza collettiva.

E’ vero che Israele si è riservata il diritto di rispondere a eventuali minacce Che vuol dire tornare a invadere quel pezzetto sospirato di Grande Israele che sta tra la Linea Blu e il Litani. E nel tempo in cui le provocazioni, False Flag, sono lo strumento principale per le guerre coloniali e imperiali, un Hezbollah che tiri un mortaretto oltre quella linea lo si inventa facilmente. Basta rifilare qualche shekel al contadino del Sud in difficoltà di sopravvivenza per la sua famiglia nella casa disintegrata da quelli degli shekel…

Non saranno quell’esercito di cartone variopinto libanese a impedire a Hezbollah di ritornare nel Sud. Anche perché c’è già e c’è sempre stato: è popolo. L’IDF lo sa bene e, infatti, a tregua conclusa, ha subito cominciato a sparare sugli sfollati libanesi tornati a decine di migliaia nei loro villaggi e città del Sud. Mentre dei parallelamente sfollati dal Nord della Palestina occupata, non ne è rientrato nessuno.

Anzi, il sindaco della colonia di Metula, David Azoulay e quello del Consiglio Regionale di Merom, Amit Sofer, hanno rifiutato di far rientrare gli abitanti, dicendosi non convinti della sicurezza. E Azoulay ha aggiunto: “L’accordo favorisce Hezbollah ed è una vergogna!”. Chi ha vinto, chi ha perso?

Restano da vedere due cose su cui è forse presto trarre conclusioni. Hezbollah aveva iniziato la tempesta di missili su Israele il primo giorno dopo l’attacco a Gaza, in solidarietà e sostegno alla Resistenza palestinese. Gliela farà venir meno alla luce della tregua in Libano? E i militanti iracheni delle Forze di Mobilitazione Popolare che da mesi bersagliano obiettivi in Israele? E gli yemeniti? Tutti sospenderanno le azioni dell’Asse della Resistenza per via della tregua in Libano?  E lo faranno perché è credibile ciò che si ventila: una tregua anche a Gaza?

Per ora accontentiamoci che, per quanto manovrato a favore di Israele dal presunto mediatore Hochstein, con garanzie dei colonialisti USA e francesi, l’esito vede Hezbollah, sì danneggiato dai colpi alla sua dirigenza, ma assolutamente capace di reagire e oggi saldo sulle proprie posizioni militari e politiche, con dietro un paese che gli assicura un sostegno maggiore. Per contro, lo Stato sionista attraversa una crisi interna ed esterna senza precedenti e, in Libano come nel resto del mondo, gode di un’avversione senza precedenti. Alla luce delle sue caratteristiche psicopatiche procederà verso la propria rovina. Come minimo, merita un TSO.

 

Byoblu, Arianna Graziato intervista Fulvio Grimaldi

https://www.byoblu.com/2024/11/27/medio-oriente-arriva-la-tregua-ma-manca-la-pace-che-idea-ti-sei-fatto/

Avete presente quel pugile, Tyson, a 58 anni vecchio come il cucco, ma con una carriera di sfracelli alle spalle? Ci riprova, è chiuso all’angolo, mena colpi all’impazzata senza cogliere il bersaglio, barcolla, si aggrappa alle corde, crollerà. Qualcuno getta l’asciugamano, si chiama Amos Hochstein, israelo-americano dell’IDF.

E’ andata così a Beirut nei giorni scorsi, ma, a dispetto della complicità delle varie mafiosità predatrici dell’Occidente politico, neanche la tregua di 60 giorni salverà Israele dall’abominio universale con cui lo vede e tratta la parte migliore dell’umanità.

Contro il Libano, obiettivo da distruggere per far spazio alla Grande Israele, colpo fallito nel 2000 e nel 2006 col naso rotto da Hezbollah, Israele, che già non riesce a domare Hamas in una striscia di 60km x 10 bombardata e genocidata da 14 mesi, doveva:

-        mettere in sicurezza 150.000 esasperati cittadini cacciati dalle loro colonie nel Nord e nel Sud della Palestina occupata e che ora arrivano a prendere a pugni i propri soldati, in gran parte riservisti che non gliela fanno più.

-       Sollecitare al ritorno i 700.000 occupanti della Palestina che, a causa dei casini in corso, dentro Israele e tutt’intorno, hanno abbandonato Israele e da paese dell’immigrazione (indispensabile per contenere la prolificità palestinese) lo hanno ridotto a paese della gente in fuga.

-       Superare una crisi economica senza precedenti dovuta alla scomparsa degli investitori esteri e alle difficoltà delle imprese provocata dal trasferimento di impiegati, tecnici, operai e dirigenti nelle file dell’IDF. Tamir Hayman, già direttore della Divisione dell’Intelligence Militare sionista, dice che, dopo 2 anni, Israele non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi contro Hamas e Hezbollah.

-       Pacificare con una vittoria finalmente netta le masse di suoi cittadini in rivolta per come il loro regime, per proteggerne il capo dai processi per le sue ruberie di Stato, prosegue una guerra infischiandosene dei loro congiunti in mano a Hamas e perlopiù uccisi dalle proprie bombe.

-       Creare in Libano il fatto compiuto, trampolino per l’assalto all’Iran, prima del cambio dell’amministrazione USA.

-       Provare all’opinione pubblica mondiale che i mandati d’arresto a Netaniahu e Gallant del Tribunale Penale ONU sono pura fuffa e Israele può permettersi tanti genocidi quanto gli pare.

Mi fermo qui, ma ci sarebbe dell’altro su questo piano. Completate voi il giro d’orizzonte. Vi porterà sull’orlo dell’abisso in cui, soprattutto a forza di implosioni e di perdita di status morale mondiale, questa creatura deforme sta per precipitare.

Così si è affidata ad Amos Hochstein, che l’acchiappasse per il colletto prima del precipizio. Chi è costui? Secondo la stampa del lecca lecca è un imparziale mediatore tra le parti in conflitto, o in sofferenza, della contesa libanese. Secondo chi guarda oltre è un ex-ufficiale dell’IDF sionista che, negli anni ‘90 reprimeva e uccideva i militanti delle Intifade palestinesi e chi altro capitava sotto tiro; poi un consulente per l’energia di Obama e Biden che fregò ai palestinesi di Gaza i diritti sui giacimenti di gas davanti alle loro coste. Dunque, l’ideale dell’imparziale negoziatore.

Di fronte a quanto sopra ho elencato circa le condizioni di salute dello Stato sionista, questo signore doveva trovare un coniglio nel cilindro. Ma ha trovato solo un pelouche da farci giocare tutti quelli che vogliono convincerci che a Israele è andata bene e agli arabi tutti molto male.

La tregua prevede che debba riattivarsi la risoluzione ONU 1706 del 2006, adottata dopo che Hezbollah, allora ancora in ciabatte, ci aveva messo un mese per cacciare le truppe israeliane dal Libano. C’ero alla battaglia decisiva di Bint Jbeil e ricordo con una certa soddisfazione come gli invasori, cacciati di casa in casa, dimostrassero una volta di più che Israele è micidiale a bombardare (visto che nessuno nei dintorni a una forza aerea, o anti-aerea), ma molto scarsa nello scontro sul terreno, dove le equazioni si impongono. Credo che più che di armamenti trattasi di motivazione.

Per farla breve, cosa si è concluso con questo accordo del cessate il fuoco? Prima nominalmente, poi nella sostanza.

Entrano in campo e nel sud libanese (i 30km tra confine e il fiume Litani) gli inutili, ma “indispensabili” Unifil e, insieme a questi, un esercito libanese che vale quanto quello dei soldatini di piombo che avete nella cameretta. E’ composto da una miriade di credenze, etnie, tribù, impostazioni politiche e culturali che ricorrentemente, per la soddisfazione di del Libano vuole disfarsi, si guardano in cagnesco. Dovrebbero questi, e Unifil, con addirittura la supervisione di “osservatori” francesi, tedeschi (come si sa nemici mortali e, dunque, fornitori di armi di Israele) e…americani, impedire a Hezbollah di esserci e agire.

 Venendo alla sostanza, quell’esercito libanese non ha niente di nazionale e quindi è debitore di motivazione e capacità a combattenti come Hezbollah che, da 40 anni, in politica e in armi, dimostrano di essere gli unici a difendere paese e nazione, per quanto frazionata. E perciò, e anche perché i sionisti, furbi, hanno bombardato, oltre a Hezbollah, tutto il Libano, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Perfino la loro ex-quinta colonna cristiano-maronita, perfino i quartieri residenziali e gli ospedali, comprese i patrimoni archeologici e turistici che facevano la ricchezza del paese. Hanno così creato, loro, una coscienza avversa nazionale, una resistenza collettiva.

E’ vero che Israele si è riservata il diritto di rispondere a eventuali minacce Che vuol dire tornare a invadere quel pezzetto sospirato di Grande Israele che sta tra la Linea Blu e il Litani. E nel tempo in cui le provocazioni, False Flag, sono lo strumento principale per le guerre coloniali e imperiali, un Hezbollah che tiri un mortaretto oltre quella linea lo si inventa facilmente. Basta rifilare qualche shekel al contadino del Sud in difficoltà di sopravvivenza per la sua famiglia nella casa disintegrata da quelli degli shekel…

Non saranno quell’esercito di cartone variopinto libanese a impedire a Hezbollah di ritornare nel Sud. Anche perché c’è già e c’è sempre stato: è popolo. L’IDF lo sa bene e, infatti, a tregua conclusa, ha subito cominciato a sparare sugli sfollati libanesi tornati a decine di migliaia nei loro villaggi e città del Sud. Mentre dei parallelamente sfollati dal Nord della Palestina occupata, non ne è rientrato nessuno.

Anzi, il sindaco della colonia di Metula, David Azoulay e quello del Consiglio Regionale di Merom, Amit Sofer, hanno rifiutato di far rientrare gli abitanti, dicendosi non convinti della sicurezza. E Azoulay ha aggiunto: “L’accordo favorisce Hezbollah ed è una vergogna!”. Chi ha vinto, chi ha perso?

Restano da vedere due cose su cui è forse presto trarre conclusioni. Hezbollah aveva iniziato la tempesta di missili su Israele il primo giorno dopo l’attacco a Gaza, in solidarietà e sostegno alla Resistenza palestinese. Gliela farà venir meno alla luce della tregua in Libano? E i militanti iracheni delle Forze di Mobilitazione Popolare che da mesi bersagliano obiettivi in Israele? E gli yemeniti? Tutti sospenderanno le azioni dell’Asse della Resistenza per via della tregua in Libano?  E lo faranno perché è credibile ciò che si ventila: una tregua anche a Gaza?

Per ora accontentiamoci che, per quanto manovrato a favore di Israele dal presunto mediatore Hochstein, con garanzie dei colonialisti USA e francesi, l’esito vede Hezbollah, sì danneggiato dai colpi alla sua dirigenza, ma assolutamente capace di reagire e oggi saldo sulle proprie posizioni militari e politiche, con dietro un paese che gli assicura un sostegno maggiore. Per contro, lo Stato sionista attraversa una crisi interna ed esterna senza precedenti e, in Libano come nel resto del mondo, gode di un’avversione senza precedenti. Alla luce delle sue caratteristiche psicopatiche procederà verso la propria rovina. Come minimo, merita un TSO.

martedì 26 novembre 2024

Francia, Regno Unito, Italia e altri alla pugna

 

 


 

Francia, Regno Unito, Italia e altri alla pugna

GUERRA FATTA CAPO HA

“CALEIDO”, Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=DzhWSZtJpOI

https://youtu.be/DzhWSZtJpOI

 

Fulvio Grimaldi

“ARRESTATE NETANIAHU E GALLANT!”

Regia di Leonardo Rosi

https://www.youtube.com/watch?v=oKiDnQ9B8yo

 

Qui Radio Londra TV - https://www.quiradiolondra.tv/live/   “Mondocane e… punto!”

Martedì e Venerdì alle 20.00

 

Le forze che manovrano il vecchio rintronato guerrafondaio, demente fin da quando risultava sveglio e si agitava a favore di ogni guerra dal Golfo in poi, la guerra la vogliono fare a tutti i costi. Ne va della sopravvivenza dell’ultimo impero, del suo avamposto genocida in Medioriente, della sua Casa del Piacere a Bruxelles.

L’ultima trovata, a coronamento di una strategia di questi post-umani – o pre-umani – che contano di mettere il 20 gennaio l’inaffidabile socio davanti all’irreversibile armageddon e di porre fine alle prospettive di vita normale e coesistenza pacifica dei suoi elettori (illusi?)  e della specie tutta, è l’intervento diretto ne campo di battaglia. O Mosca o morte. .

Dei missili per togliere di mezzo fisicamente Putin e il popolo, che lui, temerario, si propone di difendere rispondendo a tono, delle bombe a grappolo e all’uranio, delle pur proibitissime e vigliacche mine antiuomo e, in ispecie, antibambini, già, impietriti, sapevamo. Ora, a cosa dobbiamo ridurci a sentire governanti di quella che si autoproclama, contro ogni evidenza, la parte migliore del mondo, non soddisfatti di abbeverarsi al sangue degli ultimi ucraini disponibili, da Zelensky catturati per strada, mandare al macello i propri dei donatori coatti di sangue?

L’incredibile è successo: per costringere l’ondivago e anche vagamente impenetrabile Donald Trump a trovarsi con le mani legate mentre tutt’intorno divampano incendi, si è arrivati ad annunciare truppe francesi e britanniche direttamente al fronte, per quanto questo vada sbriciolandosi. Chè, i vampiri si curano forse dei cimiteri in cui seppelliscono le loro vittime?

Non è che non ci fossero già, sostituendo una mano d’opera sprovveduta rispetto alle tecnologie del tempo digitale e logaritmico (magari testate e collaudate a Gaza e in Libano). Chi pensate che stia manovrando sistemi anti-aerei, missili, droni di lunga gittata, radar e visori, satelliti ed aerei, carri armati più computerizzati della macchina di Verstappen?

Ma ora è diverso, il passo (lo step, dicono i fichi) è lungo e definitivo: ora Monsieur Buvet e Mr. Brown stanno lì, non più mascherati da Azov con tanto di svastichetta finto-tatuata sul bicipite, con tanto di mitragliatore che spara addosso a qualcuno, con la prospettiva di tornare a casa, da mamma e papà e dai cari moglie e figli, in una bara di zinco con sopra la bandiera. E non quella ucraina, in cui per due anni si sono viste avvolgere le salme degli ucraini appaltati a Volodymyr da Barack, Joe e Ursula, su disposizione dei pupari bancari e armaioli che, senza, non saprebbero come far scoppiare i rispettivi forzieri.

Dunque Parigi e Londra vanno in guerra. Protagonista un presuntuoso patacca che deve arricchire il magro bottino di un paese dalla democrazia infilata nel tritacarta e con più teste rotte da gendarmi dai tempi del “Terrore”. E l’ennesimo epigono delle imprese di Sua Maestà (che sta sempre lì e funziona) che non vede l’ora di tornare ai fasti di Riccardo Cuor di Leone, genocida in Palestina, di Churchill, disintegratore e gassatore in Germania e Iraq, di Cromwell e Vittoria, sovrani d’Inghilterra, massacratori di irlandesi rispettivamente con la spada e con la fame da peronospera delle patate (non solo a Balfour è da ricondurre il carcinoma sionista. C’è anche Vittoria a illuminare di sé il genocidio per fame a Gaza).

Ma siccome la guerra deve essere globale e totale, ecco che gli armigeri d’Occidente non si ritrovano solo contro la Russia in Ucraina. L’Iran non è alleato dei palestinesi e dei russi? Gli Houthi non traggono conforto dalla vicinanza con Tehran e Mosca? E i russi, non sono amici e, all’occorrenza, armieri di tutti i nemici della Grande Israele, dalla Turchia alla Siria? E, allora, coerenza impone che per abbattere la Russia, visto che da quelle parti sta abbastanza sulle sue e fornisce pochi pretesti, tocca incominciare ad abbattere coloro che sono benvenuti a Mosca e per niente a Tel Aviv, Washington, Londra, Parigi, Roma e via turpeggiando.

Ecco che così il fronte si deve allargare dagli oblast dell’Ucraina Orientale ai 60 km x 10 della Striscia di Gaza. Possiamo crederci o no, ma pare che gli annunciati invasori dell’Europa Orientale da ovest, abbiano preso anche la corsia che porta a Sud. Qualcuno di noi, che sappia lo spagnolo, conosce o dovrebbe conoscere una storica e autorevole piattaforma giornalistica latinoamericana e i suoi quotidiani bollettini in radio, tv, stampa e rete. Si chiama “Resumen Latinomericano”, ha la sede centrale a Buenos Aires e se ne è uscita in questi giorni con una notizia bomba. Dato che nell’ambiente dell’informazione corretta è giudicata affidabile, ve ne riporto quella notizia bomba. Sperando che possa poi essere verificata.

Secondo “Resumen” del 24 novembre, a Gaza agiscono, inquadrati nelle forze israeliane, IDF, militari di molti paesi, con in testa quelli di paesi europei. La clamorosa, scandalosa, notizia provenirebbe da fonti dello stesso esercito israeliano, che specificherebbe numeri e rispettive nazionalità. Chissà se immigrati islamici, o anche europei. Come segue.

3804 Francia, 3142 Regno Unito, 2584 Stati Uniti, 2051 Germania, 1.720 India, 1653 ITALIA, 1158 Polonia e Ucraina, Poi Etiopia, Sud Sudan, Argentina, Canada, Kurdistan iracheno e altri.

Meravigliati? Agghiacciati? Increduli? Vedete voi.

Del resto che differenza ci sarebbe con i militari americani e nostri che, da Sigonella e Niscemi (MUOS), dirigono sorveglianza e operazioni delle forze aeronavali USA e delle truppe anfibie britanniche al largo di Gaza e del Libano?

Visto che da noi ci sono 120 basi NATO e USA, più una ventina di segrete, potremo risentirci se a noi cobelligeranti (anche solo perché quegli europei brandiscono armi nostre), arriva addosso la ritorsione russa, o di Hamas, o di Hezbollah?

 

 

domenica 24 novembre 2024

Tribunale Penale: “Di carnefici e vittime”

 

Tribunale Penale: “Di carnefici e vittime”

MA COME, METTONO SULLO STESSO PIANO I TERRORISTI E LE LORO VITTIME???

 


https://www.youtube.com/watch?v=L9am7JbJa_I

https://youtu.be/L9am7JbJa_I

 

In attesa di pubblicare un trattamento video più completo sulla pronuncia del Tribunale Penale Internazionale e rispettive reazioni, realizzato con la collaborazione di Leonardo Rosi, presento una prima, immediata serie di considerazioni su quanto tutto questo significa.

Fulvio

mercoledì 20 novembre 2024

IL COLPO DI CODA DEL SERPENTE DEMENTE PICCHIARE (FILO)PALESTINESI MA COMPIANGERE (FALSI)SEMITI DESTRE BICEFALE E SINISTRE ACEFALE



“CALEIDO” Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://youtu.be/QOvrv7ix4O4

https://www.youtube.com/watch?v=QOvrv7ix4O4  

QuiradiolondraTv: “Mondocane e Punto”: martedì e venerdì, ore 20.00

https://www.quiradiolondra.tv/live/

Byoblu (canale 262) “Le interviste”, Michele Crudelini intervista Fulvio Grimaldi: Gaza, Libano, Netaniahu sotto processo, missili sulla Russia e contro Trump. Mercoledì 20 ore 16.00 e 21.30 https://www.byoblu.com/2024/11/20/netanyahu-passeggia-da-padrone-a-gaza-ma-senza-guerra-ha-le-ore-contate-fulvio-grimaldi/

 

I missili che la schizzata schiatta bipartisan (ma essenzialmente Democratica) dei Neocon ha fatto lanciare contro la Russia dal più rintronato dei suoi epigoni, più che ai russi, che non ne risentiranno più di tanto, intendono provocare danni al nuovo presidente e ai suoi spaventosi (per gli armaioli) progetti di evitare la cosiddetta terza guerra mondiale (quella in Medioriente, invece, gli risulterebbe digeribile: la fanno altri, come d’abitudine).

Spedendo questi bonbon a casa di Putin, tra la sua gente, per la prima volta nella Storia (dopo i missili a Cuba, subito svaporati) gli USA rischiano di vedersi arrivare tra i piedi la ritorsione, in forma di bonbon equivalenti. La bella favola che di guerre se ne possono fare a gogò, quante ne servono a mantenere al complesso militar-industriale il potere in casa e su gran parte del resto del mondo, finirebbe con un assaggio della stessa pietanza al desco di casa propria.

Cosa inaudita, storicamente evitata facendo leva sulla disponibilità di “alleati” di farsi sbranare e di collaborare a spese del proprio paese. Alleati, si fa per dire. Ragazzi di bottega, fattorini, sicari fascisti, o finte-BR, vallette, presstitute, magliari, mafie. Insomma mercenari tenuti a servizio a forza di debito, basi militari che garantiscano il controllo del territorio (da noi oltre 100): Gladio, simpatie gratuite, Emme Bonino, premier donne svizzero-yankee obamiane et similia. E soprattutto “alleati” che abbiano ben presenti il modello rimozione e, magari, esecuzione, di devianti tipo Aldo Moro. O John Kennedy.

Da noi, di conseguenza, non c’è discussione. Di fronte all’emergere dall’orizzonte del Giorno del Giudizio accanitamente ricercato dai necrofili del Deep State, un irregolare come Donald Trump, vista la mira sbagliata dei sicari, va fermato inducendo all’armageddon colui con il quale convivere avrebbe significato un buco nella mongolfiera di guerra e il suo afflosciarsi al suolo.

Di fronte a queste evidenze, logiche e consequenziali, pretendono l’ineluttabilità del concorso d’intenti tra Biden e Trump (come se fossero loro a determinare il corso della Storia e non i rispettivi ventriloqui) coloro che investono il nobile termine di “complottisti”, preziosi smascheratori di complotti al tempo del Covid, di significati negativi.

Sono quelli superbravi che giurano che, al di là delle mosse scenografiche per tenerci un po’ sulla corda, un Biden e un Trump starebbero mettendo in piedi una finta alternativa, tanto per compiacere i cultori delle contraddizioni interne al padrone, mentre si spartirebbero lo stesso bottino: via la Russia e dominio del mondo. Un po’ come quelli che, anche davanti ai corpi spezzettati di Haniyeh e Sinwar, giurano che Hamas e Israele sono giocatori della stessa squadra. Come si sarebbe visto il 7 ottobre. E che centrosinistra e centrodestra sono zuppa e pan bagnato (esempio sbagliato: qui ci hanno preso).

Siamo seri. Sparando missili in faccia a Putin e alla sua gente, questi non contano sulla comprovata prudenza del presidente russo che, come avrebbe potuto mangiarsi a colazione l’intera Ucraina, si è limitato a liberare il Donbass e a spegnere le reti elettriche, sicuramente avrebbe continuato a far sopravvivere l’ologramma Zelensky, come ha fatto a Kursk.

Siccome sono quelli che sono e la lora idea di umano è quella che dal 1945 ha fatto 50 milioni di morti di guerra e, da Obama in qua, che rimediano al proprio debito mortale con la necrofilia e ininterrotti macelli, che contano su un Putin modello Obama, o Bush, o Clinton. Cioè su uno che ai cazzotti risponde togliendosi i guantoni.

Ed ecco che in questo caso la grigliata di ucraini a fuoco lento si dovrebbe tramutare in incendio che tutto avvolge, compresi noi europei, che, inceneriti, finalmente ci toglieremmo dai piedi e dai mercati. E The Donald, con le sue fisime di lasciar perdere l’Ucraina e a lasciare fare a sionisti e altri le guerre grazie alle quali i suoi avversari pentagonali potranno placare la propria inimicizia verso di lui, continuando a vendere armi, il 20 gennaio di troverà la famosa patata bollente.

La Russia atomica che potrebbe anche incombere sul suo paese e che, dunque lo costringerebbe, sì, al MAGA, Make America Great Again, ma a un MAGA corretto alla neocon. Toccherebbe lasciar perdere il rientro dalla delocalizzazione dell’industria nazionale manufatturiera e il riassetto di un’infrastruttura allo sfascio, con conseguente riemersione della classe lavoratrice dalle bidonville di roulotte in cui si era rifugiata inseguita dall’inflazione e poi vedersela con la Cina per chi produce e vende di più e meglio.

Toccherebbe farsi indicare da Dick Cheney e dalla tenera figlioletta Liz con le bombe a mano nella borsetta chi massacrare, occupare, rapinare, oltre al già acquisito mattatoio mediorientale a fini di petrolio e rotte cruciali e al diavolo le ubbie rinnovabili.

E, soprattutto, toccherebbe eliminare dalla vista e rinchiudere a Guantanamo Tulsi Gabbard, la pacifista amica di Putin e di Assad, nominata capa dell’Intelligence (cioè di tutto quello che di più infame non dovrebbero più fare gli USA). Lei insieme a Robert Kennedy Jr, il folle che ha messo i bastoni tra le ruote all’altro progetto neocon: ridurre e forza di “vaccini” quei segmenti di umanità che guerre e fame non hanno tolto di mezzo e che superano il miliardo e mezzo.

Sugli altri temi nei titoli, vedere i filmati. Qualcuno vuole andare a Gaza e beccarsi la taglia di 5 milioni che un Netaniahu alle corde e al ridicolo, presto sotto processo, promette a chi gli rende gli ostaggi sopravvissuti?  Di cui non gliene ha mai fregato niente. O andare in Libano a scoprire chi ciurla nel manico quando incolpa un apparentemente invincibile (altro che IDF) Hezbollah di aver tirato addosso ai fantasmini di UNIFIL? E divertirsi a sentire dichiarare le due destre, quella con le zanne e quella con la dentiera e il rossetto, di aver vinto l’una in Liguria e l’altra in Emilia-Romagna e Umbria?

martedì 19 novembre 2024

SIAMO PER SEMPRE COINVOL

 

SIAMO PER SEMPRE COINVOLTI


Qui Radio Londra TV : Fulvio Grimaldi con “Mondocane e…punto”

https://www.quiradiolondra.tv/live/

Questa sera, martedì, alle 20.00

 

In ricordo di Licia Pinelli, morta l’11 novembre scorso

“Quella sera a Milano era caldo / ma che caldo che caldo faceva / Brigadiere apri un po’ la finestra / una spinta e Pinelli va giù….  https://www.youtube.com/watch?v=t6y4vlOXwJE

E’ la Ballata di Pinelli, Giuseppe, ferroviere anarchico, fatto volare giù dal quarto piano della Questura di Milano, tre giorni dopo la strage di Piazza Fontana, perché, innocente, quelli lì dentro non erano riusciti a sostituirlo ai colpevoli della Strage di Stato.

E’ stato l’inizio del mezzo secolo in cui i poteri mafio-fascio-statali, interni ed esterni, hanno voluto tenerci in riga a forza di stragi.

Rispetto alla destra dalle zanne affilate, recente vincitrice in Liguria, in assenza di sinistra, alle elezioni in Emilia Romagna e Umbria ha vinto la destra con le zanne limate e nascoste dal rossetto.

Meloni-Netaniahu days in 40 città italiane, a Torino e ad Amsterdam: dove i delinquenti e provocatori, terrorizzati dal ricordo delle sconfitte subite tra 1968 e 1977, si fanno vittime per continuare a farsi carnefici.

Dopo un genocidio a Gaza, pulizia etnica in Cisgiordania, terrorismo e guerra a Libano, Siria e Iran, Netaniahu, pendaglio da forca, corrotto e corruttore, va a quel processo che, per evitarlo, ha ucciso 44mila persone innocenti.

Raso al suolo dall’elettorato americano, il ventriloquo di Biden fa dire al suo fantoccio che ora si possono lanciare missili su tutto il popolo russo. Siamo nella NATO siamo belligeranti, Putin avrebbe diritto di colpirci.

E se credete ora
Che tutto sia come prima
Perché avete votato ancora
La sicurezza, la disciplina
Convinti di allontanare
La paura di cambiare
Verremo ancora alle vostre porte
E grideremo ancora più forte
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti

martedì 12 novembre 2024

Colpi di coda, colpi d’azzardo, colpi a segno --- TRUMP L’INCALCOLABILE, PUTIN LA CERTEZZA

 


“Caleido, il mondo da angolazioni diverse”. Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=q8vD9QyZ1KA

https://youtu.be/q8vD9QyZ1KA

Fulvio Grimaldi inMondocane…punto”. Martedì e venerdì alle 20.00.

https://www.quiradiolondra.tv/live/

 

A parte la posizione sulla pandemia e relativi parafernalia, in cui Trump si ritrova su posizioni negativiste diffuse in gran parte del mondo scientifico e dell’opinione pensante, di buono c’è poco più che la vaga prospettiva della fine del ricatto bellico USA-NATO a Europa e Ucraina, con prospettiva seria di Terza Guerra mondiale, insieme alle lodevoli riserve sul disciplinamento sociale e politica tramite mega-raggiro climatico.

Il disastro vero è il personale di levatura melonian-salviniana di cui si va circondando nella formazione del suo circolo politico intimo, uniformandosi ai livelli etici (perfino estetici, poiché ognuno diventa quello che è) e ai Q.I. delle classi politiche che abbiamo sul gobbo da mezzo secolo, di qua e di là dall’oceano.

Sulla Palestina, che è il nervo scoperto del mondo, sta con quella sezione dei mille miliardari USA che dormono con la kippa in testa e impegnano i loro dollari per collocare la Menora sugli altari di banche e Fondi d’investimento, oltrechè sugli altarini dei rispettivi chierichietti mediatici.

Tutto questo ci preoccupa quel tanto che il pessimismo della ragione ci impone. Ma siccome disponiamo, in misura crescente da qualche tempo, anche dell’ottimismo della ragione (in aggiunta a quello della volontà), non ci facciamo spaventare troppo. Abbiamo forti sostegni a cui appoggiarci.

Pensate dall’altro lato del fosso c’è un omino che ha rimesso in piedi, in meno di 10 anni, il più grande paese del mondo, dopo un ruzzolone rispetto al quale l’impero bizantino spianato dagli ottomani è una brezza nella tempesta della Storia. Un paese che, caduto il muro di protezione da provocatori e epidemie sociali varie, era stato ridotto a rapportarsi al suo glorioso passato come una scatola di fiammiferi caduta nella pozzanghera sta alla temperatura del sole nel momento dell’esplosione (sole che ogni tanto fa variare la nostra di temperatura dando l’estro alle nuove zecche green di cambiare i capillari da cui nutrirsi).

In 10 anni quest’uomo ha sottratto ai predatori i bocconi che già stavano masticando, in termini di economia, coesione sociale, fiducia in se stessi di 150 milioni di persone dall’invitto passato. Riuscite ad immaginare l’impresa avendo contro i sabotatori, traditori, rapinatori, congiurati e spettatori passivi, perché attoniti, di mezzo mondo e passa?

Ora quest’uomo, e i compagni che ha raccolto e gli ex-vampiri che ha saputo ridurre a obbedienza e collaborazione, ha fatto un bel discorso. E’ stato la scorsa settimana in occasione dell’incontro del Valdai International Discussion Club. Un discorso epocale, a dir poco. Nel senso che ce lo ricorderemo come un discorso che ha cambiato il mondo, sottraendolo a un destino che qualcuno aveva intitolato “la fine della Storia”. Per cui non se ne è minimamente accennato nei nostri media.

Bei discorsi, fondati su bei pensieri e auspici li sanno fare tanti. E’ che qui il bel discorso è fondato non solo su bei pensieri e auspici, ma sulle robuste basi di un concerto in cui alcuni miliardi di strumenti hanno suonato la stessa musica. Vladimir Putin l’ha chiamato “polifonia”. Che è l’opposto della monofonia e anche del policentrismo, nel senso che di centri, che si arrogano di esserlo, non se ne vuole più sapere. Né di egemonie, né di imperi, né di globalismi unipolari. Né soprattutto di colonialismo.

Chi a Putin ha dato la forza per esprimere questa sicurezza sono i BRICS che, scopertisi, sullo spunto dato dai quattro paesi fondatori, con alle spalle una lunga storia di aggressioni subite e colonialismi sofferti, diversi tra loro per tante variazioni di tono e timbro, su una melodia hanno trovato il modo di armonizzare: mai più colonialismi. Né conseguente commercio di schiavi, o, oggi, manodopera schiavizzata, deportata con le buone o con le cattive, onde annichilirne identità, nome, storia, futuro e amalgamarla in zuppa o pan bagnato con altri, pure espropriati di nome, terra, comunità e futuro. Tutto a unico vantaggio del monocentrista monofonico.

Sentendo un vento che, piuttosto di gonfiarle, minaccia di abbattere le vele imperiali c’è chi vuole mettere a remare un po’ di gente ancora convinta che un po’ più in là c’è il paese dei balocchi. Scansata la metafora, la procedura è quella di chi s’impegna a disgregare, separare, isolare, diminuire (autonomie differenziate, ricordate?). Non più ex pluribus unum, come si è riusciti a combinare nell’era della scoperta e della fabbrica delle nazioni, ma il suo dannato contrario. Il corollario dovendo essere un mondo di dispari, con ognuno che tira fuori il peggio di sé per sopraffare l’altro. Competizione, scontro, guerra, sopraffazione.

Il mondo che alla volontà diffusa di identità e polifonia emersa nel convegno dei BRICS , ormai avviati a formare la maggioranza sul pianeta, è proprio il mondo che, decretando dopo mezzo millennio la fine del colonialismo, ha avuto da Putin il manuale delle istruzioni. Leggetevi quel discorso. Sarà una forzatura, ma per me è anche una postfazione al testamento di Yahya Sinwar, martire palestinese.

Da noi, a dispetto di quanto si va comprendendo e preparando al di là della cortina che da di ferro è diventata di bugia e deformazione, regna ancora il cialtronesco e il miserabile. Può non essere condannata a essere ingoiata e poi espulsa dalla realtà e dalla Storia un governo che deporta le vittime del suo colonialismo straccione in un paese prostituitosi nel ruolo di carceriere? E che poi si ritrova, buttato un miliardo al mendicante sul marciapiede, a dover trasformare la discarica albanese in grottesco carosello di escursioni da weekend di quattro poveracci a bordo di una nave da guerra. Un andirivieni da bari d’azzardo che si ripromettevano che a Bruxelles non se ne sarebbero accorti.

E neanche i nostri giudici, quelli resistenti in una magistratura che, siccome ha il compito costituzionale di controllare e impedire o punire le violazioni, è in aperta collisione con chi campa in virtù della pratica dell’abuso, del malaffare, dell’impiccio, della trovata canagliesca e per questo, oltre che a Russia e Palestina, ha dichiarato guerra ai giudici.

Ma poi, in tutto questo bailamme di paesi sicuri o insicuri (oltre tutto definiti tali spesso sulla base di criteri più di affinità o contrarietà politica), vogliamo chiederci se poi noi, Italia, potremmo definirci paese sicuro?  Noi a cui stanno levando il diritto di opporci alle malefatte di padroni, speculatori, generaloni. Noi che compiamo reati quando ci opponiamo con la disarmata forza della voce e del corpo, a prepotenze e ingiustizie. Noi che, da quando siamo Repubblica, ci siamo prostituiti a un padrone straniero dagli irrimediabili caratteri criminali. Noi che ci hanno tenuto in riga a forza di stragi di Stato, di mafia e di fascisti (con ancora ieri loro celebrazioni a Bologna, zona stazione).

Noi di Gladio, di P2-3-4 e di altissime cariche dello Stato con il busto di Mussolini sul comodino. Noi che ci sveniamo per armare aguzzini e genocidi. Noi che ci facciamo occupare da 90 basi extraterritoriali ed extrasovranità, in cui sono annidati coloro che ci fanno fare guerre agli altri, e, così, a noi ci rendono potenziali e legittimi bersagli.

Noi con primi ministri e ministri condannati perché al soldo della mafia, o con la mafia al soldo loro. Noi con la democrazia che è come una coperta sbrindellata e lisa, buona da rifugio per ratti e topi con i colletti bianchi. Noi il cui capo più venerato, un volgare puttaniere, corruttore di giudici, ufficiale pagatore della mafia, evasore del fisco a spese del contribuente è stato onorato dal Capo dello Stato nella figura della figlia, beneficiaria delle sue ruberie. E gli hanno pure fatto un francobollo, come a Garibaldi. E gli hanno nominato un aeroporto, come a Pertini.

Noi quelli del lockdown, del green pass, del futuro pandemico e digitale e del ministro del lockdown che si conferma per quello che è girando, in tempo di elezioni altrui, con un grande cartello “KAMALA”. Sul retro, in inchiostro simpatico, firmato dalla stessa, c’è scritto: “W il Genocidio”. Si chiama Roberto Speranza. E lo fanno passare per uno dei buoni.

E, per completare l’idilliaco quadro, noi siamo quelli ai quali uno qualunque, l’uomo più ricco del mondo, statunitense, fascistoide e perciò intimo di Giorgia Meloni, in virtù di tale intimità si può permettere di determinare cosa è giusto e cosa no nel nostro paese, in barba a una magistratura a ciò deputata dalla Costituzione voluta da noi, e di disporre che i giudici che disturbano la marcia sull’Italia della sua amica vanno cacciati.

mercoledì 6 novembre 2024

USA, HANNO PERSO QUELLI DE LI SORDI E DE LI SPARI

 



E adesso le chiacchiere stanno a zero. Si ricomincia dai fatti. L’uragano tossico della ciurmaglia vociante a favore della banda di assassini di massa, che ha imperversato sul mondo negli ultimi quattro anni, si azzitterà. Una classe che fa dello scilipotismo in tutte le stagioni lo strumento del potere, inizierà le sue prime conversioni. Siamo abituati, da millenni, a vederla transitare da una religione di carattere, come si dice oggi, multipolare a un’altra, di segno opposto, unipolare. Sempre con la stessa convinzione, tanto da ridurre la precedente in macerie e abiezione morale. Da dei onorati a demoni diabolici. Le nostre classi dirigenti sono fatte così. E, almeno nell’immediato, quanto era oggetto di celebrazioni sacre incontestabili verrà calpestato e ridotto, come a suo tempo, a polvere di templi e alla damnatio memoriae di “dei falsi e bugiardi”..

Cambieranno sacerdoti e chierichietti, preci verranno elevate ad altre divinità, altre formule magiche, altre musiche ci invaderanno  dagli organi e incanteranno le schiere dei fedeli. Resterà solo una costante nell’immagine sacra sopra l’altare: una bandiera a stelle e strisce.

E’ stata spazzata via una delle due massime espressioni di barbarie subculturale nichilista che ha tenuto per la gola il pianeta, minandone la sopravvivenza. Ne sopravvive l’altra. Ma questa ha percepito che l’alluvione di arroganza e violenza dell’insieme antiumano è stata frenata da argini cresciuti impetuosamente tutt’intorno alle marche dell’impero.

Ha stravinto uno che di questi argini pare tener conto e, insieme a lui, come mai prima, tutto il coacervo di presunta rappresentanza popolare del suo partito nella Camera e nel Senato. Le polveri da sparo che contro costui sono state armate, sotto forma sia di dollari, andati massimamente a tenere in piedi il cartonato dell’improbabile continuatrice del vigente, sia di fucilate, sono risultate bagnate. Come bagnate sono uscite dalla contesa le pagine stampate della tifoseria mediatica, tutta al servizio dei munifici finanziatori di Kamala Harris.

Una miserabile ciurmaglia di contractors europei, capeggiati, sia a Bruxelles che a Roma, da figure tratte da un sottobosco che coniuga criminalità organizzata e criminalità politica, appare spiazzata e medita il modo più spiccio per riallinearsi. Qualcuno, molto in basso, gli chiederà conto, se davvero in Ucraina sia andrà alla giusta sistemazione, di quanto gli è stato sottratto a forza di miliardi in missili e tangenti riversati su un lestofante pronto a infilare il suo popolo nelle fauci dell’assassino di massa. E noi, dal basso, dovremmo darci da fare per agevolare quella resa dei conti.

Ora c’è uno che ha accusato l’altra, a ragione, di collaborare all’armageddon mondiale e finale. Che ha detto ai subordinati dell’UE di farsela loro la guerra e di pagarsela (già fatto). Ma è anche quello che ha stretto nel più forte degli abbracci Jack lo Squartatore di Tel Aviv mentre sguazzava in un oceano di sangue. E che gli ha promesso il coronamento biblico della sua capitale a Gerusalemme, E’ colui che ha assassinato il generale Kassem Suleimani, strappato l’accordo nucleare con l’Iran (nefasto per l’Iran), pronto a obliterare la Cina. Ma è pure colui che non ha partecipato alle guerre mediatiche e golpiste degli Obama e Biden contro l’America Latina in lotta di resistenza.

Ragazzi, in carrozza, si riparte. Capotreno e treno sono cambiati. Gli hanno sparato e ci aveva contro, da noi come da loro, il peggio del pessimo. Cerchiamo di capire percorso e destinazione. E di non farceli imporre. In ogni caso, brutto o bello, “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole”.

martedì 5 novembre 2024

Baraccone USA: Più gente entra più bestie si vedono Bolivia: c’era una volta Evo America Latina: ritorno e andata Contro le alluvioni fate le guerre

 


In SPUNTI DI RIFLESSIONE di Paolo Arigotti: “Il ringhio del bassotto”, con Fulvio Grimaldi:  Dalla Bolivia che si dilania, all’America Latina sull’ennesimo crinale tra liberi o predati- https://youtu.be/6Ln3Hy_AeuA

In CALEIDO  Francesco Capo  intervista Fulvio Grimaldi: Miliardi alle armi, spiccioli all’ambiente, BRICS: Lula contro Maduro, Nordcoreani pretesi a Kursk, NATO per davvero in Ucraina. https://www.youtube.com/watch?v=58PLDMnqt4c  https://youtu.be/58PLDMnqt4c

QTV, Alluvionati armatevi e affogate,  baracconata delle elezioni, Medioriente carta vince carta perde, Ucraina… perde, Legge Bilancio:  chi piange e chi ride

https://www.quiradiolondra.tv/live/  martedì e venerdì alle 20

 

il dato è questo, al di là di quello che uscirà dall’indecente e fuorilegge baraccone elettorale statunitense: l’establishment dal quale nell’Occidente politico veniamo maltrattati e turlupinati è a favore del rigurgito di Biden, Kamala Harris con un accanimento che rende moderato il fanatismo tifoide della curva ‘ndranghetista dell’Inter. Di quanto di più maleodorante inquina la vita del cittadino e della nazione all’interno del perimetro di quanto pomposamente e grottescamente si definisce la “COMUNITA’ INTERNAZIONALE” (con tutte le maiuscole, come la SCIENZA, definita tale dal concerto farmaceutico-climatico-oligarchico), ogni singola cellula tumorale sostiene Kamala, vale a dire il nulla-con-la dentiera da cavallo drogato.

Si va da Mentana a Mieli, da Renzi a Conte, dal mafioso al parroco, dal finto socialdemocratico e vero piddino a quella che, scordatasi la cresima ricevuta mentre l’organo tuonava “Dio stramaledica gli inglesi” (e gli ebrei), si fa baciare in fronte dal rintronato sostenitore di due genocidi e, se avesse fatto in tempo, di una terza guerra mondiale. E poi naturalmente tutta la créme de la créme che suole prendere il tè a Davos o negli alberghi a 25 stelle di Bilderberg.

Questo nel nostro piccolo, riguarda i ratti che marciano verso il burrone al suono del piffero. Quanto ai suonatori, che frenano prima del burrone, ci sono tutti quelli che già una volta erano riusciti a imbrogliare le carte, meglio le schede, per garantire la prosecuzione del modello lanciato l’11 settembre del 2001: quello della famiglia di Jack-lo Squartatore-Cheney, fisiologicamente transitato nel partito che i genocidi li ama e li pratica con maggiore frequenza e convinzione.

Tutto questo per lo spettatore, legato dai media alla poltrona di ferro in platea, è come l’Atellana che, nel teatro romano antico, era la farsa ridanciana finale, che doveva farti riprendere dopo le psicomazzate inflitteti dalla Tragedia nella prima parte dello spettacolo.

Al di là di queste piacevolezze, libabili tra le offerte votive che vi propongo nelle sopraelencate trasmissioni, potete, cari ragazzi, ora riuniti con me sotto l’ombrello della consapevolezza che sta piovendo fango peggio che a Valencia, constatarne natura, dimensioni ed effetti collaterali.

Dell’America Latina, continente con 700 milioni di, perlopiù simpatici e assennati, abitanti e più ricchezze naturali di quante Creso abbia mai potuto sognare, né il Programma del Nuovo Secolo Americano (PNAC=11 settembre) di Obama, Cheney, Biden annettersi, i nostri politici e mediatici si curano una cippa. A fatica sanno che ci sia e dove. Ogni tanto gli viene di battere le mani quando il dollaro, armato di golpe e dittatori, vi tenta una qualche incursione. Ultimamente un paio di volte in Venezuela, ogni due per tre, invano, a Cuba (a proposito: all’ONU 187 paesi hanno votato per la trentesima volta contro l’embargo USA a Cuba. A favore solo USA e Israele (convinti che far morire di fame popoli faccia bene alla salute della democrazia). Astenuta la Moldavia, testè messasi a disposizione nel lupanare UE.

E pensare che da quelle parti c’è tanto litio da alimentare più macchine elettriche e congegni elettronici di dieci pianeti come il nostro. Cosa che forse è all’origine di uno spiacevolissimo scazzo che lacera da mesi la nobilissima componente dello schieramento antimperialista che è la Bolivia. Superati brillantemente tutti golpe allestitivi nei secoli dagli USA, stabilitovi nel 2006, e io lo vidi succedere, un governo sovrano rivoluzionario con a capo un indigeno, Evo Morales, oggi siamo all’autogolpe.

Nel senso che Evo, superati i tre mandati tra il 2006 e il 2018, scampato con la – non edificante -  fuga in Messico alle cattive intenzioni dell’ennesimo colpo di Stato USA, trovatosi al ritorno un valido successore, Luis Arce (valido economista di tutti i suoi governi), democraticamente eletto, non ha voluto rassegnarsi alla sua stessa Costituzione che gli inibiva ulteriori mandati. E ha iniziato a fare casini utilizzando il suo proprio retroterra: i Quechua e gli Aymara, eminentemente contadini cocaleros.

Ha preteso di essere candidato unico alle elezioni presidenziali del 2025 e, visto che le istituzioni glielo negano, ha allestito la spaccatura del suo partito, MAS (Movimento al Socialismo), tra blocco Evista e blocco Luisista, ha lanciato una gigantesca marcia su La Paz, poi posti di blocco che hanno fermato il paese e la sua economia. Affrontato dalle forze dell’Ordine gli ha sparato. per poi fingere di essere stato vittima di un tentativo di assassinio. E Infine, non essendo riuscito a smontare Arce dalla presidenza, si è buttato sullo sciopero della fame, sulla profferta di dialogo (prima negato) e sulla richiesta di mediazione di paesi amici. Lo stallo perdura, ma Evo pare aver esaurito le cartucce.

A essere maligni, ma occhiuti, si può intravedere all’orizzonte il luccichio delle immense distese boliviane di litio, le più grandi del mondo il minerale dell’ennesima rivoluzione industriale, questa sì, globale. Chi ne incamererà i benefici politici ed economici?  Intanto Luis Arce lo ha nazionalizzato e ne ha concesso la gestione ai cinesi. Chi se ne avvantaggerà? La rivoluzione?

Prima di risalpare in senso contrario al Colombo foriero di sventure senza fine e provare a non affondare nelle sabbie mobili nostrane, salutiamo con sincera passione il resistente Nicolas Maduro del Venezuela, l’insostituibile (alla faccia di USA e Vaticano) Daniel Ortega, ma non ci facciamo mancare uno sberleffo all’Erdogan dell’America Latina, neopresidente brasiliano Lula da Silva. Andatosi a prendere l’OK di Biden, prima visita dalla sua rielezione, se lo è ulteriormente ingraziato con una mossa davvero epocale: il veto al Venezuela per la partecipazione al BRICS in Russia.

Fatta la figuraccia, ha cercato di attenuare attribuendo l’iniziativa a un oscuro diplomatico. Figurarsi! Anche perché solo pochi mesi prima aveva condiviso con gli yankee e Corina Maria Machado, la sostenitrice del golpe yankee di Juan Guaidò nel 2018, la farsa della vittoria alle presidenziali venezuelani del vecchio detrito coloniale Edmundo Gonzales.

Ancor prima che si aprissero le urne, aveva vantato la propria vittoria per il 60% contro il 30% di Maduro. Naturalmente, dalle nostre solite parti, nessuno ha riso. Tantomeno Mentana o Mieli

 

 

 

 

 

 

lunedì 4 novembre 2024

IL GURU E IL DIBBA

 



 

A proposito di A.Di Battista e del suo riferimento politico-ideologico, cioè Gianroberto Casaleggio

Non si può negare la caratura politica e ideologica di Di Battista. I suoi interventi nei talk e sul Fatto Quotidiano sono condivisibili. Lui è uno dei rarissimi del mainstream che ha posizioni corrette, soprattutto quando affronta temi come la guerra, Israele e Palestina e il sud globale.

E’ da ammirare la sua capacità comunicativa, il suo rigore e la sua totale mancanza di soggezione nei confronti dei poteri forti.

Ha preso delle cantonate (vaccini, una certa ambiguità nella questione ucraina, il non accettare di mettersi a capo del M5S, quando il movimento, ancora forte sia in parlamento che tra gli elettori, ma in fase discendente per i motivi che sappiamo, aveva bisogno di un leader radicale e amato dalla base), ma gli va riconosciuta una dose rara di sincerità e passione.

Dov’è che casca l’asino? L’aperta contraddizione fra quell’ideologia che lo contraddistingue e fa di lui un dissenziente e la sempre dichiarata ammirazione per G.Casaleggio.

Se veramente le teorie di quest’ultimo, guru e portatore di una visione del mondo e della politica preoccupante, sono fatte proprie senza una totale dissociazione del nostro, allora c’è da essere molto, ma molto preoccupati.

E’ inutile ricordare che quando è nato il movimento M5S, tutti noi ci siamo gasati, affascinati dalla novità e dalla critica alla politica dei partiti di Grillo e GRC.

Eppure c’erano già allora grossi elementi di ambiguità, che dipendevano dall’impostazione che era stata data al movimento da GRC.

Innanzi tutto lo strumento fondamentale di costruzione del soggetto politico erano i meetup, cioè canali di comunicazione telematici che modificavano le relazioni fra militanti, i cosiddetti nodi di rete, che sostituivano le riunioni di partito e trasferivano sui territori le posizioni della dirigenza, cioè di GRC e in secondo piano di Grillo. Chi non seguiva i diktat di questo comitato a due, o meglio a uno e mezzo, veniva espulso.

Vigeva l’iscrizione on line, non c’era quindi alcuna selezione in base all’impegno ecc..

La famosa piattaforma Rousseau in mano a GRC gestiva tutte le attività e possedeva i nomi degli iscritti, aveva quindi in mano tutta l’organizzazione, che si articolava secondo regole non stabilite da alcuno statuto. Non vi ricorda qualcosa? Magari la celebrata diarchia di DSP, Rizzo-Toscano? Se poi pensiamo alla enfatizzazione sulle magnifiche sorti di internet, che avrebbe portato, secondo il pensiero casaleggesco, alla creazione di un’intelligenza collettiva interfacciata e organizzata da Google, siamo molto vicini all’Agenda 2030.

L’umanità, ridotta a un miliardo di persone (sic)diventa un unico soggetto e l’individuo è fruitore e produttore di dati: non vi è più divaricazione fra la vita reale e quella virtuale e l’architrave della politica e della vita di ogni cittadino diventa il web. Quindi l’agorà elettronica sostituisce la mediazione fra il cittadino stesso e la politica. Ognuno può proporre leggi, può votare, sempre on line, ecc. insomma siamo di fronte a quello che alcuni filosofi chiamano ribellismo cellulare.

Il grande quesito non risolto è: chi possiede la rete e chi ha la capacità di gestirla? Da Uno vale Uno a Uno vale nessuno.

Sembrerebbe che la grande menzogna e la grande illusione del M5S siano contigue e funzionali alle ipotesi e proposte formulate a Davos. Casaleggio anticipatore di Schwab.

Carissimo Alessandro, scegliti pensatori di riferimento autenticamente rivoluzionari. Per fortuna ce ne sono parecchi, anche se non appaiono mai  nel mainstream e non hanno un comico che faccia loro da ventriloquo.