A
proposito di A.Di Battista e del suo riferimento politico-ideologico, cioè
Gianroberto Casaleggio
Non
si può negare la caratura politica e ideologica di Di Battista. I suoi
interventi nei talk e sul Fatto Quotidiano sono condivisibili. Lui è uno dei
rarissimi del mainstream che ha posizioni corrette, soprattutto quando affronta
temi come la guerra, Israele e Palestina e il sud globale.
E’
da ammirare la sua capacità comunicativa, il suo rigore e la sua totale
mancanza di soggezione nei confronti dei poteri forti.
Ha
preso delle cantonate (vaccini, una certa ambiguità nella questione ucraina, il
non accettare di mettersi a capo del M5S, quando il movimento, ancora forte sia
in parlamento che tra gli elettori, ma in fase discendente per i motivi che
sappiamo, aveva bisogno di un leader radicale e amato dalla base), ma gli va
riconosciuta una dose rara di sincerità e passione.
Dov’è
che casca l’asino? L’aperta contraddizione fra quell’ideologia che lo
contraddistingue e fa di lui un dissenziente e la sempre dichiarata ammirazione
per G.Casaleggio.
Se
veramente le teorie di quest’ultimo, guru e portatore di una visione del mondo
e della politica preoccupante, sono fatte proprie senza una totale
dissociazione del nostro, allora c’è da essere molto, ma molto preoccupati.
E’
inutile ricordare che quando è nato il movimento M5S, tutti noi ci siamo
gasati, affascinati dalla novità e dalla critica alla politica dei partiti di
Grillo e GRC.
Eppure
c’erano già allora grossi elementi di ambiguità, che dipendevano
dall’impostazione che era stata data al movimento da GRC.
Innanzi
tutto lo strumento fondamentale di costruzione del soggetto politico erano i
meetup, cioè canali di comunicazione telematici che modificavano le relazioni
fra militanti, i cosiddetti nodi di rete, che sostituivano le riunioni di
partito e trasferivano sui territori le posizioni della dirigenza, cioè di GRC
e in secondo piano di Grillo. Chi non seguiva i diktat di questo comitato a
due, o meglio a uno e mezzo, veniva espulso.
Vigeva
l’iscrizione on line, non c’era quindi alcuna selezione in base all’impegno
ecc..
La
famosa piattaforma Rousseau in mano a GRC gestiva tutte le attività e possedeva
i nomi degli iscritti, aveva quindi in mano tutta l’organizzazione, che si
articolava secondo regole non stabilite da alcuno statuto. Non vi ricorda
qualcosa? Magari la celebrata diarchia di DSP, Rizzo-Toscano? Se poi pensiamo
alla enfatizzazione sulle magnifiche sorti di internet, che avrebbe portato,
secondo il pensiero casaleggesco, alla creazione di un’intelligenza collettiva
interfacciata e organizzata da Google, siamo molto vicini all’Agenda 2030.
L’umanità,
ridotta a un miliardo di persone (sic)diventa un unico soggetto e l’individuo è
fruitore e produttore di dati: non vi è più divaricazione fra la vita reale e
quella virtuale e l’architrave della politica e della vita di ogni cittadino
diventa il web. Quindi l’agorà elettronica sostituisce la mediazione fra il
cittadino stesso e la politica. Ognuno può proporre leggi, può votare, sempre
on line, ecc. insomma siamo di fronte a quello che alcuni filosofi chiamano
ribellismo cellulare.
Il
grande quesito non risolto è: chi possiede la rete e chi ha la capacità di
gestirla? Da Uno vale Uno a Uno vale nessuno.
Sembrerebbe
che la grande menzogna e la grande illusione del M5S siano contigue e
funzionali alle ipotesi e proposte formulate a Davos. Casaleggio anticipatore
di Schwab.
Carissimo
Alessandro, scegliti pensatori di riferimento autenticamente rivoluzionari. Per
fortuna ce ne sono parecchi, anche se non appaiono mai nel mainstream e non hanno un comico che
faccia loro da ventriloquo.
Nessun commento:
Posta un commento