Caro Direttore,
A scopo di chiarezza e di onestà d’intenti premetto: meno
male che esistono il Fatto Quotidiano, il suo direttore, e sue punte di
diamante della categoria, quali Luttazzi, Ranieri, Robecchi, Basile, Palombi,
Barbacetto e quasi tutti gli altri.
Ti rinnovo la stima e la riconoscenza per quello che tu e il
tuo giornale fate per contrastare e battere il pianificato degrado
dell’informazione nella nostra parte di mondo. Questo mio apprezzamento è
condiviso dalla maggioranza dei miei interlocutori. Per evitare il rischio,
umanamente comprensibile, dell’accettazione acritica di una tua clamorosa, ma
non inedita, deviazione da quella che è una riconosciuta correttezza
storico-professionale, tanto sorprendente quanto gravida di deformazioni
cognitive, mi premetto di diffondere questa lettera. Serve per rimediare, con
una divergenza dettata dalla realtà storica e attuale, alla sua eventuale
mancata pubblicazione.
Nel tuo editoriale e in una tua risposta al lettore Giovanni
Marini del 9 agosto, vanno rilevati errori e falsità di una portata
inconciliabile con la precisione e onestà con la quale sei solito affrontare questioni
politiche e storiche. E’ sorprendente come, in un giornalista di eccezionale
correttezza e competenza, possa aver prevalso sulla realtà lapidaria dei fatti
un approccio preconcetto, antiscientifico, determinato forse da trasporto sentimentale.
Nell’editoriale ci sono affermazioni apodittiche che
utilizzano il solito scudo Netaniahu a copertura di una storia quasi centenaria
di illegalità, abusi, crimini etnici, per cui si rimprovera la mancata
distinzione tra ebrei e israeliani e tra israeliani e il loro governo. Peccato
che la quasi totalità della comunità ebrea internazionale supporta, se non la
giunta politico-militare dell’”unica democrazia in Medioriente”, però quanto
questa va infliggendo dal 1947 ai legittimi titolari di questa terra. Peccato
che ripetuti sondaggi appurano che dai due terzi ai tre quarti degli ebrei
israeliani condividono quando la giunta va facendo in Cisgiordania e Gaza.
Ne porti un esempio sul tuo giornale con le corrispondenze
dell’israeliana “anti-Netaniahu” Manuela Dviri: lacrime sugli ostaggi e sui
soldati IDF, ciglio asciutto, anzi cieco, su 2 milioni in corso di eliminazione
e 10.000 “ostaggi”, spesso torturati, detenuti al di fuori di ogni legittimità,
nelle carceri israeliane. Una distinzione diventa difficile.
Quanto alla risoluzione ONU sui due Stati, che tu rivendichi
fu una decisione a maggioranza dell’assemblea generale dominata dagli USA, che
così evitarono la legittima risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Una
spartizione che assegnava alla minoranza immigrata ebraica la maggioranza del
territorio. I governi arabi che, secondo te, “scatenarono quattro guerre in 25
anni per cancellare Israele”, intervennero, prima, per fermare il terrorismo
ebraico di Irgun e Haganah contro villaggi palestinesi. Poi tre volte aggrediti
con operazioni pirata e attentati, prima di rispondere (io c’ero), per evitare
che fosse cancellato il popolo arabo di Palestina da coloro che definisci
“politici illuminati della sinistra socialista” (sinistra socialista de che,
Direttore? che escludeva non solo dal socialismo, ma dal diritto a restare e
vivere, sette milioni di autoctoni).
Sì, politici illuminati sulla via del Grande Israele,
pianificato da Ben Gurion, Golda Meir e relativi mandanti del recupero
colonialista, attuato dai successori a spese di milioni di titolari di quella
terra espulsi e centinaia di migliaia di arabi trucidati sul posto e in vari
paesi.
Politici illuminati della sinistra socialista, che affidavano
a ufficiali dell’esercito vincitore della Guerra dei Sei Giorni (preceduta
dalla distruzione a terra, in tempo di pace, dell’aeronautica egiziana e
siriana) la guida di comitive di giornalisti nella visita ai territori
conquistati e alle popolazioni sconfitte. Avevo contestato uno di tali
ufficiali per avermi indicato i corpi di soldati egiziani in decomposizione,
lasciati ai lati della strada verso Gaza, con il commento “L’unico arabo buono
è l’arabo morto”. Commento poi da me ritrovato sui muri delle case palestinesi
saccheggiate dall’IDF durante Piombo Fuso, 2009. E avevo criticato gli insulti
che aveva poi abbaiato contro gli amministratori palestinesi di Rafah,
schierati contro un muro. Me ne vennero le percosse di quell’’ufficiale e poi
l’espulsione dal paese. E Netaniahu ancora non c’era. C’erano gli illuminati
politici socialisti di sinistra…
Esalti come generose concessioni dello Stato colonialista
etnico e repressivo i trattati di Camp David e Oslo che, sul terreno,
confermarono, a una dirigenza palestinese mutatasi in collaborazionista a
tradimento di un popolo impegnato nella resistenza nelle sue varie forme, tutte
legittime, delle Intifade e della lotta armata, l’occupazione militare sotto
farlocche forme di amministrazione civile dei collaborazionisti. Sarebbe stato
il 96% e poi il 100% dei territori occupati. Quelli incessantemente riempiti da
insediamenti di fanatici coloni armati e frantumati in piccole riserve indiane
da un sistema viario che esclude accessi e connessione.
Quanto alla “democrazia” garantita dal fatto che “politici,
giornali, intellettuali, militari, magistrati e cittadini contestano il
governo”, forse andrebbe rilevata l’inezia razzista di una democrazia riservata
agli occupanti e garantita da un muro di divisione alto 9 metri e da
sistematici raid e razzie contro quanto resta delle comunità palestinesi,
titolari millenari di quella terra.
Potrei aggiungere una considerazione storica che ti sfugge
completamente. Chi, tedesco, polacco, russo, statunitense, britannico,
francese, giunge in quella terra, se ne appropria e ne caccia o uccide i
titolari millenari, non ha alcun rapporto storico con esso e tanto meno alcun diritto
a intestarselo. E’ una abnorme operazione colonialista di un colonialismo
europeo sconfitto e rilanciato dagli USA, priva di ciò che fonda nazioni e
relativi Stati: la comunità storica, etnica, magari plurietnica, culturale,
linguistica, territoriale. Qui invece abbiamo una struttura fondata
sull’inedito principio della comunità confessionale, corroborata
dall’invenzione di una discendenza, raccontato da un libro di leggende, da una
tribù di aggressivi nomadi alla caccia di popoli e della loro terra. Domani ci
sarà qualcuno che pretenderà uno Stato in Friuli per gli Avventisti del Settimo
Giorno.
Passiamo alla lettera del tuo lettore e all’affinità che
rispettosamente affermi tra costui e i nazisti di Hitler.
Giovanni Marini esprime un pensiero che legittimamente
accompagna molti e anche i migliori di noi quando coltivano il dubbio
socratico: c’è qualcosa nel comportamento degli ebrei attraverso la Storia che li
caratterizza e che potrebbe determinare un giudizio negativo, l’antisemitismo?
L’usura a loro riservata e ai cristiani ipocriticamente inibita e che si
perfeziona oggi con il ruolo guida del più vorace capitalismo e il controllo
quasi totale della finanza e di buona parte dell’economia in Occidente? L’indubbio
settarismo confessionale che diventa di comunità separata da tutte le altre in
ogni contesto nazionale e che su questo prevalgono? La creazione di una
statualità in Israele fondata sull’apartheid, vale a dire sull’eccellenza della
componente fattasi maggioritaria e, con la convinzione, aristocratica e
biologicamente ingiustificata, dell’unicità assoluta, garantita da un dio
esclusivo autonominato e garante, a imitazione di quello predatore della
bibbia, del diritto a prevalere su chiunque altro in assoluta impunità: “Gott
mit uns”?
Il tuo lettore si pone una domanda incisiva e forse decisiva
e che riporta alle mie considerazioni sulla tua collaboratrice israeliana: perché
questo popolo è inerte (se non complice) di fronte al genocidio operato dai
suoi dirigenti e ora perpetuato dai 900mila coloni invasori dai metodi e
propositi nazisti?
Direttore, tu rispondi con un sillogismo: “Chi subì il
genocidio è morto nei lager, quindi oggi non può compiere alcun genocidio”.
Peccato, però, che i genocidati di allora siano presi a pretesto (vedi
Finkelstein: “L’Industria dell’olocausto”) e quindi rimessi in azione, per il
genocidio di chi se ne dice l’erede. E, visto che condanni addirittura l’ipotesi
provocatoria che il lettore pone, alla luce dei fatti, circa un sionismo, forma
di imperialismo razzista, come imprinting innato, non credo che dovresti, prima
di salvarti l’anima con il Netaniahu che definisce terroristi tutti i
palestinesi, chiederti come mai costui governa, in democrazia, da trent’anni. E
viene contestato solo perché non libera gli “ostaggi”.e sacrifica il suo
esercito contro una Resistenza di popolo invincibile. Resistenza ovviamente
“terrorista”.
E poi, cosa diceva Agata Christie, che tu indubbiamente
apprezzi, caro direttore? Due indizi, tre indizi… Qui gli indizi sono tanti
quanti i giorni dell’occupazione israeliana della Palestina. E anche di più,
quando penso al ruolo di Microsoft, Google, Meta, Amazon, X, Apple, Palantir….
con i loro staff di (ex)agenti Mossad, Shin Beth, IDF.
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