lunedì 17 febbraio 2020

Chi ci sta e chi ci fa ---- CINQUE STELLE? PIU’ DI PIAZZA CHE DI PALCO ----- Sardine? Più di palco che di piazza (con una nota di Mario Monforte)


“Ottimismo della volontà”?
Non è che, dopo aver tempestato i 5Stelle (intendo i vertici) di critiche, rimbrotti e rimpianti, ora, per aver visto una grande e bella e viva e appassionata manifestazione a Roma, che dall’angusta piazza dei SS.Apostoli tracimava nel Corso e in Piazza Venezia (evidente sottovalutazione – o sotto-auspicio? – degli organizzatori), mi faccio trascinare dall’entusiasmo. E magari finisco col dire che l’Italia una terza via tra l’incudine dei pataccari reazionari, detti di sinistra, e il martello degli imbroglioni reazionari, definiti di destra, la torna a percorrere verso un orizzonte di giustizia, onestà, libertà, sovranità. Una terza via contro il monopolio dei finti duopoli, che sia percorribile da tutto il paese (escluso l’1% dei delinquenti, invisibili, che guidano quell’altra consorteria di ladroni, ciarlatani e mangiapane a tradimento, visibilissimi). Come “ottimismo della volontà” sarebbe sproporzionato.

C’è vita nei 5 Stelle?


Non basta una pur calorosissima piazza, nella quale correvano e si scontravano le solite correnti di ingenua, ma disperatamente coltivata (“sennò siamo fottuti”) fiducia e, all’opposto, di tormentato dubbio ed evidente volontà di rettificare una linea, per dichiarare, con il “Fatto Quotidiano”, “C’è vita nei 5Stelle”. Anzi, balzavano agli occhi le note lacerazioni, non tanto tra testa e testa, quanto tra corpo e testa. Queste tutte da imputare a quei vertici che ora raccoglievano applausi più di incitamento che di approvazione. Forzature, sia di un nefasto verticismo, sia dello stolto culto beppegrillesco del digitale a spese del reale, sia di una organizzazione tanto invocata quanto sempre sabotata con il modulo del capo unico che fa e disfa, sia di ridicole invenzioni come i facilitatori ( più delegati del sultano, che figure intermedie), o dei solitamente pochi che votano su questioni furbescamente formulate da Rousseau, mentre tanti altri si guardano bene dal farsi ingabbiare in qualcosa su cui non hanno il minimo controllo.

Con Di Maio, ma contro le alleanze
Piazza SS Apostoli corre con alti edifici paralleli, è aperta da una parte e chiusa da un tappo dall’altra. Più che una piazza, è un vicolo cieco. Che sia stata qualche inconscia consapevolezza che l’ha fatta scegliere da coloro che la democrazia diretta dell’uno vale uno l’hanno fatta evolvere in quella direttissima dell’uno vale tutti? Per una manifestazione improvvisata, con preavviso di pochi giorni, affannosamente limitata al tema dei vitalizi, non organizzata da centro, ma dalle singole realtà locali, quei 10-15mila stipati nel budello di SS.Apostoli sono stati un successo inaspettato. Inaspettato e, forse, irritante per la massiccia presenza, accanto ai cartelli “contro i vitalizi”, “contro i privilegi”, “non ci arrendiamo”, almeno altrettanti “Insieme siamo una forza – No alle alleanze”. La camicia di forza dei vitalizi è saltata al primo slogan.


Una presa di posizione netta, clamorosa, robusta, contro quelle scelte che, come è evidente anche all’attivista più illuso e boccalone, hanno fatto scendere il MoVimento dall’onda in piena del 33% che tutto avrebbe dovuto travolgere, alla risacca da una cifra dell’oggi. Si applauda quanto si vuole, ma questo “successo” lo si deve a Luigi Di Maio e alla consorteria parlamentare passata, in parte almeno, dalla rivoluzione alla sistemazione (e sistematizzazione) in poltrone damascate, che si chiama “riformista” e pensa di tirarla più alle lunghe grazie al connubio con quello che, per il MoVimento, anzi, per tutto il popolo, è e rimane il nemico strategico. Per essere strategico gli bastano gli endorsement (per noi burini, “avallo”, “investitura”) di Von der Leyen, dei Trump e dei contro-Trump, di Stoltenberg e Merkel, di Macron e delle Sardine. Un nemico mortale, come e peggio della sua copia deforme con cui, sui fondamentali, se non sul posto a tavola, finge di fare a botte.

 Il Leviatano

Bilderberg: I 5Stelle boy scout di Conte
L’ho scritto in passato, contestando il giudizio senza attenuanti di amici che mi pareva buttassero il bambino insieme all’acqua sporca. “C’è vita nei Cinque Stelle” lo affermo anch’io, ma dando di gomito a quelli, ventenni, trentenni, quarantenni, tutti di dieci anni più vecchi, che appendevano a quel palco speranze di vita e di mondo migliore.  Lo dico e ce lo auguro, ma non con gli intenti del quotidiano atlantista che l’inciucio sotto il fiduciario Conte se lo augura perché si rinsaldi e ci trascini in un futuro come lo vogliono UE, Nato, banche, la “scienza”, Soros, Bergoglio, di cui il venerato Conte è promessa e garanzia. Il suo Leviatano non si differenzia da quello di Salvini e Renzi. Schifa costoro solo perchè li ritiene tentacoli minori dello stesso Leviatano, meno solidi e meno affidabili rispetto al progetto che il sodale alla direzione del giornale, Stefano Feltri, è andato a farsi illustrare dai suoi numi di Bilderberg, Da certi giornali “amici” è meglio guardarsi.

Onestà onestà!
Per me la vita c’è di sicuro nella base di questa espressione inedita del disgusto degli italiani per chi li ha illusi, turlupinati, fregati, praticamente da sempre, da Crispi a Giolitti, da Mussolini a Berlinguer. In poche occasioni ha parlato il popolo e non l’élite: la Repubblica Romana del ’48 e altre di quell’epoca di catarsi, la fiammata dei partigiani e quella del ’68. La nostra storia ci ha dato poco più. Ma gli iniziatori dei Cinque Stelle avevano colto un punto di rottura fondamentale, chiamiamolo l’architrave di un nuovo edificio possibile, l’onestà. Molti l’hanno irriso, banalizzato, strumentalmente voltato in giustizialismo. Ma era la chiave di volta per uscire da una storia plurisecolare di protervie e donabbondismi e intraprenderne una nuova. Onestà è il principio che contiene tutti gli altri necessari alla migliore convivenza civile: equità, legalità, libertà, sovranità, solidarietà. E’ il blocco di partenza che lancia la corsa alla rivoluzione. E l’humus dei campi e delle foreste. La parola che avrebbe dovuto incenerire i corruttori, corrotti, ladri, mistificatori, truffatori, prepotenti. Insomma, i dominanti.


Ho avuto l’impressione che il prolungato grido di migliaia di voci che riprendevano quella parola d’ordine che divide il mondo in due parti inconciliabili, “onestà, onestà”, fosse diretto anche contro chi, lassù, forse ciurla nel manico. E infatti s’è levato più alto e fiducioso quando, inaspettato ospite, è salito sul palco l’uomo della prescrizione, della “spazzacorrotti”. Che se ne avveda Luigi Di Maio, che, da qualche po’, viene accreditato come scettico nei confronti di questa alleanza contro natura col PD. Fosse vero e non solo mossa tattico-propagandistica. Che se ne avveda la combattente Taverna, che ultimamente dava segni di governismo. Che se ne avvedano gli inciucisti alla Fico o Patuelli, poiché quella parola cozza con il loro quieto vivere all’ombra del Leviatano e tanto più cozza con l’idea di fornirgli stampelle. E se ne avveda Giuseppe Conte, che va lasciato ai suoi maneggi e magheggi tra la mummia di Padre Pio, i francescani di Assisi, il segretario di Stato Parolin, il capo della CEI Bassetti. L’uomo a cui viene commissionato il nuovo partito cattolico di obbedienza clerico-atlantica. Cosa diavolo c’entra con i Cinque Stelle?

Dopo il sabato dei SS Apostoli con i 10mila Cinque Stelle, su un palco messo su con quattro assi e due tavole, nella stessa piazza la domenica con le Sardine. Un fiasco da 2000 presenti, ma con un palco stellare, da 2.800 euro. Loro dicono ricavati dal crowdfunding. Le Ong della tratta ci hanno abituato a questa burla. Ma George Soros ha dato l’endorsement anche alle Sardine. Che, ovviamente, noblesse oblige, ora soffiano con lui nelle vele dei trafficanti. Poi vestono Benetton e ne accarezzano le autostrade.

Su questa gramigna che, nella vista dell’establishment tutto sono meravigliosi roseti, lascio la parola a un amico. Monforte ricorda quella “stupidità” delle Sardine, che, a dispetto dei salamelecchi riservatigli dai media, ci è colata addosso da ogni dichiarazione, da ogni passarella tv. Ma ricordiamoci che per burattinai scaltri non c’è di meglio per istupidire la gente che burattini stupidi in battaglie stupide.Tuttavia si può anche esagerare: è mai possibile farsi istupidire da una faccia di sardina come quella qui sotto?


Intanto, con i Cinque Stelle come andrà a finire? Proseguirà questo masochista anelito alla rispettabilità “borghese”, al pensiero unico, alle storiche alleanze, all’Europa dell’antidemocrazia proterva e usuraia, alla “democrazia contro le dittature”, ai diritti umani intesi come “fardello dell’uomo bianco”? O questa umanità del territorio, del rifiuto radicale e delle mete nobili, questo popolo delle stelle un po’ invecchiato, ma, a dispetto dei suoi conducenti, anche maturato e consapevole di cosa è e cosa vuole, saprà rovesciare il tavolo? Il tavolo delle carte false, delle mediazioni al ribasso, dei banchetti con le posate d’argento e con i cani spelacchiati che razzolano sotto.

*************************************************************************************************** 
MARIO MONFORTE



Ma il livello piú profondo di ignobile stupidità è raggiunto dalle «sardine». Si badi bene, è chiara l’azione di manovratori e manipolatori (del resto non nascosti: Prodi, Benetton, Monti, Fornero, Soros e lungo elenco di simile … “gente”), con il sostegno mediatico e piddino, però il riferimento va ai partecipanti: discorsi senza senso, dal capo-sardina a quelli che solo sono starnazzii, belati, muggiti e grugniti di intervistate e intervistati; slogan stomachevoli e untuosi come “con l’amore si costruisce, contro l’odio …” – ma amore di che? Ma odio di chi? Unica supposizione, è il loro inconscio: sanno di essere odiosi –; soli punti fermi, in “negativo”, «no» a Salvini-Lega (ma anche alla Meloni al centrodestra), accogliendo la fandonia dell’antifascismo in assenza di fascismo, in “positivo” l’abietta sottomissione all’Ue e l’apertura indiscriminata al flusso migratorio. Per il resto, «sí» al Pd (piú che al centrosinistra) e al governo Conte bis, tartagliando “ma fate le cose per bene”, e “vi stimoliamo a farlo …” – e questo ritornello….lo si è già sentito e gli esiti sono davanti agli occhi – di chi li voglia vedere. Ma tale livello di stupidità non era mai stato conseguito. E già dal nome, «sardine», che si vorrebbe umile e spiritoso, e però incisivo, e invece è semplicemente da scemi indecenti – per non dire dell’insulto permanente ai nostri partigiani, che hanno combattuto contro l’invasione nazista e il collaborazionismo fascista, oltre che per un mondo socialmente, culturalmente e politicamente oltrepassante, da parte di questi cialtroni che si dicono “partigiani del XXI secolo”: partigiani dei distruttori del nostro paese……
Si, le «sardine» sono il peggio del peggio. E però, «peggio ’un è mai morto» … Chissà che ci si deve ancora aspettare. A questo hanno portato il fallimento del governo «giallo-verde» e l’inqualificabile costruzione del governo Conte bis, basandosi biecamente su una «rappresentanza» parlamentare del tutto pregressa, e piena e assodata minoranza nel paese. Unico auspicio è uno “scatto di reni”: la ricostruzione di un movimento che ponga i “nodi” essenziali e su questi proceda, facendo anche risollevare il contesto generale dall’intollerabile stupidità in cui affonda e affoga – e viene affondato e affogato.

lunedì 10 febbraio 2020

Patrick Zaki: Giulio Regeni 2.0, Soros 100.0 ----- SULL’EGITTO L’ODIO DEGLI ANTI-ODIO PATENTATI ----- Stampa italiana d’eccellenza. Non ci restano che i social



Ve lo raccomando, come difesa dall’eccesso di presa per i glutei da parte della stampa, baby

Un nuovo Regeni: è in gioco il petrolio e la Libia



Permettetimi di raccomandarvelo: è una difesa dall'eccesso di presa per i glutei

Regeni raddoppiato
Su Giulio Regeni, dopo aver proposto ai retti e onesti tutte le notizie che media e Roberto Fico occultano e che rovesciano nel suo contrario la narrazione ufficiale (come occorrerebbe fare ogni giorno), avevo scritto una lettera aperta al presidente della Camera, oggi governista ad oltranza per amore di PD. Ma l’increscioso autore del colpo di mano che ha imposto ai parlamentari di rompere ogni relazione con il parlamento egiziano, non se n’è dato per inteso. Dando così prova della sensibilità democratica che, lo comprendiamo, con compagni di merende come PD e Italia Vivacchiante, è incompatibile. Un nuovo Regeni, l’Egitto, i media, sono l’oggetto centrale dell’odio dei nostri specialisti anti-odio e, dunque, di questo articolo. Ma partiamo da lontano.


Siamo sopravvissuti agli tsunami dell’odio rovesciatici addosso, prima, dal Giorno della Memoria e, poi, da quello del Ricordo, entrambi illustratici, come suole, con la nota correttezza dagli storici e parastorici dei vincitori. Per non farci mancare niente, hanno affiancato queste intemperie a quell’altro uragano dell’odio che ci accompagna da tempo e che riguarda gli sciagurati che, fuori da ogni discussione, si meritano l’odio degli anti-odio al potere in Occidente: Russia, Cina (oggi capolista), Siria, Iraq, Iran (sul quale si va esercitando, con particolare perizia Bilderberg, il promotore di Draghi presidente: Stefano Feltri del “Fatto”). Quanto alla Cina, oggi sottoposta a un prodromo di guerra in chiave economico-mediatica-occidentocentrica su base batteriologica, ci possiamo vantare di essere, con l’eccellenza clerico-atlantista Conte Bis, più realisti del re. Primi e, dopo giorni, ancora unici in Europa, nonostante l’OMS l’abbia ritenuto inutile, abbiamo imposto il blocco per un’epidemia influenzale che, nella sua forma in Cina (1,7 miliardi), ha ucciso quasi 800 persone e, nello stesso periodo, in quella degli USA (320 milioni), 10.000.

Ritocca all’Egitto, capofila arabo

Ma da domenica, 9 febbraio, è tornato alla ribalta un altro oggetto di sacrosanto odio, all’ennesima potenza a partire dall’insurrezione popolare che, nel 2013, ha cacciato Mohamed Morsi, il Fratello Musulmano della Sharìa per tutti, degli scioperi operai per nessuno e delle fiamme alle chiese cristiano-copte. Il reprobo di turno da anatemizzare è l’Egitto di Al Fatah al Sisi. Una nazione tornata alla laicità, all’amicizia con Mosca, di nasseriana memoria, al sostegno a una Libia in corso di riunificazione e riscatto sotto il governo di Tobruq (l’ultimo regolarmente eletto e, perciò, non riconosciuto dalla “comunità internazionale”), per mano del generale anti-Isis, Khalifa Haftar.


L’Egitto, come tutti sappiamo è, insieme a Siria, Algeria, Sudan e Libano, uno degli Stati arabi ancora non comprati, o annientati, dai colonialisti di ritorno a guida USA. Algeria, Sudan e Libano sono stati capaci, a forza di elezioni stravinte, di neutralizzare l’ennesimo tentativo colonialista di regime change alla Otpor-Soros. “Rivoluzione” affidata a manovratori di gente scontenta, strumentalizzata e spesso pagata e, in Algeria, dopo gli islamisti degli anni ’90, ai soliti berberi, quinta colonna francese fin dai tempi della liberazione.

L’Egitto, tuttavia, ha un’altra caratura. Dai tempi del liberatore Nasser, lo Stato-pilastro del panarabismo laico, strategicamente e geopoliticamente centrale per dimensioni storiche, geografichje e demografiche e ora anche per risorse energetiche, è rimasto l’unico vincitore netto della prima “Primavera Araba”, il più importante tentativo di sovvertire uno Stato sovrano in termini non militari, ma sociali e terroristici. Fallito il primo, con la sconfitta dei Fratelli Musulmani (FM), partoriti negli anni venti dalla reazione colonialista al nascente panarabismo laico e socialista, si è passati al secondo. Di nuovo con i FM, ma stavolta eminentemente in chiave terroristica, con il braccio armato jihadista dell’ISIS, impegnato in una sanguinaria guerriglia in Sinai, con le spalle coperte da Israele e con attentati contro esponenti delle istituzioni, a partire dei vertici della magistratura, che richiamano le stragi di civili e turisti, compiuti dai FM in decenni passati.

Si tratta di Libia e di Zhor
Vi annoio con un brevissimo sunto. Contro questo Egitto si scatena la canea vandeana di chi si vede sfuggire un importante pezzo del centro strategico del mondo, il Mediterraneo tracimante di petrolio e crocevia tra Est e Ovest, Nord e Sud. A punirlo per la estromissione a furor di popolo (20 milioni in piazza contro Morsi vincitore con il 17% degli aventi diritto in elezioni boicottate da tutti) del despota integralista, emerge il solito strumento dei “diritti umani”, brandito dai peggiori violatori di tali diritti. Giulio Regeni, ricercatore preso l’Università Americana del Cairo, scompare il 25 gennaio 2016 e viene ritrovato in strada, torturato a morte, il 3 febbraio.

Come con Enrico Mattei
Elementi che qualsiasi inquirente e giornalista prenderebbe in massima considerazione, ma che da noi vengono pervicacemente ignorati. Il giorno del ritrovamento di Regeni è quello in cui una missione del nostro ministero dello Sviluppo, con decine di rappresentanti delle maggiori industrie italiane, si incontra con Al Sisi per siglare contratti per miliardi, compreso quello per lo sfruttamento da parte dell’ENI di Zhor, il più grande giacimento di idrocarburi del Mediterraneo. Gas che renderà l’Egitto indipendente ed esportatore sul piano energetico e a noi fornirà approvvigionamenti certi. Non ne sono per niente contente le grandi compagnie petrolifere anglo-franco-americane. Fregate come dall’ Enrico Mattei degli accordi con l’Iran di Mossadeq. Seguiranno esiti non dissimili. L’incontro al Cairo salta.


Uno dei più attrezzati servizi segreti del mondo avrebbe fatto ritrovare un corpo da esso orrendamente mutilato, al lato di una strada principale, l’avrebbe buttato tra i piedi del suo presidente nel giorno del contrattone con il paese di cui il soggetto era cittadino. Tanto per favorire gli accordi…. Un’intelligence di cretini, tafazzisti, o Fratelli musulmani ostili al loro capo. Sciocchezze da escludere a chiunque non abbia la sciocchezza o i motivi di accusare il governo egiziano.

Cosa cercava il ricercatore italiano?
Il giovane Regeni aveva un passato da esplorare con cura. Mai fatto. La sua formazione inizia negli Stati Uniti sotto il patronaggio di ambienti dell’intelligence. Il suo lavoro prosegue nel Regno Unito al servizio di una centrale di spionaggio e commercio dati più illustre della notoria Cambridge Analytica (scandalo Facebook), la Oxford Analytica. Una potente e oscura multinazionale fondata e guidata da tre dei più illustri esponenti di un simpatico “milieu” alla marsigliese: Colin McColl, già capo dei servizi britannici, David Young, già assistente di Kissinger e John Negroponte, già ambasciatore Usa, ma soprattutto creatore degli squadroni della morte in Centroamerica e Honduras. Un aspetto trascurabile del curriculum del giovane, vero?

John Negroponte, Hillary Clinton


Al Cairo lo imbarazza un sindacalista dell’economia informale, agente della Sicurezza sotto copertura, Mohamed Abdallah, che Regeni riteneva utile a fornirgli contatti con elementi dell’opposizione. Invece l’agente lo controlla e alla fine lo inchioda con un video in cui, alla richiesta provocatoria di Abdallah di un aiuto per la madre ammalata di cancro, Regeni risponde con un diniego e poi con l’offerta di 10.000 dollari (di chi?), ma non per il caso umano, bensì per un “progetto”. Sovversivo? Il resto sono chiacchiere vane e fatti sepolti sotto il profluvio delle accuse senza base. Solo borbottio, dell’Egitto, dell’Università di Cambridge dalla quale Regeni dipendeva e anche degli inquirenti della Procura di Roma. Silenzio, ma tra enormi boatos propagandistici sull’Egitto dittatoriale, torturatore, decimatore del suo popolo. Silenzio sui danni che vanno facendo questi boatos all’Egitto turistico e geopolitico, sui favori che questi boatos vanno facendo ai concorrenti dell’Italia nei rapporti con l’Egitto. Modello Libia di Gheddafi e poi di Al Serraj. Siamo sempre stati bravi a offrire gratis vasellina a chi non ci vuole troppo bene.

Pensate, i rimbrotti riservati a Erdogan, padrino dei tagliagole in tutto il MO, sono carezze rispetto all’esecrazione di Al Sisi. Nonostante che, con disprezzo assoluto per tutti e per ogni legge, il sultano pirata s’è preso la fascia del petrolio che congiunge la Turchia alla Libia. E’ che lui, alla faccia della dabbenaggine dei russi, resta solidamente incastonato nel consorzio imperialista della Nato. E gli USA lo sanno e lasciano fare. E lo sappiamo anche noialtri, che ce lo lasciamo fare.

Ma silenzio soprattutto su due elementi che neanche il fratello scemo dell’ispettore Clouseau avrebbe ignorato. Botta all’Egitto: un cittadino del paese estero privilegiato, dai servizi egiziani rapito, ucciso e fatto ritrovare nel giorno degli accordi tra i due partner. Botta ai mandanti di un possibile provocatore smascherato e quindi bruciato e quindi da eliminare, possibilmente attribuendone la paternità al governo da provocare. Vi stupite che i rispettivi governi con le loro magistrature, presi in questo pasticcio che coinvolge alleati potentissimi, traccheggino da quattro anni e non sappiano come uscirne? Dando libero campo. con inchieste parlamentari, articoli alla stricnina, striscioni, ai Bonino, Manconi, Colombo, Fico, sindaci vari e media tutti, a una delle più feroci campagne d’odio contro un altro paese e di danno al proprio che si siano mai viste.


Lo spirito di Hillary nei media italiani
A sostegno di tutto questo c’è un terzo elemento rigorosamente occultato. Quando Amnesty (figuriamoci, sono quelli che mostrificano tutti coloro che gli Usa devono far fuori) e, al seguito, “il manifesto” e gli altri parlano di decine di migliaia catturati, spariti, uccisi, ci devono far pensare a gente come te e me e nostri parenti e amici. Mica a migliaia di jihadisti dell’ISIS messi in campo dai Fratelli Musulmani, loro storica espressione politica e ora lanciati contro l’Egitto in una vera e propria guerra pseudo-civile del terrorismo provatamente affiliato e devoto alle Potenze occidentali, che continua dalla caduta di Morsi e prosegue con l’eccidio di centinaia di civili e soldati egiziani, soprattutto nel Sinai. Terroristi in guerra contro lo Stato fatti passare per innocenti civili colpevoli di dissenso. C’è, in questo, una spudoratezza paragonabile alla sghignazzata di Hillary Clinton quando annuncia il linciaggio di Gheddafi.

Spuntano quelli di Soros
Ebbene ci risiamo. Alle celebrazioni per Regeni e agli anatemi contro il “dittatore”, ora si affianca, rilanciando quelli, una campagna altrettanto violenta per l’arresto di Patrick George Zaki, studente a Bologna, rientrato in Egitto, fermato all’aeroporto ed, entro la nottata, trasferito nella sua città natale Mansura dove gli è stato confermato un fermo di 15 giorni e dove ha potuto incontrare legali e famigliari. Vi risparmio i miei commenti. Parlano da soli i titoli che riproduco e che riproducono il solito unanimismo di regime tra giornaluccoli come i sovvenzionati “il manifesto” o il “Foglio”, in edicola in virtù di chi non li compra, alle grandi testate main stream, vanto dell’FNSI, come di Usa, UE e Nato.


Aggiungo solo, per deontologia, un dovere da rintracciare nei meandri di incunaboli antichi, che non c’è un filo di verità nelle accuse di torture, bastonate, frustate per ore con cavi elettrici, elettrochoc, riferite ai carcerieri egiziani. I legali di Zaki, studente di questioni di genere, hanno riferito: “Zaki era molto provato, abbiamo parlato del caso giudiziario e di ciò che è successo”. Punto. Che sia “provato” è comprensibile. Il resto è fuffa. Sembra quasi un comunicato ufficiale della Questura, spedito ai giornali. Ma l’hanno detto un amico, una sorella e Mohamed Lotfy, amico di Zaki e direttore di un’associazione dei diritti umani. Tutti senza aver avuto un minuto di contatto con la “vittima”.


Infine, non è forse del tutto sprecato che si sappia che, in una foto diffusa da La7, dietro al volto di Zaki appare, appeso alla parete un poster con il pugno reso indimenticabile da Otpor a Belgrado e, poi, in tutte le “rivoluzioni colorate”. Zaki è membro dell’EIPR. “Iniziativa Egiziana per i Diritti della Persona” che si occupa in prevalenza di questioni di genere e di impedimenti alle pratiche religiose per motivi di laicità dello Stato. Dalle sue pagine internet si evince una stretta relazione con “Freedom House”, uno dei Think Tank neocon impegnati, come la Cia e NED, nella sovversione in paesi disobbedienti. EIPR ne ha preso le difese quando è stata multata per aver violato il divieto di farsi finanziare da enti stranieri. Divieto che ha visto inquisite altre 13 organizzazioni per i diritti umani, in parte legate a Soros. Hassam Baghat, fondatore di EIPR, nel 2010 ha ricevuto il premio per “Attivismo Straordinario” da “Human Rights Watch”. I comunicati di EIPR sono riportati e diffusi dalla “Open Society Foundation” di George Soros.

A questo link troverete il lungo elenco delle organizzazioni sorelle che nel mondo collaborano per i “diritti umani”. Accanto a Open Society di Soros, Amnesty International, Human Rights Watch, Riockefeller Foundation, Ford Foundation, Avaaz e altri esperti castigatori di nemici dell’Occidente, chi trovate? “Egyptian Initiative for Personal Rights” (EIPR) di Patrick George Zaky. Sono sorprendenti le misure cautelari delle autorità egiziane? Sorprendono le accuse di nequizie subito sparate dai media? Ne va di Zhor, ne va della Libia, ne va di più migranti, né va di diritti umani come visti dal colonialismo. Tout se tien.

Facebook ti banna, Google ti censura, Twitter ti cancella, Instagram ti esclude. Tutto vero, tutto bruttissimo. Ma di fronte a questa stampa-tv, che il cielo ci preservi i social media!



giovedì 6 febbraio 2020

Piccoli odiatori ittici suicidati con il concorso di Benetton e Toscani ----- GRANDI ODIATORI “PROGRESSISTI” E I LORO ASSALTI AL VOTO IN IOWA, ALLA CINA, AI 5STELLE, ALLA LEGGE UGUALE PER TUTTI



USA: onta del partito dell’odio, caro agli odiatori nostrani
Trump, il più odiato dagli odiatori seriali. Nelle primarie Democratiche dello Iowa ennesima vittoria di Trump, a dispetto dei tanti ricatti accettati e subiti, sul duo Deep State-Partito Democratico delle guerre al mondo, del Russiagate sgonfiato e dell’impeachment fallito. Ora il presidente, vincitore tra i repubblicani con oltre il 90%, appare lanciato, dai successi economici e dall’occupazione mai così alta, verso il secondo mandato. Una presidenza che si spera più aderente alle promesse di distensione e multilateralismo che avevano portato alla disfatta di Hillary, la gorgone venerata dal “manifesto”.



La campagna del 2016, fu condotta dalla cosca Obama-Clinton con una pletora di metodi sporchi contro il più o meno sinistro Bernie Sanders, prima ancora che contro il pronosticato sconfitto Trump (per il quale fu inventata la grottesca balla dell’intervento russo). Con il nuovo sabotaggio di Sanders da parte del solito Comitato Nazionale Democratico, per eliminare un concorrente sgradito al sistema plutocratico e guerrafondaio, i democratici sono ricorsi a trucchi scandalosi, screditandosi davanti ai loro elettori e facendo ridere il mondo intero. Un risultato che aveva subito visto vincere Sanders (poi confermato per numero di voti) è stato oscurato per giorni di traccheggiamenti e, poi, attraverso l’imbroglio di una app fornita da un miliardario sostenitore del Partito Democratico, Reid Hoffman, stravolto a favore dell’outsider di Sistema, Pete Buttigieg, per supposta prevalenza di delegati.

Il candidato “progressista” caro a Wall Street, alle piattaforme e al “manifesto”

Zuckerberg e Buttigieg

 Chi è Buttigieg? Ex-sindaco di una cittadina nell’Indiana, si definisce progressista ed è finanziato da molti bonzi di Wall Street, gay dichiarato e militante LGBTQ, sostenitore all’estero delle guerre USA, ma anche delle migrazioni di massa, e quindi di Soros, del neoliberismo e delle assicurazioni private per la sanità in casa. Soprattutto candidato preferito e amicissimo del re di Facebook che controlla tutti noi, Zuckerberg. Con tali requisiti dai nostri sinistri è preferito  all’”estremista radicale” Sanders, subito abbandonato. E, con Marina Catucci ancora provata dalla dolorosa dissolvenza della virago assassina della Libia, per cui tanto si era spesa, subito il “manifesto” gli ha dedicato un ritrattino corredato di alloro e profumato d’incenso.

Tale è lo stato della democrazia nella nazione, guida dell’Occidente. E tale è lo stato del “quotidiano comunista”. Se ne saranno accorti i quattro scornacchiati ancora impegnati a fornirgli foglie di fico?

Buoni e cattivi per la “nazione eccezionale”


Come tutti sanno, gli Stati Uniti sono la “nazione eccezionale”, cui è stato assegnato “il destino manifesto” di sostenere i buoni e abbattere i cattivi. I buoni trovandosi dunque quasi tutti negli stessi Stati Uniti, con particolare concentrazione tra i ricchi e i democratici e un anomalo residuo di cattivi raggruppatisi attorno a Donald Trump e tutti gli altri cattivi a rovinare il resto del mondo. Di buoni ne sono rispuntati alcuni in America Latina, ce ne sono sempre stati parecchi in Europa, pochini nella periferia dell’Asia, una ridotta di buoni rifugiatisi in qualche ONG. Scarseggiano, i buoni, in Africa, quando non s’imbarcano su carovane e gommoni, mentre non ce ne sono quasi in Medio Oriente, fatta eccezione per i curdi, meglio se femmine, e mezza dozzina di corone arabe lucidate a petrolio.

Chiodo scaccia chiodo, odio scaccia “odio” e bue odia asino


I maestri odiatori sono bravi quanto il bue che dà del cornuto all’asino. Invertono i fattori dell’equazione, denunciando come odiatori i da loro odiati perché divergenti dal pensiero unico – e fisso, come certe stelle - degli odiatori. Nella colonia imperial-atlantista dei media, dove al rintronamento degli allocchi convinti di essere “de sinistra” ci pensa il “manifesto”, ci si è fatti le ossa in dieci anni di odio per i 5Stelle. Specialmente per certe anacronistiche pretese, come far passare qualche soldo dall’alto, dove sta bene, al basso, dove è sprecato, o come sconvolgere l’assetto sociale all’insegna del populista “la legge è uguale per tutti”. Pessima legge antica che impedisce agli avvocati (e a certi giudici) di guadagnarsi la pagnotta aiutando persone di buona famiglia, con nel curriculum qualche marachella, a farla franca.

Ci si è data buona prova di sé nell’odio per chi non condivide la liberazione di disperati dai loro paesi d’origine, dalle loro comunità, terre, foreste e miniere, resa possibile su appuntamento (detto naufragio) con i trafficanti. Quelli che insistono per rimanere, siriani, libici, iracheni e molti altri, vanno odiati nel loro stesso interesse e, a questo scopo ci si può avvalere di odiatori di complemento come Al Qaida, Isis e curdi. Quanto agli arabi in generale, visto che tutti sono semiti e in prevalenza musulmani, ecco che in questo caso licenza piena è accordata all’antisemitismo e alla virtù laica dell’islamofobia.

Dall’odio, per Russi e Cinesi, nasce cosa. Magari nucleare.
L’Ordine degli odiatori, ben visto anche in Vaticano, da tempo si esercita alla grande sulla Russia. Vedrete cosa ci aspetta dalle prossime presidenziali USA, se non dovesse passare uno pronto a sparare l’atomica su Mosca. Dalle ceneri del Russiagate sorgerà l’Araba Fenice di Putin che, in prima persona, hackererà tutti gli smartphone dei Democratici facendosi passare per George Washington che dice agli elettori di votare Trump. Oggi, però, visto l’esito funebre del meschinello Russiagate, l’odio, cavalcato al volo un virus dal muso giallo, cattivissimo come dimostrano gli occhi a mandorla, si riversa sulla Cina.



Per la Cina, nazione che si avvia all’egemonia mondiale della comunicazione digitale e, con la Via della seta, alla connessione infrastrutturale con mezzo mondo, per grandi scambi tra nazioni sovrane, paura e odio sono al parossismo. E al nostro establishment democristo-massonico-sorosiano, di arlecchini servitori di tutti i padroni, va riconosciuto il primato dell’isteria allarmistica. Dichiarano di evitare il panico e lo seminano a piene mani per quella che è con ogni evidenza la guerra alla Cina, con i mezzi della diffamazione e del sabotaggio economico. I media sono arrivati perfino a negare alla Cina e attribuire ai ricercatori dello Spallanzani l’isolamento del Corona virus (mentre gli stessi scienziati di quell’istituto, seri, hanno riconosciuto la primigenitura cinese. E il Fatto Quotidiano, principe delle fake news atlanticiste, ha approfittato del virus per pubblicare un paginone di veleni del ragazzo Yoshua Wong, caposquadrista di Hong Kong e referente degli Elmetti Bianchi, specialisti di False Flag chimiche in Siria, inventati e pagati dal colonialismo anglosassone.  


Un’epidemia influenzale che nella Cina dalla sanità gratuita, con1,4 miliardi di abitanti, sta arrivando a 500 vittime, negli Stati Uniti dalla sanità a pagamento, con 327,2 milioni, nello stesso periodo ne ha provocato10mila. In Cina si è reagito con efficienza incredibile, isolando in pochi giorni il virus e allestendo un sistema di isolamento e intervento sanitario (due ospedali da 1000 posti in dieci giorni) da far crepare di invidia e odio chi sull’ebola in Congo e Africa Occidentale e sul colera in Yemen, da anni ci fa affaroni minerari, petroliferi e agroindustriali al costo di far fuori intere popolazioni.

Odio per il primo della classe?
Russia, Cina e loro complici, statuali e non, sono, come confermano i militanti della nostra stampa embedded (messa a letto) nelle alcove dell’Occidente, tutti paesi e genti di cui gli USA dovrebbero sbarazzarsi, vuoi a forza di terroristi islamici, vuoi sommergendoli di odio globale, vuoi a colpi di nuove atomiche “tattiche”, all’uopo ammodernate e già piazzate tutt’intorno al continente. E pure tra i piedi nostri che, però, marciano in entusiasmante sincrono con l’orologio degli scienziati, sul quale ora mancano 100 secondi alla mezzanotte nucleare. Tuttavia, con Conte, PD, la CEI, le ONG, tutti gli altri, compresa la frazione M5S che ci ha ripensato, compresi i sopravvissuti dei deprecati campi, non ci diamo il minimo pensiero circa la nostra identità di bersaglio atomico e la conseguente eventualità di precedere l’apocalissi promessaci da Greta. Siamo sempre stati un paese felicemente spensierato.
Sardine, odio ch’a nullo odiato odiar perdona

 United Colors of Benetton

Si vanno intanto estinguendo, e non per ragioni climatiche, le Sardine, odiatori di ultima generazione, però con tanto bon ton. Del resto, freschi di giornata a novembre, cosa vi aspettate di trovare sul banco tre mesi dopo? Basta, per illustrarci l’ultima trovata del miliardario ebreo-ungherese andata in putredine, la Sardina bolognese parlante, dall’ippodentatura e dalla chioma arricciata a 2000 volt. Si erano specializzati in odio al profumo di gelsomino per tutto ciò che, più rozzamente, odiavano i giusti, i buoni e i beneducati. Santori, da odiatore dei regressivi contadini lucani e pescatori dell’Adriatico, in quanto sostenitore di quante trivelle possano bucare Basilicata e Adriatico, a odiatore di spericolati viaggiatori su ponti ASPI, nel selfie con chi da autostrade, viadotti e guardrail trae miliardi pubblici e morti private. A odiatore anche di indigeni renitenti al progresso, sempre nel selfie con chi nelle pampas argentine, sottratte ai Mapuche, alleva pecore e disleva popolazioni. Infine, a odiatore di passeggeri frettolosi, nel selfie con chi fa di aeroporti, stazioni e autogrill dei suk disfunzionali per fondisti affetti da shopping-dipendenza.
Chi di odio ferisce, di selfie perisce
Il bacio della morte a quest’ultimo tentacolino del noto finanz-filantropo ungherese glie l’hanno dato Luciano Benetton e il suo fotografo di corte Oliviero Toscani (“Ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola!” Così Toscani nella trasmissione “Un giorno da pecora”, Radio1). Pensate come ci sono rimaste tutta la scemenzeria e tutta la sorosianeria italiote, tutti uniti nell’odio per chi si rifiuta di entrare nel gorgo del pensiero unico, da papà PD al pappagallino mediatico “il manifesto”, fino all’intellighenzia de sinistra alla Marco Revelli o Massimo Cacciari.

Petrosardina, pontiere e fotografo di corte

Legge uguale per tutti? Quando mai!
Esce da questa costellazione di smisurati buchi neri e di pochi corpi luminosi un ulteriore flusso d’odio, di tale impeto da provocare la rottura degli argini. E’ l’odio per un concetto che, dal Codice Napoleonico in qua, rompe le palle con quell’utopia farraginosa e prevaricatrice dell’ordine naturale delle cose che sarebbe “la legge è uguale per tutti”. Utopia recuperata dal 1848  che offese principi e papi e lanciata contro signorie e borghesie dai  meritevolissimi di odio Cinquestelle, protettori di barboni, lazzaroni e perdigiorno. Principio che i barbari del Nord hanno tutti, non solo sancito, ma osservato e praticato come fosse, questa sì, legge naturale. Da tempi immorabili hanno garantito l’assenza di una prescrizione tale da allungare i processi fino a quando, dotati di avvocati e mezzi, signorie e signori no ne uscissero intonsi e giustamente ricompensati. Tipo Andreotti, col suo despotismo di velluto, sostenuto da mafia e Chiesa, tipo strage di Viareggio, sterminio Eternit da amianto, Taranto avvelenata a morte, Berlusconi degno follower di Andreotti, in una dinastia che si dipana dalla nascita della Repubblica ad oggi.

C’è l’immenso grumo di odio per chi stravolgendo l’ordine delle cose, nega immunità e impunità a chi la merita per censo e se l’è guadagnata spendendo fior di quattrini a sostegno dell’irrinunciabile categoria degli avvocati delle cause vinte. Un grumo malavitoso, mafioso e “civile”, con la testa maleodorante del pesce infilataci a mo’ di vessillo, che, non si sa come, era sfuggito allo schermo di equità giuridica con il quale certa Europa copre i purulenti ristagni del suo malaffare, che scendendo per li rami, hanno infettato un po’ tutta la nazione.

Legulei, avvocaticchi, giudici tipo quello del paese di Acchiappacitrulli, che manda in galera Pinocchio in quanto osa denunciare il furto dei signori Gatto e Volpe, sinistri da bassifondi sorosiani, persino presunti custodi della Costituzione che, se ci fosse una Corte Costituzionale senza gli Amato, li manderebbe per stracci, garantisti nel nome di una civiltà giuridica come quella di colui che disse “la loi c’est moi”, tutto un universo mediatico con le tastiere lubrificate a odio per il volgo, si sono avventate sul primo ministro in assoluto che si sente ed è della Giustizia. Odio di avvocati terrorizzati, ancora più che dalla prescrizione bloccata, dalla riduzione dei tempi del processo penale, a cui Bonafede sta pure lavorando. Quanti studi chiuderanno scomparsa la greppia?

C’è una dimostrazione di odio di classe che, a sentirsi tale classe minacciata nel privilegio di poter tarare la bilancia del diritto a suo favore e in odio ai burini da basso, è quella che si va consumando nel parlamento della più alta percentuale di malavitosi, corrotti, corruttori, pregiudicati, processati, inquisiti, denunciati, mafiosi dell’intera Europa. Tutti, nelle varie forme partitiche e col supporto del sistema mediatico dell’odio sinistro e destro, all’assalto di Bonafede, come il prussiano Blücher con la sua cavalleria contro Napoleone (e fu Waterloo e la restaurazione).

Si sono fatti le beffe, gli odiatori, ma anche presunti sodali e simpatizzanti, della parola d’ordine “onestà”, centrale tra tutte le leggi mosaiche su cui si è fondato il MoVimento. Perno epocale di una scelta di civiltà. Inscindibile dalla parola libertà. Molte delle idee guida sono state dimenticate, lasciate nel fosso al lato della via, addirittura tradite. Ma quella è una delle rimaste, intatte e robuste. E’ intorno a questo fulcro che ci si gioca un futuro alla Benetton, o alla Davigo. Qualcuno parla di M5S “residuale”. Ce ne fossero. L’errore peggiore? Il via libera al traghettatore consacrato alla camicia nera Padre Pio. Traghettatore da un principio di civiltà e uguaglianza a uno prono a ogni rivalsa vandeana. Proprio come quei traghettatori che “salvano” deportati dalla patria, con gli strumenti del ricatto e dell’illusione, e consegnati alla schiavitù in terra aliena con lo strumento della carità.

Fuori dal palazzo, a parte lo strepitio tossico degli odiatori di carta e schermo, c’è silenzio. La gente guarda ammutolita. Quando non si sente paralizzata dal Coronavirus. E’ paura, rassegnazione, è sospensione davanti alla porta della tua squadra minacciata dal goal? A sostegno dei Cinquestelle e di questa lotta, come occorse al tempo del TAV, altro nodo cruciale troppo leggermente lasciato sciogliere, occorrerebbe una Valsusa di dimensioni nazionali, una mobilitazione di piazza in piazza, tribunale in tribunale, scuola in scuola, rete in rete, a difesa di Bonafede e dei suoi. Per non lasciarli soli, anche rispetto a chi finge di stare di qua, mentre sta già di là. Come si sono fatti lasciare soli al tempo del TAV. Altro che legulei e chi si spippazza trovando mille peli in ogni uovo e scambiando per nemico del popolo il M5S anziché tutti gli altri. O quelli che, più bravi dei Nobel che hanno scisso l’atomo, scindono in mille frammenti di buono, o meno buono, o difettoso, quanto i pentastellati hanno fatto o vogliono fare, a dispetto delle cadute e inversioni di marcia: reddito di cittadinanza, decreto dignità, quota 100, revoca autostrade, stop trivelle, spazzacorrotti, taglio pensioni d’oro, taglio vitalizi…..


Ora gli odiatori di queste cose le vogliono cancellare tutte. Chi invochiamo? I grilli parlanti, le Sardine, Bersani, papa Francesco, o la civilissima UE, territorio di eunuchi, briganti e lobby dell’odio?

sabato 1 febbraio 2020

Il minchiata-virus arma di distrazione di massa----- CIA DECAPITATA IN AFGHANISTAN ----- Micidiale colpo all’Intelligence USA di cui nessuno parla





https://youtu.be/SwI9FWqWQ3c  Byoblu, trasmissione sulla caduta (abbattimento?) in Afghanistan dell’aereo con il capo CIA del Comando Medioriente.

Grazie alla preziosa web-tv Byoblu e a una discussione a cui ho potuto partecipare, ecco un altro link, dopo quello  in cui si parlava del dopo-Soleimani e dell’aereo ucraino abbattuto su Tehran (nell’ultimo post), su una gigantesca fake news andata a male. E stavolta si tratta del tentativo affannoso di far sparire dal confronto USANATO-resto del mondo una botta micidiale inferta al massimo strumento della strategia imperialista, la CIA. Vi hanno nascosto l’abbattimento di un aereo-spia che, per conto della Cia e del Dipartimento di Stato, eseguiva nell’area Iraq-Iran-Afghanistan e regioni collegate le stragi e gli assassinii mirati commissionati da Washington, o, più precisamente, dallo Stato Profondo, o Governo Parallelo neocon, dominato dalla stessa CIA.

Il minchiata virus come arma di distrazione di massa


La smisurata e scomposta campagna allarmistica sul Coronavirus in Cina, su cui si sono scatenati i delegati globalisti alla sinofobia, finalmente in auge dopo gli anni gloriosi degli addetti alla russofobia, serve, oltreché ad altri obiettivi, a diabolizzare la Cina, nemico numero uno, o due, a seconda delle fazioni. Ma, nella contingenza, è utilizzata per occultare in prima linea lo smacco senza precedenti subito dalla CIA in Afghanistan e, in seconda, a distogliere l’attenzione dalla disgregazione del gioiello antisovranista, totalitario e vampiresco delle oligarchie antidemocratiche Usa ed europee, felicemente iniziata con la dipartita dall’UE del Regno Unito. Noi complottisti con la fissa del dietro le quinte, ne conosciamo anche altri, di motivetti e motivoni per l’isteria. Tipo la vendita agli sciocchini di milioni di mascherine che non servono a una mazza. O, nel secondo caso, aggiungere “emergenza” legislativa a “emergenza” (terroristica, climatica, fascista, ora da minchiata virus), per arrivare, per tante buone ragioni, a quella emergenza generale e perpetua che ci fa ritrovare nell’agognato Stato di Polizia.

Qualcuno, Tg o giornale o radio ha anche solo accennato alla notiziola che, in Afghanistan, è stato polverizzato il Comando Cia per il Medioriente?



Prima di passare al tema centrale della tavola rotonda dell’emittente di Claudio Messora, due parole sull’operazione Big Pharma-Cina, attivata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che, a dispetto del suo dante-ragione yankee, non ha proprio potuto esimersi dal riconoscere l’efficienza del sistema sanitario cinese. Acclarato che il Minchiata Virus non è che l’ormai quasi annuale mutazione del solito, eterno, virus influenzale, che nel mondo falcidia ben oltre le vittime e i contagiati attribuiti a quello cinese dall’isteria strumentale dei nostri media e politici, miliziani di complemento della globalizzazione, ci si impone quel minimo di complottismo che fa uscire dai gangheri i propagandisti delle cospirazioni del Potere (ascoltate Fausto Biloslavo nel programma citato).

E arriviamo a due ipotesi, che possono anche essere complementari per quanto di matrice opposta. La più verosimile: la psicosi che induce un terrore tale nelle popolazioni da far sbattere allo Spallanzani e poi in quarantena chiunque starnuti, o abbia un colpo di tosse, serve a garantire i soliti miliardi ai produttori del vaccino che presto o tardi spunterà. La più azzardata: il governo cinese, pur consapevole della portata più o meno normale dell’epidemia influenzale, ha allestito quell’ambaradan gigantesco di interventi e blindature di popolo in un terzo della Cina, per sperimentare come difendere il paese in caso di un, attacco batteriologico che certi psicopatici alla Stranamore rendono del tutto verosimile.

Decapitata la CIA in Medioriente?


Lunedì 27 gennaio si sfracella a terra un aereo dell’Usa Airforce (USAF) nella provincia orientale di Ghazni, in Afghanistan. Gli Usa dicono che è caduto, i Taliban, che controllano l’area, fonti governative a Kabul, agenzie afghane, l’Intelligence russa, l’organizzazione dei reduci americani Veterans Today, due diffusissimi quotidiani britannici (Il Daily Mail, legato ai Servizi e il Daily Mirror, laburista), affermano che è stato abbattuto e che a bordo si trovava la créme de la créme del massimo servizio segreto Usa. Una decina di dirigenti CIA, insieme a colleghi della NSA (National Security Agency), con il capo CIA per le missioni speciali (leggi assassinii mirati) in Medioriente, Michael D’Andrea. Uno davvero grosso, uno specialista di ecatombi imperiali, un Darth Vader in carne e ossa, detto “The Dark Prince” (Il Principe Nero), per la sua valenza terroristica, e anche “Ayatollah Mike”, per essersi convertito all’Islam onde sposare una musulmana. L’estremo imbarazzo del Ministro della Difesa statunitense, Mark Esper, che su questo popo’ di calcio nei denti si limita a borbottare: “Sono al corrente della situazione, ma non ho altro da riferire al momento”, e il successivo silenzio di tutti, compresi i nostri media embedded, parrebbero avallare la versione dell’abbattimento.

Da parte di chi? Dei Taliban a cui potrebbe essere rimasto un missile Stinger, di quelli lasciati lì dai sovietici in partenza e che possono raggiungere anche le notevoli altezze del “Bombardier E-11A”?  Dei Guardiani della Rivoluzione Iraniana, dotati di missili Manpada di ben altra portata, lanciati o da una pattuglia penetrata nell’area, o da casa, visto che il confine iraniano si trova a superabilissimi 600 km da Ghazni, che così avrebbero completato la propria ritorsione per l’assassinio del loro capo Soleimani? E’ un’ipotesi accreditata dall’agenzia russa Avia.pro, mentre i Pasdaran tacciono. Forse non ce lo dirà la cronaca, visto con quale solerzia si è gettata sull’evento. Forse ce lo confermerà la mancata riapparizione di D’Andrea. Forse lo sapremo dalla Storia.

Precipitato, o abbattuto il vertice CIA in Medioriente?

Bombardier E-11A, aereo spia

E’ che il fatto è drammatico, umiliante, catastrofico per chi l’ha subito. L’aereo, di media grandezza e dunque capace di portare decine di persone, era un Bombardier E-11A, sviluppato dopo che una strage di ben 19 marines in un agguato dei Taliban, nel 2014, aveva illustrato le carenze di comunicazione tra reparti. Del “Bombardier E-11A, costosissimo, ne furono fabbricati solo quattro esemplari, tutti con gli stessi compiti. Come gli altri, quello schiantatosi era stracolmo di apparecchiature elettroniche sofisticatissime, utili non solo a comunicare con le unità a terra, ma anche a operazioni di spionaggio e interferenza elettronica a vasto raggio. Bruciature e altri danni visibili sulla carcassa indicherebbero l’abbattimento con un missile. Sui resti è intervenuto un reparto americano, ne ha portato via due corpi e ne ha distrutto quanto rimaneva dopo che i Taliban avevano recuperato sei corpi e parte degli apparati.

 Michael D’Andrea, comandante CIA Medioriente

Complottisti per evitare di essere minchiati

Dal silenzio delle autorità di Washington e Langley e da quello, davvero significativo, dei nostri media, come nelle volenterose minimizzazioni di alcuni interlocutori di Byoblu, il cui argomento principale era la stantia accusa di “complottismo” a chi non si rassegna a quel silenzio e osa avventurarsi verso altre fonti, emerge la credibilità di queste ultime. Tanto più che, a sei giorni dall’evento, non è arrivata alcuna smentita ufficiale a quanto affermato dai Taliban e, tanto meno, è apparso in vita Michael D’Andrea, a smentire i famigerati complottisti. D’Andrea era il massimo responsabile della Central Intelligence Agency per le operazioni in Medio Oriente. E’ definito “Capo delle operazioni contro nemici in Iraq, Iran e Afghanistan”. Di solito l’aereo, piattaforma spia più avanzata degli Usa, ospitava, con D’Andrea, tutto il Comando Mobile della Cia. Le attrezzature e i documenti sarebbero ora, secondo le agenzie russe, in mano ai Taliban. E questo, insieme alla scomparsa di D’Andrea, sarebbe davvero un colpo strategico funesto per le attività militari statunitensi  non solo in quello scacchiere.

D’Andrea e bersagli veri e finti: Bin Laden, Al Baghdadi, Soleimani….
Il “Principe Nero” aveva quella licenza di uccidere di cui il presidente Obama, caro ai nostri sedicenti sinistri, aveva dotato se stesso, nominandosi al tempo stesso accusatore, difensore, giudice e boia, quando inaugurò la lunga serie di assassinii di “sospetti” selezionati su suggerimento dei servizi e sanciti da sua scelta e firma. A D’Andrea vengono attribuiti la finta esecuzione di Osama bin Laden ad Abbottabad nel 2011. Ma il capo di Al Qaida viveva attaccato a una macchina ed era morto a Islamabad di diabete, degenerato in nefrite, prima del Natale 2002. Lo confermano gli annunci mortuali apparsi sulla stampa pakistana e convalidati da comunicati del governo e da una ricerca del Premio Pulitzer Seymour Hersh. Anche l’operazione che avrebbe portato all’uccisione del capo dell’Isis, Al Baghdadi, in Idlib, Siria, sarebbe una tacca sul suo fucile.

Peccato che dei corpi - quindi dell’evidenza – sia di bin Laden, che di Al Baghdadi, non sia rimasto nulla, per essere stati entrambi sottratti agli autoptici e alle nostre certezze mediante dispersione in mare. Del resto, l’inseguimento di un Al Baghdadi strepitante di paura, con le sue donne, per una galleria sotterranea, da parte dei soliti Navy Seals, arrivati a Idlib in elicottero, dopo aver bombardato a tappeto la zona, tanto da non lasciare in vita neanche i topi di quella galleria, è stato visto in diretta tv dal solo Donald Trump. Mentre nessun radar di tutte le forze interessate all’evento aveva registrato, per le ore e gli spazi indicati, un oggetto volante più grande di un passero. Ogni tanto il giustiziere di siriani, iracheni, iraniani, afghani, era indotto a millantare.

Soleimani, comandante delle Guardie della Rivoluzione, Al Muhandis, comandante delle Forze di Mobilitazione Popolare

Di sicuro, invece, gli spetta la riconoscenza di Washington, dei suoi alleati, dei suoi mercenari, da Al Qaida all’Isis e ai curdi, per il missile americno che ha incenerito i due vincitori del terrorismo islamico, l’iraniano Qassem Soleimani e l’iracheno Abu Mahdi al Muhandis.
Tutto il resto e molto di più, grazie a coloro che si dicono miei colleghi, al link sopra indicato.