Buon anno da Baghdad
Parto da episodi
emblematici e apicali. Un evento dei giorni scorsi ci riporta a due grossi imbrogli
dell’élite, poi smascherati dal popolo: la guerra al Vietnam, detta della
democrazia al comunismo, e quella – ricordate il Segretario di Stato Powell con
la provetta? – dell’aggressione Usa-Nato all’Iraq che avrebbe risposto al False
Flag dell’11 settembre. Due false cause: l’inventato attacco nordvietnamita nel
Golfo del Tonchino e le Armi di distruzione di massa di Saddam; e due effetti
criminali coronati da nazionicidi, ma anche da sconfitte dei pataccari. Due
episodi nella continuità degli imbrogli cristiano-imperialisti dal primo al
terzo millennio.
Pare Saigon il 30 aprile 1975:
l’ambasciatore USA a Baghdad fugge nel panico in elicottero, mentre migliaia di
iracheni disarmati attaccano e bruciano l’ambasciata. L’attacco segue il
bombardamento stragista Usa, con oltre 25 vittime, di alcune presidi degli
Hezbollah iracheni, membri di Hashd al-Shaab (Unità di mobilitazione popolare,
comprendenti sia sciti che sunniti, diversamente da quanto propagandano i media
che li descrivono come “milizie scite iraniane”) incorporate nell’esercito
nazionale. E in questo link, https://twitter.com/i/status/1211998640019005440, si
vedono - e sentono – i manifestanti penetrare nell’ambasciata. A seguire, tutte
le forze politiche irachene chiedono unanimi il ritiro delle forze USA dal
paese.
E veniamo all’attualità
“Il modo più sicuro per corrompere un giovane
è quello di istruirlo a tenere in maggiore considerazione coloro che la pensano
alla stessa maniera, piuttosto che chi la pensa differente”. (Friedrich Nietzsche,
quando si occupava di Sardine)
Premessa in calce:
l’imbroglio che, più lampante di altri, si configura come circonvenzione di
incapaci (intendendo tutte le sardine boccalone che si sono fatte abbindolare
dai quattro pifferai di Bologna messi in campo dai Grandi Vecchi domestici ed
esteri), ve lo illustra e demolisce il ritrattino che un ottimo sito, “il
simplicissimus”, ha pubblicato sul migliore notiziario di questo paese “sinistrainrete”.
Lo trovate in fondo a queste righe sotto il titolo “Le sardine dei
petrolieri: dal rottamatore al trivellatore”. Basta questo per seppellire
l’ultimo epifenomeno trash del molto trendy “progressismo reazionario”
E, sempre a proposito
di imbroglioni che pontificano, fasulloni che li pubblicano e farlocconi che li
ascoltano, basta anche il bilancio di fine anno del sociologo Domenico Masi,
pubblicato con solenne evidenza dal Fatto Quotidiano, chierichetto del culto
atlantosionista e sommo sacerdote della setta giallonera attualmente al governo
del paese. (Segnalo, peraltro,
l’editoriale in controtendenza di Travaglio, martedì, 31/12, sulle iene
impegnate ad azzannare il Reddito di Cittadinanza, peccato mortale dei
Cinquestelle col quale hanno contraddetto la legge mosaica che il flusso della
ricchezza debba andare dal basso in alto e mai viceversa).
Il sociologone
Il celebre maestro
della “scienza” sociale che, come nessuno, naviga le procellose onde del
trasformismo italico, oggi portato al sublime da Giuseppe Conte, Un Mario Monti col ciuffo e il santino di Padre Pio (cappellano degli squadristi d’antan), il
più democristiano degli statisti da quando ci siamo trovati orfani di
Andreotti, identifica con penetrante acume la novità lasciataci dall’anno
morente: “Le Sardine, con la loro esplosione gioiosa, hanno bucato la cappa
iettatoria che incombeva sulla penisola rendendola cupa e aggressiva e indotto
migliaia di rammolliti e rassegnati a uscire di casa”. La memoria ci ha
soccorso rimandandoci ad alcuni efficaci scongiuri dei nostri avi romani, qui
illustrati.
L’imbroglio di cui mi
occupo da anni non è il più grosso, ma è certamente tra i più lampanti e
impudichi. Mi irrita più di altri perché, contraddicendo brutalmente l’assunto
conclamato, si tira dietro un numero di farlocconi, non grande, fortunatamente,
ma raggirati peggio di Pinocchio dal Gatto e dalla Volpe. Oggi la direttrice
del giornale che si pretende “quotidiano comunista”, essendone l’opposto,
dichiara che la testata è sopravvissuta grazie al mancato taglio del fondo
statale per l’editoria. In altre parole, lo tengono in vita i soldi miei, tuoi
e suoi. Di tutti quelli che non lo leggono! Alla faccia della Vestager, zannuta
eurocommissaria alla concorrenza che cala la mannaia sul nostro paese ogni
volta che si sussurra “intervento, o aiuto, di Stato”.
Un “manifesto” d’odio
e d’amore
Dunque finora e prima
del tentativo del Cinquestelle Vito Crimi, improntato all’equità e alla
democrazia, di non farci pagare giornali che non ci interessano, anzi,
fortemente ci dispiacciono (valeva anche per organi di immacolata indipendenza,
come “Il Foglio”, dei tapini Bilderberg, o “l’Avvenire”, degli indigenti vescovi),
ci toccava consapevolmente, ma involontariamente sostenere, da veri farlocchi,
dei fasulloni tinti di rosso che ci propinavano imbrogli senza fine. Piccola
vedetta romana a cui nessun odiatore sfugge, “il manifesto” svolge il compito
di trascinare negli imbrogli dei media di regime, gente che altrimenti si
sarebbe ben guardata dal farsi minchionare dalle campagne di odio lanciate dai
grandi padroni.
Per prima, quella,
feroce, livorosa, frustrata, contro i Cinquestelle, odiosi perché vindici del
tradimento dei chierici rossi e asfaltatori di quanto si fingeva sindacato o
partito di sinistra. Quelle contro i russi (data dal tempo della radiazione dal
PCI) e lo “zar Putin”, contro i cinesi e Xi Jinping, che hanno il torto di
difendere il diritto internazionale e la pace dagli assalti dei diritti umani
come intesi, tra Hiroshima e oggi, da Usa e subalterni; contro gli arabi e loro
dittatori, magari eletti meglio di un Conte, ma non amerikkkani; contro
l’Egitto scampato ai fidati Fratelli musulmani e, conseguentemente, il generale
Haftar, che si permette di risuscitare una Libia unita a fronte di ciabattoni
protetti dall’ONU e dall’ISIS dei Fratelli musulmani; contro le nazioni che oppongono
al rullo compressore della globalizzazione liberale la loro sovranità e,
perciò, i propri passato, presente, futuro e confini.
E, per converso, le
campagne per le donne, in quanto genere, vittime per definizione, compresa
Hillary e Teresa Bellanova, madrina di tutti gli OMG e sponsor della Xilella in
Salento; per i migranti, traghettatori Ong, preti e santi, vivi e morti, a
sostegno di rapine coloniali e schiavismo domestico; per i LGBTQI, intesi allo
sfoltimento demografico e scintillanti sostituti di oppressive maggioranze
lavoratrici. Novero nel quale si inseriscono, per diritto naturale e meriti acquisiti,
i curdi, visto il contributo che hanno dato alla demolizione della dittatura di
Assad e allo squartamento della Siria, occupandone un terzo per conto Usa.
Soprattutto campagne a
sostegno di tutte le operazioni colorate di regime change in nome di
diritti umani globali, mescolando in appetibile zuppa quelle a firma Cia - Hong
Kong, Libano, Algeria, Sudan, Ucraina, Nicaragua - con rivolte di segno opposto:
Cile, Bolivia, Honduras, India, Afghanistan e, come s’è visto a Baghdad, Iraq. Si
distingue, come sempre, “il manifesto”, entusiasta degli squadristi di Hong
Kong che, sotto le bandiere Usa e UK, sfasciano ogni cosa e incendiano
obiettori, e s’indigna per la “violenza” di una polizia cinese che da mesi
mostra una moderazione a prova di santo. Ovviamente arricciano il naso sui
manifestanti e scioperanti di Francia, e si cuciono la bocca su morti, feriti e
mutilati dovuti alla repressione di Macron.
Sono tutte battaglie
per i diritti umani, come annoverati nel catalogo di George Soros, nelle
pronunce, ex cathedra e non, del Pontefice, nel lascito di Bush, Obama e
Hillary Clinton, e negli ordini di servizio che il Governo Parallelo USA,
segreto ma neanche tanto, impone a Donald Trump, pena finire come i fratelli
Kennedy, o Malcom X, o John Lennon, o Luther King, o qualche Pantera Nera, o i
3000 delle Torri Gemelle, con successive sette guerre “al terrorismo” e
relativi milioni di morti.
Autogolpe: dal
Russiagate all’Ucrainagate
Il non-plus-ultra
degli imbrogli, dal più largo seguito di farlocchi e dalla più vasta camera
dell’eco mediatico, è la coppia Russiagate - Ucrainagate. Una roba tra “Saw” e
Pinocchio. Per i Democratici doveva essere una specie di Paese dei balocchi.
Invece è finita in una sequenza della famosa serie dell’orrore. E quando Nancy
Pelosi e tutta la truppa obamian-clintoniana ne sono usciti, ridotti a ciuchini,
si sono lasciati alle spalle, nel primo caso, una distesa di macerie e, nel secondo, vi
stanno facendo la figura dei somari azzoppati nel circo equestre del libro di
Collodi. In entrambi i casi si tratta di tentato colpo di Stato della
componente più nera del paese, detta Deep State, bipartisan, ma oggi a
egemonia Democratica. Un governo parallelo operativo a partire dall’assassinio
dei Kennedy e installatosi alla Casa Bianca con i neocon delle guerre infinite,
Bush e Obama. Governo parallelo degli Stati Uniti, allora definiti dal
presidente cult dei sinistri “Unica nazione indispensabile” (le
altre sono tutte dispensabili) e impegnato a radere al suolo chiunque si
opponesse allo scontro finale con la Cina e, prima ancora, con la Russia,
massimi ostacoli al dominio globale “indispensabile”.
Con il Russiagate si
voleva rimuovere un presidente democraticamente eletto (per quanto possibile,
nelle condizioni della più manipolata e corrotta plutocrazia mondiale), ma il
dramma finì in farsa quando l’ex-capo CIA e poi Procuratore Speciale, Robert
Mueller, si presentò in parlamento con un sacco pieno di pive e neanche una
prova che i russi avevano voluto sabotare la candidata neocon-obamiana Hillary
Clinton. Con l’Ucrainagate si va dritti verso una conclusione ancora più disastrosa,
dato che l’impeachment di Trump dipende da un dato che gioca a favore del
presidente, mentre un altro promette di disintegrare il suo più agguerrito
avversario per le presidenziali di quest’anno, Joe Biden.
Il primo dato è la
bugia di un presunto whistleblower, gola profonda, della Cia (che tutti
sanno chi sia, ma non si deve nominare, sennò ti stronca la legge a protezione
delle spie) che dice di aver sentito Trump al telefono minacciare il presidente
ucraino Zelensky. The Donald avrebbe detto che gli avrebbe trattenuto certi
aiuti, se non avesse ripreso le indagini sul figlio dell’ex-vice di Obama,
Hunter Biden, dirigente a 50mila dollari al mese di una società ucraina del gas,
Burisma Holdings, incriminata per una montagna di reati di corruzione.
Testimonianza segreta, de relato, di seconda mano, di cui i Democratici,
con il capo della Commissione Intelligence, Adam Schiff, oltretutto vecchio
compare della Gola Profonda, si sono rifiutati di sentire dal testimone la
conferma in aula. Dalla trascrizione della conversazione, non risulta il minimo
accenno a un ricatto del genere.
Ucraina, colpi di
Stato, saccheggi e ricatti
Biden padre e figlio
L’altro dato è che,
con perfetta legittimità, il presidente ha chiesto al collega ucraino di
riprendere le indagini su un cittadino americano sospettato di reati. Nel caso
l’indagato era Hunter Biden. La mossa di Trump era più che legittima, anzi
dovuta dal punto di vista giuridico, dato che il padre di Hunter, allora
vicepresidente nientemeno, aveva sollecitato l’allora presidente ucraino,
Poroshenko, di cacciare il Pubblico Ministero che stava indagando sul figlio,
bel tomo già espulso dai marines per cocaina. Se non lo avesse fatto, gli
avrebbe negato 1,5 miliardi di aiuti militari. E questa è vera. Ne esiste la
documentazione, ma, ciliegina, è lo stesso, un po’ringrullito, Biden padre che
se ne è vantato in televisione!
Ne discende che l’operazione
Impeachment è un enorme arma di distrazione di massa dai delitti dei
Democratici. Che non si esauriscono con i Biden padre e figlio, dato che il
golpe ucraino, organizzato dal Dipartimento di Stato con la vice di Hillary,
Victoria Nuland e George Soros, fu la combinazione per aprire la cassaforte
ucraina. Una banda di grassatori legati alla cosca Democratica, che, con la
complicità dei nuovi dirigenti ucraini, poterono avventarsi sul patrimonio
industriale e finanziario ucraino, alla stessa maniera con cui avevano spolpato
l’URSS al tempo di Eltsin e la Bundesrepublik s’era mangiata la DDR a pezzi e
bocconi..
Di tutto questo avete
forse sentito un solo alito, nella bufera mediatica dell’impeachment, dai
cavalli di razza mediatici dei Democratici, “New York Times”, “Washington Post”,
o CNN, a loro volta bocche della verità dei nostri ronzini di razza, da “Repubblica”
al “manifesto”, dal TG1 al TG100? Eppure tutto questo c’è ed è grosso come una
montagna himalaiana. Ne scaturirà una frana che seppellirà il balbettante Biden
e, auspicabilmente, darà una botta robusta allo Stato Profondo e alla sua
espressione istituzionale nel Partito dei Clinton, Obama e Nancy Pelosi. Non
che con Donald Trump, foglia secca nel vento del complesso militarindustriale,
a parte i successi economici negli Usa, il mondo stia molto meglio.
Nicoletta e Alberto,
eroi del nostro tempo
Vorrei chiudere con un
fuori programma. Onore e affetto alla militante No Tav Nicoletta Dosio, a 73
anni chiusa in carcere per aver opposto il suo gracile corpo a un treno che è
peggio di una colonna di carri armati su un roseto e per aver evidenziato il crimine
contro la valle e tutti i viventi, che sono le Grandi Opere demolegaforzitaliote.
Qui una petizione l Capo dello Stato per l’immediata grazia a Nicoletta:
firmate! http://chng.it/hkJYqBHfvV E qui una bella Intervista
a Nicoletta Dosio.
Al contempo un saluto di
cuore e di intelletto anche all’altro polo della Valle, Alberto Perino, che
dalla Procura di Torino, sempre sotto standing ovation dei grandoperisti, ha
subito trattamenti analoghi, tra processi, arresti, massacri finanziari, senza
mai rinunciare di dare alla lotta della e per la Valsusa una portata
risorgimentale, in tutti i migliori sensi della parola.
Bagdad,
gli iracheni danno alle fiamme l’ambasciata Usa.
*****************************************************************************************************
Le sardine dei petrolieri: dal rottamatore
al trivellatore
di ilsimplicissimus
Oggi non scrivo proprio nulla, mi limito a segnalare
ai lettori i sacri testi lasciateci dal capo indiscusso delle Sardine, quel
Mattia Santori che avevamo individuato come ricercatore del Rie, una società
privata che opera nel mondo dell’informazione energetica e guidata
dall’economista Alberto Clò, antico sodale di Prodi nonché Consigliere di
Amministrazione del Gruppo Editoriale Gedi S.p.A che edita Repubblica, Stampa e
altre decine di giornali e periodici. A una intelligenza non velata dall’avanzare
del nulla o tenuta in congelatore, questo sarebbe sufficiente a fornire indizi
più che consistenti sulla natura leopoldesca e assai poco spontanea delle
manifestazioni che nel loro dadaismo protestano non contro il governo, ma
contro l’opposizione. Dietro però c’è molto di più perché in realtà Santori si
rivela essere un vero e proprio lobbista dei petrolieri e fan delle trivelle.
E’ lui che ha curato a suo tempo una pubblicazione
congiunta del Rie e dell’Assominetaria (qui) in cui si cercava di dar da bere che il progetto
Ombrina, ovvero quello delle piattaforme petrolifere davanti alla costa abruzzese
dei Trabucchi era perfettamente compatibile con la tutela dell’ambiente.
Parecchi governi di quelli che devono tanto piacere al Santori fecero carte
false per superare l’ostilità popolare che tuttavia alla fine la spuntò nel
2016 grazie anche a una grande manifestazione popolare di 40 mila persone a
Pescara.
La cosa indignò il Rie che nella sua pubblicazione
online Rienergia scrisse “Ombrina Mare: vince chi urla più forte”,
articolo non firmato ma probabilmente scritto dallo stesso Santori. Faccio
notare che gli sponsor di Rienergia sono Anigas, Assogas, Assomineraria,
Assopetroli, Federchimica, Unione petrolifera per mostrare quale oggettività
possa albergare da quelle parti. Ma non si è trattato affatto di un incidente.
Santori infatti ha firmato su Formiche net nel 2014 e nel 215 due articoli a
favore delle trivelle il primo (qui ) dedicato alle meraviglie dello Sblocca Italia che
aveva dato via libera alle prospezioni ed estrazioni delle poche gocce i
petrolio rinvenibile sulle nostre coste e il secondo ( qui ) che costituisce un atto di accusa contro chi si
opponeva alle estrazioni in Val d’Agri.
Ora apriamo un secondo capitolo e chiediamoci come mai
Formiche net sia uno dei cotè editoriali che riceve e volentieri pubblica le
prediche filo trivelle di Santori. Non bisogna andare tanto lontano, basta
riferirsi al fondatore del sito e dell’omonimo pensatoio, Paolo Messa, attuale
responsabile delle relazioni istituzionali di Finmeccanica (in pratica un
elemosiniere del milieu politico), ma anche un frequentatore dei servizi, su
commissione dei quali ha scritto un breve saggio su “Industria e sicurezza
nazionale” , è stato a lungo direttore del Centro Studi Americani , è senior
fellow dell’Atlantic Council un think tank americano con sede a Washington, il
cui scopo è “Promuovere la leadership americana”, e vista questa sua posizione
è paradossalmente anche membro del Comitato strategico del Ministero degli
Affari Esteri, per evitare che qualcuno si dimentichi l’immediato sissignore
agli Usa. Insomma come dire un vero amerikano, un componente di spicco della
lobby di Washington.
Insomma questi sono i riferimenti tra i quali ha
sempre navigato Santori, le organizzazioni che hanno messo in piedi le reti per
la pesca delle sardine. Un’operazione a cui si è prestato per diventare da
sconosciuto lobbista del petrolio un parlamentare trivellatore della
Repubblica. L’Italia non si lega all’ambiente e men che meno all’intelligenza,
ma al petrolio.
1 commento:
Come sempre, sublime descrittore del dietro le quinte di questo penoso spettacolo.
In poche righe unisce i puntini e il quadro è chiaro, seppur oscuro a fior di cervelli in ghiacciaia ma con il cuore pieno di passione cieca e accogliente.
Su Trump: ad una cugina che vive a Washington dicevo, nelle immediatezze della sua elezione a fine 2016, che il mondo ne avrebbe beneficiato grazie alla fine progressiva dell'imperialismo Usa. Compativo però il popolo americano, quello del 99%, che non avrebbe beneficiato dell'ennesima effimera crescita di un'economia malata alla radice.
Il discorso di insediamento del presidente Usa ha indicato una strada nuova e le vicende di questi tre anni segnano un'accelerazione del viaggio verso la progressiva distruzione della capacità egemone Usa, culturale, come militare. Questo è quello che penso. Qui un punto di vista interessante di un sito Usa da sempre avverso a Trump https://www.veteranstoday.com/2019/12/25/neo-impeachment-engineered-chaos-and-the-new-world-order/
Grazie di cuore per le sue analisi così acute e ben scritte.
Luca
Posta un commento