Dalle manifestazioni represse in tutta Italia di "Io Apro" per gli esercizi pubblici moribondi o morti, delle associazioni per la scuola pubblica e in presenza, al punto sul Grande Imbroglio, i suoi precedenti, i suoi obiettivi. Il servo encomio e il codardo oltraggio dei media, il coraggio di chi ce l'ha e se lo dà nella lotta per il diritto alla libertà. Che, oggi come oggi, viaggia sul veliero pirata "Verità". Una discussione, in margine alle botte e calunnie inflitte a saccheggiati e disperati che manifestano, tra il conduttore Francesco Toscano, il giornalista sottoscritto, l'economista Ilaria Bifarini, una che sa distinguere tra economia che fa il gioco (truccato) di quelli "di sopra" ed economia al servizio di quelli "di sotto", ed Enrico Montesano.
Se protesti sei ultradestra, se non fascista, quindi picchiabile
Montesano, per le sue posizioni ostinate e contrarie, potrà anche essere ostracizzato, escluso da tutti i programmi, sbeffeggiato da "negazionista". Basta il suo esempio etico, libero e critico, per seppellire nell'indegnità tutti i sandwich men dello spettacolo assoldati e premiati dai manovratori.
Casarini, una vita pseudo
Quando l'acuto Francesco di "Visione TV" mi ha sollecitato sui potenziali paralleli con la macelleria cilena del G8, Genova 2001, mi è venuto in mente Luca Casarini. In quella sede non era il caso di approfondire il ruolo dell'ex-no global, ora globalista in servizio permanente effettivo e, come dicono gli inquirenti, retribuito. Ma qui non voglio farmi sfuggire l'occasione: Casarini è un caso paradigmatico. In ogni sua azione, sempre fortemente pubblicizzata, si è dimostrato interno alle direttrici della strategia per il Grande Reset. Indigenismo divisivo, Jugoslavia delenda est, tratta dei migranti, "dittatori"...
Con l'etichetta, via via, di "no global", "invisibili", "disobbedienti" "tute bianche" ha mandato in vacca ideologica una sacco di ragazzi e altri ne ha schierati sul fronte opposto a quello nel quale credevano di militare. Dalle sue casematte, i centri sociali "Pedro" a Padova, "Rivolta" a Porto Marghera, "Corto Circuito" di Roma e altri, partivano le incursioni para-no global, di solito collegate agli obiettivi molto global dello sponsor arcobaleno George Soros.
"Per l'umanità", contro il Messico
Prima della funesta sceneggiata di Genova 2001, ne avevo seguito la navigazione, allora terrestre, fino in Chapas. Una missione a sostegno degli zapatisti del subcomandante Marcos sotto il plauso del cavialcomunista Bertinotti, la benedizione del "prete disobbediente", cappellano delle tutine bianche, il simpatico Don Vitaliano e la supervisione dei bracci destri e sinistri del capo: un evanescente consigliere comunale, poi armatore, Beppe Caccia; e un'adetta alla legge e all'ordine, Wilma Mazza.
Giravo un documentario. Mi colse una certa perplessità quando il reverendissimo vescovo zapatista di San Cristobal de las Casas, Mons. Samuel Ruiz, ci sollecitò ad andare a liberare le donne di un villaggio chiamato Taniperlas. Ci andammo, ovviamente non se ne fece niente a vedere che quelli giravano con i machete. Capii poco più tardi che si trattava di villaggio protestante mentre, ça va sans dire, Samuel era cattolico e praticava l'evangelizzazione. Sotto sotto, la questione zapatista si risolveva in conflitto confessional-tribale.
Dell'indigenismo strumentale di Marcos, finalizzato a sabotare la marcia del Messico, con Lopez Obrador, verso un Messico liberato da presidenti narcos e amerikkkani e il congiungimento con l'America Latina sovrana e antimperialista, s'è capito tutto. Per chi vuole capire. Tanto che oggi Marcos è svanito nel nulla, gli zapatisti si sono immiseriti in quattro o cinque "caracoles" autogestiti. Grande bluff, grande mistificazione, non per nulla adorata da Bertinotti. Ma AMLO, dopo due elezioni rubategli, anche grazie a Marcos, è presidente. E Biden è molto scontento.
Il radiofonico di Soros a Belgrado
Casarini e tute bianche ricomparvero a occuparsi di un'altra emergenza da interpretare in chiave zapatista, diciamo. Anni '90, la Jugoslavia in via di frantumazione e Belgrado prossima all'incenerimento. Lo auspicavano Berlino, il papa polacco, il valletto nato D'Alema, perfino il vecchio amico francese, mentre la Russia era distratta da Yeltsin. Lo praticavano, su case, ospedali, scuole, ponti, treni, musei, parchi nazionali, i cacciabombardieri di Aviano con le bombe al fosforo e a frammentazione. Applaudivano Alex Langer e Adriano Sofri con tutto il cocuzzaro dei preti e nonviolenti a Sarajevo.
Tute Bianche ospiti nella redazione di Radio B-92, l'emittente che il "dittatore" Milosevic lasciava blaterare contro di sè e la Serbia tutta. Era una delle radio della rete di Soros, quartiere generale ad Amsterdam, insieme agli ospedali etnicamente puliti di Teresa di Calcutta e alle università, altrettanto riservate agli albanesi, dello stesso Soros in Kossovo. Quando un gruppetto de noantri si recò in Serbia in solidarietà a un grande popolo resistente, condividemmo missili e bombe con la Radiotelevisione di Stato (17 morti), l'ambasciata cinese (3 morti), una serie di ospedali e scuole, totale 4000 morti, migliaia di morituri da uranio..
Casarini e i suoi, dopo aver diffuso schiammazzi antiserbi e filo-Nato da Radio B-92, s'erano già tolti di mezzo per proiettare in tutti i centri sociali del loro rango un edificante filmato di quella radio, dove se ne vedevano i redattori giubilanti che scagliavano ogni sorta di oggetti in testa ai veterani della guerra partigiana anti-nazifascista, in corteo sotto le loro finestre nella denuncia NATO=NAZI.
Genova 2001, idee roventi, scudi di plastica
Infine il G8 di Genova. Per giorni il casariname aveva promesso invasioni della zona rossa tramite ogni sorta di strumento funesto, aeroproiettili, assalti all'ultima tuta, sconquassi d'ogni genere, offrendo così al Metternich di turno il pretesto per allestire risposte ultra-proporzionate. Che si videro all'opera quando il corteo casariniano e i suoi scudi di cartone e plastica e le armi di polistirolo volarono per aria al primo contatto e i relativi guerrieri sparirono dalla scena in un batter d'occhio. Il prezzo lo pagarono quelli della Diaz, famiglie, manifestanti, perfino suore, Carlo Giuliani. Non lo pagarono i macellai alla cilena. Tutti in carriera.
Siamo, credo, all'epilogo. Quello del Luca Casarini, con ancora Beppe Caccia armatore, inquisito a Trapani insieme ad altri della stessa schiatta, appunto Save the Children, Medici Senza Frontiere e altri della riserva imperiale. L'accusa dice di essersi appropriato di mezzi atti a garantirgli affitto e champagne grazie al trasbordo combinato tra mercantili e la regina dei mari e dei salvataggi "Mare Jonio", dell'industriosa ONG "Mediterranea saving humans" in concorso con gli armatori danesi "Maersk".
La tratta che diventa "saving humans"
La crepa su coloro che, con la polena "diritti umani" sulla prua, da anni eseguono il munifico mandato globalista dello sradicamente di genti a fini di tratta e per far spazio alle multinazionali, è stata aperta dalle procure di Catania, Ragusa e Trapani, state sicuri che verrà chiusa in fretta. Lo strepitio per l'intercettazione di una cronista, pure lei a bordo dei "salvatori di naufraghi" da gommoni e barconi in perfetto stato di salute e precisi agli appuntamenti ha suscitato uno scomposto strepitio di indignazione della categoria e dei suoi rappresentanti. Lamentano che una cronista, navigatrice con gli inquisiti, sia stata ascoltata insieme agli interlocutori che la chiamavano. A norma di legge. Ma le categroria è ormai al di sopra della legge. Non meno dei sanitari e farmaceutici. Soprattutto di quegli arnesi al di sopra di tutto che sono la FNSI e Articolo 21, coloro che, tutti presi da Regeni, non hanno mai saputo niente nè di Julian Assange, nè di Byoblu.
Se volete farvi un quadro geostorico di Casarini e affini, collocatelo al centro con in mano "il manifesto", ai lati Amnesty International, Human Rights Watch, Save the children e affini; in prima fila, sul ginocchio destro, un po' di centri sociali dalla barba lunga e l'occhio strabico e intorbidito, Alla spalle, in alto, un ebreo ungherese con la cassa sottobraccio e l'aureola intorno al capo; davanti, dipinto da Ligabue, un grosso giaguaro. Titolo: "Jaguar and friends".
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