mercoledì 3 maggio 2023

PESARO COME WUHAN, BUFALA O VERITA’

 


VISIONE TV

https://www.youtube.com/watch?v=jWdbKYI4cag

https://youtu.be/jWdbKYI4cag

Cariamici, colleghi, compagni, passsanti,

Con Francesco Toscano alla conduzione e con Giulio Tarro, Angelo Distefano e la consigliera comunale di Pesaro Lisetta Sperindei, abbiamo discusso della manifestazione a Pesaro contro il progettato Centro Ricerche, o Biolab se preferite. Il sottoscritto era accerchiato.

So benissimo che con la mia posizione sull’evento, su chi l’ha organizzato e sul tema dei biolaboratori in Italia, mi sono fatto un sacco di avversari, critici, se non nemici (a giudicare dalla virulenza emotiva di certe reazioni). Succede quando si viola un tabù e quando si demolisce un totem.

Il tabù è la paura del virus e, subito dopo e insieme, del finto e pernicioso vaccino. Su questa paura si è innestato un processo alle intenzioni, come quelli alle streghe nel Medioevo, o ai no vax, no green pass, o “putiniani” oggi. Il tabù è la messa in discussione di un fatto aprioristicamente affermato come certo: il biolab, allestito da criminali provati, potrà produrre e diffondere virus letali, come Wuhan in Cina. Il totem è la paura del virus che tanti accomuna e che di uno stato d’animo collettivo fa rassicurante comunità. Tanto da oscurare ogni altra priorità: la guerra, la truffa climatica, la dittatura OMS in arrivo, lo sfascio programmato del paese con le famigerate autonomie degli egoisti, la strategia su vari piani della depopolazione, l’assalto davvero feroce al lavoro e ai lavoratori (1.maggio).

Quello di uscire dalla paura collettiva di un dato fenomeno è una necessità che comporta l’allargamento della propria visione del mondo e, dunque, una faticosa maturazione politica. Restare legati a quella paura monotematica si risolve in psicosi e rischia di essere manipolata da chi sa manipolare.

Sfatiamo il tabù. Si parla di biolab come quelli ucraini che gli USA vorrebbero disseminare in Italia. Non c’è lo straccio di un’indicazione che questo sia programmato, o stia succedendo. Ma basta a terrorizzare. Si afferma che il Centro di Ricerche di Trieste, modello di nequizia sanitaria, sarebbe impenetrabile e incontrollabile. E chissà quali orrendi esprimenti vi si praticherebbero (ovviamente sempre al congiuntivo). E’ un clamoroso falso da attribuire alla mania di scoop di una inviata della trasmissione “Fuori dal Coro”. Il centro triestino è aperto, visitabile da giornalisti, scienziati, politici, addirittura scolaresche e del tutto sotto controllo. Come tutti gli altri centri di ricerca. Si identifica ogni centro di ricerche, dallo Spallanzani (benemerito) al S. Raffaele, come laboratorio di armi biologiche che rischiano di essere utilizzate contro di noi, o che rischiano di scappare in mezzo alla gente, come a Wuhan.

Su Wuhan, anche in funzione geopolitica, si è raccontato tutto e il contrario di tutto. Su Fort Detrick, il biolaboratorio delle Forze Armate USA, da cui effettivamente sono usciti agenti patogeni (a partire dal lontano Antrace) e che ha dovuto essere chiuso, non senza aver provocato epidemie di malattie respiratorie nella regione (Maryland), né Fracassi, né altri hanno mai detto niente.

Lascio l’attenzione che vi resta alla visione della trasmissione. Chiudo qui, come nel programma di Toscano, con l’invito a superare il totem della paura, soprattutto quella senza basi accertate, e a strafarsi piuttosto di rabbia, indignazione e coraggio. Contro nemici certi, che non mancano. Quanto alle mie differenze rispetto al lavoro del collega Fracassi, ci sarà presto modo di spiegarle.

 

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