C’è ancora l’America Latina, chi l’avrebbe detto
SCOSSE
TELLURICHE DAL MESSICO ALL’ARGENTINA
https://www.youtube.com/watch?v=iyVp0wMj43s
Il Messico da Obrador a Claudia Sheinbaum, nel segno della
sovranità nazionale, dell’antimperialismo e dall’aggressività USA. Resta la
questione del Chiapas, dove, fin dai tempi del sedicente Subcomandante Marcos,
si manipolano le comunità zapatiste contro la sinistra messicana.
Il Nicaragua sandinista che supera l’ennesima cospirazione
colorata, con protagonisti la CIA, il Vaticano, i media occidentali.
L’Honduras, liberatosi dalla dittatura imposta con il colpo
di Stato di Obama nel 2009, continua la sua marcia verso un’autentica
liberazione dalle multinazionali USA, a dispetto del tentativo di
destabilizzarlo utilizzando bande criminali armate.
Il Venezuela, supera l’ennesimo golpismo USA, successivo a
elezioni vittoriose per la rivoluzione bolivaria, portato avanti dalle eterne
quinte colonne reazionarie, viene ora aggredita dal confine ovest da bande
armate mercenarie che la Colombia di Petro e il Venezuela di Maduro cercano di
contenere. Altro fronte a est, dove gli USA fomentano la militarizzazione della
Guyana contro il Venezuela che ne rivendica il possesso storico della regione
di confine.
Il Perù resta obiettivo strategico USA sul Pacifico. Dopo il
dittatore stragista Fujimori, il governo antimperialista e sovranista di Pedro
Castillo, tuttora carcerato ea dispetto di una rivolta indigena endemica, viene
abbattuto dal golpe di Dina Boluarte, presidente del parlamento, su istigazione
della Generale Laura Richardson, Comando Sud USA.
In Ecuador, dove la felice transizione, tra il 2007 e il
2017, da massima base Usa nel subcontinente a nazione sovrana e antimperialista
realizzata da Rafael Correa, la contesa in vista del ballottaggio è tra il
proconsole USA Daniel Noboa e l’esponente della Revolucion Ciudadana, Luisa
Gonzales, entrambi al 44% al primo turno. Perenne resta l’ambiguità della
formazione indigenista Pachakutik, al 5%, che incredibilmente non ha dato
indicazione di voto.
La questione più dolorosa per lo schieramento antimperialista
e bolivariano è data dalla Bolivia. Interrotto, con Evo Morales, tra il 2007 e
il 2019, il processo di riscatto dalle dittature imposte dagli USA, con un golpe
civile-militare, la sinistra antimperialista ha riconquistato il potere con un’inarrestabile
vittoria elettorale di Luis Arce, valente economista di tutti i mandati di
Morales.
Morales che, con la fuga in Messico e poi in Argentina al
tempo del golpe, ha perso molto del suo prestigio nella popolazione e,
specificamente, nel suo movimento MAS (Movimiento al Socialismo), ha poi
insistito per essere candidato unico alle prossime elezioni presidenziali,
contro il dettato della Costituzione, da lui già violato quando aveva preteso,
prima del golpe un terzo mandato. Los scontro tra le due fazioni della società
antimperialista, di Morales e Arce, ha lacerato il paese, mentre se ne vorrà approfittare
il solito settore nettamente fascista dei latifondisti di Santa Cruz, perenni
fomentatori di destabilizzazioni agli ordini degli USA.
Quanto all’Argentina, sta crescendo una sempre più diffusa
resistenza sociale al manovratore della motosega, Milei, che però, nel
frattempo, continua a segare tutto quanto corrispondeva a uno Stato e ai suoi
compiti verso il cittadino.
Il Brasile, con lo storico doppiogiochista Lula, si
barcamena. Si è rifiutato di riconoscere la vittoria di Maduro in Venezuela e, incredibile,
ha posto il veto all’ingresso di Caracas nei BRICS. Del resto, la sua prima
visita dopo l’elezione è stata a Biden.
Cina e Russia dappertutto. Ma non con basi militari e
lanciamissili ai confini tra USA e Messico e Canada (tipo Ucraina). Con accordi
di cooperazione paritaria su investimenti e lavori per infrastrutture, miniere,
scambi. Trump se ne sta preoccupando.
Eccetera eccetera.
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