Un
sanguinoso parapiglia di mercenari in parte sfuggiti ai loro datori di lavoro
pare portare a uno scompiglio imprevisto nella sistemazione della Siria che
sembrava completata con l’installazione al Damasco del capo del terrorismo
islamico – nominato indifferentemente e senza sostanziali differenze Al Qaida,
Al Nusra, ISIS, Daesh, Tahrir al Sham, e delle sue bande di tagliagole. Bande
che ho avuto il maledetto privilegio di vedere all’opera in una ininterrotta
orgia di atrocità contro civili, durante 12 anni di guerra su mandato Nato alla
Siria libera, democratica e socialista. Bande che hanno subito continuato
l’opera con la mattanza di centinaia di civili per la grave colpa di essere
alawiti, la religione del presidente Assad, o cristiani.
Oggi il
mercenariato druso di Israele, storicamente inserito nelle forze di sterminio
dei palestinesi, addirittura come reparti d’élite, è stato mandato a dar man
forte ai drusi di Siria che, al momento dell’invasione israeliana, si sono
immediatamente messi a disposizione di quello che è il vero obiettivo di Tel
Aviv, l’estensione della Grande Israele alla regione meridionale della Siria.
Il ruolo di
manovalanza e vivandiere che i mercenari curdi hanno svolto a favore della
stabilizzazione coloniale statunitense nel nordest della Siria, regione dei
giacimenti petroliferi e dei settori agricoli più produttivi, corrisponde
esattamente al ruolo dei drusi a servizio della colonizzazione israeliana.
Ne risentono
le altre fazioni impegnate nell’appropriarsi degli arti del grande paese arabo
mutilato, che contro Assad avevano giocato la carta del terrorismo islamista,
per anni radunato, sotto protezione e con armi e foraggiamenti di Erdogan,
nell’enclave nordico di Idlib.
Tra queste,
primeggiava la Turchia che, nella fase della conquista di Damasco sembrava aver
messo il cappello su quanto della Siria gli premeva di più: la capitale, Aleppo,
Oms, le città maggiori, la rappresentanza istituzionale con il terrorista Ahmed
Al Sharaa. Nel palazzo presidenziale sedevano gli stupratori e scuoiatori di Al
Qaida, braccio armato della Fratellanza Musulmana di Erdogan, onorato di vasti
riconoscimenti USA, Nato, UE.
E qui si è
verificata la prima, prevedibile crepa. Pensare che uno Stato criminale come
quello sionista, rotto a tutte le violazioni di tutti gli accordi, potesse
acconciarsi ad accontentarsi della sua fettina territoriale del bottino, le
falde del Golan e poco più, rivelava sacche di dabbenaggine nei vecchi compari
della mattanza: turchi e Isis.
Con il
risultato che Israele si permette impunemente di bombardare quanto si definisce
esercito siriano (nient’altro che le milizie terroriste ripulite) fino ai palazzi
dell’ex-tagliateste Al Jolani. E l’ex-socio terrorista, i cui compagni feriti
venivano riparati nelle cliniche del padrino Netanyahu sul Golan, non riesce
neppure a pigolare un lamento.
Altro esito
che Israele ritiene di poter tenere sotto controllo è l’imbarazzo di Trump e di
tutto l’establishment USA che si era precipitato a riconoscere il
regime-canaglia in cravatta democratica e a levargli sanzioni e nomea di
terroristi. E finchè Trump si limita all’imbarazzo e a qualche balbettio
sull’opportunità di moderazione, al massimo bubbone terrorista mediorientale gli
sarò pure perdonato se dà in testa ai terroristi, stavolta islamici, amici
degli USA, ma in seconda fila. Con Israele vale il detto Ubi major terrorista….
Ma dura
minga. E’ vero che ancora una volta Israele impazza e glielo lasciano fare. E’
un micropaese di 8 milioni di abitanti spaventati, stufi di bunker e attratti
dalla remigrazione (80.000 hanno lasciato il paese dal 7 ottobre, 10.000
si sono trasferiti in Grecia, 200.000 sono ancora evacuati dagli insediamenti
in Galilea colpiti da Hezbollah), minato al suo interno da lacerazioni sociali,
resistenza indomabile palestinese, umiliazioni missilistiche iraniane e
yemenite, repulsione morale e intellettuale mondiale. E’ uno Stato artificiale
con i piedi nella fossa.
Si dimenerà
nelle sue convulsioni di entità in crisi irreversibile, relegata nel disprezzo,
se non nell’odio di una comunità che, stavolta, si può davvero chiamare
internazionale- Si dimenerà e menerà ancora e sempre peggio, all’impazzata. Ma
ha il destino segnato. E solo questione del quando E se non Trump, gli USA ne
prenderanno atto. Lo dovranno fare al traino del resto del mondo. Come l’Ucraina, Israele è diventato mera
zavorra.
Resta, a
noi, infelici cittadini di un paese disastrato, sudditi forzati di un regime in
cui i recuperi nostalgici azzerano le distanze storiche e generazionali, da
rilevare l’enorme macchia fangosa nera nel quale galleggiano i nostri
governanti. Una macchia di vergogna composta di viltà, opportunismo, complicità.
Per 21 mesi
la nostra premier ha navigato, trasognata e con lo sguardo assente, o
abbassato, attraverso oceani di sangue, nequizie, trucidamento di bambini attratti
da manigoldi con in mano un pezzo di pane o un bicchiere d’acqua. Non ha visto
nulla, non ha rilevato nulla, non ha denunciato nulla.
Ci è voluto
l’attacco di questa canea di mostri a una chiesa della sua religione, il
ferimento di un sacerdote della sua nazionalità, perché trovasse quattro
frasette di circostanza su un degrado dell’integrità morale umana non visto in
millenni.
Quattro
frasette che in nessun modo ha voluto estrarsi dalla bocca per un’altra
connazionale, della più elevata qualità umana, ferita nel profondo attraverso l’assalto
indecentemente diffamatorio dei padrini, padroni, compari a cui Meloni si
associa e a cui obbedisce: Francesca Albanese.
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