John McCain, senatore repubblicano, candidato alla presidenza USA nel
2008, in missione in Siria con il leader dell’ISIS Al Baghdadi e altri
mercenari islamisti nell’assalto alla Siria.
ESTRATTI DALL’ARTICOLO
Nei
giorni scorsi abbiamo dovuto subire il tornado, ricorrente intorno a ogni
dannato 11 luglio, del trentennale del cosiddetto massacro, per molti
genocidio, di Srebrenica in Bosnia che, secondo i celebranti, sarebbe avvenuto
quel giorno dell’anno 1995, a conclusione della guerra di disfacimento della
Federazione jugoslava. Per inciso, nella furia di commemorare quell’evento,
arricchito costantemente di nuove macabre scoperte di salme dissotterrate e da
dissotterrare negli anni a venire, anche ben trent’anni dopo, neanche il più
rispettabile cronista o commentatore riesce a osservare almeno un frammento
della buona regola del dubbio, visto il cui prodest, o almeno dell’attenzione a
versioni altre del fatto…..
Che
pure ci sono. E abbondanti e autorevoli, condotte con strumenti di verifica
storica e scientifica. Tale è la disponibilità, tra indolenza, complicità e
assoggettamento a quanto prevale nella narrazione pubblica, irrobustita da
un’alluvione di immagini e testimonianze dirette, date per inoppugnabili. Ogni
voce alternativa, ogni seme di dubbio, magari della dimensione di un granello
di sabbia nel potentissimo ingranaggio, ha ormai assunto il carattere della
blasfemia. 8000 vittime s’è detto e 8000 restano.
E’
una cifra che fa colpo. Non per nulla sarebbero 8000 anche i curdi sterminati
da Saddam ad Halabja. Altro evento contestato, perfino dagli americani. Eppure,
se 8000 fanno genocidio, cosa fanno i 150.000 calcolati da Harvard e Lancet a
Gaza? Per Radio Radicale, 8000 sarebbero i trucidati dal regime siriano di
Assad. Qualcuno ha contato 8000 vittime del Covid a Wuhan e 8000 precise
sarebbero le vittime annuali dell’influenza in Italia e figuriamoci se non
erano 8000 gli ebrei italiani deportati in Germania, mentre quanti pensati che
siano, per Repubblica, i minori morti per incidenti stradali in Europa se non
8000? Come erano certamente 8000, prima ancora che qualcuno arrivasse munito di
pallottoliere, i morti del terremoto 2016 tra le impenetrabili montagne del
Nepal.
8000,
numero apotropaico, di quelli che servono ad allontanare i flussi maligni.
Quelli delle verità sconvenienti?
A
ogni false flag la sua guerra d’aggressione
Forse
Srebrenica meriterebbe un approccio più problematico, almeno circospetto, se la
si guarda incastonata in un mosaico dal quale spiccano vicende come
- Racak, il finto massacro di
45 falsi civili kosovari ed effettivi miliziani UCK, allestito da William
Walker, ambasciatore USA nell’OSCE, per innescare i bombardamenti del 1999.
False Flash smascherata da una squadra di anatomopatologi finlandesi.
- La False Flag allestita dai
servizi italiani (SISMI) nel 2001su mandato USA con documenti fabbricati che
avrebbero dimostrato come Saddam avesse acquistato dal Niger uranio arricchito
(Yellow cake) per la sua bomba atomica.
- Le “fosse comuni di
Gheddafi” nelle quali il leader libico avrebbe sepolto masse di oppositori, che
poi risultarono le normali fosse scavate nel cimitero di Tripoli in vista di
defunti.
- L' 8 giugno 1967, durante la
Guerra dei Sei Giorni, per forzare l’intervento USA, la nave spia
americana USS Liberty venne attaccata da forze aeree e navali israeliane
in acque internazionali al largo del Sinai, causando 34 morti e 171 feriti.
- Il 22 luglio 1946, camuffati
da operai e da inservienti palestinesi, membri dell'organizzazione terroristica
ebrea, Irgun, piazzarono un ordigno nell’Hotel King David, a Gerusalemme, sede amministrativa
e militare britannica. 137 tra morti e feriti. Fine del mandato britannico sulla
Palestina, inizio del terrorismo sionista in tutta la regione.
- 4 agosto 1964, il presidente
Johnson conferma che la corazzata USA Maddox è stata colpita da navi vietnamite
nel Golfo del Tonchino. A conflitto terminato, la NSA (Agenzia di Sicurezza
Nazionale) ammette che nessun attacco nordvietnamita si era mai verificato.
Costo della bufala: 58.220 soldati USA e 3 milioni di vietnamiti.
- Dicembre 1989, Timisoara. La
manovalanza dei manovratori della destabilizzazione dell’ultimo bastione
filosovietico e anti-gorbacioviano dei Balcani innesca una rivolta nella
cittadina rumena ed esibisce alla stampa internazionale 19 corpi, riesumati da
fosse comuni. Sarebbero parte di 12.000 uccisi dalla Securitade rumena. Tutto
dimostrato falso. A Natale Ceausescu e la moglie Elena, subiscono una sommaria
e barbara fucilazione.
- 21 agosto 2013, East Ghouta,
Siria. In piena aggressione NATO affidata al mercenariato Al Qaida-ISIS, oggi
collocato al potere da Turchia, USA e Israele, i media occidentali
attribuiscono all’esercito di Assad l’uso di gas tossici contro civili
uccidendo 1.400 persone tra cui molti bambini. Per Obama si tratta del
superamento della linea rossa. Le foto dei bambini risultano scattate mesi
prima, dopo un bombardamento NATO a Tartus. Investigatori dell’ONU e dell’OPCW,
l’ente addetto al controllo delle armi biologiche e chimiche, smentiscono che
gas siano stati utilizzati. Ma la bufala continua a essere diffusa.
.
La
lista potrebbe allungarsi fino a quasi segnare la motivazione di ogni
aggressione bellica ad andare indietro di secoli. Insomma è una prassi di chi
deve presentare un alibi per i suoi crimini di guerra. Concludiamo con due
grandiose False Flag, ahinoi ancora sventolate da alcuni tra coloro che si
ritengono affrancati dai condizionamenti delle mistificazioni: l’11 settembre
delle Torri Gemelle “colpite da piloti sauditi” (almeno due, la terza non si
sa…) e del Pentagono perforato, dove non c’era neanche un custode, o una donna
delle polizie, da un Boeing 757 riuscito a volare all’altezza dell’erba sul
prato antistante; e il 7 ottobre 2023 nella Palestina occupata, dove 1.200
persone e qualche decina di edifici sarebbero stati disintegrati, dai
Kalashnikov di Hamas e non dai tank ed elicotteri dell’IDF intervenuti in attuazione della “Dottrina Hannibal”
ufficialmente proclamata (come risulta da ripetute inchieste, anche di media
israeliani).
Sventola
la falsa bandiera chi non dovrebbe
E’
solo un breve elenco che, però, dovrebbe servire a creare un’ambiente favorevole
almeno alla diffidenza. La chiave per dare a questa diffidenza la dignità del
giustificato e fortissimo dubbio, è una domanda-bisturi, tratta dalla saggezza
antica: a chi conviene? Nei casi elencati, anzi, in tutti i casi di False Flag,
il raggiungimento degli obiettivi che la provocazione si era proposti, fornisce
una risposta chiara e incontrovertibile.
Vorrei
fondare queste considerazioni su due recenti esempi nella pubblicistica che si
pone come antidotica rispetto ai condizionamenti di massa. Srebrenica, appena
celebrato in mezzo mondo (occidentale) con ampie e ridondanti rievocazioni di
orrende atrocità e nefandezze serbe; e l’ISIS, o Al Qaida, o Stato Islamico (se
non è zuppa è pan bagnato, le diverse denominazioni servono a mascherare sotto
una pluralità di sigle un unico progetto strategico), divenuto subitaneamente
rispettabile e partneriabile, per aver tolto di mezzo l’ultimo grande e forte
paese arabo in grado di infastidire Israele e USA.
Srebrenica,
non solo una versione
Un
illustre magistrato, senatore, uomo di sinistra, confortato dalla cronaca
retrospettiva di un giornalista, ha contribuito, nella recente ricorrenza, a
ribadire e dare certezza, su un quotidiano degno di rispetto, a quella che,
secondo un numero riguardevole di ricerche, inchieste e testimonianze,
risulterebbe invece una mega-False Flag realizzata nel luglio1995 in Bosnia. Obiettivo
dell’operazione, giustificare il dissolvimento della Jugoslavia attivato da
NATO, UE e Vaticano, a partire dai primi anni ’90 e criminalizzarne il cuore
tuttora resistente, la Serbia.
Il
famigerato Tribunale Criminale per la Jugoslavia all’Aja, allestito,
equipaggiato e pagato dagli USA, quello che fece morire in carcere per mancanze
di cure cardiache Slobodan Milosevic per non essere riuscito a provarne alcun
“crimine di guerra o contro l’umanità”, avallò quella che fu un’invenzione del
presidente bosniaco Alija Izetbegovic, da lui stesso più tardi parzialmente
negata.
L’uccisione
da parte delle forze serbe del generale Mladic di nientemeno che 8000 uomini e
ragazzi assediati nell’enclave bosniaca della Serbia venne smentita da numerose
investigazioni indipendenti (di cui la stampa continua a non prendere atto). Venne
negata anche dai massimi responsabili ONU e CIA sul posto. Philip Corwin, durante
gli eventi il più alto funzionario ONU in Bosnia, l’ex-dirigente CIA Robert
Baer, in azione durante il conflitto, parlarono di una “frode gigantesca”, di
“manipolazione” e di “marketing politico”.
Prima
dell’arrivo delle forze serbe, truppe bosniache al comando di Naser Oric,
rifornite per vie aera dagli USA, avevano occupato l’enclave, pur dichiarato
zona demilitarizzata dall’ONU, e avevano compiuto una vasta “pulizia etnica”
nei vicini centri serbi. Qui furono documentate 1.500 uccisioni tra il 1992 e
il 1995. Ovviamente un massacro finito nelle pieghe oscure delle cronache. Che
però non poterono esimersi dal riferire della condanna di Oric per crimini di
guerra, con contorno di contrabbando e furto di aiuti umanitari destinati alla
sua gente. Condanna poi annullata. Da chi? Ma dall’affidabile tribunale
dell’Aja, no?
A
impedire la continuazione dei massacri, le forze serbe presero il controllo di
Srebrenica e evacuarono in sicurezza le famiglie musulmane, 20.000 persone,
verso campi profughi gestiti dall’ONU. L’evacuazione venne confermata da
inviati dell’americana AP (Associated Press) e, successivamente anche da
funzionari ONU.
Giorni
prima dell’arrivo del generale Ratko Mladic (oggi all’ergastolo all’ Aja
insieme al presidente della Repubblica Srbska, Radovan Karadzic), 12.000
miliziani di Naser Oric, per evitare lo scontro con le truppe serbe,
abbandonarono improvvisamente la città e si diressero in fuga verso la città
bosniaca di Tuzla, a 80km. Durante questo trasferimento vennero ripetutamente
attaccate dai serbi e persero in combattimento 2.000 uomini. Altri vennero
fatti prigionieri e poi scambiati con catturati serbi.
Nel
2021, un accurato studio dello storico israeliano Gideon Greif conferma che non
c’+è stato massacro e, tanto meno, genocidio e che la maggioranza dei
musulmani, al netto di alcuni episodi di rappresaglia per le stragi di Naser
Oric, caddero in combattimento durante la marcia da Srebrenica a Tuzla. Si
afferma anche che a Pilica, 50 km a nord di Srebrenica, 1000 musulmani
sarebbero stati giustiziati. L’inchiesta forense scoprì solo 150 corpi e che le
vittime erano state uccise da un contingente croato sotto controllo
dell’intelligence NATO. Resta misterioso anche il dato che decine di nomi di
presunte vittime ricomparvero più tardi tra i candidati in elezioni della
Bosnia Erzegovina.
Agghiacciante
l’ammissione del Capo della Polizia di Srebrenica, confortata da analoghe
dichiarazioni di funzionari musulmani, secondo cui il presidente bosniaco
Izetbegovic li avrebbe informati confidenzialmente che l’improvvisa evacuazione
di Srebrenica faceva parte di un accordo con il presidente USA, Bill Clinton.
Clinton avrebbe detto a Izetbegovic che un intervento NATO (il successivo
bombardamento) sarebbe stato possibile solo se ai serbi della Bosnia fosse
stato imputata l’uccisione di almeno 5.000 musulmani a Srebrenica.
Al
tentativo di far fuori la Serbia, ultimo intralcio alla “normalizzazione” NATO
e UE dei Balcani occidentali, prima guerra intraeuropea con vista sull’URSS,
tentativo che, come si vede, continua tuttora in vari modi, diede un contributo
decisivo il nostro governo “de sinistra” D’Alema-Mattarella. Non pare che
questi responsabili abbiano mai fatto ammenda, o pagato per questa pesante
responsabilità. Anzi.
“Campi
e mercati della morte, tutti serbi”
Srebrenica
non fu che il culmine di una campagna di false flag finalizzate a preparare il
terreno alla guerra totale poi lanciata, alla fine del secolo, a partire dalla
consegna della provincia serba del Kosovo a bande di tagliagole, trafficanti di
droga e organi, sotto patronato NATO e dall’espulsione di complessivamente
700.000 serbi dalle loro terre in Kosovo e nelle Krajine, poi croate.
In
precedenza, 1992, c’erano stati i cosiddetti “campi della morte” serbi a
Trnpolje in Bosnia. Tre giornalisti britannici visitano un campo di prigionieri
bosniaci e rilevano l’ottimo trattamento loro riservato. Ma poi trovano persone
libere all’esterno del campo e le riprendono attraverso fili spinati che
circondano un magazzino, filmano un musulmano emaciato, gli chiedono di togliersi
la maglia. Muore poco dopo di tubercolosi. Ma passa per vittima dei “campi
della morte”. L’inganno viene documentato da un giornalista tedesco nel 1997. Non
se ne parlò più. Lo stesso Izetbegovic, poco prima di morire: “Non c’erano
campi della morte serbi”. Ma intanto, su quello spunto, iniziarono i raid
NATO, a partire dalla no-fly zone.
Per
non dilungarmi, salto l’universalmente accreditato “Massacro del Mercato di
Sarajevo” o “Massacro del pane”1992-1995, il tiro al piccione sullo stradone al
centro di Sarajevo che per anni sarebbe stato operato da cecchini serbi. Mi
limito a ricordare che la Missione di Protezione dell’ONU giunse alla
conclusione che questi attacchi “sono stati probabilmente allestiti dalla
fazione bosniaca musulmana per ottenere consenso internazionale al proprio
progetto e un intervento militare risolutivo”. Questi rapporti non sono mai
stati resi noti. In compenso, sull’onda propagandistica scatenata, veleggiarono
verso Sarajevo, a sostegno della demonizzazione dei serbi del “dittatore
Milosevic”, migliaia di benintenzionati, tra frati, umanitari, ONG sorosiane, cooperanti
e falchi mediatici.
ISIS
contro, o per, l’Occidente?
Qui
l’inversione dei fattori con il rovesciamento del risultato nel suo opposto, è
troppo grosso. E troppo grosso è il personaggio che questo pesantissimo
capovolgimento del reale ha voluto sollevare e scagliare addosso a un’evidenza
da frantumare. Ci arriverete da soli a chi è.
Chi pensa ancora che, a
partire dall’11 settembre e poi dalle successive guerre colonialiste, o di
distruzione di popoli e paesi, di cui quell’evento è preso a giustificazione,
l’estremismo terrorista islamico abbia giovato all’Islam e non piuttosto, e
alla grande, a coloro che le nazioni islamiche le hanno attaccate una dopo
l’altra? Chi può ancora pensare che, impadronendosene, o rendendole macerie e
caos, al meglio preda di predatori multinazionali, l’Occidente abbia inteso
combattere l’ISIS? O Daesh, o Al Qaida, o Al Nusra, o Tahrir al Sham, ora,
dagli stessi “nemici dell’Islam terrorista” posti al potere nell’ultimo grande
Stato resistente islamico, ma laico?....
Questo
“chi”, a cui rivolgo la domanda, non ricorda come, nel corso di tutti i 13 anni
di guerra USA-NATO-Turchia-Israele alla Siria, i proxy operativi di questo
conflitto su procura, appunto gli Al Qaida et cetera, venissero addestrati nei
campi del protagonista NATO in Medioriente, Recep Tayyip Erdoğan? O in quelli
del vassallo monarchico della Corona Britannica, re Abdallah di Giordania? E il cui soldo arrivava dagli stanziamenti
sauditi e pentagonali. E i cui feriti nel conflitto si ritrovavano salutati ed
elogiati dal premier Netanyahu in confortevoli cliniche e centri di
riabilitazione sul Golan occupato?
Ma
chi è partito da Bengasi, inalberando bandiere nere con scritte coraniche, per
buttare giù un leader e un popolo che erano riusciti a rasentare benessere,
felicità e sovranità, infastidendo enormemente il globalismo dei pochi con
zanne sui tanti sdentati? In Siria? In Iraq? In Libia?
Non
vi pare, guardando anche ai vari attentati islamisti compiuti qui e là in
Europa e fuori, che questi orrori e la sempre incombente minaccia abbiano
operato come un virus pandemico, o come il rischio di arrostire su un pianeta
surriscaldato, o come l’imminente invasione dei bruti russi con i loro tank a
rifornirsi dal benzinaio nel Vaticano? O, anche meglio, come i fascisti al
guinzaglio dei Servizi di Stato e Alleanza quando venivano sguinzagliati per
varie stragi? Che, cioè, la paura collettiva suscitata dovesse lubrificare un
recupero del disciplinamento sociale funzionale al saccheggio capitalista e al
mantenimento di quell’ordine.
Ebbene,
c’è chi scrive, guardando il mondo a testa in giù, che “Lo Stato islamico è
stato sconfitto nel 2019 da una coalizione di 14 Stati, con l’aiuto
dell’aviazione statunitense”. Quei 14 stati euroatlantici che dal
terrorismo islamico hanno tratto il beneficio di una rinascita neocolonialista
e il pretesto per stabilizzarsi al potere.
Sono
già lungo e non entrerò in tutti i dettagli su come questo portbandiera dei
corifei di un terrorismo islamico autogerminato per condurre lo scontro
definitivo di civiltà come auspicato e poi avviato dai molto operativi teorici
del Deep State, a partire dal loro profeta, Samuel Huntington.
Il
nemico che fa fuori i nemici dell’Occidente
L’esimio
studioso arriva a vedere nell’Isis, o in altre forme dell’arcipelago
terrorista, il grande nemico degli USA e dell’Occidente tutto, proprio come
formulato dai neocon in vista dell’11 settembre e a seguire posto a base del
PNAC, Programma del Nuovo Secolo Americano, quando si programmava la
distruzione di ben sette Stati arabi e islamici e, di conseguenza, una strada
libera per la neocolonizzazione di interi continenti e, nello specifico, per l’egemonia
imperiale del Grande Israele in Medioriente.
L’esimio
studioso trae dalle lezioni dell’ineguagliabile scuola di diplomazia del suo
Ordine, sempre peraltro a fianco dei poteri costituiti, la certezza che i
miliziani Isis scoperti nei paesi del Sahel erano lì per combattere la civiltà
occidentale, in questo caso rappresentata dalle truppe e imprese francesi e
NATO impegnate nella rapina delle risorse di quella regione (uranio, oro,
petrolio, rame ecc.). Quando, in anni recenti, i popoli di Niger, Mali, Burkina
Faso, Guinea, Chad, ritennero giunto il momento di cacciare i colonialisti,
guarda caso, questi confusionari dell’ISIS intensificarono gli attentati
terroristici, ma stavolta apertamente contro i nuovi governi sovrani. Che la
loro precedente presenza fosse servita a giustificare il guinzaglio militare
colonialista? Il dubbio (dubbio?) è lecito.
Tutto questo per “minacciare
come in passato l’Occidente”.
Se
poi uno va a sfrucugliare il retroterra dell’esimio studioso, si imbatte nella
solita ferrea coerenza anche per quanto riguarda l’ormai screditatissima
(perfino in Israele) narrazione del 7 ottobre 2023 di Hamas che “uccide 1.200
persone e ne rapisce 250”. Cosa che, insieme alla vittoria dell’ISIS a Damasco,
avrebbe consentito a Israele assediata (sic) di finalmente “tagliare l’anello
di fuoco che l’Iran gli aveva costruito intorno”. Segue tutto un gioire per
come, “grazie all’assistenza degli USA, Israele sia riuscito a resistere agli
attacchi missilistici iraniani, contrattaccare con successo, distruggendo per
rappresaglia le difese aeree iraniane”. Dove correttezza e onestà
dell’esimio sventolatore di False Flag gli consentono di invertire disinvolto
l’ordine della successione di chi aveva attaccato e di chi aveva risposto.
Notevole il risultato politico.
Come
anche quello ottenuto citando “la fine della guerra su entrambi i fronti grazie
al cessate il fuoco stipulato da Israele con Hezbollah e poi con Hamas”.
Cessate il fuoco constatato solo dall’esimio studioso, ma non osservato da
Israele neanche per 10 secondi, né in Libano, né sugli altri sei fronti su cui
esercita la difesa della civiltà. Cosa di cui pare non aver contezza.
…. Concludendo,
amaramente: se le False Flag per promuovere a forza di guerre ed eccidi gli
interessi del potere imperialcapitalista e le briciole per i suoi alleati,
rappresentano un apice di nequizia, chi di questo meccanismo da vannamarchi al
sangue si fa legittimatore tra le nostre fila, a quale vertice può ambire?
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