lunedì 2 dicembre 2024

Conflitto sociale contro guerre, guerre contro conflitto sociale--- --- “TUTTO IL MONDO STA ESPLODENDO…” C

 


Conflitto sociale contro guerre, guerre contro conflitto sociale

“TUTTO IL MONDO STA ESPLODENDO…”

Canale Youtube di Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=YqyZn-bORJc

https://youtu.be/YqyZn-bORJc

 

Eve of Destruction” (Era della distruzione, 1965) di Barry McGuire, nella versione di Lotta Continua del 1970: “Tutto il mondo sta esplodendo”. https://youtu.be/qQ0VPHdtcHA

 

Ho sbraitato alcune frasi sconnesse, come suole, dal soundsystem mobile della Resistenza palestinese, sul quale alcuni compagni generosi avevano voluto issarmi. Per questo mi permetto di integrare e dare un po’ di senso a quanto da lissù mi è stato concesso l’onore di gridare.

La manifestazione dei 30.000 per la Palestina – e non solo -  sulla quale i soliti burloni da strapazzo del baraccone fascistoide hanno voluto inventarsi che sono stati inquinati da episodi di “cretini violenti” (copyright del solito cretino dei Trasporti), ha avuto un significato di una portata enorme. Non so in che misura tutti noi e chi ci ha osservato da vicino e ci ha sentito e letto da lontano, abbiamo saputo accorgercene. Vorrei darne una veloce lettura.

Ma prima voglio, pur nella felice leggerezza e nel ricco stimolo alla riflessione regalatici dal formidabile corteo, precisare una cosa. Mi aggiro dalle parti della Palestina da 60 anni. Ne ho conosciuto gli eroi e le vittime di un genocidio che dura dal 1947. Ne ho anche condiviso il combattimento. Ne ho osservato i pochi accondiscendenti allo stato delle cose imposto dai carnefici, chi si accomodava sullo strapuntino a reggere il moccolo per quelli in poltrona muniti di pallottole e bombe, e a spegnerlo per quelli rimasti fuori.

Ebbene, ve ne erano, all’insaputa dei più, bene manipolata, anche alcuni che su questa manifestazione di intrepidi e integri ha voluto mettere un suo berrettino. Poco male, Gaza, la Palestina, una storia di irriducibile vita all’insegna del giusto, del bene, del bello, sono diventati lo spicchio romano del cielo che si va allargando sul mondo, il sangue nelle sue arterie.

Ai miei tempi c’era chi ripeteva, fino a provare a sfinirci tutti, “Unità – unità – grande unità”. Magari non ci sfinì, perché eravamo molto lucidi allora, ma impedì che si sfinissero loro, quelli muniti di gendarmi e di false flag (anche se allora si chiamavano diversamente: terrorismo di Stato, nero o “rosso”). Noi rispondevamo: bella l’unità, forte l’unità, ma dipende con chi e per cosa. Quello è il criterio.

Nel corteo spiccavano le facce e i comportamenti, oltre a quelle dei fratelli palestinesi, di una rappresentanza di italiani, mai così folta, dei ceti aggrediti e calpestati, proprio come, in altro contesto e con altre modalità, vi sono e lottano altri aggrediti e calpestati Calpestati, stavolta, fino a essere schiacciati a morte, palestinesi, libanesi, siriani, yemeniti, iracheni, arabi in lotta.

Popoli proletari, voluti deboli e impotenti, qui rappresentati da ragazzi, donne, uomini voluti deboli e impotenti. Quelli della guerra fasciocapitalista ai proletari, sottoproletari, ceti medi impoveriti e minacciati in quanto gli resta (e gli è tolto) di benessere, democrazia, autodeterminazione, pace.

Contro la guerra, conflitto sociale. Anche nell’accostamento con lo sciopero generale del giorno prima, indetto da tutti, storici e di base, tranne da uno perennemente quinta colonna, e riempito di contenuti dai milioni che gli hanno dato corpo, finalmente, dopo trent’anni che i grandi sindacati erano, un po’ come certi collaborazionisti a cui sopra si è accennato, solo chiacchiere e distintivo.

Conflitto sociale contro la guerra, da ribaltare il paradigma, dettato dall’eterno nemico, della guerra contro il conflitto sociale.

Tutto era placido e ordinato, da noi nei primi decenni del dopoguerra. Poi partì una rivoluzione mondiale, simboleggiata dall’Algeria afro-araba e culminata con il Vietnam asiatico, con forti scossoni in America Latina. Ci mostrò che potevamo, anche noi, procedere da svegli e coscienti, a condizione di lottare, nelle piazze come loro nelle trincee. Dalle guerre di liberazione, dall’averle conosciute e sostenute, imparammo di affiancarvi il conflitto sociale. E fu in tutto il mondo il decennio ’68-’77. E ovunque le gerarchie cambiarono e chi era subalterno e rassegnato maturò una nuova consapevolezza di sé, degli altri e dei padroni.

Oggi succede la stessa cosa a fattori invertiti, ma il risultato promette di essere quello. Allora era la decolonizzazione e l’antimperialismo e l’anima si chiamava Vietnam. Oggi è la decolonizzazione e l’imperialismo e l’anima è la Palestina. La guerra dei padroni vorrebbe essere quella della rivincita, i popoli rispondono con la resistenza, noi con il conflitto sociale. Di classe. Di popolo.Tutto il mondo sta esplodendo.

Mi sembra che dalla magnifica giornata romana di sabato 30 novembre 2024 si possa trarre questa conclusione.

Grazie Palestina, libanesi, arabi in lotta. Ce n’est che le debut.