martedì 10 dicembre 2024

Fratelli Musulmani, il nostro agente a Damasco--- --- LA PRESA ALLA GIUGULARE ARABA

 


Fratelli Musulmani, il nostro agente a Damasco

LA PRESA ALLA GIUGULARE ARABA

 

“CALEIDO, il mondo da angolazioni diverse”. Francesco Capo intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=nD8CVPxnlHU

https://youtu.be/nD8CVPxnlHU

E su questo e altri temi QTV - https://www.quiradiolondra.tv/live/ e sul digitale terrestre 244, alle 20.00, martedì e venerdì.

 

Ha cominciato Goffredo da Buglione, nel 1099, prima crociata, col massacro dei musulmani a Gerusalemme. Ha proseguito Riccardo Cuor di Leone, nel 1189, Terza Crociata, con la strage di 3000 musulmani, uomini, donne, bambini (Saladino non aveva toccato capello alla popolazione cristiana). E poi, via via, altre crociate, fino a Lepanto, fino al Kosovo, alla Bosnia. Fino alla Palestina, al Libano, all’Iraq, alla Libia. Fino a Damasco.

Non so se l’Occidente cristiano abbia potuto avvalersi, nelle sue millenarie crociate, di una quinta colonna araba, accreditatasi tra gli eterni aggrediti grazie alla comune religione. Fede consistente, al pari di gran parte delle religioni,  in una paccottiglia di superstizioni finalizzate al potere, ai massacri di genti da eliminare e di terre e risorse da predare.

Stavolta, però, di una simile quinta colonna abbiamo l’evidenza addirittura autoproclamata e dagli aggressori riconosciuta e celebrata: i Fratelli Musulmani. Creata nel ventennio del secolo scorso a Londra, costruita la sua base nell’ Egitto, protettorato britannico, con l’intento del colonialismo in crisi di opporre una forza e una motivazione alla travolgente crescita della coscienza nazionale araba, quella già del Saladino, poi compressa da bizantini e ottomani, la Fratellanza Musulmana ha coronato il suo percorso con il trionfo in Siria.

Imponendo ai colonialisti in ritirata la propria costituzione in singole nazioni libere, sempre puntando lo sguardo all’ambita unità, dal Golfo Persico all’Atlantico, di popoli accomunati da visione, volontà, storia, lingua, religione, cultura, gli arabi erano riusciti a scippare all’ennesima “crociata” europea le spoglie dell’impero ottomano.

La quinta colonna, mimetizzata nella forma islamica più radicale per sedurre grazie a un più militante contrasto con il colonialismo degli “infedeli”, viene messa all’opera allora. Subisce una lunga serie di rovesci grazie all’affermazione, qui come in altre parti del mondo colonizzato, delle istanze nazionali e alla cacciata dei propri sponsor europei, poi atlantici, poi euroatlantici. Accende focolai eversivi da Bengasi in Libia, a Hama e Daraa in Siria, destabilizza o recupera al neocolonialismo regioni africane come il Sahel o la Nigeria, si afferma al potere in Sudan, però in versione anti-occidentale e, brevemente, in Egitto con Mohamed Morsi. Qui l’ormai consolidata coscienza laica lascia al presidente fratello musulmano appena 12 mesi di dittatura della Sharìa, accompagnata a una feroce repressione di lavoratori e della comunità cristiana copta.

Al suo successore, laico e votato al multipolarismo, frequentatore di Mosca e sostenitore del legittimo governo libico esiliato a Bengasi, hanno buttato tra i piedi una rivolta jihadista nel Sinai e, con riferimento all’ENI, il corpo di Giulio Regeni.

Abbiamo ben presente la Libia mandata al macero dall’aggressione NATO innescata dalla sollevazione di bande jihadiste nell’Est del paese e poi affidata allo stesso brigantaggio terrorista per la rapina delle risorse energetiche, la balcanizzazione del paese, il controllo, quanto meno, della capitale e la gestione di un’emigrazione, se non coatta, quanto meno indotta.

In Iraq questo mercenariato della riconquista coloniale, in presenza di interventi militari diretti (gli ultimi, ad oggi, in prima persona), si è limitato a svolgere la funzione della sussidiarietà. Ha assunto la forma del presunto nemico (lo Stato Islamico) contro cui intervenire per aver modo di bombardare a morte il paese, al tempo stesso sostenendo gli infiltrati dall’aria con rifornimenti di armi e mezzi.

Al termine del primo decennio di questo secolo, il conflitto tra l’Occidente della “remontada” colonialista e il resto del mondo trova i suoi spazi operativi nell’ eliminazione dei titolari delle risorse energetiche. Alla faccia dei giochi propagandistici, di distrazione di massa e di ingegneria sociale, attorno al cambiamento climatico e alle “rinnovabili”, si recidono i legami energetici, gasdotti ed oleodotti, tra Russia ed Europa. Legami oltretutto tali da consolidare, in negativo per l’Impero, i rapporti tra un nemico da disintegrare e un nemico da rendere innocuo sul piano geopolitico ed economico.

In Medioriente la quinta colonna della Fratellanza Musulmana è al potere con i tiranni reali della dinastia Al Thani (parto britannico) in Qatar e con Erdogan (massima – e leale - colonna Nato fuori dagli USA) in Turchia. Viene attivata nel momento dell’offensiva anti-russa e anti-europea in Ucraina. Offensiva che vede l’Europa dissanguarsi nell’inutile armamento all’Ucraina e perdere le fonti del suo benessere, sviluppo e ruolo, con l’esplosione CIA dei gasdotti nel Baltico.

A Sud, operando nella stessa direzione, i Fratelli Musulmani di Qatar e Turchia avevano attivato la pipelina dall’Azerbaijan attraverso Turchia e Grecia (Nato) al Salento in Puglia (TAP) e tentato di creare l’altra, dal Qatar via Siria, Turchia all’Europa e a Israele. La prima era stata imposta con gravi danni al territorio, tranquillamente tollerati visti i governi che ci ritroviamo a nostra insaputa, nonostante un’opposizione di anni delle popolazioni locali. La seconda, visto il governo che loro avevano, era stata esclusa da Damasco. Perché fare un favore a gente che ti fa le scarpe da tutti i punti di vista?

La Siria di Bashar el Assad aveva avuto l’improntitudine di opporre l’alternativa di un’altra pipeline, “antimperialista”: quella dall’Iran attraverso l’Iraq e la Siria, fino al Mediterraneo.

Nel primo caso il rubinetto sulle forniture agli europei stava in Azerbaijan e Turchia e, nel secondo, in Qatar e Turchia. La decisione su apertura o chiusura, con relativi effetti di ricatto e controllo, stava saldo in mani statunitensi, di Wall Street e delle compagnie lì accreditate. E in ogni caso restava obsoleta e geopoliticamente neutralizzata la “lifeline” energetica, indigesta solida base di buoni e reciprocamente proficui rapporti, tra Russia ed Europa.

Una “lifeline” alternativa tra Iran, Iraq, Siria ed Occidente, avrebbe pesantemente inciso sul progetto unipolare, ridando a europei e molti altri la facoltà di autodeterminarsi in materia economica e, quindi, politica. Cosa che, in tempi di BRICS, andava neutralizzata con le buone e con le cattive. Si è fatto ricorso alle cattive, dato che la Siria di Assad, diversamente dall’Europa di Meloni, Macron, Starmer e Scholz, non ci stava.

La neutralizzazione è stata affidata alla collaudata Fratellanza e al loro braccio armato che, per quanto terrorista, tagliagole, oscurantista, corrotto, tirannico, pronto a ogni nefandezza, ha dalla sua il consenso, il compiacimento e la disponibilità di soccorso in armi, denaro e rivestimenti democratici, dei loro pari con Stelle e Strisce e Stella di Davide.

 Dei quali ultimi la cronaca ci conferma l’assunto: Grande Israele: un passetto avanti in quella direzione approfittando del bailamme creato dai compari turchi, Jihadisti e curdi. In due giorni sono scesi dal Golan occupato e si sono presi un territorio vasto già come il doppio della Striscia di Gaza, fino a 40 km da Damasco. La travolgente avanzata dei terroristi democratici ci aveva fatto trascurare le incursioni di terra di Tsahal, ancora grondante sangue palestinese, e i 350 raid aerei su una Siria da desertificare, anche alla faccia dei subalterni della Fratellanza musulman-sionista di Al Qaida-Hayat Tahrir Al Sham, come di curdi, drusi, turchi e chi altro s’impiccia.

Chè poi alla Siria ci penseranno i coloni.

 

 

 

 

 

 

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