venerdì 13 dicembre 2024

Terrorismo, arma fine del mondo --- .--- DA PIAZZA FONTANA AL BATACLAN DAL BATACLAN A DAMASCO

 

Palmira dopo il passaggio di Abu Mohammed Al Jolani, nuovo leader di Siria

 

“Il ringhio del bassotto”. Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=dKsw54spxfw

https://youtu.be/dKsw54spxfw

 

Le foto che vedete qui sopra sono del sito archeologico più vasto e prezioso della Siria: i resti di Palmira, chiamata “La sposa del deserto”, capitale nel III secolo del Regno della Regina Zenobia. Nel 2013 coloro che ora ci vengono rifilati come reggitori della nuova Siria democratica, la rasero al suolo.

Nel corso delle scorribande necrofaghe dei mercenari jihadisti di Turchia, Israele e USA, il 18 agosto 2015 Khaled al Asaad, direttore degli scavi che non aveva voluto abbandonare i tesori da lui curati, fu ucciso sulla piazza di fronte al museo della città nuova di Palmira (poi Tadmur), e in seguito il suo corpo decapitato fu esposto al pubblico, appeso a una colonna. Una delle imprese vantate dall’attuale “liberatore” della Siria dalla “dittatura” di Assad, Ahmed al Sharaa (già Abu Mohammed al Jolani), tra mezzo milione di siriani uccisi in battaglia e civili trucidati, bruciati vivi, scuoiati, appesi a facciate e alberi, affogati chiusi in gabbie, stuprati, squartati, fatti circolare.

Atrocità tutte documentate da video diffusi dagli esecutori tra di loro, a glorificazione delle proprie imprese e tra la popolazione, a scopo di intimidazione e terrore. Sono state le stesse famiglie, a Homs e poi a Damasco, di molte delle vittime a mostrarmene le immagini ricevute sui cellulari. Salvo poi a ritrovarmi direttamente tra i frammenti umani e i rottami di un autobus o un edificio saltato.

La stessa mostruosità subumana, reclutata, armata, pagata e lanciata contro la Siria da coloro che oggi ne celebrano la “liberazione”, in pieno festino di uccisioni, saccheggi e devastazioni bombarole sioniste e statunitensi, ha poi perseguito in Iraq, a Mosul, la distruzione di una civiltà millennaria, laboriosamente e amorevolmente restaurata e custodita.

Lì le vittime, di cui potete ammirare la bellezza nei miei documentari sull’Iraq integro e poi aggredito, sono state le inenarrabili testimonianze della civiltà assira a Ninive, Nimrud, e nella stessa Mosul. Erano le gemme dei regni arabi di Sennacherib, Nabucodonosor, Assurbanipal, popoli dai quali ci fu poi regalata la conoscenza della civiltà greca, madre, oggi stuprata, della nostra anima.

I bombardamenti a tappeto USA affiancarono poi il lavoro commissionato allo Stato Islamico, o ISIS e oggi Hayat Tahrir al Sham, di annientamento delle identità nazionali, della consapevolezza di sé e della conseguente autostima dei portatori di questa ricchezza umana.

Mosul fu infine liberata e parzialmente salvata dagli stessi iracheni della Unità di Mobilitazione Popolare, combattenti contro l’occupazione, poi attivi anche in tutta la regione sottoposta al nazionicidio israelo-americano.

A Damasco sono ricicciati i famigerati Caschi Bianchi, ONG inventata dai servizi anglosassoni, impegnata nel corso del massacro jihadista, fino a che non vi pose fine l’intervento russo, a scovare e diffondere atrocità da attribuire al governo siriano. Se ne ricorda la scomparsa in seguito allo smascheramento delle loro operazioni, tipo quel salvataggio di bambini da sotto le macerie i cui video sfuggiti rivelarono come fossero stati sepolti dagli stessi Caschi Bianchi e ricoperti di polvere all’atto del recupero.

Stavolta hanno contribuito a scoprire le inevitabili e decisive fosse comuni, le stesse inevitabilmente “scoperte” (come, doverosamente, anche gli stupri) dopo la caduta di Gheddafi, Milosevic, Saddam, o di qualunque resistenza antimperialista. Sono quelle in cui si sarebbero accumulate le vittime degli stermini di migliaia di prigionieri nel carcere di Sednaja, l’invenzione, al culmine dell’aggressione, subito annientata dalla comparsa in vita dei presunti trucidati e da testimonianze di congiunti che ne dimostrarono la caduta in combattimento.

Altrettanto inevitabile la riscoperta dell’uso di armi chimiche da parte di Assad, nel ripetutamente resuscitato episodio di East Ghouta, dove i gas avrebbe fatto strage addirittura di bambini. Non è bastata l’esibizione delle foto, già circolate, di questi bambini, morti in un precedente bombardamento a Latakia, e poi definiti vittime delle armi chimiche siriane. Per mettere a tacere quanto ora viene rilanciato ci volle l’inchiesta dell’organismo ONU per le armi chimiche (OPCW) che ne smentì ogni uso a East Ghouta.

Tant’è- Ma non per i nostri media, mercenari corrotti oltre ogni misura, peggio dei nuovi governanti democratici di Damasco. Qui abbiamo quella sussidiarietà salvifica che, con la metempsicosi all’incontrario di quella di Kafka, da scarafaggio a finzione umana, deve far evolvere tagliagole psicopatici in partner di diritti umani all’occidentale. Missione assegnata: l’uccisione di una nazione bimillenaria di altissima civiltà.

Dopotutto la priorità deontologica e democratica è seppellire sotto quanto si va e si continuerà ad andar “scoprendo” dai liberatori della Siria, su precisa mappatura CIA e Mossad, qualcosa come i 14.000 bambini uccisi dalle bombe e dalla fame a Gaza, nominativamente identificati (denuncia Unicef), che si sommano ad almeno altrettanti scomparsi sotto le macerie e dunque ancora senza nome e a tanti di più programmati da Netaniahu all’estinzione tramite fucilate mirate, epidemie, ferite non curate, denutrizione.

Nascondimento che finisce nel grande buio dove già si trovano i milioni di vittime ucraine, arabe di varia nazionalità, di mezzo mondo per sanzioni dovute a mancata obbedienza, sottosviluppo coatto. 50 milioni, come qualcuno calcola, dal 1945 ad oggi.

Vi sembra improprio il titolo che ho dato a questo scritto?  Credete davvero che non ci siano familiarità, consociazione, comune padrinaggio, comune sponsorship e spesso comune manovalanza e sempre comune direzione artistica e regia, tra quanto e quanti hanno voluto tenere paesi e popoli sui binari e ai comportamenti assegnati?

In Siria, Libia, Iraq e tanti altri paesi, lo strumento sono stati e sono i terroristi islamici. Lo sono stati analogamente anche da noi, a Parigi, a Londra, a Mosca, a Monaco, a Boston (lì solo per convincerci che i padrini non sono loro e, comunque, una stretta ai diritti, giustificata dall’emergenza, serve anche lì).

I più bisognosi in Europa, data la posizione geopolitica, di riaggiustamenti post e neo-fascisti e post-Costituzione, siamo da sempre noi. Da noi dell’ISIS non c’era bisogno dato che abbondavano altre manovalanze, con coppola o fez. Più Servizi eufemisticamente detti “deviati”. Deviati quanto i governi che li gestivano. Terrorismo da noi e ovunque al potere appaltante e al regime appaltato servisse contenere conflitti sociali, insubordinazioni, imporre guerre contro la legge uguale per tutti, guerre sociali, culturali, farmacologiche. E guerre comandate esterne. Ovunque il Capitale esigesse un’accelerazione della marcia dell’oca verso il potere assoluto.

Damasco come Roma. Il terrorismo è tra noi. Ed è bipartisan. Ma anche tri e quadri.

 

 

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