Palmira
dopo il passaggio di Abu Mohammed Al Jolani, nuovo leader di Siria
“Il
ringhio del bassotto”. Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi
https://www.youtube.com/watch?v=dKsw54spxfw
Le foto che vedete qui sopra sono del sito archeologico più vasto e
prezioso della Siria: i resti di Palmira, chiamata “La sposa del deserto”,
capitale nel III secolo del Regno della Regina Zenobia. Nel 2013 coloro che ora
ci vengono rifilati come reggitori della nuova Siria democratica, la rasero al
suolo.
Nel
corso delle scorribande necrofaghe dei mercenari jihadisti di Turchia, Israele
e USA, il 18 agosto 2015 Khaled al Asaad, direttore degli scavi che non
aveva voluto abbandonare i tesori da lui curati, fu ucciso sulla piazza di
fronte al museo della città nuova di Palmira (poi Tadmur), e in seguito il
suo corpo decapitato fu esposto al pubblico, appeso a una colonna. Una delle
imprese vantate dall’attuale “liberatore” della Siria dalla “dittatura” di
Assad, Ahmed al Sharaa (già Abu Mohammed al Jolani), tra mezzo milione di
siriani uccisi in battaglia e civili trucidati, bruciati vivi, scuoiati, appesi
a facciate e alberi, affogati chiusi in gabbie, stuprati, squartati, fatti
circolare.
Atrocità
tutte documentate da video diffusi dagli esecutori tra di loro, a
glorificazione delle proprie imprese e tra la popolazione, a scopo di
intimidazione e terrore. Sono state le stesse famiglie, a Homs e poi a Damasco,
di molte delle vittime a mostrarmene le immagini ricevute sui cellulari. Salvo
poi a ritrovarmi direttamente tra i frammenti umani e i rottami di un autobus o
un edificio saltato.
La
stessa mostruosità subumana, reclutata, armata, pagata e lanciata contro la
Siria da coloro che oggi ne celebrano la “liberazione”, in pieno festino di
uccisioni, saccheggi e devastazioni bombarole sioniste e statunitensi, ha poi
perseguito in Iraq, a Mosul, la distruzione di una civiltà millennaria,
laboriosamente e amorevolmente restaurata e custodita.
Lì
le vittime, di cui potete ammirare la bellezza nei miei documentari sull’Iraq
integro e poi aggredito, sono state le inenarrabili testimonianze della civiltà
assira a Ninive, Nimrud, e nella stessa Mosul. Erano le gemme dei regni arabi
di Sennacherib, Nabucodonosor, Assurbanipal, popoli dai quali ci fu poi regalata
la conoscenza della civiltà greca, madre, oggi stuprata, della nostra anima.
I
bombardamenti a tappeto USA affiancarono poi il lavoro commissionato allo Stato
Islamico, o ISIS e oggi Hayat Tahrir al Sham, di annientamento delle identità
nazionali, della consapevolezza di sé e della conseguente autostima dei
portatori di questa ricchezza umana.
Mosul
fu infine liberata e parzialmente salvata dagli stessi iracheni della Unità di
Mobilitazione Popolare, combattenti contro l’occupazione, poi attivi anche in
tutta la regione sottoposta al nazionicidio israelo-americano.
A
Damasco sono ricicciati i famigerati Caschi Bianchi, ONG inventata dai servizi
anglosassoni, impegnata nel corso del massacro jihadista, fino a che non vi
pose fine l’intervento russo, a scovare e diffondere atrocità da attribuire al
governo siriano. Se ne ricorda la scomparsa in seguito allo smascheramento
delle loro operazioni, tipo quel salvataggio di bambini da sotto le macerie i
cui video sfuggiti rivelarono come fossero stati sepolti dagli stessi Caschi
Bianchi e ricoperti di polvere all’atto del recupero.
Stavolta
hanno contribuito a scoprire le inevitabili e decisive fosse comuni, le stesse
inevitabilmente “scoperte” (come, doverosamente, anche gli stupri) dopo la
caduta di Gheddafi, Milosevic, Saddam, o di qualunque resistenza
antimperialista. Sono quelle in cui si sarebbero accumulate le vittime degli
stermini di migliaia di prigionieri nel carcere di Sednaja, l’invenzione, al
culmine dell’aggressione, subito annientata dalla comparsa in vita dei presunti
trucidati e da testimonianze di congiunti che ne dimostrarono la caduta in
combattimento.
Altrettanto
inevitabile la riscoperta dell’uso di armi chimiche da parte di Assad, nel
ripetutamente resuscitato episodio di East Ghouta, dove i gas avrebbe fatto
strage addirittura di bambini. Non è bastata l’esibizione delle foto, già
circolate, di questi bambini, morti in un precedente bombardamento a Latakia, e
poi definiti vittime delle armi chimiche siriane. Per mettere a tacere quanto
ora viene rilanciato ci volle l’inchiesta dell’organismo ONU per le armi
chimiche (OPCW) che ne smentì ogni uso a East Ghouta.
Tant’è-
Ma non per i nostri media, mercenari corrotti oltre ogni misura, peggio dei
nuovi governanti democratici di Damasco. Qui abbiamo quella sussidiarietà
salvifica che, con la metempsicosi all’incontrario di quella di Kafka, da
scarafaggio a finzione umana, deve far evolvere tagliagole psicopatici in
partner di diritti umani all’occidentale. Missione assegnata: l’uccisione di
una nazione bimillenaria di altissima civiltà.
Dopotutto
la priorità deontologica e democratica è seppellire sotto quanto si va e si
continuerà ad andar “scoprendo” dai liberatori della Siria, su precisa
mappatura CIA e Mossad, qualcosa come i 14.000 bambini uccisi dalle bombe e
dalla fame a Gaza, nominativamente identificati (denuncia Unicef), che si
sommano ad almeno altrettanti scomparsi sotto le macerie e dunque ancora senza
nome e a tanti di più programmati da Netaniahu all’estinzione tramite fucilate
mirate, epidemie, ferite non curate, denutrizione.
Nascondimento
che finisce nel grande buio dove già si trovano i milioni di vittime ucraine,
arabe di varia nazionalità, di mezzo mondo per sanzioni dovute a mancata
obbedienza, sottosviluppo coatto. 50 milioni, come qualcuno calcola, dal 1945
ad oggi.
Vi
sembra improprio il titolo che ho dato a questo scritto? Credete davvero che non ci siano familiarità,
consociazione, comune padrinaggio, comune sponsorship e spesso comune
manovalanza e sempre comune direzione artistica e regia, tra quanto e quanti
hanno voluto tenere paesi e popoli sui binari e ai comportamenti assegnati?
In
Siria, Libia, Iraq e tanti altri paesi, lo strumento sono stati e sono i
terroristi islamici. Lo sono stati analogamente anche da noi, a Parigi, a
Londra, a Mosca, a Monaco, a Boston (lì solo per convincerci che i padrini non
sono loro e, comunque, una stretta ai diritti, giustificata dall’emergenza,
serve anche lì).
I
più bisognosi in Europa, data la posizione geopolitica, di riaggiustamenti post
e neo-fascisti e post-Costituzione, siamo da sempre noi. Da noi dell’ISIS non
c’era bisogno dato che abbondavano altre manovalanze, con coppola o fez. Più
Servizi eufemisticamente detti “deviati”. Deviati quanto i governi che li
gestivano. Terrorismo da noi e ovunque al potere appaltante e al regime
appaltato servisse contenere conflitti sociali, insubordinazioni, imporre
guerre contro la legge uguale per tutti, guerre sociali, culturali,
farmacologiche. E guerre comandate esterne. Ovunque il Capitale esigesse
un’accelerazione della marcia dell’oca verso il potere assoluto.
Damasco
come Roma. Il terrorismo è tra noi. Ed è bipartisan. Ma anche tri e quadri.
.
Nessun commento:
Posta un commento