“CALEIDO”, Francesco Capo
intervista Fulvio Grimaldi
https://www.youtube.com/live/WF2TLDBcIuw
https://www.youtube.com/live/WF2TLDBcIuw?si=TYaaFgkW0SE4_r-_
ZEEV JABOTINSKY, fondatore del gruppo terrorista sionista
Haganah: “L’unico scenario che ci da speranza è la disintegrazione della
Siria. Dobbiamo prepararc a questo scenario, il resto è perdita di tempo.
DAVID BEN GURION, fondatore e primo presidente di Israele:
“Dobbiamo prepararci all’attacco. Il nostro obiettivo è distruggere la
Siria. La Siria deve finire nelle nostre mani”.
Quella che il Sionimperialismo, per interposti turchi, curdi
e bande jihadiste, nella complicità con i petrotiranni, di fatto la NATO del
Medioriente, sta conducendo contro la Siria, è il più recente episodio della
guerra agli arabi in quanto nazione. Nazione collocata nel crocevia del pianeta
e dotata della risorsa che da cent’anni continua a sostenere dell’Occidente
politico il capitalismo e il colonialismo e ad esercitare dominio sul proprio
come su gli altri popoli. Risorsa che non manca alla Russia, all’Africa e
all’America Latina, oggi BRICS, con implicita fase epigonale del mondo come si
era andato configurando sotto le “regole”.
I palestinesi decimati, il Libano ridotto in macerie, i
grandi Stati arabi, Iraq, Egitto, Algeria, Libia, Sudan, fuorigioco per un
motivo o per l’altro; le petromonarchie o complici, o voltate dall’altra parte
e la Turchia Nato di Erdogan, con il suo sogno neo-ottomano, a disposizione in
un ruolo non dissimile da quello dell’Ucraina di Zelensky… Per la resa dei
conti con gli arabi l’occasione è promettente.
Il discorso sull’aggressione alla Siria, a nordovest con il
mercenariato di Hayat Tahrir al Sham (già Al Qaida, Al Nusra e ISIS), fornito
dai turchi e, a nordest, con quello dei boyscout curdi dell’occupante USA,
andrebbe visto su questo sfondo. Quello a cui pose pennello, accendendo ceri
sugli altari dei Crociati di Riccardo Cuor di Leone e Goffredo da Buglione,
Londra, quando ha installato, sulla tomba dell’impero ottomano, il famigerato
“focolare” per chi si prestava a tornare dove non era mai stato. Né lui, né i
suoi vecchi.
Siamo, nel crocevia del pianeta, a quella che si vorrebbe la
soluzione definitiva del problema arabo e dei suoi 450 milioni di esseri umani.
Quelli che con Nasser, Gheddafi, Atassi e Assad, Ben Bella e Boumedienne,
Nimeiri, Saddam, avevano fatto aggirarsi per questo ombelico del mondo lo
spettro della Nazione Araba.
Con i palestinesi all’avanguardia, la Siria (che prima delle
spartizioni coloniali era anche Libano, Giordania, Palestina) ne era, ne è, il
cuore, il simbolo, la forza. Non per nulla sta lì, in piedi, dopo 14 anni di
feroce aggressione, con il 17% del suo popolo sfollato e profugo, con le sue
risorse o distrutte, o rapinate da incursori e occupanti, e a cui coloro che ci
seguono dai cieli hanno aggiunto un terremoto devastante. E grazie ai russi,
agli Hezbollah e a chi gli è venuto in soccorso avendo capito che razza di
posta sia in gioco, lì e per l’umanità.
Come butterà? L’interpretazione di cosa sia avvenuto, e
come, né di quale sia la situazione sul terreno, non è facile. Sì, a prima
vista tutti concordano sull’interesse comune tra il Fuorilegge di Tel Aviv e il
doppio- triplo- e quadri-giochista di Ankara (cui Putin aveva concesso quella
superdifesa antiaerea degli S-400, negata a Tehran! E qualcosa significherà). Fallita
la sottomissione e parziale occupazione di un Libano che, grazie ai suoi
patrioti, resiste vincente da 44 anni, si prova a cambiare spartito. Del resto
l’eliminazione dalla scena di una Siria irriducibile da sempre è ritenuto interesse
condiviso da tutto l’Occidente politico per i motivi storici e attuali di cui
sopra.
Occidente politico che, dopo aver inventato, rastrellato,
addestrato, pagato (i sauditi), armato la teppa sanguinaria del jihadismo e
averla impiegata nelle stragi terroristiche e ovunque occorresse promuovere
guerre, destabilizzazioni, disciplinamenti sociali e occultarne, o
giustificarne i mandanti, ora della sua riattivazione e della caduta di Assad
pensa di potersene fare beneficiario una volta per tutte.
Per inciso, ci sarebbe da attendersi che cessasse la
venerazione, da parte di certi “sinistri” nostrani, di una comunità curda di
Siria, presunta democratica, femminista, ecologica, effettiva mercenaria della
guerra statunitense, alla vista del suo parallelo attacco, vanamente smentito,
a Deir Ezzor,
Sorprendente? Non per chi abbia visto sventolare, accanto
alle bandiere curde, quelle americane e israeliane, nelle manifestazioni di
giubilo dei curdi nei villaggi e territori arabi da loro occupati. Non coloro
che hanno visto i reportage tv che raccontavano le visite di Netaniahu ai
feriti dell’ISIS, curati negli ospedali israeliani sul Golan occupato. Erdogan
è il cattivo che vuole fare fuori anche i curdi? Cosa che non ci consola del
fatto che i curdi stanno facendo fuori i buoni.
Senza trovare opposizione, in queste ore la manovra pare
arrivata a Hama, a due passi dall’altra grande città, Homs, e poi dalla
capitale. Damasco smentisce e, indubbiamente i russi, con i bombardamenti sulle
vie di rifornimento degli invasori, e l’esercito siriano, anche con gli amici
in armi accorsi da Libano, Iraq, Yemen, hanno iniziato a reagire e, pare, a
tener testa.
Può darsi anche che la teoria di certi analisti, secondo cui
la mancata opposizione immediata al blitz dei tagliagole contro Aleppo, sia
dovuto a un calcolo di Damasco. Ci sono 30.000 armati della Jihad, cacciati
dalla Siria e spinti nel 2016 dall’esercito siriano nel governatorato di Idlib,
al confine con la Turchia e sotto la sua protezione. Da allora hanno esercitato
un dominio brutale sui 3 milioni di abitanti siriani, espropriandoli di tutto: funzioni
amministrative, economia di sussistenza, commerci. Negli ultimi tempi si sono
intensificate le ribellioni dei locali contro questo stato di cose.
Si ipotizza che Damasco, riducendo le difese
all’aggressione, abbia calcolato che la penetrazione in profondità dei
miliziani di Hayat Tahrir al Shams, possa aver sguarnito le loro posizioni in
Idlib e offerto l’occasione ai siriani di occupare quella provincia, per poi
accerchiare le unità penetrate in profondità nel paese.
L’alternativa rischia di essere il rovesciamento del governo
di Bashar el Assad e la fine della Siria come la conosciamo e come ha resistito
per 14 anni a un concorso di nemici che non hanno mai perdonato agli arabi di
voler essere padroni a casa loro.
Nel video, poi, si guarda alla Corea del Sud cui un popolo
in sofferenza e collera contro una sequela di dittature militari, finalizzate a
mantenere il paese pronto alla programmata guerra contro il Nord e contro la
Cina, nel quadro della Nato-di-fatto che comprende Giappone e gli anglosassoni
del Pacifico.
Lì la buffonata, affidata da Washington al presidente Yoon
Suk Yeol, degli 11.000 soldati nordcoreani arrivati in soccorso a Putin nel
Kursk, sembra essere stata la goccia che ha fatto tracimare l’insofferenza
della popolazione. Yeol, tra l’altro segnato da accuse di corruzione e
malaffare che sembrano caratterizzare tutti i proconsoli dell’impero, ha
provato a uscirne col colpo di Stato della Legge Marziale. Che ha retto 6 ore.
I militari penetrati nel parlamento, ne sono stati cacciati a schiaffi e pedate
dagli stessi deputati, mentre la folla tumultuava a favore di rapporti di
fratellanza con la Corea del Nord. E così la NATO dell’Indopacifico s’è giocata
una pedina cruciale.
Cosa che si direbbe che stia succedendo in Europa Orientale,
Balcani e Caucaso, il baluardo avanzato contro il Putin che vuole arrivare a
Lisbona. In Romania, fortilizio NATO con la sua più grande base europea, vince
e va al ballottaggio tale Calin Georgescu, brava persona che vuole una Romania
neutrale e che si faccia i cazzi suoi.
In Georgia, con il 54% contro il 34%, il partito Sogno
Georgiano di Irakli Kobajidze, neutralista e amico di tutti, batte gli invasati
di UE. Ora mandati a far casino europeista in piazza da una signora francese,
nata a Parigi, tale Salomè Zurabishvili, che fa la presidente e dovrebbe ora
cedere l’incarico e, invece, chiede nuove elezioni.
I crimini di Erakli? Ha visto cosa succede a un’Ucraina
filo-UE e Nato e l’ha fatto vedere ai georgiani in tv, provocando una valanga
di voti contro UE e Nato. Ha fatto di peggio: una legge che, come succede in
tutti gli Stati democratici, che alle 25.000 ONG fatte arrivare dall’Occidente
dal predecessore Saakashvili (quello della guerra dei 5 giorni con la Russia) impone
di dichiarare quanto, dei finanziamenti esteri ricevuti (CIA, NED, USAID, Amnesty…
) supera il 20%. Peggio, il suo partito, la maggioranza, ha approvato una legge
che inibisce di pubblicizzare e promuovere nelle scuole il gender, nel senso di
GLBTQI+.
Ma è mai possibile?
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