https://www.youtube.com/watch?v=ajj67ejvxHU
Fulvio Grimaldi sul canale di Paolo Arigotti, a
proposito di Jenin, di pogrom, di Apartheid e di quelli che dovevano bombardare
Damasco, o Tehran e ora rifiutano il servizio allo Stato fascistizzato.
La notizia è di quelle che fanno tremare la Storia:
l’esercito più forte dello Stato più saldo butta e calpesta le stellette.
Peggio di questo, delle trenta settimane di ininterrotta rivolta popolare
contro un regime totalitarista, di estrema destra, retto da tre pregiudicati
corrotti e condannati, che vuole mettersi sotto i piedi la magistratura, c’era
stata soltanto la Seconda Intifada, quella detta di Al Aqsa. 2000-20005. La
resistenza di massa palestinese, guidata da un Al Fatah non ancora
“normalizzata”, con alla testa Marwan Barghuti e una nuova generazione di
dirigenti post-arafattiani, aveva determinato una crisi esistenziale,
paragonabile neanche a quella del 1973, quando la Guerra del Kippur aveva
sorpreso e quasi sopraffatto lo Stato sionista.
Per la prima volta il vitale afflusso migratorio,
indispensabile per battere la prolificità araba, si era invertito, gli ebrei
non arrivavano più, anzi tornavano nei paesi d’origine. E gli investimenti
esteri, altrettanto cruciali e colpiti dall’insicurezza strutturale, erano
cessati del tutto. L’ininterrotta marcia di conquista e radicamento, iniziata
nel 1948, a forza di graziose concessioni ONU e della comunità internazionale
tutta e di inauditi massacri della popolazione autoctona, rischiava di
insabbiarsi.
Non restava allo Stato di Ben Gurion e Golda Meir e degli
immigrati Ashkenaziti euroamericani che il rimedio della violenza militare,
superiore a ogni possibilità interna e regionale di opporsi. E’ fu la
decimazione di una generazione e i sei ergastoli a Barghuti, tuttora l’eroe e
il leader più amato dalla comunità palestinese in casa e nella diaspora. Colui
che, se mai lo screditato e scaduto caudillo dell’Autorità Nazionale
Palestinese, Abu Mazen, inventore dello sciagurato “coordinamento” con le forze
della repressione israeliana, dovesse indire le prime elezioni dal 2005,
secondo tutti i sondaggi verrebbe incoronato da un trionfo senza precedenti. A
dispetto della forza oggi egemone degli islamisti di Hamas.
Al popolo padrone della terra di Palestina era stato promesso
il vanto di essere agli occhi del mondo “l’unica democrazia del Medioriente”.
E, anche se quella democrazia si fermava fuori dai confini mai dichiarati
(impediti dal proposito storico del “Grande Israele”) e in perenne sanguinosa
espansione della comunità immigrata, la comunità ci credeva e ci fondava il suo
sentirsi virtuosa. Al di là e a nascondimento delle complicità operativa,
ideologica e morale, con i genocidii dei nativi originari. Ogni pogrom, ogni
sterminio di Gaza, raccoglievano fino al 90% dell’approvazione nazionale.
Davanti a tanta contraddizione, l’ossimoro di un’Apartheid
democratica, l’autodichiaratasi “comunità internazionale”, ammutoliva. Un po’
per il sempre serpeggiante revanscismo colonialista, intrinseco
all’euro-anglo-centrismo, al quale lo Stato ebraico, potente e nucleare tanto
da poter polverizzare chi avesse alzato anche solo un ditino di
disapprovazione, forniva un presidio nella regione colonialmente più strategica
del pianeta. E un po’ per quel senso di colpa per quanto inflitto agli ebrei
nella Storia vicina e lontana, psicopatologicamente preso in prestito da
generazioni successive del tutto innocenti. E ora involutosi in complicità con
le vittime fattesi carnefici.
Di quanto la triade di malfattori processati e condannati, Netaniahu-Ben Gvir-Smotrich, benevolmente definita di estrema destra, ha scatenato da qualche mese contro quanto ancora pare formicolare sotto il tacco degli anfibi di Tsahal, a Jenin, Nablus, Hebron, Gerusalemme Est, Gaza, discutiamo ampiamente nell’intervista. Rilevando come una cosca di razzisti senza scrupoli possa utilizzare incursioni, massacri, pogrom di inermi e innocenti (o vogliamo parlare della sproporzione tra i 147 palestinesi uccisi dall’occupante dall’inizio dell’anno e i 28 israeliani colpiti dai resistenti?) Qui ora vanno rilevati due aspetti geopoliticamente e socialmente interessanti.
Primo. Il fatto che il fior fiore bombarolo e repressore
delle forze armate di Israele si stia accompagnando alla protesta di popolo
contro il tentativo del regime di fare fuori la magistratura, sottomettendo la
Corte Suprema alle prepotenze dei partiti, Sottraendo in particolare al regime,
con il rifiuto del servizio dei piloti riservisti (l’intera aeronautica
israeliana), di presentarsi alla chiamata, la soddisfazione di disintegrare
periodicamente pezzi di Gaza, Siria o Libano e di prospettare analoghe
soddisfazioni da bombe sull’Iran. Hanno firmato in massa una dichiarazione in
appoggio alla protesta popolare mettendo in ginocchio la forza con cui Israele,
da 75 anni alla Jenin di oggi, ha saputo prevaricare giustizia e diritto.
Chiamandola autodifesa.
Secondo. Sul piano dello scontro che ci dicono sia in atto
tra democrazie e autocrazie (nel quale è di evidenza solare che noi ci troviamo
dalla parte sbagliata), assistiamo a un diffondersi dell’esempio Zelensky.
Quello che ci pone inesorabilmente nello schieramento opposto a quello in cui ci
dicono di trovarci. Con Zelensky legislativo, esecutivo e giudiziario si
riuniscono nei panni color oliva di una giunta militare che più classicamente
nazista non si può.
Con Netanjahu e camerati il decreto che abolisce il
controllo giudiziario sugli atti dei governanti delinquenti, ha per ora
risposto il tentativo delle masse insubordinate di invadere, l’aeroporto, la
strada Tel Aviv-Gerusalemme, la Knesset. Ma il solco è tracciato. Degli USA di
Biden, dove le strepitose malefatte sue e del figlio vengono sommerse
dall’uragano di accuse, inchieste, processi ai danni del rivale politico,
inutile parlare. Cosa aspettarsi da chi campa di guerre, attentati e
autoattentati? Addirittura la democrazia?
E noi? Trottiamo appresso, tutti in fila. Il pifferaio lo
fa Nordio, mentre procede falciando giudici e pubblici ministeri di qua e di là
e allungando chilometri di spago a imbroglioni e peggio. Dall’alto veglia una
madonna il cui amor di patria e di democrazia è autentico quanto il colore dei
suoi capelli.
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