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Domenico D’Amico di Radio Gamma intervista Paolo Capezzali di “Free Assange Italia” e Fulvio
Grimaldi nell’occasione della seduta del Consiglio Comunale di Roma per votare
sulla richiesta di concedere la cittadinanza onoraria a Julian Assange,
giornalista australiano detenuto in un carcere di massima sicurezza a Londra e
in procinto di essere estradato negli USA, dove lo attende una condanna a 175
anni.
Numerose città italiane hanno già concesso la cittadinanza
onoraria, ultima Trieste. A Roma la richiesta, corredata da centinaia di firme,
è sostenuta dalla ex-sindaco Virginia Raggi e da consiglieri dell’opposizione.
Per la liberazione di
Assange e contro l’estradizione negli USA per una esecuzione strisciante, si
sono ormai esauriti i ricorsi legali, tutti respinti, e la sua persecuzione,
iniziata 13 anni fa e conclusasi nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh,
rischia di essere coronata dalla vendetta della cosca criminale da lui
denunciata. Resta un ultimo ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani di cui,
però, il regime britannico, protagonista delle guerre militari e sociali ai
popoli e alla verità, attenendosi alle proprie caratteristiche, può non tenere
il minimo conto.
L’accusa ad Assange è di spionaggio. Precisamente di aver
spiato sistematicamente i crimini di guerra e contro l’umanità che il Potere
USA-NATO andava compiendo in giro per il mondo e di averne dato informazione a
chi ne aveva diritto: il pubblico. Si chiama informazione, si chiama
giornalismo, si chiama così qualcosa che i nostri presunti esponenti della categoria
hanno da tempo gettato nell’immondezzaio di una sedicente democrazia.
Di Assange sappiamo che ha rivelato i motivi e i metodi
criminali delle guerre all’Iraq e all’Afghanistan. Più imbarazzante e tossico
per i responsabili e meno noto è il gigantesco flusso di inganni, maneggi,
intrighi, mistificazioni, interferenze, ricatti (anche elettorali) impiegati dal
regime al quale si vuole riconosciuta la rappresentanza del diritto e della
democrazia, per estendere dominio, inganno, sorveglianza, sfruttamento. Lo ha
portato alla luce Assange con Wikileaks
pubblicando migliaia di relazioni, note diplomatche, dispacci intercorsi tra
Washington e altri regimi del giro finanzcapitalista, autocratico e
neocolonialista..
Con i media, che ben sanno su quale parte della fetta di
pane sia spalmato il burro, si è dato a denti stretti risalto ai crimini
commessi da USA e NATO in Iraq e Afghanistan. Storia passata, evidenze
innegabili. Ma abbiamo mai saputo che Wikileaks ci aveva dato contezza del
tasso di criminalità di una gangster come Hillary Clinton che nel 2009 ordina
ai servizi e al suo personale diplomatico di spiare Ban Ki-moom, Segretario
Generale dell’ONU, come anche gli ambasciatori all’ONU di Cina, Francia,
Russia, Regno Unito e altri paesi, sottraendogli addirittura le iridi
scannerizzate, sequenze DNA, impronte digitali, password personali? La stessa
Hillary del linciaggio di Gheddafi festeggiato a risate che Assange rivela aver
intascato da Goldman Sachs, per una sola conferenza, 657.000 dollari. Un compenso?
Ovviamente una tangente.
E’ da Wikileaks di Assange che avremmo potuto sapere che la
guerra genocidale a uno dei paesi più poveri, e storicamente più illustri, del
mondo, lo Yemen è stata patrocinata dagli USA con il primato dello sterminio da
missili, bombe e droni. Il prezzo di qualche delitto ai danni del mondo di
sotto.
Sempre ad Assange dobbiamo l’indicazione della paternità di
Obama e della maternità di Hillary per il sanguinario colpo di Stato in
Honduras, con la rimozione violenta del presidente democratico Manuel Zelaja e
un massacro della popolazione in rivolta contro il golpe durato anni e di cui
ho avuto il tragico privilegio di essere testimone e di trarne un docufilm, “Il
ritorno del Condor”.
E’ forse questione di ore, ma la decisione del Consiglio
Comunale di Roma non inciderà sul momento drammatico del cui esito può disporre
a suo arbitrio, nettamente nazista, una magistratura britannica assoggettata ad
altro arbitrio, superiore, quello dei giustizieri di Washington. Le voci che in
questi anni e mesi si sono levate, numerose e consapevoli della posta in palio,
dovranno utilizzare queste ore per alzare il volume al diapason. Sia per
salvare, con la giustizia, la vita a Julian Assange, sia per fare capire agli
arconti che per silenziarci e per eliminare il nostro rapporto con la realtà,
dovranno affrontare, non solo l’irriducibilità dell’eroe nella cella di
Belmarsh, ma tanti Julian Assange quanti il coraggio degli uomini sa
disseminarne sulla faccia della Terra.
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