giovedì 27 luglio 2023

Nell’epoca dell’occultamento e della menzogna --- UN GIORNALISTA E I SUOI CRIMINI CONTRO IL SISTEMA --- Dove ci si gioca il nostro rapporto con la realtà

 

 



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Domenico D’Amico di Radio Gamma intervista Paolo Capezzali  di “Free Assange Italia” e Fulvio Grimaldi nell’occasione della seduta del Consiglio Comunale di Roma per votare sulla richiesta di concedere la cittadinanza onoraria a Julian Assange, giornalista australiano detenuto in un carcere di massima sicurezza a Londra e in procinto di essere estradato negli USA, dove lo attende una condanna a 175 anni.

Numerose città italiane hanno già concesso la cittadinanza onoraria, ultima Trieste. A Roma la richiesta, corredata da centinaia di firme, è sostenuta dalla ex-sindaco Virginia Raggi e da consiglieri dell’opposizione.

Per la  liberazione di Assange e contro l’estradizione negli USA per una esecuzione strisciante, si sono ormai esauriti i ricorsi legali, tutti respinti, e la sua persecuzione, iniziata 13 anni fa e conclusasi nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, rischia di essere coronata dalla vendetta della cosca criminale da lui denunciata. Resta un ultimo ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani di cui, però, il regime britannico, protagonista delle guerre militari e sociali ai popoli e alla verità, attenendosi alle proprie caratteristiche, può non tenere il minimo conto.

L’accusa ad Assange è di spionaggio. Precisamente di aver spiato sistematicamente i crimini di guerra e contro l’umanità che il Potere USA-NATO andava compiendo in giro per il mondo e di averne dato informazione a chi ne aveva diritto: il pubblico. Si chiama informazione, si chiama giornalismo, si chiama così qualcosa che i nostri presunti esponenti della categoria hanno da tempo gettato nell’immondezzaio  di una sedicente democrazia.

Di Assange sappiamo che ha rivelato i motivi e i metodi criminali delle guerre all’Iraq e all’Afghanistan. Più imbarazzante e tossico per i responsabili e meno noto è il gigantesco flusso di inganni, maneggi, intrighi, mistificazioni, interferenze, ricatti (anche elettorali) impiegati dal regime al quale si vuole riconosciuta la rappresentanza del diritto e della democrazia, per estendere dominio, inganno, sorveglianza, sfruttamento. Lo ha portato alla luce Assange  con Wikileaks pubblicando migliaia di relazioni, note diplomatche, dispacci intercorsi tra Washington e altri regimi del giro finanzcapitalista, autocratico e neocolonialista..

Con i media, che ben sanno su quale parte della fetta di pane sia spalmato il burro, si è dato a denti stretti risalto ai crimini commessi da USA e NATO in Iraq e Afghanistan. Storia passata, evidenze innegabili. Ma abbiamo mai saputo che Wikileaks ci aveva dato contezza del tasso di criminalità di una gangster come Hillary Clinton che nel 2009 ordina ai servizi e al suo personale diplomatico di spiare Ban Ki-moom, Segretario Generale dell’ONU, come anche gli ambasciatori all’ONU di Cina, Francia, Russia, Regno Unito e altri paesi, sottraendogli addirittura le iridi scannerizzate, sequenze DNA, impronte digitali, password personali? La stessa Hillary del linciaggio di Gheddafi festeggiato a risate che Assange rivela aver intascato da Goldman Sachs, per una sola conferenza, 657.000 dollari. Un compenso? Ovviamente una tangente.

E’ da Wikileaks di Assange che avremmo potuto sapere che la guerra genocidale a uno dei paesi più poveri, e storicamente più illustri, del mondo, lo Yemen è stata patrocinata dagli USA con il primato dello sterminio da missili, bombe e droni. Il prezzo di qualche delitto ai danni del mondo di sotto.

Sempre ad Assange dobbiamo l’indicazione della paternità di Obama e della maternità di Hillary per il sanguinario colpo di Stato in Honduras, con la rimozione violenta del presidente democratico Manuel Zelaja e un massacro della popolazione in rivolta contro il golpe durato anni e di cui ho avuto il tragico privilegio di essere testimone e di trarne un docufilm, “Il ritorno del Condor”.

E’ forse questione di ore, ma la decisione del Consiglio Comunale di Roma non inciderà sul momento drammatico del cui esito può disporre a suo arbitrio, nettamente nazista, una magistratura britannica assoggettata ad altro arbitrio, superiore, quello dei giustizieri di Washington. Le voci che in questi anni e mesi si sono levate, numerose e consapevoli della posta in palio, dovranno utilizzare queste ore per alzare il volume al diapason. Sia per salvare, con la giustizia, la vita a Julian Assange, sia per fare capire agli arconti che per silenziarci e per eliminare il nostro rapporto con la realtà, dovranno affrontare, non solo l’irriducibilità dell’eroe nella cella di Belmarsh, ma tanti Julian Assange quanti il coraggio degli uomini sa disseminarne sulla faccia della Terra.

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