Cominciamo dalla chiosa.
A coloro che insistono a elevare inni alla “rivoluzione verde”. Stanziamento della National Endowment for Democracy (il reparto finanziatore della Cia)) e del brigante della destabilizzazioner George Soros ai neocon dell’ International Republican Institute: “110mila dollari per sostenere elementi riformisti in Iran e porre termine al loro attuale isolamento attraverso un progetto pilota che colleghi gli attivisti politici iraniani ai riformatori democratici di altri paesi. Il programma svilupperà una rete di appoggio internazionale ai riformisti iraniani, nonché rafforzerà le loro capacità di comunicazione e organizzazione attraverso la formazione di competenze e la fornitura di accessi all’informazione”. Seguirono i 400 milioni stanziati da Washington per innescare una rivolta “popolare” (cortesia di Paco Casal).
Quanto all’uccisione, in classico stile provocazione Mossad-Cia, di Neda Agha-Soltan, le cui immagini si ripetono all'infinito sugli schermi, si tenga presente che la 26enne giovane senza storia politica personale, è stata colpita alle spalle, lontana dagli scontri, mentre passeggiava isolata fuori da ogni manifestazione di protesta. Nonostante da quelle parti non succedesse nulla, erano presenti numerosi fotografi e telecamere che, nel giro di un paio d’ore, avevano fatto pervenire le immagini a BBC e Voice of America. La pallottola che le è stata tolta dalla testa non è del tipo usato in Iran. Quando i servizi segreti occidentali vogliono coronare le proprie operazioni con un martire, attribuendone l’assassinio al governo da destabilizzare, la scelta più efficace è quella di una giovane donna, suscettibile di provocare il massimo di partecipazione e commozione. Contemporaneamente le telecamere erano del tutto assenti nelle situazioni in cui i pacifici dimostranti di Musavi hanno devastato la città bruciando macchine, negozi, banche, mezzi pubblici e uccidendo con le armi 8 guardie.
Da più parti mi si chiede di fare una valutazione di quanto sta accadendo nell’Honduras. Non sono un esperto di Centroamerica e quindi mi limito a riprodurre questo articolo della ONG A Sud. Si tratta più che altro di una cronaca degli ultimi avvenimenti con qualche elemento sui retroscena politici, geopolitici e sociali. Manca il contesto, che del resto sfugge quasi sempre alle ong diritto- umaniste.
Quel che è certo che la”svolta” di Obama ha portato a un superamento dell’impotenza degli Usa di Bush nei confronti degli sconvolgimenti antimperialisti e progressisti in atto da una decina d’anni in America Latina. Come ha intensificato l’aggressione al popolo afghano, aumentando le stragi di civili nella speranza di demoralizzare la popolazione di un paese che è al 75% sotto controllo della Resistenza; come ha allargato il conflitto al Pakistan, sia massacrando i villaggi con i droni, sia costringendo con il ricatto economico-militare quel governo-fantoccio a lanciare una campagna di sterminio contro la propria popolazione pashtun (sommariamente definita tutta “taliban”, come i resistenti iracheni sono diventati tutti “Al Qaida” per i velinari del Pentagono); così sta impegnando le forze della destabilizzazione imperialista a rioccuparsi dell’America Latina in fuga.
Si comincia dal Centroamerica, più vicino, più fragile, con più forze fantoccio economiche e repressive ancora dominanti. Il predecessore del fiduciario nero dell’élite bianca di Wall Street e del complesso militar-industriale, era riuscito, dalla propria duplice esperienza, a insegnare al candidato vassallo Calderon come si scippano all’avversario di sinistra Obrador un milione di voti e, così, la presidenza di un Messico indispensabile per virtù di petrolio, narcotraffico e commercio di esseri umani. Si prosegue con messaggini inconsistenti a Cuba, però decorati di fiorellini per rincitrullire l’armata mondiale degli obamaisterici (alla “manifesto”) e nascondere le brighe reazionarie e colonialiste che si tornano a praticare altrove, a partire dal piano di assassinare prima Evo Morales e poi Hugo Chavez. Per far fuori costui durante la visita al Salvador, l’amministrazione di “svolta” di Obama ha riattivato nientemeno che il vecchio arnese del suo terrorismo di Stato (Stato primatista mondiale di terrorismo, seguito dappresso da Israele, Regno Unito e dall’Italia mafio-massonica), Luis Posada Carriles. Il serial killer che è stato mandato a imperversare nel Cono Sud da quando la Cia lo assoldò nel 1961 per la Baia dei Porci, ha sulla coscienza i 74 cubani fatti esplodere in aria nel 1976, assassini mirati in tutti i paesi latinoamericani, innumerevoli bombe tra le quali quella che uccise all’Avana l’italiano Fabio di Celmo, decine di tentativi di assassinare Fidel. Oggi, mentre da dieci anni cinque agenti cubani che avevano smascherato le trame dei terroristi di Miami, comprese quelle di questo arnese della delinquenza Usa, e le avevano denunciate allo stesso FBI, languiscono nelle carceri della Casa Bianca (e lo “svoltone” Obama ne ha fatto annullare l’appello alla Corte Suprema), Posada Carriles scampa e campa, protetto e onorato negli Usa.
l presidente honduregno Zelaya, non certo un bolscevico, ma politico liberale, si era messo in testa di limitare la manomorta genocida dei gorilla, bananieri Usa e oligarchi ladroni locali sul paese, proponendo un’assemblea costituente che mettesse la martirizzata nazione al riparo degli spolpatori del Nord. Ovviamente dalla fetida fogna dei “difensori della democrazia” mediatici e politici sono uscite solo esalazioni diffamatorie che, dell’intero processo costituente, sottoposto a sondaggio popolare, hanno menzionato unicamente la proposta di rielezione del presidente, come già fatto con le modifiche costituzionali di Hugo Chavez. A evidenziare i presunti propositi autoritari di Zelaya, laddove dalle nostre parti i capi di governo possono riproporsi all’infinito. Per primo, Zelaya, pochi giorni fa, aveva aderito all’ALBA, l’intesa bolivariana creata da Chavez per una rete di collaborazione economico-sociale di dignità ed equità, sottratta agli Usa e ai suoi organismi necrofori sovranazionali. Subito dopo aveva lanciato il referendum per un nuovo Honduras, sul modello di Venezuela, Bolivia, Ecuador, Nicaragua, chiaramente con il rinnovo del suo mandato, indispensabile garanzia del processo. E’ bastato per attivare l’antico riflesso di tutti i presidenti Usa, da 200 anni a questa parte, quando si tratta di far fuori popoli renitenti e sovranità non ligie, come quella italiana, a Nato. Cia e Scuola delle Americhe, bracci armati della bulimia divoratrice dei vampiri del Nord globale. Le gommose parole di perplessità pronunciate da Obama in merito al golpe, rientrano nell’ormai stracca retorica buonista di questo cialtrone con la ventosa sulla giugulare del’umanità, ma vorrebbero anche soddisfare la necessità di non scatenare ulteriormente la collera di genti latinoamericane che già marciano sulla via della rivoluzione. Né di mettere in imbarazzo i democratici pupattoli europei nella loro funzione di “palo” e ascari delle rapine imperialiste. Inoltre, come si fa a tentare un golpe reazionario in Iran, sotto la mimetica verde dei propri corifei autoctoni, detti “riformisti”, e poi non prendere le distanze da chi fa, per conto di Washington, la stessa cosa, addirittura con i gorilla e il rapimento del presidente?
Resta da proporre, con sentimenti che ti intorcinano le budella, il confronto tra la bandiere rosse e la vibrante e compiaciuta indignazione agitate dai nostri sinistri davanti all’ambasciata iraniana, e il vuoto abissale davanti ad altre ambasciate di Stati canaglia che sbattono lo stivale fascista sulla faccia di popoli cui la fame non ha ancora seccato la volontà di combattere. Dall’Iraq all’Afghanistan, dall’Iran al Pakistan, dalla Somalia al Darfur, dalla Colombia e dal Perù, con i loro regimi terminator filo-Usa, all’Honduras. Dappertutto gli dice male, sempre più male. Gli dirà così anche a Tegucigalpa. E non per merito di falci e martelli di marca italiota.
Fulvio.
Honduras: colpo di stato contro Zelaya
Lunedì 29 Giugno 2009 08:58 A Sud
Dopo giorni di tentativi, pare sia riuscito ieri il colpo di stato in Honduras contro il presidente Zelaya, orchestato dalle destre politiche con l'appoggio delle forze armate. Il presidente è stato sequestrato dall'esercito. La tensione nella capitale Tegucigalpa stava montando da giorni dopo che il presidente Zelaya aveva annunciato un progetto di modifica della Costituzione, sfidando così il potere dell'esercito e del Congresso. Secondo le prime indiscrezioni, Zelaya era stato portato in una base militare, mentre l'esercito continua a tutt'oggi a presidire la sua casa.
Una nota di questa mattina informa che attualmente il presidente si troverebbe invece in Costa Rica, dove avrebbe chiesto asilo politico. "Sono stato vittima di un rapimento, di una cospirazione", sono state le prime parole di Zelaya alla tv locale Telesur al suo arrivo nel Paese, "e' stato un colpo di Stato", ha aggiunto. Il presidente ha raccontato che le sue guardie del corpo "hanno combattuto con i soldati per mezz'ora".
Nel frattempo in Honduras è stato nominato capo di governo golpista Roberto Micheletti, che ha dichiarato che reggerà il mandato fino alle nuove elezioniche saranno indette per novembre ed ha indetto un coprifuoco di 48 ore in tutto il paese.
Dal Costa Rica, Zelaya ha rivolto un appello ai suoi concittadini a manifestare contro il colpo di stato "pacificamente, senza violenza" e chiesto a "tutti i settori" della societa' di pronunciarsi controil golpe. "Gli autori del colpo di Stato "rimarranno soli e usciranno pieni di vergogna" da questa vicenda, ha proseguito Zelaya, che ha chiesto "il ritorno immediato" allo Stato di diritto, "che e' stato violentato".
Molte le dichiarazioni di solidarietà internazionale arrivate al presidente deposto e le voci di condanna levatesi da più parti. Tra gli altri l'OSA, il Mercosur e l'Alba hanno biasimato l'operato delle forze armate schierandosi dalla parte del governo vittima del golpe.
Oggi si riunirà d'urgenza l'Assemblea generale delle Nazioni unite per esaminare la situazione politica in Honduras, mentre migliaia di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo capo dello Stato protestando sotto il palazzo presidenziale.
Nel frattempo i mezzi corazzati e i cecchini presidiano le vie della capitale, Tegucigalpa, mentre la pagina web del governo è stata oscurata. Il Governo golpista ha chiuso nelle scorse ore anche l'ultimo mezzo di comunicazione libero che trasmetteva nel paese: Radio Globo. Intanto è arrivata notizia che il dirigente di Via Campesina Rafael Alegria, è stato costretto a fuggire assieme a molti altri giornalisti, dirigenti sociali e sindacali che si sono dati alla clandestinità.
Si parlava di imminenti tentativi di golpe già da giorni, e giovedì pareva fosse stato sventato. Secondo il COPINH – Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell'Honduras, che il 24 giugno scorso aveva denunciato i tentativi di destabilizzazione del paese “si tratta dell'ultimo colpo di coda di una destra sconfitta che cerca di frenare la volontà popolare e la ricerca di vie democratiche per la trasformazione del
paese".
Da mesi la destra reazionaria cerca freneticamente di impedire la Consultazione Nazionale che era in programma per il 28 giugno e nella quale il popolo dell'Honduras sarebbe stato chiamato a esprimersi sulla convocazione di un'Assemblea Nazionale Costituente incaricata di elaborare una nuova costituzione e che aveva in progetto, tra l'altro, di eliminare la norma che stabilisce l'ineleggibilità del capo di Stato per più di una volta.
Mercoledì notte, il Presidente della repubblica Zelaya, di fronte al rifiuto del capo delle forze armate a distribuire il materiale elettorale, lo aveva destituito. Da lì in poi si erano innescate una serie di dimissioni a catena, scatenando una tempesta mediatica. Giovedì mattina, la giudice di alta istanza della magistratura aveva puntualmente sfornato una sentenza fatta su misura dai committenti golpisti annullando la destituzione dell'alto capo militare.
Dopo la destituzione del capo di stato maggiore, i cittadini erano scesi in piazza, con a capo lo stesso presidente, per recuperare le urne e le schede che i militari si rifiutavano di distribuire nelle circoscrizioni elettorali. Il popolo honduregno si era riversato nelle strade anche per difendere il presidente e il processo di cambiamento messo in moto attraverso, ad esempio, l'adesione all'Alba e alla Petrocaribe e la convocazione dell'Assemblea costituente.
L'offensiva golpista è stata pianificata e eseguita in maniera articolata dal Congresso Nazionale, i mezzi di comunicazione e i loro propietari, gli imprenditori e le Forze Armate. Secondo le notizie arrivate, l'esercito avrebbe assunto un ruolo simile a quello ricoperto negli anni '80, quando era nient'altro che uno strumento in mano ai poteri forti per garantire ordine e seminare repressione.
Inutile sottolineare come questo golpe rappresenti un atto di aggressione contro il popolo dell'Honduras, realizzato di comune accordo dalle gerarchie della chiesa avangelica e cattolica con le frange golpiste, con l'ingerenza del governo degli Stati Uniti e la sua ambasciata in Honduras che, informati previamente dei fatti, hanno abbandonato il paese invitando i funzionari della Banca Mondiale e del FMI a fare lo stesso.
Nei giorni scorsi, gli Stati Uniti avevano fatto sapere di aver ricevuto rischieste di appoggio da parte dei golpisti e di aver rifiutato. Tuttavia il silenzio mantenuto da Washington nelle ore successive al golpe fa riflettere sulla portata reale del tanto declamato “cambio di strategia” degli Usa in America Latina.
Secondo il COPINH, gli Usa, impossibilitati dai processi in atto ad incidere profondamente sulle sorti dell'America del Sud, avrebbero valutato più conveniente, nel frattempo, tornare a ingerire – come fu costume negli anni 70 e 80 – sulle sorti dei più prossimi e gestibili paesi dell'America centrale.
C'è anche da considerare che sul 2010, anno prossimo a venire, la preoccupazione è tanta. La data è altamente simbolica, e in Messico qualcosa di grosso si prepara. A 200 anni dall'indipendenza e 100 dalla rivoluzione zapatista, il monito del popolo messicano che si prepara a riprendere in mano le redini del proprio destino preoccupa non poco le stanze dei bottoni oltrefrontiera.
È quindi palese, come non hanno mancato di sottolineare movimenti, organizzazioni e reti sociali, che questo Washington non può permetterlo, anche a costo di lastricare la strada per Città del Messico di “momenti preparatori” come quello di ieri.
Redazione A Sud
Resta da proporre, con sentimenti che ti intorcinano le budella, il confronto tra la bandiere rosse e la vibrante e compiaciuta indignazione agitate dai nostri sinistri davanti all’ambasciata iraniana, e il vuoto abissale davanti ad altre ambasciate di Stati canaglia che sbattono lo stivale fascista sulla faccia di popoli cui la fame non ha ancora seccato la volontà di combattere. Dall’Iraq all’Afghanistan, dall’Iran al Pakistan, dalla Somalia al Darfur, dalla Colombia e dal Perù, con i loro regimi terminator filo-Usa, all’Honduras. Dappertutto gli dice male, sempre più male. Gli dirà così anche a Tegucigalpa. E non per merito di falci e martelli di marca italiota.
Fulvio.
Honduras: colpo di stato contro Zelaya
Lunedì 29 Giugno 2009 08:58 A Sud
Dopo giorni di tentativi, pare sia riuscito ieri il colpo di stato in Honduras contro il presidente Zelaya, orchestato dalle destre politiche con l'appoggio delle forze armate. Il presidente è stato sequestrato dall'esercito. La tensione nella capitale Tegucigalpa stava montando da giorni dopo che il presidente Zelaya aveva annunciato un progetto di modifica della Costituzione, sfidando così il potere dell'esercito e del Congresso. Secondo le prime indiscrezioni, Zelaya era stato portato in una base militare, mentre l'esercito continua a tutt'oggi a presidire la sua casa.
Una nota di questa mattina informa che attualmente il presidente si troverebbe invece in Costa Rica, dove avrebbe chiesto asilo politico. "Sono stato vittima di un rapimento, di una cospirazione", sono state le prime parole di Zelaya alla tv locale Telesur al suo arrivo nel Paese, "e' stato un colpo di Stato", ha aggiunto. Il presidente ha raccontato che le sue guardie del corpo "hanno combattuto con i soldati per mezz'ora".
Nel frattempo in Honduras è stato nominato capo di governo golpista Roberto Micheletti, che ha dichiarato che reggerà il mandato fino alle nuove elezioniche saranno indette per novembre ed ha indetto un coprifuoco di 48 ore in tutto il paese.
Dal Costa Rica, Zelaya ha rivolto un appello ai suoi concittadini a manifestare contro il colpo di stato "pacificamente, senza violenza" e chiesto a "tutti i settori" della societa' di pronunciarsi controil golpe. "Gli autori del colpo di Stato "rimarranno soli e usciranno pieni di vergogna" da questa vicenda, ha proseguito Zelaya, che ha chiesto "il ritorno immediato" allo Stato di diritto, "che e' stato violentato".
Molte le dichiarazioni di solidarietà internazionale arrivate al presidente deposto e le voci di condanna levatesi da più parti. Tra gli altri l'OSA, il Mercosur e l'Alba hanno biasimato l'operato delle forze armate schierandosi dalla parte del governo vittima del golpe.
Oggi si riunirà d'urgenza l'Assemblea generale delle Nazioni unite per esaminare la situazione politica in Honduras, mentre migliaia di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo capo dello Stato protestando sotto il palazzo presidenziale.
Nel frattempo i mezzi corazzati e i cecchini presidiano le vie della capitale, Tegucigalpa, mentre la pagina web del governo è stata oscurata. Il Governo golpista ha chiuso nelle scorse ore anche l'ultimo mezzo di comunicazione libero che trasmetteva nel paese: Radio Globo. Intanto è arrivata notizia che il dirigente di Via Campesina Rafael Alegria, è stato costretto a fuggire assieme a molti altri giornalisti, dirigenti sociali e sindacali che si sono dati alla clandestinità.
Si parlava di imminenti tentativi di golpe già da giorni, e giovedì pareva fosse stato sventato. Secondo il COPINH – Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell'Honduras, che il 24 giugno scorso aveva denunciato i tentativi di destabilizzazione del paese “si tratta dell'ultimo colpo di coda di una destra sconfitta che cerca di frenare la volontà popolare e la ricerca di vie democratiche per la trasformazione del
paese".
Da mesi la destra reazionaria cerca freneticamente di impedire la Consultazione Nazionale che era in programma per il 28 giugno e nella quale il popolo dell'Honduras sarebbe stato chiamato a esprimersi sulla convocazione di un'Assemblea Nazionale Costituente incaricata di elaborare una nuova costituzione e che aveva in progetto, tra l'altro, di eliminare la norma che stabilisce l'ineleggibilità del capo di Stato per più di una volta.
Mercoledì notte, il Presidente della repubblica Zelaya, di fronte al rifiuto del capo delle forze armate a distribuire il materiale elettorale, lo aveva destituito. Da lì in poi si erano innescate una serie di dimissioni a catena, scatenando una tempesta mediatica. Giovedì mattina, la giudice di alta istanza della magistratura aveva puntualmente sfornato una sentenza fatta su misura dai committenti golpisti annullando la destituzione dell'alto capo militare.
Dopo la destituzione del capo di stato maggiore, i cittadini erano scesi in piazza, con a capo lo stesso presidente, per recuperare le urne e le schede che i militari si rifiutavano di distribuire nelle circoscrizioni elettorali. Il popolo honduregno si era riversato nelle strade anche per difendere il presidente e il processo di cambiamento messo in moto attraverso, ad esempio, l'adesione all'Alba e alla Petrocaribe e la convocazione dell'Assemblea costituente.
L'offensiva golpista è stata pianificata e eseguita in maniera articolata dal Congresso Nazionale, i mezzi di comunicazione e i loro propietari, gli imprenditori e le Forze Armate. Secondo le notizie arrivate, l'esercito avrebbe assunto un ruolo simile a quello ricoperto negli anni '80, quando era nient'altro che uno strumento in mano ai poteri forti per garantire ordine e seminare repressione.
Inutile sottolineare come questo golpe rappresenti un atto di aggressione contro il popolo dell'Honduras, realizzato di comune accordo dalle gerarchie della chiesa avangelica e cattolica con le frange golpiste, con l'ingerenza del governo degli Stati Uniti e la sua ambasciata in Honduras che, informati previamente dei fatti, hanno abbandonato il paese invitando i funzionari della Banca Mondiale e del FMI a fare lo stesso.
Nei giorni scorsi, gli Stati Uniti avevano fatto sapere di aver ricevuto rischieste di appoggio da parte dei golpisti e di aver rifiutato. Tuttavia il silenzio mantenuto da Washington nelle ore successive al golpe fa riflettere sulla portata reale del tanto declamato “cambio di strategia” degli Usa in America Latina.
Secondo il COPINH, gli Usa, impossibilitati dai processi in atto ad incidere profondamente sulle sorti dell'America del Sud, avrebbero valutato più conveniente, nel frattempo, tornare a ingerire – come fu costume negli anni 70 e 80 – sulle sorti dei più prossimi e gestibili paesi dell'America centrale.
C'è anche da considerare che sul 2010, anno prossimo a venire, la preoccupazione è tanta. La data è altamente simbolica, e in Messico qualcosa di grosso si prepara. A 200 anni dall'indipendenza e 100 dalla rivoluzione zapatista, il monito del popolo messicano che si prepara a riprendere in mano le redini del proprio destino preoccupa non poco le stanze dei bottoni oltrefrontiera.
È quindi palese, come non hanno mancato di sottolineare movimenti, organizzazioni e reti sociali, che questo Washington non può permetterlo, anche a costo di lastricare la strada per Città del Messico di “momenti preparatori” come quello di ieri.
Redazione A Sud