Ci si può illudere e nascondere dietro la formula della
“crisi sistemica” del capitalismo, prodromo dell’inesorabile quanto follemente
deterministica palingenesi dell’umanità. Ci si può consolare con la visione di
un tagliateste (Cotarelli) senza maggioranza che poco avrebbe potuto fare prima
che nuove elezioni oppongano al golpe morbido un contraltare elettorale dell’80%.
Qualcuno ripiegherà verso il “meno peggio”, inteso come superamento del
pericolo mortale “fascioleghista e populista”. Lo scambio tra carnefice e
vittima (organico ai nostri tempi) gli consente di convivere con il faux pas mattarelliano per cui la poco
istituzionale giustificazione adotta per l’annientamento di una maggioranza di
governo, espressa dalla sovranità popolare sancita dalla costituzione, sarebbe
“l’irritazione dei mercati”. Quelli che, a loro amici, secondo gli
eurofeudatari tedeschi dovrebbero insegnare agli italiani a votarsi contro. E
guai a irritare Giove. Per placarlo tocca sgozzare qualcuno sull’ara, fossero
anche 17 milioni di elettori. E’ la ciambella di salvataggio che lanciano all’uomo
di Castellamare del Golfo (ministro della Difesa che bombardò Belgrado) i
progressisti delle varie squalificazioni: dai “comunisti “ sorosiani del
manifesto, ai Liberi e Uguali sottopancia del PD, ai benemeriti Cia di tutta quanta la democratica stampa
coloniale.
No Tap e capisci tutto
Era domenica sera a Melendugno, cittadina a cui il gasdotto
mafio-amerikano TAP vorrebbe squarciare San Foca, la più bella spiaggia del
Salento, prima di sradicare, in combutta con un falso batterio ulivicida,
migliaia di ulivi, ossa, pelle e anima della Puglia, per risalire la penisola
lungo la faglia sismica che ha raso al suolo il Centroitalia e sistemare
miliardi di tonnellate di gas sottoterra nella bassa padana, in una
concentrazione demenziale di stoccaggi, a sollecitazione di altre potenzialità
sismiche. Gas che serve al Nordeuropa (noi ne siamo saturi) e ai vari
tangentari lungo il percorso dall’Azerbaijan.
Insieme alla mia guida pugliese, Francesco, nel bel cinema
“Paradiso”, presentavamo il mio documentario “O la Troika o la Vita - Epicentro Sud”, una specie di compendio
audiovisivo della guerra che i poteri globalisti conducono contro il Sud
d’Europa e del mondo, a forza di Grandi Opere, guerre e migrazioni coatte o
indotte. Con sottotitolo: “Non si
uccidono così anche le nazioni?”.
La madre di tutti i
Mattarella e Cotarelli
Mentre stavo sul palco, via smartphone arriva la notizia
della rinuncia del premier incaricato, Conte, causa veto al suo ministro
economico di un Mattarella mutato in Mitterand, o Trump, o Poroshenko e, un
istante dopo, il minaccioso annuncio che a pensare a noi, e in particolare ai
17 milioni di elettori M5S e Lega, ci sarebbe stato Carlo Cotarelli. A ciò
nominato da Mattarella, ma a ciò demandato da una catena decisionale che da Draghi
(BCE) risale al FMI dell’inquisita Lagarde, alla Trilateral, il cui fondatore
Rockefeller era appena stato beatificato al Quirinale dal nostro pontefice
siculo-laico, dunque a Bilderberg, via GoldmanSachs, scuola quadri di tutti
loro, per culminare nei siderali spazi dorati dei signori della moneta. Il
tutto, come ci insegna Mattarella, si chiama “mercati”. E, come tale, è
indiscutibile, inesorabile, implacabile.
In platea c’era un centinaio di persone a rappresentanza di
un popolo che, guidato da un Comitato di attivisti, scienziati, giuristi e da
un sindaco, Marco Potì, di quelli che ce ne fossero, da quasi due lustri lotta
contro lo stupro che prosseneti del gangsterismo capitalistico vogliono
infliggere alla loro terra. Popolo che, a sentire gli esiti della manovra
quirinalesca, evidentemente pianificata fin dal primo exitpoll favorevole ai
“populisti”, non ha esitato a esplodere, come un sol uomo, in un ruggito di
consapevole indignazione e collera. Quando tu, radicato nel territorio e nella
Storia, da anni ti devi confrontare con aggressori che ti rivolgono contro le
armi del sopruso, dell’inganno, delle blandizie, dei diritti interpretati a
rovescio, dello strangolamento economico, per sostituirsi a te, alla tua gente,
al tuo futuro, le armi oggi brandite contro chi hai eletto, è difficile che un
quirinalizio qualsiasi ti possa fregare. Sai cosa c’è dietro, come hai capito
cosa ci fosse dietro alle escavatrici, ai manganelli, al “gas per lo sviluppo
della tua regione”.
Mondialismo versus
sovranità popolare
Tante le analisi della “crisi sistemica”, del presidente fedele alla, o traditore della,
Costituzione, del Draghi, drago che
sputa spread tossici non comprando più titoli italiani, del Mattarella
commissariato dall’UE che commissaria governo, parlamento e voto democratico,
del Cottarelli virgulto tagliateste FMI che, avendo iniziato, e non terminato,
con la “spending review”, a trasferire
in alto e lontano ricchezza e risparmio
degli italiani, è ora incaricato di farla finita con il welfare, la sanità,
l’istruzione, l’ambiente, il lavoro. Tutto qui. E’ bastato il sindaco di
Melendugno, Marco, a farci allungare lo sguardo ricordando, tra una Napoli e
una Margherita, che la cosa forse più importante da fare, dettata da quelli in
alto a Cotarelli, sono le nomine. E’anche
e molto da chi metti a capo di Leonardo, Fincantieri, le varie partecipate
dello Stato, i servizi, la RAI, che dipende la svendita dei saldi nazionali, la morbida prosecuzione della grecizzizazione
dell’Italia e quindi della desovranizzazione del paese-chiave per Mediterraneo,
Africa-Medioriente nel processo di mondializzazione (scusate i tre brutti
termini assonanti).
Venendo all’ambaradan allestito al Quirinale in questi giorni
per bloccare l’avvento dei “populisti” e
imporre, insieme a un blocco di costoro, che si vorrà in qualche maniera
definitivo (vediamo quali altri golpe e golpetti si inventeranno), il sicario
voluto dai poteri forti, mi pare ovvio che il nodo “Savona” sia stato un
trasparente pretesto per detto blocco e che il furbo Salvini lo abbia condiviso
per arrivare a nuove elezioni. Elezioni annunciate dai sondaggi per lui redditizie, tanto da farlo prevalere
definitivamente sul volatile Di Maio, all'affannosa ricerca di captationes benevolentiae e su un deludente e politicamente
frastagliato M5S.
A sinistra i ragazzi di
bottega
Comunque, qui la questione è infinitamente più grande e
testimonia della sclerosi delle sedicenti sinistre il non avvertirne la portata
strategica globale. I grandi poteri storici che si esprimono nella finanza e
nel militare e utilizzano alcuni Stati forti, come Usa, UK, Germania, per
eliminare dalla scena elementi di contrasto che pretendono di avvalersi di
costituzioni e sovranità, dalla fine della seconda guerra mondiale manovrano,
complottano, drogano, ricattano, invadono, per arrivare a un dominio mondiale che
si può ben definire bio-tecno-fascismo. Si chiama globalismo, globalizzazione, mondialismo.
Uno dei frutti più riusciti, tali da ridurre ai minimi termini le sovranità
democratiche e sociali sorte dalla guerra antifascista, promosso e finanziato
dagli Usa fin dal 1948, è l’Unione Europea, modello di anti-democrazia, con lo strumento valutario della sua dittatura
economica, l’euro. Si capisce, allora, l’infingarda strumentalità di certe
campagne di distrazione di massa, come quell’ “antifascismo militante” che se la prende con un infimo folklore,
pretende di difendere una democrazia che è un mero simulacro e non vede l’ombra
nera del totalitarismo che incombe su noi, sul mondo.
Nazionale o
sovranazionale?
Ogni organismo sovranazionale è una piede di porco del
mondialismo, dall’UE alla Nato, dal WTO al FMI, dalla BCE al G7, all’ UNHCR che,
insieme alle Ong private, governa l’operazione mondialista “migranti” e ai vari
trattati transnazionali come TTIP o CETA, e ha per fine l’annientamento della
sovranità popolare. Sovranità che rappresenta un ostacolo sia quando si esprime
a livello nazionale, nello Stato autodeterminato in legge, economia, socialità,
cultura, territorio, sia quando rappresenta il controllo delle popolazioni su
territorio, e relativi patrimonio storico, economia, produzione, cultura,
progettualità. Vedi gli assalti transnazionali con le Grandi Opere alla Val di
Susa, al Salento, a Sardegna e Sicilia con le basi militari, vedi lo
svuotamento coatto dei territori terremotati con la rinuncia a ogni
ricostruzione e, in generale, dell’improduttivo Sud italiano, vedi la fine
della nostra indipendenza alimentare con l’abbandono dell’agricoltura di
qualità a vantaggio dello scadente import delle multinazionali. La gigantesca
concentrazione di stoccaggi di gas nella bassa padana, in cui lavorano poche
decine di tecnici, oltre a costituire un rischio spaventoso per le popolazioni,
ha preso il posto di campi che davano lavoro alla regione e cibo a mezza Italia.
In questi anni abbiamo visto, e in parte ho filmato e
raccontato, una serie di “regime change”,
colpi di Stato militari, parlamentari, di piazza, guerre e terrorismi: Ucraina,
Georgia, Jugoslavia, Honduras, Paraguay, Brasile, Iraq, Libia, Siria, Egitto…In
parallelo hanno funzionato i tentacoli economici della piovra, i cannibali dei
cosiddetti “mercati” e i loro sicari delle agenzie di rating.
Il Regime change del Quirinale
Tutti della stessa matrice, tutti finalizzati a distruggere
autodeterminazione e sovranità. Tutti e tanti altri complotti chiamati
rivoluzioni colorate, o sradicamento di popolazioni collocate su depositi di
risorse utili al capitale, definito “fughe da fame e guerre”, accompagnati dal
plauso di quinte colonne mondialiste, mimetizzate da difensori dei diritti
umani. E non è un regime change
quello a cui abbiamo assistito in questa primavera arroventata, più che dai
gradi, dai degradi della vita politica, civile?
Non lo è quando, subite ingiunzioni da fuori di casa nostra,
l’amministratore del condominio butta fuori 17 milioni di inquilini e lo
consegna a uno che manco paga l’affitto?
Il laboratorio di
Frankenstein
Noi siamo da sempre un laboratorio per operazioni globali.
Perlopiù criminogene, sempre antipopolari. Un caso di scuola è la coabitazione
tra criminalità organizzata e criminalità politica. Impostaci dagli Usa nel
1945 e felicemente vissuta dai successivi governi di sostanza, o anima,
democristiana. Poi adottata a largo raggio. E’ bastata l’incrinatura, provocata
da elementi spuri, nella placida consociazione storica tra dominanti e
opposizione di sua maestà, consolidatasi in Nato e UE, perché si scatenasse il
trambusto cui assistiamo. E’ bastato che qualcuno avesse, alle elementari,
espresso qualche dubbio sulla divinità mammonica dell’euro, è bastato che riecheggiasse al di sotto delle
Alpi la formula “prima gli italiani”, che si prendesse sul serio un
possibilissimo reddito di cittadinanza. E’ bastato che si sfiorasse la parola
“ambiente”, si sospettasse che quest’Europa dell’austerity non serve che a trasferire grana e grano dal basso in
alto, che i migranti servissero a farci pagare con le noccioline. Basta e
avanza alla grande che si sia osato esprimere riserve sulle missioni militari,
come sulla guerra alla Siria.
Mamma li russi!
E qui entriamo in un capitolo che alle sinistre è ostico da
quando, con il crollo del muro, è finito il loro punto geopolitico di
riferimento e si sono accomodati sotto quello uccidentale. Assolutamente
terrorizzante rispetto a un piano strategico coccolato da Yalta in poi era il
profumno geopolitico che aleggiava sopra il contratto Salvimaio: un rapporto
con la Russia non basato su russofobia a 360 gradi, minacce nucleari,
terroristi e provocatori False Flag, satanizzazione di Putin. E che rifiutava
le sanzioni, cosa che, vista l’unanimità richieste in queste cose dall’UE,
minacciava di far saltare un accerchiamento all’orso russo ininterrottamente progredito
da Bush Senior a Trump. Possiamo giurarci che qui, sul negoziato al Quirinale,
si è abbattuta, come un rigore di Ronaldo, la gamba tesa di Washington.
Ma, più di ogni altra
cosa, è bastato a sconvolgere l’élite il riecheggiare da un capo all’altro
della penisola del termine anatemizzato, intollerabile, funesto, coda del
diavolo: sovranità. Che poi è sinonimo di libertà. Parole brevi, secche,
tronche. Ma ci sono morti in troppi per dimenticarle.
A prescindere dalla maggiore o minore qualità dei politici
che hanno dato voce a queste “impertinenze”, quello che ha fatto aprire le
porte dell’inferno sono stati i 17 milioni di italiani che, coscienti perché dotati della maschera
antigas dell’intelligenza, hanno dato la maggioranza a un impeto di contrasto e
cambiamento. E non sono neanche i soli. Vediamo, ora, cosa si inventeranno per
fermarli. Quegli altri sono pochi, ma capaci di tutto. E, visto che la Chiesa
si è subito sbracciata in difesa dell’uomo al Quirinale, cioè della divinità
parallela Mercati, hanno dalla loro
anche il papa.