lunedì 24 dicembre 2012

BERLUMONTI-MONTISCONI



... Vendolini-Casinendola, Bersamonti-Montisani, Pannelloni-Berlupann, Dilisani-Bersaberto…

Titolo stupidotto, ma che infantilmente indica la perfetta e incontestabile intercambiabilità dei nostri dirigenti di partito nel segno della pace tra i popoli, della giustizia sociale e della salvaguardia del pianeta.


Cari amici finiti nelle spire ottundenti dei bagordi festaioli ampiamente garantiti da Monti, Fornero e Passera, abbiate pazienza. Questo pezzo è lungo. Ma giuro che osserverò il silenzio stampa almeno fino al 3 gennaio. Si può, con buona disposizione d’animo, leggere in tre o quattro o dieci volte. Ciao. E auguri.

Qui sotto inizio con due paragrafi che si occupano del movimento arancione, testè comparso alla ribalta e fonte di standing ovation e di grandi aspettative da parte del popolo della sinistra, degli indignati, dei disgustati. Riprendo il filo di questo discorso più avanti, dopo alcune pillole informative che si sono perse nella corsa alla verità del nostro sistema mediatico.

Quando a un esponente di ALBA chiesi di inserire nei loro punti programmatici, in vista dell’assemblea romana di “Cambiare si può”, oltre al disarmo e al ritiro delle missioni militari un più esplicito riferimento alla guerra imperialista, all’uscita dalla Nato e alle basi Usa in Italia, questi mi rispose condividendo in pieno i suggerimenti. Assistetti all’assemblea di “Cambiare si può”. Non ci fu il minimo accenno a niente di tutto questo. Magari si sarebbero risentiti i neoarancioni del PRC e del PdCI che, quando al governo, si rimangiarono un secolo di lotte e pronunciamenti contro la guerra e contro la Nato, e votarono – con dignitosa riserva di perplessità sulle stragi di civili - per le missioni di guerra. Né hanno alzato un ciglio mentre Nato e Al Qaida, con il ministro-generale Nato Di  Paola sul ponte di comando, sbranavano Libia e Siria. In compenso la star arancione, De Magistris, ha scritto così, in occasione della festa per la nuova sede a Lago Patria, Giugliano, dell’ Allied Joint Forces Comand di Napoli, cioè del supremo comando Usa-Nato per gli interventi in Africa e Medioriente. Quello che, d’intesa con governo e parlamento, tirava le fila dello squartamento della Libia.

mercoledì 19 dicembre 2012

Ah, se non ci fossero Minoli, Ricucci, G.Monti, i No War, i Corpi Civili di Pace...



Allarme! La non violenza sta per travolgerci, bella, affascinante, piena di lusinghe, un muro mentale su cui si erge il mito del pacifismo, che si nutre di perbenismo e cristianesimo un po' alla buona, un modo semplice per sentirsi non colpevoli; la negazione anteposta consente di rendere vago il significato di colpevole. La non violenza sarà il mezzo più potente per applicare il controllo di massa più efficace che la mente umana abbia conosciuto. (Renzo Coletti).
I mostri sono veri, anche i fantasmi sono veri. Vivono dentro di noi e a volte vincono. (Stephen King)
I media sono l’entità più potente della Terra. Hanno il potere di render innocenti i colpevoli e colpevoli gli innocenti. E’ il potere che controlla la mente delle masse. (Malcolm X)
Molta gente ritiene di pensare quando non fa semplicemente che riorganizzare i propri pregiudizi. (Walter Lippmaan, giornalista)

Si sono ripresentati i corifei del caravanserraglio Al Qaida-Nato, nel disperato tentativo di contrastare e offuscare l’ormai alluvionale rivelazione, anche di media e autorità politiche e di intelligence occidentali, delle atrocità compiute ininterrottamente dai terroristi infiltrati in Siria.. Bene, questo è quanto succede in Siria e quanto sta trapelando con la stessa forza con cui l'acqua ha infranto la diga del Vaiont, anche se TG1, 2, 3, 4, 5, 7, forse perchè immersi nel fango fino alle orecchie, non si sono accorti. E’ sbagliata l’abusata metafora delle due squadre in campo, ma serve ad esplicitare le cose. Quando l’arbitro fischia un giusto rigore è insensato, ma normale, che i giocatori affetti dalla punizione protestino e giurino e spergiurino che fallo in area non c’è stato. Nessuno ne mena scandalo. Sono coinvolti e fare l’ammuina ci sta.

martedì 18 dicembre 2012

Siria: proliferano i re nudi






L'unica vera esplorazione non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere occhi nuovi. (Marcel Proust)
Tutte le grandi verità iniziano come blasfemie. (George Bernard Shaw)
Colui che vuole garantire la propria libertà deve difendere dall’oppressione perfino il suo nemico. Se viola questo dovere, stabilisce un precedente che travolgerà anche lui. (Thomas Paine)
Grandiosa commedia degli equivoci in campo Nato.  
Obama ha tentato di prendere le distanze da certe troppo esagitate brigate salafite dell’ “Esercito Siriano Libero“, inizialmente dalla Nato e dal Qatar importate da Libia, Cecenia, Kosovo (dove i tagliagole si addestrano), ma oggi sempre più fuori controllo. Ed è stata la messa in scena a Doha della nuova compagnia di giro di ratti fuorusciti siriani, Coalizione Nazionale per la rivoluzione siriana e le forze d’opposizione. Uscita dalla provetta nelle vesti di interlocutore-partner presentabile, che dimostrasse la propria estraneità rispetto alle bande di tagliagole Al Qaida messe in campo dall’inizio (tanto che gli Usa, scottati dall’uccisione a Bengasi del loro ambasciatore-spia, hanno messo sulla lista delle organizzazioni terroriste la brigata “Fronte Al Nusra”, protagonista degli orrori di Aleppo), la comitiva di commedianti di Doha è stata subito riconosciuta da Washington, Parigi, Londra, “rappresentante unica e legittima di tutte le parti del popolo siriano”. Il chihuahua della Farnesina guaisce in sintonia. Visto che quelli di Al Nusra e altre bande jidadiste hanno dichiarato che quel “governo legittimo” di Doha i suoi artefici nelle capitali alleate se lo possono mettere in quel posto, il nuovo fantoccio ha fallito il tentativo di occultare una realtà in cui protagonista della guerra resta il terrorismo.

domenica 9 dicembre 2012

Verrà la vita e avrà i tuoi occhi


SÁBADO, 8 DE DICIEMBRE DE 2012
Hugo Chávez annuncia una nuova operazione chirurgica ed investe Nicolas Maduro, come suo successore


Hugo Chávez ha annunciato in televisione che deve subire un nuovo intervento chirurgico, per la presenza, nuovamente, di cellule tumorali maligne. Secondo la procedura costituzionale prevista in questi casi, ha chiesto al Parlamento ancora una volta, l’autorizzazione per assentarsi dal paese.
Il presidente venezuelano era partito per Cuba lo scorso 27 novembre per sottoporsi ad un trattamento iperbarico; ma, come ha specificato lo stesso presidente, durante approfonditi esami è emersa la presenza nuovamente di cellule tumorali maligne e quindi la necessità di un immediato intervento chirurgico.

Hugo Chávez sta lottando contro il cancro dal giugno del 2011 e fino ad oggi si era sempre mostrato profondamente ottimista di riuscire a vincere la battaglia contro il cancro. Questa volta, però, ha ammesso la possibilità di una sua inabilitazione permanente e per questo ha pubblicamente suggerito, come suo successore, Nicolas Maduro, recentemente nominato Vicepresidente della Repubblica e da oltre sei anni Ministro degli Esteri.

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Hugo Chávez al centro; alla sinistra Disodado Cabello, presidente del Parlamento ed alla destra Maduro

Ora ha una voce e un sangue / ogni cosa che vive. Ora la terra e il cielo /
Sono un brivido forte, la speranza li torce, /  li sconvolge il mattino, /
li sommerge il tuo passo, / il tuo fiato d’aurora. / Sangue di primavera, /
tutta la terra trema / di un antico tremore. (Cesare Pavese, da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”)

Anima, nervi e pugno dell’America Latina
Questo il comunicato arrivatomi da Caracas la notte tra sabato e domenica. Stamane nessun giornale radio, nessun programma televisivo ha dato la notizia. Ghignando, stanno preparando il battage celebrativo dell’imminente decesso del più grande rompiscatole del sistema mondo dai tempi di Lenin e del Che Guevara. In contemporanea sfogheranno il livore accumulato alla vista di una trasformazione del Venezuela e di tutta l’America Latina in direzione opposta ai piani dei cannibali riuniti nella Cupola, dedicandosi con forsennato impegno alla consueta demonizzazione del nemico giusto, onesto e perlopiù vittorioso tra la sua gente. Di colui che, con la sua azione, con il Zeitgeist che ha saputo far scaturire nella parte migliore dell’anima collettiva, quella parte che ogni singolo governante occidentale, comunque si qualifichi, socialista, conservatore o moderato, cerca di sopprimere, ha cambiato le sorti di pezzi di umanità. Sentiremo parlare di un’esperienza che ha incendiato un continente già ridotto a volgo disperso che nome non ha e che ha seminato brace negli altri quattro, di un riscatto nel segno dell’interesse di tutti e ai danni di quello dei 40 ladroni. Ne sentiremo parlare come di una parentesi buia nell’unico cammino possibile verso le magnifiche sorti e progressive della fine capitalista della storia.

sabato 8 dicembre 2012

NAPOMORSI-MORSITANO



Forse il fatto che abbiamo visto milioni che votano se stessi alla totale dipendenza da un tiranno ha fatto capire alla nostra generazione che scegliere il proprio governo non  necessariamente assicura la libertà. (Friedrich August Hayek)

La verità non viene determinata da un voto di maggioranza. (Doug Gwyn)

“Firenze è vicina in queste ore ad Israele e afferma il diritto di esistere dello stato ebraico che qualcuno vorrebbe mettere in discussione. Firenze con il suo sindaco è orgogliosa di dirsi oggi amica di Israele” (Matteo Renzi, 22 novembre 2012)

Torna Berlusconi? Dalla brace alla padella.

(In questo testo si utilizzano i termini “islam, islamico e islamista”. Non li si confonda. Non sono sinonimi. Islamico è l’Iran, islamisti sono i baroni che l’imperatore ha installato nelle sue marche. Islamico vale come cristiano. Islamista vale come SS. Islamisti sono quelli che in una scuola di Damasco trucidano 20 scolari. Coloro che ad Acri sterminarono ogni essere vivente musulmano erano crociati. Islamici erano tutti i governanti dei paesi del mondo arabo laico, liberato, progressista, antimperialista, come cristiano è Hugo Chavez.  Islamisti sono Re Abdallah e l’emiro del Qatar. Islamico era Saladino che a Gerusalemme non torse un capello ai cristiani. Chiara la differenza?).

Al Maliki in Iraq, il trafficante di droga e organi Hassim Thaci in Kosovo, il narco-feudatario Karzai in Afghanistan, il ratto salafita El Mararyef in Libia, il ratto fratello musulmano Muaz Khatib in Siria (capo della Coalizione dell’Opposizione Armata), i narcos Calderon e Pena Nieto in Messico, il l’auto-golpista islamista Morsi in Egitto, i narcostragisti Uribe e Santos inColombia, il narcodespota Martinelli in Panama, il narco-postgolpista Lobo in Honduras… Gli Usa e l’UE affidano i paesi conquistati, sottomessi, o da sottomettere, al controllo delle criminalità organizzate, perlopiù narcomafie, massonerie, integralismi clericali, o oligarchie predatrici, personaggi e cricche dai mille scheletri e corpi torturati nell’armadio. Ricattabili per ogni nefandezza. L’Italia non fa eccezione.

Il ministro degli esteri Terzi riconosce il fratello musulmano Muaz Khatib rappresentante unico del popolo siriano, con i due regimi indissolubilmente legati tra loro da Sharìa, catechismo, Tavole della Legge e Nato. A Doha, Monti concorda con l’emiro islamisticamente democratico del Qatar mezzi e modi per squartare la Siria e raccattare briciole di gas, petrolio, una fabbrica per Marchionne (gli schiavi di Al Thani non aspettano altro) e per realizzare la definitiva cementificazione  tombale della Gallura. Lo stesso  Monti e, subito dopo, Bersani, bipartisan come sempre, si precipitano a Tripoli a esprimere identità di spirito e materia, auspici petroliferi e lo strangolamento del flusso di migranti (mai praticato da Gheddafi) al jihadista Nato El Marayef. In cambio, sempre bipartisan, assicurano la fornitura di spie, armi e squadroni della morte denominati “Forze Speciali” per addestrare ratti Al Qaida all’esecuzione delle decimazioni Nato di oppositori.

 Bersani a Tripoli
Per Bersani, che non si è fatto mancare niente, neppure una foto con le pantegane islamiste di Tripoli, vermi-femmina che brulicano sul corpo maciullato della Libia, si è trattato di un primo biglietto da visita onde (ri)accreditarsi presso Pentagono, Cia e Wall Street… Napolitano, accelerando la tracimazione golpista e la demolizione della Costituzione, celebra insieme a Morsi, in scambio di amorosi sensi, esenti da intercettazioni, l’annientamento del secondo e terzo potere dello Stato, legislativo e giudiziario. L’uno li sbaraglia, questi poteri non del tutto domi, stritolando chi a Palermo sfrucugliava i nervi scoperti della Repubblica, Prima e Seconda e chi, a Taranto, osava tenere in piedi una Costituzione che anteponeva a tutto la salute, la vita. L’altro  di quei poteri decapita i vertici nazionali e si installa al loro posto. Finalmente mori e cristiani accantonano il trauma di Lepanto e s’incamminano d’intesa e uniti, pur tra gli inevitabili e risolvibili dissensi di famiglia sulla spartizione dei beni,lungo la strada verso lo Stato clerical-poliziesco-mafioso, dotato dell’arma segreta del terrorismo, impegnato a cavar sangue dalle rape e trasferirlo nelle flutes dell’élite. Grazie alla sinergia Al Qaida-Nato-Vaticano siamo tutti, in tattica e strategia, fratelli musulmani. Meglio, salafiti. Sotto sotto Al Qaida, Cia, Mossad. Con tanti saluti all’Islam di pace e civiltà.
 Miliziani Al Qaida
E pazienza per quelle comunità cristiane riottose, neanche troppo vicine al papa, che, in Siria, da questa democratica fratellanza, nel nome dei diritti umani cari sia ai preti che agli imam, vengono sacrificate alla civiltà futura immolandole su roghi e sotto mannaie. Con l’Inquisizione nel cuore, il papa tace assorto. Le Chiese vincono su tutti i fronti: si afferma il principio moderno del potere temporale, finalmente ricomposto tra papa, sultano e imperatore nel segno della croce e della mezzaluna, e lo si glorifica con i martiri  di entrambe le confessioni. Carnefici e vittime, indifferentemente sacrificabili alla causa. Come i nostri militari in Afghanistan e gli afghani che ammazzano. Gott mit uns. San Pietro e la Sublime Porta trionfano sul campo, il maresciallo Graziani celebra, nel sacrario appena erettogli, la rivalsa della sua hybris.  E Lawrence d’Arabia, indossata la jallabiah stavolta a stelle e strisce e la kefiah con la stella di David, se la ride sotto i baffi.

Torneremo a suo tempo su Napolitano, “l’amico Americano”  rimasto ingravidato durante un viaggio di piacere con stage oltremare. Da migliorista, a capo dei roditori nel formaggio coi vermi della Prima Repubblica, è passato prima a santolo e poi, scomparso il formaggio e rimasti i vermi, a becchino della Seconda. Gli resta di terminare la gravidanza e sarà bene non assistere al parto. La deformità rischia di far apparire accettabile il fantolino nato in Germania nel 1933. Meglio andare in Egitto.

Ricordate quei gufi, o utili idioti, che facendo di ogni erba araba un fascio, sputtanavano le insurrezioni di massa in Egitto, Tunisia, Giordania, Marocco, Bahrein, Yemen, Somalia, appaiandole alle controrivoluzioni in Libia e Siria e mettendole tutte sotto lo stesso cappello USraeliano? Degradando rivoluzioni dalle forti tinte rosse, o per ignoranza, o per deformazione nichilista di un marxismo-leninismo pervertito, in maneggi delle centrali di destabilizzazione colonialista, quasi fossero le loro sconce rivoluzioni colorate?Con pochi altri abbiamo tentato di esaminare ed esporre il ruolo di agenti tipo Otpor serbo infiltrati nel movimento egiziano con la qualifica di blogger, o di capi-popolo, e in quello yemenita, maghrebino, somalo, sotto le mentite  spoglie di Al Qaida. Ma dal far passare questi moti di popolo contro i ricchi, la dittatura, la globalizzazione, Usa e Israele e per la libertà, per una cospirazione imperialista finalizzata al ricambio della classe dirigente proconsolare, ce ne corre. Fosse vera la versione di questi degenerati della sacra scienza della dietrologia, non ci sarebbero in questi giorni in piazza, a due anni di distanza dalla rivoluzione del 25 gennaio 2011, gli stessi milioni, pronti a farsi stritolare dai cingoli dei carri di Morsi, bastonare dai picchiatori salafiti, fucilare dagli sgherri di regime. E quando si è pronti a questo, qualche ragione per parlare di rivoluzione c’è. E noi, finchè non saremo pronti a fare come gli egiziani, e come, prima, i venezuelani, boliviani, ecuadoriani, argentini, caveremo dal buco solo ragni, vermi e crotali.


Udito il silenzio del crotalo Hillary, del ragno Obama e del verme nostrano, davanti all’uragano egiziano? Questi pifferai s’erano illusi di manovrare,  e poi sprofondare nell’irrilevanza, il lucido furor di popolo che aveva fatto fuggire il più armato e potente carceriere tra i tiranni vassalli incistati dall’Occidente in quel corpo arabo che decenni fa  si era permesso di infrangere le catene coloniali. Gli inglesi, al tempo del primo impero, si inventarono i Fratelli Musulmani. Elemosinieri di indigenti e sventurati, all’uopo allevati dal capitalismo coloniale e oggi messi in campo nella previsione del piano B, quello islamista, avrebbero dovuto essere la massa d’urto per rimpiazzare, a scapito dei rivoluzionari, fiduciari logori, o governi recalcitranti, tutti laici, con gli sparaneve della fede che alle masse avrebbero congelato arti e cervello.

Con la rivoluzione laica e antimperialista vittoriosa e il dittatore rintanato a Sharm el Sheik, gli indigenti e sventurati sono arrivati e, definiti “moderati” dall’universo mondo, dallo scaltro New York Times all’esangue manifesto, hanno fatto credere di essere quella massa critica che avrebbe aiutato a rovesciare la dittatura. A Mubaraq  succedeva Mohamed Morsi (come in Yemen il surrogato Abd Rabbuh Mansour al-Hadi sostituiva degnamente il despota amerikano Ben Ali) e, pur perplessi, gli insorti egiziani ci si sono adattati in nome del comune rifiuto del despotismo militare. In tutte le cancellerie occidentali champagne e stuzzichini al caviale. I salafiti, strumento egiziano di Cia-Al Qaida, pur decisivi nelle urne, erano minimizzati come appendice, utile semmai a intimidire i riottosi. Al netto di certi colpi di testa sempre possibili tra queste formazioni di ascari fuori di testa e che, pur servendone gli scopi al momento, non rinunciano a detestare l’Occidente degli infedeli. Si sta vedendo in Siria, dove certi apprendisti Al Qaida dello stregone Usa stanno sfasciando l’elegante vetrina allestita da Hillary in Qatar sotto forma della Coalizione delle Opposizioni. Comunque, per ora, abbiamo finito con l’avere “moderati” ovunque, dai satrapi del Golfo ai fratelli di Egitto, Libia, Tunisia. Il migliore dei mondi possibili.

Il pieno accredito internazionale, insieme alla normalizzazione di un popolo che aveva fortemente in uggia Israele, a Morsi venne riconosciuto da Usa, Israele e Qatar al culmine dell’astuta mistificazione, quando il “novello faraone”(ma si fa un torto ai faraoni) assunse il ruolo di  mediatore di pace a Gaza e riusciva a tenere in coma vigile quel corpo mutilato e ad addomesticare Hamas. Qualcuno, però, al Cairo, ad Alessandria, Suez, Ismailia, mangiò la foglia. E, paradosso dell’eterogenesi dei fini, giorni fa, sotto l’onda anomala dei rivoluzionari risorti dai sotterranei carsici, c’è stata perfino la fuga di Morsi dal palazzo presidenziale. Ancora un passo e poteva finire come a Quito, quando una massa analoga, mano e intelletto del paese, invase e occupò i palazzi del potere e rivoltò l’Ecuador come un calzino. Si chiamavano forajidos,  analogo al Que se vayan todos argentino, e oggi c’è Correa. Una buona parola d’ordine per i ragazzi del Cairo. Per tutti.

Gli è che, pur in perfetta corrispondenza con il tracciato segnatogli dai mandanti, l’uomo ha fatto l passo più lungo della gamba. Arrivando a migliorare il meno sanguigno Napolitano, ha decretato il potere unico e assoluto dell’esecutivo, cioè lui, sulle altre articolazioni democratiche, il potere legislativo e quello giudiziario. Poco di più – siamo pur sempre in un paese “in via di sviluppo” – di quanto non abbia fatto Obama nella “più grande democrazia del mondo” con la sistematica decretazione presidenziale su minuzie come la lista dei sospetti assassinandi, i campi di internamento in Usa, la sorveglianza e lo spionaggio universali, la guerra senza licenza del Congresso, le extraordinary renditions, le carceri segrete, lo stritolamento delle libertà civili e del diritto alla difesa, Guantanamo e la tortura.

Quelli che ancora governano al Cairo sono gli stessi che per decenni, allenandosi a servire i bonzi interni e i padroni esterni una volta al potere, hanno massacrato turisti con lo stesso colore della pelle dei governanti che puntellavano Mubaraq e che, oggi, sono ancora più contenti di puntellare il più importante tra i viceré  chiamati ad asfaltare i giardini delle primavere arabe di ieri e di oggi. Qualunque dittatore islamista è meglio, al costo di qualsiasi bagno di sangue, che infedeli come quelli di Piazza Tahrir finiscano con l’avere voce in capitolo e turbare l’assetto islamista “moderato” del Medio Oriente. Moderato come quello degli scannatori “Allah u Akbar” in Siria e della Sharìa dappertutto. Sempre meglio qualche capello femminile al vento di meno e qualche McDonald’s in più.

I segnali di cosa fosse e cosa puntasse quella creatura scaturita dal nido islamista del partito “Giustizia e Libertà” e della sua avanguardia “paramilitare” salafita di “Nur”, c’erano già tutti. Aveva iniziato col rastrellare e liquidare elementi critici tra i media: “processati per aver insultato Morsi”. Né “Reporters sans Frontiéres”, né “Amnesty” ebbero da ridire. L’assai oscuro assalto, evidentemente di marca israeliana, contro poliziotti egiziani nel Sinai, offrì a Morsi l’occasione per epurare gran parte dell’apparato di sicurezza e metterlo sotto controllo dei suoi. Sul piano istituzionale, conquistati con il controllo sociale e la stanchezza e fratturazione del movimento laico, parlamento, governo e assemblea costituente, si trattava di sostituire una costituzione laica e pluralista, pur poco da Mubaraq osservata, con il prodotto di un’assemblea costituente dominata  dai più settari ed estremisti elementi della teocratica confraternita. In politica estera, oltre ad aver addomesticato “l’ala politica” di Hamas sotto Khaled Mashaal, già traditore della Siria, venduto all’emiro del Qatar e arma di ricatto israeliana contro l’ANP e Fatah, Morsi si è reso meritevole agli occhi dell’Occidente finananziando e rifornendo, in accordo con i wahabiti di Saad Hariri  in Libano, i jihadisti da infiltrare in Siria. Su un piano meno clandestino, concordò con il fiduciario neo-ottomano della Nato, Erdogan, che bisognava abbattere a tutti i costi il regime di Bashar el Assad.
 I salafiti attaccano manifestanti al Cairo

Si vedeva di buon occhio, quindi, il graduale rafforzamento dei poteri di Morsi, da bandiera “moderata” della rivoluzione a dittatore con gli stessi poteri di Mubaraq e del famigerato Consiglio Supremo delle Forze Armate. Si contava che, con la manipolazione tramite infiltrati Cia del Movimento 6 Aprile, nerbo della rivolta laico-progressista insieme a nasseriani e socialisti, si sarebbe potuto imbrigliare il movimento insurrezionale nell’abbraccio mortale della Confraternita. Ma quel che sta succedendo in questi giorni in risposta alla negazione della libertà, delle riforme economiche e sociali, della revisione dell’alleanza con Israele, dimostra che il calcolo non funziona. Lo scioglimento dei due rami del Parlamento, inquinati dall’integralismo confessionale con il 47% dei seggi alla Fratellanza e il 23% agli invasati salafiti, da parte della Corte Costituzionale e la reazione di Morsi con la decapitazione dell’ordine giudiziario, la legge elettorale che inibiva, con la scusa dell’esclusione di “elementi legati al vecchio regime”, l’accesso alle forze dell’insurrezione laica, l’imposizione del referendum su una costituzione degna del Medioevo, avevano colmato la misura. Da un lato il 45% di egiziani che vivono sotto la soglia della povertà e, dall’altro, una generazione di giovani acculturati e nazionalisti che avevano intravvisto un Egitto sovrano, equo e nuovamente protagonista dell’emancipazione araba, registravano la rottura del legame degli integralisti, scoperti in tutti i posti di comando alla vecchia classe di profittatori mubaraqiani, con la società profonda dell’Egitto.

Abbiamo uno scenario geografico che vede la carta di ricambio fondamentalista dell’Occidente formare un mosaico islamista omogeneo dall’Atlantico al Golfo Arabo-Persico, con le provocazioni di Al Qaida (del Maghreb, dello Yemen, della Somalia) allestite per giustificare interventi militari euro-atlantici (in atto quello nel Mali) là dove il ricambio non è riuscito. Il venir meno della tessera centrale egiziana rappresenterebbe uno scacco, affiancato all’irrisolto e sempre più arduo regime change in Siria, da mettere in discussione l’intera operazione “Grande Medio Oriente” elaborata fin dagli anni ’80 dalle amministrazioni USraeliane. Ci sarà un Piano C? E chi ne sarà l’esecutore? Ci sarà la soluzione drastica, affidata ai militari più potenti, fidati e armati di tutta la regione? O quella soft dei reperti della vecchia borghesia egiziana, laica, ma moderata, tipo El Baradei (già Agenzia Atomica abbastanza accomodante, o Amr Mussa (già Lega Araba comprata dai signori del Golfo)?
 Il Cairo. Assalto al palazzo presidenziale

In ogni caso è in corso un salutare contraccolpo innescato dalla forza, soltanto apparentemente sopita, di un movimento a cui, dopo la bonifica dagli elementi spuri, si chiede soltanto unità e tenuta. Il coraggio e la visione ce l’ha già.

A proposito delle sinergie tra globalizzazioni totalitarie neoliberiste interne ed esterne, che ci affanniamo a evidenziare ai miopi della sinistra, c’è da chiedersi: con la controindicazione del Fratello postdemocratico egiziano ridotto a zoppicare, cosa verrà ora in mente al nostro Morsi sul Colle? C’è da aspettarsi di tutto. Vediamo cosa gli sarà ordinato. Intanto gli è concesso di contemplare con divertita soddisfazione come l’unica opposizione partitica al suo destrissimo Monti, a parte il povero Di Pietro e gli sparsi isolotti arancioni, venga dalla destra estrema PDL-Lega, mentre quella moderata, il PD, lo sostiene. Come dire, lo scuoiatore che si mette contro il carnefice. Ma sei ci sono paralleli in alto, ce ne sono anche in basso. Se quelli hanno Piazza Tahrir, noi abbiamo scuole, università, Fiom e quello che finora è soltanto il chiacchiericcio dei cosiddetti arancioni. Più qualche magistrato, o ex-magistrato. Grande è il disordine sotto il cielo. Com’è la situazione?


Qui sotto c’è una bella autointervista di Ouday Ramadan, un italo-siriano che si dice comunista ma che non si è fatto scrupolo di mettere insieme ogni sorta di infiltrati fascisti a sostegno dell’antifascista Siria. La pubblico perché di quanto è in gioco in Siria queste parole sono una sintesi eloquente. Sappia, Ouday, che i suoi sodali camerati, se stesse a loro, una Siria come la sua non sarebbe di certo la loro.
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Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria non ho mai visto nessuno cibarsi dai cassonetti della spazzatura.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria non ho mai visto un funerale del più illustre sconosciuto che non avesse almeno 1000 persone dietro.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria ho visto il più umile dei lavoratori riuscire a mandare 10 figli a scuola ed oggi essi sono il medico, l’ingegnere, l’ufficiale, l’operaio, l’impiegato etc. etc.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria non ho mai visto sfrattare nessuno dalla propria casa in affitto.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 la mia Siria l’ho girata per lungo e per largo con i mezzi pubblici con meno di 5 euro.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria nessuno studente, dalle scuole dell’infanzia fino agli alti studi universitari, paga un centesimo, neanche per acquistare i libri di testo.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria ogni siriano ha diritto a 1000 litri di gasolio all’anno per riscaldarsi.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria non si paga un centesimo per curarsi ed il Governo non ti trattiene il 50% della tua busta paga oppure del tuo reddito.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria un kg di pane ha il prezzo di 7 centesimi.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria il figlio dell’industriale e quello dell’operaio si vestono uguale a scuola. In barba ai Calvin Klein, Benetton e cretinate simili.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria è garantito il diritto di culto pure a Tex Willer.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria non vedrò mai un McDonald’s
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria invece di pagare l’impresa funebre per trasportare la salma di un defunto, chi viene a darti le condoglianze ti porta anche la solidarietà in soldi.
§  Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo:
 nella mia Siria se ti dovesse capitare di avere la febbre a 38 gradi, troveresti 50 persone disposte a coprirti e procurarti i medicinali.
~
di Ouday Ramadan
membro della comunità siriana italiana

lunedì 3 dicembre 2012

PANTOMIME tra Italia e Palestina




«È motivo di sorpresa e di riflessione vedere persone che si danno da fare in tutti i modi per cercare di sopravvivere mentre sono tenute nella condizione di animali in gabbia, sottoposti ad un costante, casuale e sadico meccanismo punitivo che ha il solo scopo di umiliarle. Fondamentalmente Israele e gli Stati Uniti non fanno altro che tenerli in vita. Non vogliono affamarli a morte, ma hanno sistemato le cose in modo tale che i palestinesi non possano avere una vita dignitosa. Ed in effetti una delle parole che si sente pronunciare più spesso è dignità... Fondamentalmente Israele non vuole che i palestinesi tirino su la testa. È una pentola a pressione, pronta a scoppiare. Nessuno può vivere così, tanto a lungo. È una prigione a cielo aperto».(Noam Chomsky)
Siamo parte della sinistra radicale, non abbiamo guadagnato voti avvicinandoci al centro. Abbiamo lottato a mani nude contro la repressione più brutale d’Europa… Per noi socialismo e comunismo sono indivisibili con la democrazia, la partecipazione e la libertà. Siamo nati e cresciuti lottando contro la socialdemocrazia che ci ha portato in questa crisi. Syriza rappresenta la grande bellezza del socialismo e comunismo, della sinistra anticapitalista e rivoluzionaria, del comunismo libertario e dell’autonomia dei nuovi movimenti. (Alexis Tsipras).

Dicesi pantomima quando una o più persone dicono o fanno alcuna cosa simulatamente per ingannare altrui e celare la propria intenzione. Così Carlo Goldoni, che di pantomime (e pantomimi, coloro che la fanno), alla luce dei poteri corrotti e truffaldini dell’epoca, se ne intendeva e li metteva in scena perché i gonzi si trasformassero in avveduti. Il suo tempo vedeva fiorire un illuminismo che, poi con la rivoluzione francese, avrebbe scardinato e annichilito i regimi assolutisti e schiavisti  delle società cristiano-feudali. Età di lumi che, attenuatisi nel secolo successivo, sarebbero tornati a splendere per qualche tempo dopo il 1917, per poi spegnersi del tutto negli anni del nostro sconforto. Anni in cui il fare alcuna cosa simulatamente per ingannare altrui e celare la propria intenzione si è fatto regola di governo e di costume. E i gonzi si sono fatti maggioranza assoluta e, per esempio, applaudono a Premi Nobel per la pace come Obama, l’Unione Europea, Kissinger, Begin, Aung San Suu Kyi e Shirin Ebadi, o si fanno governare da organizzazioni criminali come Goldman Sachs, Bilderberg, mafia e loro surrogati locali. Nella schiera dei pochi avveduti sopravvissuti ci si ostina a spiegare che la pantomima è perlopiù la trasfigurazione di tragedie di cui non ci si rende conto  e sulle quali non ci resta che…ridere.

mercoledì 28 novembre 2012

IL ROSSO E IL NERO. Pastoncino di studenti, signori delle primarie, signori della fame, signori della guerra e streghe.



Semo venuti già menati. (Striscione studentesco 24 novembre 2012)

 Don’t be choosy, choose to fight. (Striscione all’Università di Ca’ Foscari) 

 Du’ cancri in più? Una minchiata (Fabio Riva, secondo il GIP Patrizia Todesco coperto da Vendola) 

Son rose e fioriranno
Da cronista di vicende di guerre, conflitti, rivolgimenti, di scuole e aule universitarie ne ho frequentato parecchie. Rimanendo sempre felicemente sorpreso di quante mele buone si trovassero nei cesti marciti intrecciati da chi di questi luoghi, assopita e dispersa la mitica classe operaia, ha oggi il più sacrosanto dei terrori. Non per nulla quelli che vanno dai 15 ai 25 anni sono di nuovo in queste ore, come quarant’anni fa, al centro del bersaglio che è diventata l’umanità del 99%. Ho avuto il privilegio di essere invitato a parlare di Palestina, Siria, informazione, Nato, “dittatori” islamici, guerre di Obama e di Monti, al liceo “Vian” di Bracciano. Menti fresche e attente, come quelle di lupacchiotti cui il rimbombo sempre più vicino dei fucilatori e, magari la falcidie dei fratelli maggiori, ha insegnato a dubitare di ogni fruscio nel folto, di ogni esca e trappola, con l’unica certezza che quei colpi mirano a uccidere. Altro che quella fauna sparsa a prezzemolo sulle comunicazioni di tv e stampa, che ci vorrebbe rassicurare come i “ggiovani” siano quelli decerebrati e giulivi che, non calandogliene niente di studio e posto fisso adeguato a desideri, ideali e talenti, sgomitano, gli uni contro gli altri, sconvolti per un verso o per l’altro, nei recinti del loro onanistico apparire apprestati da allevatori e domatori. 

domenica 18 novembre 2012


ALBERI DI UN BOSCO, O UN BOSCO DI ALBERI?

Ogni guerra quando arriva, o prima che arrivi, viene presentata non come guerra, ma con atto di autodifesa contro un maniaco omicida. (George Orwell)

Ogni aggressione è fondata sull’inganno. (Sun Tzu)

Se i miei soldati iniziassero a pensare, nessuno di loro resterebbe nell’esercito. (Federico il Grande)

Se inviti la gente a pensare, solleciti la rivoluzione. (Ivana Gabara)

Non temere rapinatori o assassini. Sono pericoli esterni, miserevoli. Dovremmo temere noi stessi. I pregiudizi sono i veri rapinatori, i vizi i veri assassini. I grandi percili sono dentro di noi. Perché preoccuparsi di quanto minaccia le nostre teste o borse? Pensiamo piuttosto a quanto minaccia le nostre menti. (Victor Hugo)

Di olocausto in olocausto
Su Gaza, al di là del congiungersi al coro mondiale (un po’ fievole da noi) di con-dolore per vittime e abitanti di Gaza e di deprecazione dei macellai nazisionisti, sarebbe bene ragionare un po’.