lunedì 31 luglio 2023

 


Mentra Zanotelli e Save the Children avvelenano i pozzi

 L’AFRICA PRENDE IL LARGO

 Fuori i francesi, Biden ci riprova con Melonsky

 Fulvio Grimaldi. Storia e geopolitica dell'Africa: ultimo capitolo, il Niger

 https://www.youtube.com/watch?v=nfsVsrzXcS8

 https://youtu.be/nfsVsrzXcS8

 

Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

 Il peggio di quanto il colonialismo ha fatto e il neocolonialismo sta facendo all’Africa si rispecchia nelle operazioni di fiancheggiamento del missionario comboniano Alex Zanotelli come in quelle dell’ONG Save the Children.

Di quest’ultima bastano gli spot di vera pornografia della carità dai quali vengono mitragliati ricatti allo spettatore tramite raccapriccianti esibizioni di bambini africani ammalati, agonizzanti, imploranti, per estrargli l’obolo del senso di colpa.

 

STC è quella ONG dei veleni guerrafondai che si fece onore NATO quando, a promozione del massacro della Libia, affermò che Gheddafi distribuiva Viagra ai suoi soldati perché stuprassero con maggiore vigore le donne e i bambini del proprio popolo. Evidentemente c’è da fidarsene, come quando ti aggredisce con bimbetti morenti.

 

Il comboniano Zanotelli ha recentemente indirizzato l’ennesima lettera-appello spaccacuore “alla stampa italiana” perché questa rompa un silenzio complice e si schieri finalmente accanto a chi si preoccupa di salvare l’Africa dai suoi feroci.dittatori, dalle sanguinose e insensate guerre civili, insomma dall’ endemica condizione di regressione alla barbarie del continente. Sembra di leggere Rudyard Kipling quando, a proposito delle colonie, lamentava “il fardello civilizzatore dell’uomo bianco”.-

 

Invano aspettarsi da questo missionario, al di là di invettive e lamentazioni, indicazioni su chi fomenta cosiddette guerre civili (esempio: in Somalia, lotta di liberazione di un popolo contro fantocci USA sostenuti da bombardamenti USA), o perché un governante debba essere definito “spietato dittatore” (esempio: il governo eritreo che si rifiuta di condannare “l’invasione” russa dell’Ucraina e di votare per le sanzioni a Mosca).

 

Chi di questi tempi si vede sottrarre controllo, dominio, predazione, sterminio, di africani e delle loro risorse, trova consolazione nei depistaggi del frate e delle ONG su un’Africa che si farà a pezzi da sola, ora che i civilizzatori sono costretti alla fuga da folle inferocite, o vengono emarginati da chi all’Africa si propone come partner rispettoso e mutualmente benefico.

 

Disintegrata l’Africa, nella seconda metà del secolo scorso, dal Congresso di Berlino del 1984-85, in cui gli europei si erano spartiti la torta africana (tutte le materie prime necessarie alla costruzione del capitalismo e relative guerre), nella seconda metà del ‘900 i popoli africani hanno conseguito liberazione e indipendenza da poteri costruiti sul genocidio. E fu l’epopea della decolonizzazione conseguita con la lotta armata e indicibili sacrifici, lutti, sofferenze, Ricordiamoci la martirizzata Algeria.

 

Vennero il neocolonialismo, il revanscismo, il recupero delle ricchezze perse. Primavere arabe, AFRICOM, il comando Sud di USA e NATO, l’emigrazione indotta, quando non forzata, la presa multinazionale di controllo delle risorse tramite regimi corrotti e il pretesto di una lotta al jihadismo, fomentato, armato, addestrato da chi pretendeva di combatterla. E si ristabilì la manomorta francese sul Sahel: oro e uranio a garanzia della grandeur militare, geopolitica ed energetica.

 

Oggi gli africani stanno felicemente assistendo al secondo tempo di una partita in cui si trovano costantemente in area di rigore avversaria. Dopo la decolonizzazione, la de-neocolonizzazione. Esempio clamoroso, il Sahel, la fascia di paesi subsahariani nella quale un paese dopo l’altro si libera dall’occupante, a forza di sollevazione delle masse, interpretata dalle forze armate nazionali e la cacciata dei fantocci allevati da Parigi. Nel resto del Continente, poi, la liberazione cammina sui nuovi rapporti militari ed economici con Russai e Cina, sostitutivi di quelli della rapina e predazione. Prima la Repubblica Centrafricana, poi il Mali, poi il Burkina Faso, ora il pezzo forte della presa  militare francese (con partecipazione di circa 500 militari italiani in “missione di pace”), il Niger.

 

Sono paesi, soprattutto Niger e Mali, che oltra a garantire a Parigi cruciali posizioni strategiche e risorse energetiche e minerarie fondamentali, svolgono un ruolo cruciale nel controllo, o piuttosto, nella promozione dei flussi migratori dall’Africa subsahariana. Sono i canali lungo i quali le forze promotrici dello sradicamento di giovani generazioni produttrici e riproduttrici e dello svuotamento di territori da depredare (ONG e altre), offrono alle classi dirigente del Sud Europa manodopera che deprima i salari degli autoctoni e contribuisca al meticciato indistinto universale, caro al Grande Reset.

 

Veniamo alle ultime. Nel Sahel sventolano bandiere tricolori russe su slogan antifrancesi di masse impegnate e promuovere cambi di governo tramite le forze militari nazionali. In tutta l’Africa, la Cina, con gli investimenti nelle infrastrutture (ma anche in progetti culturali, umanitari, sanitari) e la Russia, con l’intervento in agricoltura e industria alimentare, tecnologie, cereali, fertilizzanti, miniere, entrambe con una politica dei prestiti che prescinde dalle condizioni capestro degli organismi sovranazionali, si vanno sostituendo a una presenza euro-atlantica percepita sempre più chiaramente come predatoria.

 

Ne sono indicatori il dimezzamento degli scambi USA col continente negli ultimi 15 anni (da 120 a 60 miliardi di dollari), mentre già nel 2021 la Cina aveva raddoppiato il fatturato commerciale (254 miliardi di dollari, il doppio rispetto a un decennio prima). Ma non è che un’egemonia di controllo si sostituisca all’altra. Scambi e rapporti con le due grandi potenze dell’Eurasia sono tali, dopo secoli di sbilanciamenti a totale favore dei colonizzatori occidentali e a totale detrimento della popolazione africane, da garantire anche sovranità e autodeterminazione.

,

L’ ECOWAS, organizzazione degli Stati dell’Africa Occidentale e l’Unione Africana, entrambe allineate ai vecchi dispositivi neocoloniali, hanno intimato alla giunta che ha defenestrato l’amico di Macron, Mohamed Bazoum, un ultimatum di rispettivamente sette e 15 giorni, pena un ventilato intervento militare, ribadito poi anche da Macron (che dovrebbe ricordarsi della Quinta Colonna maghrebina che ha in casa).

 

L’Algeria, sovrana e autodeterminata come sempre, dai tempi del rifiuto di partecipare alle aggressioni a Iraq, Libia e Siria, alla recente vittoria su una prolungata rivoluzione colorata, ha offerto il proprio sostegno al generale Abdelrahman Tchiani, nuovo capo del governo. Un intervento militare diretto dei francesi, o per interposti residui sujbalterni africani, magari con concorso di AFRICOM, incendierebbe non solo il Sahel.

 

A dispetto del tentativo dei media di servizio di sminuire la portata del vertice Afro-russo a S. Pietroburgo, 50 Stati africani su 54 hanno confermato e potenziato la propria collaborazione con Mosca. 43 hanno concluso accordi con Rosoboronexport, l’ente russo per l’export militare. Ricavandone protezione militare (Wagner), là dove richiesta, forniture gratuite di cereali e, soprattutto, una remissione di debiti che dall’FMI gli africani si possono sognare.

 

Il futuro del continente sembra segnato. E in questo futuro, le quote di sabbia concesse da Biden alla Melonsky in Nordafrica, nella recente occasione del bacio della pantofola a stelle e strisce, a sostituzione di quelle di seta cinese le sono state tagliate, non modificano in nulla il ruolo di servo sciocco attribuito storicamente all’Italia dal nostro maggiore alleato. Sempre agli “scatoloni di sabbia” restiamo.

 

 

 

 

 

 

venerdì 28 luglio 2023

A Melonsky un po’ di sabbia africana e niente seta cinese --- IL DIRE DI WASHINGTON E IL FARE DI S.PIETROBURGO.

 


VISIONE TV “Dietro il Sipario”, con Enzo Pennetta, Fulvio Grimaldi  Mark Bernardini. Conduce Francesco Toscano

https://www.youtube.com/watch?v=7y_PnKPmsCA

https://youtu.be/7y_PnKPmsCA

 

Nelle ore in cui lo Stato celebra i suoi attentati del 1993 a Milano e Roma, nei giorni in cui Melonsky va a baciare la pantofola di Bidensky per la periodica, ormai quasi secolare, dichiarazione di obbedienza e sottomissione alla criminalità organizzata imperiale, in questo “Dietro il Sipario”, con Francesco, Enzo e Bernardini da Mosca, ci proviamo a capire come stanno, come vanno e come sono andate le cose.

E’ anche il giorno in cui Mattarella offre il suo contributo nucleare all’operazione PAURA DA CLIMA, e alla obliterazione di qualsiasi inchiesta dei rappresentanti eletti del popolo sulle macchie nere che più fanno paura a lui e ai suoi: quelle di Manuela Orlandi (cioè di Woytila santo) e del Covid (cioè sui masskiller Big e Little Pharma e relativi valletti). Roba da far venire giù il Palazzo, anzi, i due Palazzi. La morte fulminea “per errore” di Purgatori, la calunnia pedofila e le gomme squarciate alla famiglia Orlandi ammoniscono.

Sono anche i giorni in cui Putin, a dispetto di sanzionatori e rancorosi detrattori, riesce a raccogliere attorno alla Russia una cinquantina di governi africani, compresi 17 capi di Stato o di governo, per vedere come la Russia possa contribuire a salvaguardare il continente pluriabusato dall’Occidente colonialista, dal virulento revanscismo dei colonialisti nel ruolo di predatori e stimolatori di sradicamenti e dispersioni umane definite migrazioni. Metti questi violatori del diktat imperiale accanto ai BRICS in fase di superfetazione e misura chi sta meglio tra Mosca, Washington e Bruxelles.

E a questo proposito, è anche il giorno successivo alla quasi completa liberazione del Sahel, ex-franco-schiavizzato. Liberazione nello sventolio di bandiere russe sulla rivolta popolare in Niger, interpretata, come nelle precedenti liberazioni di Mali e Burkina Faso, dalle forze armate del paese, spesso unica struttura nazionale  in grado di esprimere la volontà collettiva (anche in America Latina, a dispetto della “Scuola delle Americhe” riservata dagli USA ai suoi caudilli e gorilla)..Qui è toccato a tale Mohamed Bazoum, uno degli ultimi lacchè di Parigi installati da quelle parti a copertura della rapina a mano armata (che si pretende contro figuranti jihadisti) delle risorse di quei paesi, in primis uranio, il metallo del futuro

Cacciata dei francesi (con annesso corpetto di pace di 1.500 italiani) da quasi tutto il Sahel, all’insegna di un modello Algeria e di un ricordo Libia e di un conforto Egitto, Restano in bilico Ciad e Repubblica Centroafricana, ma dura minga. E trovando che dove non c’è presenza coloniale europea c’è il vuoto, ecco che Bidensky e Melonsky, si sono impegnati, oltre a continuare a svenarsi, fino a totale dissanguamento, per il vampiro Zelensky, a occuparsi di Africa.

Rinnegata da Melonsky, ancor prima che Bidensky sollevasse il dito (anche quello malfermo) ammonitore, l’insolenza di quegli smanierati di 5Stelle che, nel 2019, avevano pensato di far approfittare l’Italia della prosperosa benevolenza affaristica della Cina, il nano e la ballerina hanno concordato di sventare la minaccia russo-cinese sull’Africa. E se fa la brava, Giorgia può provare a rimediare qualche benefit in Africa, dove però butta male, vist4o che, cacciati i francesi, le carte le danno Russia e Cina.

Non c’è il Fronte Sud della Nato da rinforzare, ora che Macron se la deve dare a gambe? E chi meglio che il dirimpettaio mediterraneo crosettista dell’Africa, memore dell’epopea dei marescialli Balbo e Graziani in Libia e subito dimentico della porta sbattuta in faccia al FMI e al messaggero dei suoi ricatti, Melonsky, dall’ottimo presidente di Tunisia Kaim Saied.

Morale della favola 1: che peccato che neanche lì, come in Egitto e Algeria, ci siano più i Fratelli Musulmani.

Morale della favola 2: Tra il dire di Washington e il fare di S. Pietroburgo c’è di mezzo il mare (che da mo’ non è più quello di “Britannia rules the waves…”)

giovedì 27 luglio 2023

Nell’epoca dell’occultamento e della menzogna --- UN GIORNALISTA E I SUOI CRIMINI CONTRO IL SISTEMA --- Dove ci si gioca il nostro rapporto con la realtà

 

 



https://rumble.com/v328tm2-julian-assange-la-lotta-per-la-liberta-e-per-la-verita.html

Domenico D’Amico di Radio Gamma intervista Paolo Capezzali  di “Free Assange Italia” e Fulvio Grimaldi nell’occasione della seduta del Consiglio Comunale di Roma per votare sulla richiesta di concedere la cittadinanza onoraria a Julian Assange, giornalista australiano detenuto in un carcere di massima sicurezza a Londra e in procinto di essere estradato negli USA, dove lo attende una condanna a 175 anni.

Numerose città italiane hanno già concesso la cittadinanza onoraria, ultima Trieste. A Roma la richiesta, corredata da centinaia di firme, è sostenuta dalla ex-sindaco Virginia Raggi e da consiglieri dell’opposizione.

Per la  liberazione di Assange e contro l’estradizione negli USA per una esecuzione strisciante, si sono ormai esauriti i ricorsi legali, tutti respinti, e la sua persecuzione, iniziata 13 anni fa e conclusasi nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, rischia di essere coronata dalla vendetta della cosca criminale da lui denunciata. Resta un ultimo ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani di cui, però, il regime britannico, protagonista delle guerre militari e sociali ai popoli e alla verità, attenendosi alle proprie caratteristiche, può non tenere il minimo conto.

L’accusa ad Assange è di spionaggio. Precisamente di aver spiato sistematicamente i crimini di guerra e contro l’umanità che il Potere USA-NATO andava compiendo in giro per il mondo e di averne dato informazione a chi ne aveva diritto: il pubblico. Si chiama informazione, si chiama giornalismo, si chiama così qualcosa che i nostri presunti esponenti della categoria hanno da tempo gettato nell’immondezzaio  di una sedicente democrazia.

Di Assange sappiamo che ha rivelato i motivi e i metodi criminali delle guerre all’Iraq e all’Afghanistan. Più imbarazzante e tossico per i responsabili e meno noto è il gigantesco flusso di inganni, maneggi, intrighi, mistificazioni, interferenze, ricatti (anche elettorali) impiegati dal regime al quale si vuole riconosciuta la rappresentanza del diritto e della democrazia, per estendere dominio, inganno, sorveglianza, sfruttamento. Lo ha portato alla luce Assange  con Wikileaks pubblicando migliaia di relazioni, note diplomatche, dispacci intercorsi tra Washington e altri regimi del giro finanzcapitalista, autocratico e neocolonialista..

Con i media, che ben sanno su quale parte della fetta di pane sia spalmato il burro, si è dato a denti stretti risalto ai crimini commessi da USA e NATO in Iraq e Afghanistan. Storia passata, evidenze innegabili. Ma abbiamo mai saputo che Wikileaks ci aveva dato contezza del tasso di criminalità di una gangster come Hillary Clinton che nel 2009 ordina ai servizi e al suo personale diplomatico di spiare Ban Ki-moom, Segretario Generale dell’ONU, come anche gli ambasciatori all’ONU di Cina, Francia, Russia, Regno Unito e altri paesi, sottraendogli addirittura le iridi scannerizzate, sequenze DNA, impronte digitali, password personali? La stessa Hillary del linciaggio di Gheddafi festeggiato a risate che Assange rivela aver intascato da Goldman Sachs, per una sola conferenza, 657.000 dollari. Un compenso? Ovviamente una tangente.

E’ da Wikileaks di Assange che avremmo potuto sapere che la guerra genocidale a uno dei paesi più poveri, e storicamente più illustri, del mondo, lo Yemen è stata patrocinata dagli USA con il primato dello sterminio da missili, bombe e droni. Il prezzo di qualche delitto ai danni del mondo di sotto.

Sempre ad Assange dobbiamo l’indicazione della paternità di Obama e della maternità di Hillary per il sanguinario colpo di Stato in Honduras, con la rimozione violenta del presidente democratico Manuel Zelaja e un massacro della popolazione in rivolta contro il golpe durato anni e di cui ho avuto il tragico privilegio di essere testimone e di trarne un docufilm, “Il ritorno del Condor”.

E’ forse questione di ore, ma la decisione del Consiglio Comunale di Roma non inciderà sul momento drammatico del cui esito può disporre a suo arbitrio, nettamente nazista, una magistratura britannica assoggettata ad altro arbitrio, superiore, quello dei giustizieri di Washington. Le voci che in questi anni e mesi si sono levate, numerose e consapevoli della posta in palio, dovranno utilizzare queste ore per alzare il volume al diapason. Sia per salvare, con la giustizia, la vita a Julian Assange, sia per fare capire agli arconti che per silenziarci e per eliminare il nostro rapporto con la realtà, dovranno affrontare, non solo l’irriducibilità dell’eroe nella cella di Belmarsh, ma tanti Julian Assange quanti il coraggio degli uomini sa disseminarne sulla faccia della Terra.

mercoledì 26 luglio 2023

BUFFONI DI CORTE PER LO SGHIGNAZZO DEL GIORNO

 

 


BUFFONI DI CORTE PER LO SGHIGNAZZO DEL GIORNO

I due sandwichmen del Grande Reset in salsa climatica, apostoli  di Greta, il soggettone col papillon surriscaldato e il soggettino degli Oggetti Smarriti, propongono leggi che, oltre allo scontato e ormai istituzionale azzeramento comunicativo, infliggano pene esecutrici (ammende, carcere, confino, esilio, tortura?) al Nobel per la fisica John F.Clauser (e a tutti noi, dotati di intelligenza ancora non artificiale), per aver osato definire l’imbroglio del clima antropo-adulterato la fregnaccia del secolo, del millennio, di tutti gli evi trascorsi. Ridere è poco. Chiamare gli infermieri: è il classico caso che giustifica il TSO. Ma poi li riaccompagniamo a casa da Zio Schwab.

martedì 25 luglio 2023

RIVOLUZIONE ARABA E ITALIA CARNEFICE PER PROCURA

 RIVOLUZIONE ARABA E ITALIA CARNEFICE PER PROCURA

 

L’ASSORDANTE URLO DEI POPOLI SOTTOMESSI - l’intervento di Fulvio Grimaldi a Palermo. Riprese di Eugenio Miccoli di “Mepiu.it”

👉 https://youtu.be/rN1yjJqFOnU

https://www.youtube.com/watch?v=rN1yjJqFOnU&t=137s


Intervento di Fulvio Grimaldi alla Due Giorni di Palermo “IO SONO N.A.T.O. LIBERO!

 

RIVOLUZIONE ARABA E ITALIA CARNEFICE PER PROCURA

 

-        La nostra storia con l’Altra Sponda: contro i nostri interessi, contro la giustizia, contro l’amicizia, contro la fratellanza storica, nel nome della vendetta colonialista, agli ordini di un Impero vocato al genocidio e a fianco di un jihadismo terrorista e oscurantista, mimetizzato da conventicola religiosa, la Fratellanza Musulmana, Quinta Colonna della riconquista coloniale. .

 

-        Le Primavere Arabe, complotto neocolonialista contro la rinata nazione araba laica, sovrana e impegnata nella giustizia sociale, al quale abbiamo fornito il concorso dei nostri servizi segreti e la promozione dei nostri media. Di fronte al fallimento delle destabilizzazioni “colorate” e di operazioni eversive alla Giulio Regeni, in Egitto, Tunisia, Algeria, Libano, il ricorso all’arma risolutiva: colpi di Stato e guerra contro i pilastri dell’unità araba dall’Atlantico all’Oceano Indiano: Iraq, Libia, Siria. E, a titolo di prova, 70 giorni di bombardamenti all’uranio impoverito e a grappolo sulla Serbia sotto il premierato di D’Alema e il vice-premierato di Mattarella..

 

-        L’Italia, base USA-NATO e cuore strategico del Mediterraneo tra Nord e Sud, Est e Ovest, ridotta al ruolo di utile idiota e complice mercenario, i cui governi tengono a bada un’opinione pubblica ostile ai conflitti mediante un parossismo militarista, ora all’apice col governo Meloni-Crosetto, che si appropria di tutti i livelli della vita per subordinare libertà e autodeterminazione ai diktat della cosca proconsolare insediata al Quirinale e a Palazzo Chigi. Si ripete, mutatis mutandis, per mano degli epigoni, l’aggressività criminale verso popoli fratelli e l’autolesionismo verso la propria popolazione, a suo tempo determinata dal rapporto di subalternità Roma-Berlino.

 

-        Che questo sia lo spirito del tempo è reso di evidenza inconfutabile dalla concentrazione, dopo quella dei mezzi della cosiddetta informazione, dei poteri dello Stato. Dai pesi e contrappesi di Legislativo, Esecutivo, Giudiziario, garantiti dai reciproci controlli ai termini di una costituzione sancita dalla nazione, si passa al potere unico, quello esecutivo. Processo nel quale seguiamo le orme calcate sul corpo di umani assoggettati mediante terrorismi sanitari, climatici, migratori, dal nuovo e unico Asse del Male: l’impero anglofono di Biden e re Carlo, l’Ucraina di Zelensky e l’Israele di Netaniahu, corredati dei 31 nanetti con sciabola del giardino NATO.

lunedì 24 luglio 2023

Lo Stato ebraico verso il crack --- RAZZISTI OK, TOTALITARI NO --- --- L’altra Ucraina, lunga 75 anni

 

ragazzi palestinesi uccisi da Israele

https://youtu.be/ajj67ejvxHU

https://www.youtube.com/watch?v=ajj67ejvxHU

 

Fulvio Grimaldi sul canale di Paolo Arigotti, a proposito di Jenin, di pogrom, di Apartheid e di quelli che dovevano bombardare Damasco, o Tehran e ora rifiutano il servizio allo Stato fascistizzato.

La notizia è di quelle che fanno tremare la Storia: l’esercito più forte dello Stato più saldo butta e calpesta le stellette. Peggio di questo, delle trenta settimane di ininterrotta rivolta popolare contro un regime totalitarista, di estrema destra, retto da tre pregiudicati corrotti e condannati, che vuole mettersi sotto i piedi la magistratura, c’era stata soltanto la Seconda Intifada, quella detta di Al Aqsa. 2000-20005. La resistenza di massa palestinese, guidata da un Al Fatah non ancora “normalizzata”, con alla testa Marwan Barghuti e una nuova generazione di dirigenti post-arafattiani, aveva determinato una crisi esistenziale, paragonabile neanche a quella del 1973, quando la Guerra del Kippur aveva sorpreso e quasi sopraffatto lo Stato sionista.

Per la prima volta il vitale afflusso migratorio, indispensabile per battere la prolificità araba, si era invertito, gli ebrei non arrivavano più, anzi tornavano nei paesi d’origine. E gli investimenti esteri, altrettanto cruciali e colpiti dall’insicurezza strutturale, erano cessati del tutto. L’ininterrotta marcia di conquista e radicamento, iniziata nel 1948, a forza di graziose concessioni ONU e della comunità internazionale tutta e di inauditi massacri della popolazione autoctona, rischiava di insabbiarsi.



Non restava allo Stato di Ben Gurion e Golda Meir e degli immigrati Ashkenaziti euroamericani che il rimedio della violenza militare, superiore a ogni possibilità interna e regionale di opporsi. E’ fu la decimazione di una generazione e i sei ergastoli a Barghuti, tuttora l’eroe e il leader più amato dalla comunità palestinese in casa e nella diaspora. Colui che, se mai lo screditato e scaduto caudillo dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, inventore dello sciagurato “coordinamento” con le forze della repressione israeliana, dovesse indire le prime elezioni dal 2005, secondo tutti i sondaggi verrebbe incoronato da un trionfo senza precedenti. A dispetto della forza oggi egemone degli islamisti di Hamas.

Al popolo padrone della terra di Palestina era stato promesso il vanto di essere agli occhi del mondo “l’unica democrazia del Medioriente”. E, anche se quella democrazia si fermava fuori dai confini mai dichiarati (impediti dal proposito storico del “Grande Israele”) e in perenne sanguinosa espansione della comunità immigrata, la comunità ci credeva e ci fondava il suo sentirsi virtuosa. Al di là e a nascondimento delle complicità operativa, ideologica e morale, con i genocidii dei nativi originari. Ogni pogrom, ogni sterminio di Gaza, raccoglievano fino al 90% dell’approvazione nazionale.

Davanti a tanta contraddizione, l’ossimoro di un’Apartheid democratica, l’autodichiaratasi “comunità internazionale”, ammutoliva. Un po’ per il sempre serpeggiante revanscismo colonialista, intrinseco all’euro-anglo-centrismo, al quale lo Stato ebraico, potente e nucleare tanto da poter polverizzare chi avesse alzato anche solo un ditino di disapprovazione, forniva un presidio nella regione colonialmente più strategica del pianeta. E un po’ per quel senso di colpa per quanto inflitto agli ebrei nella Storia vicina e lontana, psicopatologicamente preso in prestito da generazioni successive del tutto innocenti. E ora involutosi in complicità con le vittime fattesi carnefici.


Di quanto la triade di malfattori processati e condannati, Netaniahu-Ben Gvir-Smotrich, benevolmente definita di estrema destra, ha scatenato da qualche mese contro quanto ancora pare formicolare sotto il tacco degli anfibi di Tsahal, a Jenin, Nablus, Hebron, Gerusalemme Est, Gaza, discutiamo ampiamente nell’intervista. Rilevando come una cosca di razzisti senza scrupoli possa utilizzare incursioni, massacri, pogrom di inermi e innocenti (o vogliamo parlare della sproporzione tra i 147 palestinesi uccisi dall’occupante dall’inizio dell’anno e i 28 israeliani colpiti dai resistenti?) Qui ora vanno rilevati due aspetti geopoliticamente e socialmente interessanti.

Primo. Il fatto che il fior fiore bombarolo e repressore delle forze armate di Israele si stia accompagnando alla protesta di popolo contro il tentativo del regime di fare fuori la magistratura, sottomettendo la Corte Suprema alle prepotenze dei partiti, Sottraendo in particolare al regime, con il rifiuto del servizio dei piloti riservisti (l’intera aeronautica israeliana), di presentarsi alla chiamata, la soddisfazione di disintegrare periodicamente pezzi di Gaza, Siria o Libano e di prospettare analoghe soddisfazioni da bombe sull’Iran. Hanno firmato in massa una dichiarazione in appoggio alla protesta popolare mettendo in ginocchio la forza con cui Israele, da 75 anni alla Jenin di oggi, ha saputo prevaricare giustizia e diritto. Chiamandola autodifesa.

Secondo. Sul piano dello scontro che ci dicono sia in atto tra democrazie e autocrazie (nel quale è di evidenza solare che noi ci troviamo dalla parte sbagliata), assistiamo a un diffondersi dell’esempio Zelensky. Quello che ci pone inesorabilmente nello schieramento opposto a quello in cui ci dicono di trovarci. Con Zelensky legislativo, esecutivo e giudiziario si riuniscono nei panni color oliva di una giunta militare che più classicamente nazista non si può.

Con Netanjahu e camerati il decreto che abolisce il controllo giudiziario sugli atti dei governanti delinquenti, ha per ora risposto il tentativo delle masse insubordinate di invadere, l’aeroporto, la strada Tel Aviv-Gerusalemme, la Knesset. Ma il solco è tracciato. Degli USA di Biden, dove le strepitose malefatte sue e del figlio vengono sommerse dall’uragano di accuse, inchieste, processi ai danni del rivale politico, inutile parlare. Cosa aspettarsi da chi campa di guerre, attentati e autoattentati? Addirittura la democrazia?

E noi? Trottiamo appresso, tutti in fila. Il pifferaio lo fa Nordio, mentre procede falciando giudici e pubblici ministeri di qua e di là e allungando chilometri di spago a imbroglioni e peggio. Dall’alto veglia una madonna il cui amor di patria e di democrazia è autentico quanto il colore dei suoi capelli.


 

domenica 23 luglio 2023

ASSANGE, CHE HA COMMESSO VERITA’, STA BENE IN CARCERE ZAKI, CHE HA COMMESSO BUGIE, STA BENE IN GREMBO A MELONI & Co.



Il mondo a rovescio dell’”Occidente Democratico”

 ASSANGE, CHE HA COMMESSO VERITA’, STA BENE IN CARCERE

ZAKI, CHE HA COMMESSO BUGIE, STA BENE IN GREMBO A MELONI & Co.

 

Io a Zaki libero inneggerei nella misura in cui inneggio a qualsiasi uomo libero se innocente. Ma i festeggiamenti ufficiali fanno schifo, sono pura propaganda neocolonialista e razzista. E, come per quelli per Giulio Regeni e per quelli negati al sostegno alla liberazione di Julian Assange, sono segnati da ipocrisia e sudditanza al crimine politico occidentale organizzato. Dove, poi, si rasenta il sublime dell’impostura è con la traduzione di un atto di clemenza volontario del Capo di Stato in cedimento alle pressione di un governo di avventizi e dei suoi sotto-arnesi diplomatici e di intelligence.

 

Il tipo ha ammesso e confessato un reato che da noi avrebbe comportato una pena maggiore: attentato contro la sicurezza dello Stato, vilipendio, calunnia, diffamazione, diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico, disfattismo, sabotaggio, eccetera. Ha accusato il governo di colpe gravissime (persecuzione, carcerazione, tortura e sterminio di copti in quanto tali), totalmente inventate e, semmai, da attribuire al predecessore, Fratello Musulmano, Mohammed Morsi. Come ammesso dallo stesso Zaki nel corso del processo che lo ha visto condannato a tre anni di carcere. In massima parte condonati. Reati puniti in qualsiasi paese del mondo, ma che, per essere stati commessi nell’Egitto dell’insubordinato presidente laico Abdelfattah Al Sisi, per l’ineguagliabile (deontologicamente) Mentana sono da definirsi “opinioni politiche”.

 

Il despota integralista arrivato al potere con un voto che ha visto il boicottaggio dell’83% degli elettori e spazzato via da una rivolta popolare. Impositore della Sharìa con la forza, del divieto degli scioperi e dei sindacati, fomentatore degli incendi delle chiese copte e della persecuzione dei cristiani, ma amico degli Usa e del Regno Unito, complice dei Fratelli Musulmani di Tripoli che si reggono al potere grazie alle bande terroristiche del jihadismo più feroce.

 

Ma nei paesi sgraditi ai nostri padroni arconti, ogni malvivente o criminale diventa per definizione un "dissidente" da celebrare e mitizzare. Vedi Navalny, o i terroristi stragisti anti-Iran del MEK custoditi a Parigi, finanziati da Washington e addestrati in Albania.

 

REGENI-ZAKI, DUE ARMI COLORATE SPUNTATE

 

Vale per Giulio Regeni, martire dello spionaggio imperiale, di cui si riattiva il mito col pretesto Zaki. Regeni, "ricercatore e difensore dei diritti umani", formato negli istituti e nelle agenzie e imprese multinazionali dell'Intelligence Occidentale, spedito, dai Fratelli Musulmani e dai servizi britannici MI6, in Egitto per provare a destabilizzare un governo che si permette giri di valzer indipendenti, con Russia, Italia, ENI. Giri di valzer a scapito dei padroni d’Egitto per vocazione coloniale: BP, SHELL, TOTAL Ammazzato dai suoi stessi mandanti, quando le sue mosse avventate lo avevano “bruciato”, poi buttato tra i piedi del governante sgradito per sabotare i rapporti con il concorrente italiano.

 

Senza mai chiedere ai mandanti britannici spiegazioni sulla sciagurata spedizione egiziana del loro inviato, la componente ossequiosa della magistratura italiana allestisce un processo virtuale, anch’esso di pura propaganda, cogliendo imputati a casaccio perché primi nella lista degli organi di Sicurezza egiziani, o indicati da testimoni risibili.

 

La santificazione di eroi dell'impero, della guerra, della devastazione sociale, della frode sistemica, tipo Zelensky, o Obama, o Draghi, o Bassetti, dovrebbe averci insegnato almeno circospezione.

 

giovedì 20 luglio 2023

Ucraina e … chi era Andrea Purgatori? E Patrick Zaki? --- QUANTO CI MANCA ASSANGE!


 

Ucraina e … chi era Andrea Purgatori? E Patrick Zaki?

QUANTO CI MANCA ASSANGE!

 

Visione TV : “Dietro il Sipario” con Stefano Orsi, Fulvio Grimaldi e Mark Bernardini. Conduce Francesco Toscano

https://visionetv.it/lesercito-di-zelensky-e-avanzato-di-18-cm-dietro-il-sipario-talk-show/

https://youtu.be/zkK4vc38Nvk

Dove si prova a tracciare un percorso dell’Ucraina di Zelensky da prima del Vertice NATO a Vilnius a dopo. Un dopo bruttissimo per il comico, tiranno sanguinario, di Kiev, e abbastanza brutto anche per i suoi mandanti e corresponsabili dello sbranamento dell’Ucraina.

Il dato è che, a dispetto della più voluminosa e prolungata valanga di armamenti e miliardi rovesciati sulla banda di mercenari al “potere” nella sciagurata Ucraina, la controffensiva ha fatto pufffff, come un qualsiasi mortaretto bagnato. Ne hanno cambiato la situazione le varie uscite terroristiche, coadiuvate dai servizi anglosassoni, tipo ordigni su Kerch, su dighe, centrali nucleari, gasdotti sottomarini, sotto le macchine di cittadini russi et similia.

L’ingresso formale nella NATO (quello sostanziale è in atto da almeno il 2014, ma serve quello formale per scatenarci tutti contro Russia e Cina) è rinviato a dopo le “riforme”, la “democratizzazione”, ha detto Biden, i più esilarante dei capi di Stato del famoso globoterracqueo, per togliersi d’impaccio e per non essere subissato dallo stigma di una seconda Kabul. Che si avvicina.

E mentre procede la contro-controffensiva russa, abbiamo svolto qualche considerazione sulla rinnovata pantomima del grano ucraino che la Russia affamatrice vorrebbe negare ai popoli poveri del Sud del mondo. Già, quei popoli in effetto boccheggiano. Non per un surriscaldamento addossato alle malefatte di quelli, come alle nostre, dagli imbonitori del baraccone climatico. No. Invece boccheggiano davvero, stremati dalla spoliazione multi-e transnazionale delle mega corporations del grano.

Che mica sono ucraine. E’ da mo’ che i ladroni ciarlatani, messi su dagli USA a Kiev, si sono venduti l’Ucraina tutta, terre fertili e suoi prodotti, ai padroni anglo-multinazionali dei cereali: Archer-Daniels-Midland Company, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus, le Quattro Sorelle del cibo. E della fame nel mondo. Non riusciamo a portare e vendere il grano dall’Ucraina agli africani? Poco male. La carenza fa salire i prezzi e noi sappiamo come speculare e rifarci.

PATRICK ZAKI

Detto questo passiamo ad Andrea Purgatori. Anzi, prima a Patrick Zaki, il giovane egiziano laureato in gender che ha permesso ai nostri pennivendoli, tifosi della curva a stelle e strisce, di perpetuare un altro po’ il mito di Giulio Regeni, giovane difensore dei diritti umani, fatto fuori da Al Sisi (e mica virgulto dell’intelligence occidentale spedito dai fiduciari  Fratelli Musulmani a vedere se in Egitto si poteva far partire un’altra “primavera araba” e poi fatto fuori dai suoi perché bruciato da un video in cui prometteva un sacco di soldi a chi avesse fatto un po’ di casino al Cairo).

Su Patrick, graziato dei tre anni di carcere da Abdelfattah Al Sisi, dico solo questo. Cosa sarebbe successo in Italia se il sottoscritto avesse diffuso sui suoi social e non-social comunicati su comunicati che affermavano che il regime di Meloni perseguita, incarcera, tortura, fa sparire migliaia di ebrei, o protestanti, o musulmani, o buddisti, o seguaci di Scardovelli?  Avrebbero, magistrati, giornalisti, politici detto “ma che fa, ha espresso un’opinione politica”, come hanno ripetuto a disco rotto Enrico Mentana e tutta la ciurma che si abbevera al trogolo della comunicazione inquinata dei “liberal”? O avrebbero scoperto nel Codice Pensale che si trattava di qualcosa come vilipendio, diffamazione, turbamento dell’ordine pubblico, attentato alla sicurezza dello Stato, eccetera eccetera?

E pensare, poi, che la sollevazione popolare contro il fondamentalista presidente egiziano, dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi (2013), era stata determinata anche dal rifiuto di un popolo eminentemente laico di farsi imporre a forza la sharìa e dall’orrore degli scherani di Morsi che andavano incendiando una chiesa copta dopo l’altra. Al Sisis ha posto fine a tutto questo. Ed è da allora che Zaki e l’Occidente Nato lo bastonano. Nell’interesse di coloro – concorrenti energetici franco-anglosassoni – cui premeva di fregare all’ENI Zhor, il più vast giacimento di gas del Mediterraneo, proprio davanti alle coste egiziane. E noi, patrioti….

ANDREA PURGATORI

Andrea Purgatori era bravissimo, sia come sceneggiatore cinematrografico, sia come conduttore televisivo. Grande giornalista d’inchiesta. A livello nazionale. A livello internazionale era dall’altra parte della mia barricata: fedele e accanito sostenitore delle furbate e dei crimini di chi ci tiene sotto il suo anfibio: Ucraina, Russia, guerra alla Siria, dittatori da abbattere, vaccini, non se ne è persa una di occasioni per sostenere il falso e il feroce. Per cui santo subito, per il coro dei laudatores suoi affini.

Ma sui crimini occultati dei nostri gruppi dirigenti ne ha combinato delle belle. Al punto da, forse, morirne. Come Pecorelli, Siani, Calvi, Pisciotta… Lo ha fregato il naso dell’investigatore irrefrenabile, il cui ossigeno è lo scoop. Il suo film sul crimine NATO di Ustica, “Il muro di gomma”; la sua inchiesta sull’assassinio del nemico di Andreotti, Mino Pecorelli, che aveva rivelato a Papa Luciani la lista dei suoi 150 cardinaloni massoni (e Luciani ne morì la notte dopo); la sua inchiesta sull’assassinio camorristico del collega Giancarlo Siani…

E ora, soprattutto, le sue formidabili inchieste sull’agghiacciante marcio, criminale, morale, finanziario, che circonda la scomparsa di Manuela Orlandi, le operazioni dello IOR, la pedofilia, miliardi del crimine presi e fatti diventare virtù politiche; e quella sullo Stato delle stragi, con i suoi padrini storici, lontani ma sempre addosso al nostro paese, con la sua gestione ai fini di un’eterna stabilizzazione della partnership Stato-mafia, con tanto di manovalanza vero-fascista e finto-rossa.

In quest’ultima inchiesta, ritrasmessa 24 ore dopo la sua “fulminea morte”, ha fatto parlare Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato, Pietro Grasso, giornalisti all’indice della mafia e della combriccola politico-mediatica contigua. Magistrati e comunicatori veri, quelli di cui si deve fare a meno secondo il vangelo del nuovo ministro della Giustizia.

Il dato è che chi tocca certi fili non deve farlo, se ci tiene a non rimetterci la pelle. Evidentemente Purgatori non ci teneva abbastanza. Quindi, con Andrea Purgatori, vaccinista, zelenskista, Nato-ista, tutto quello che volete, niente manicheismi. Il manicheismo è degli gnostici. E quelli sono davvero la schiuma dell’umanità.

JULIAN ASSANGE

Tutta una serie di città italiane hanno ottenuto che il Comune concedesse la cittadinanza onoraria al primo dei giornalisti del mondo, Julian Assange. Primo, perché per primo e più di ogni altro ha strappato al potere la maschera dell’ipocrisia e della menzogna, mostrandone le efferatezze. Primo per persecuzioni subite. Primo pretesto per togliere ai giornalisti la voglia di fare il loro mestiere e alla società di rendersi conto del mondo in cui vive. Con Assange, libero, o giustiziato al rallentatore, ne va della possibilità di un nostro rapporto non inquinato con la realtà.

Oggi ci abbiamo provato a Roma, in Campidoglio, con l’appoggio generoso di Virginia Raggi. Eravamo pochi. Onore a quei pochi. C’è chi ci ha creduto, con un sindaco come Gualtieri e una maggioranza come la sua….

 

 

giovedì 13 luglio 2023

A grappolo, all’uranio, al fosforo ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA… E DI CONSOLAZIONE (PER CHI RESTA NELL’ANTICAMERA NATO

  



https://www.youtube.com/watch?v=jMkUdBpw7mw

https://youtu.be/jMkUdBpw7mwhttps://youtu.be/jMkUdBpw7mw

A colloquio con il collega Paolo Arigotti sulle armi di distruzione di massa, proibite da convenzioni internazionali, ma che solo USA e NATO continuano ad utilizzare contro le popolazioni civili.

 

Armi chimiche, armi meteorologiche, Napalm, Agente Orange, fosforo bianco, armi a grappolo, armi all’uranio impoverito, armi di distruzione di massa di civili, da noi concepite, fabbricate e usate, ma attribuite alle vittime: strumenti per la valorizzazione e diffusione dei valori dell’Occidente euroatlantico. Ecco, siccome sono i “nostri valori”, li inalberiamo con vigore morale e lasciamo  che si abbattano su chi sta sotto, di qua o di là, dove c’è gente. Serve a che il bene trionfi.

Si capisce che la marionetta horror di Kiev abbia pestato i piedi perché, pur avendo da quattro anni sostenuto e praticato i migliori tra questi valori occidentali, non gli sia stato ancora riconosciuto la formale appartenenza al “Giro Canaglia”, pur essendosene, lui, dimostrato degno e meritevole, più e meglio di un qualsiasi kapo’ israeliano.

Ma è tutto una sciarada. Sappiamo benissimo che Zelensky è NATO più di quanto lo possa essere perfino il più sparacchione dei marò italiani, spediti a far sventolare il vessillo  della rosa dei venti tra raffiche di mitra su pescatori indiani, o il nostro carabiniere stupratore a Mogadiscio, o il più esperto dei praticanti di waterboarding a Guantanamo, o Abu Ghraib. Solo che, a negare al pupazzetto hororr la bollinatura formale, si leva a Putin il pretesto di polverizzare quanto di nazismo ancora alligna attorno al Donbass ucraino e che ci sta molto a cuore come futuro Zeitgeist planetario. Inammissibile il decadimento  di questo modello che, nell’Occidente democratico, era stato fatto comparire alle folle come, la Madonna Pellegrina - vecchietti, ricordiamocelo - quando si trattava di salvaguardare certi risultati elettorali su certe portaerei naturali NATO nel Mediterraneo.

La marionetta horror sgambettava furiosa e, con lei, l’armata degli avventizi della comunicazione horror impegnata a fornire carne ucraina ai missili russi. Si trattava di placarne la frustrazione da mancato genocidio, formalmente marchiato NATO, soddisfacendone comunque la necrofilia horror, quale è stata messa in campo al momento della proclamazione della “Guerra al terrorismo” (11/9/2001). Un bel pacco-doni di armi di distruzione di massa. Quelle vere.

Non avrebbero risolto niente, come in tutte le occasioni precedenti. Dall’iprite di Churchill sui patrioti di Baghdad nel 1922, dal suo fosforo bianco su Dresda, Berlino, Francoforte, Colonia e andare, tra il 1944 e il 1945, a punire quelli che qualcuno eternizza come i “cattivi tedeschi”, ai gas di Graziani su faccette nere da romanizzare, dall’orgia di bombe sul Laos dal 1964 al 1973 e di Agente Orange e Napalm sul Vietnam per vent’anni, agli attacchi al gas nervino di jihadisti NATO su civili e soldati siriani a Ghouta Est nel 2013, false flag attribuita ad Assad. Fino alle, ora riabilitate, bombe a grappolo, bombe all’uranio, e bombe al fosforo bianco già collaudate recentemente su passanti, specie bambini, in Serbia, Iraq, Libano, Palestina. 

Risolvevano niente ma, perbacco, se davano l’idea della dimensione della nostra misura di malvagità. E lasciavano la nostra impronta, sia nelle carni che nella Storia, come spetta ai grandi protagonisti della Storia.

Io c’ero. Io ho visto.

1965-1975, Napalm, agente incendiario, e Agente Orange, diossina, dagli USA lanciato ininterrottamente su tutto il Vietnam, con effetti genetici che continuano a produrre morti e nascite deformi. Marzo-maggio 1999, 78 giorni di bombardamenti su tutta la Serbia, in parte all’uranio impoverito, con particolare concentrazione sugli impianti petrolchimici di Pancevo. Bombe meteorologiche per provocare piogge che facessero uscire il Danubio dagli argini e così spargere su vasta scala la contaminazione chimica. Maggio 1999, bombardamento a tappeto di NIS, Serbia, nell’ora di massima circolazione degli abitanti al centro della città. Marzo-aprile 2003, bombe e missili all’uranio su tutto l’Iraq (seconda serie, dopo quella della prima Guerra del Golfo 1991). Novembre 2004, Fallujah, centro della resistenza, bombe al fosforo bianco, già usate da Churchill sulle città tedesche a fine guerra, perquanto svuotate di presenze militari. Luglio 2006, invasione israeliana del Libano, Beirut disintegrata e uso di tonnellate di bombe a grappolo su tutto il Sud agricolo.  Dicembre 2008-novembre 2009, operazioni israeliana “Piombo Fuso” su Gaza, fosforo bianco, bombe a grappolo, maschi “sospetti” giustiziati sul posto. Scritte sulle pareti: “Siamo stati qui. Morte agli arabi”

Civili bruciati vivi e carbonizzati. Primato europeo di leucemie in Serbia. In Iraq il più alto tasso del mondo di neonati deformi, destinati a morte entro mesi. Bimbi con tre braccia o con nessuno, senza organi sessuali o ciechi, madri in nero che li accudiscono per i mesi che restano; bambini nei campi coltivati del Sud Libano che, a distanza di 16 anni dall’irruzione dei mostri, pestano una bombetta del grappolo e ci rimettono l’arto a vita; a Gaza, cavernicoli del terzo millennio che escono dalle macerie che erano una casa e mi mostrano una sagoma nera incisa nell’asfalto, l’orma di un corpo che il fosforo ha carbonizzato. Non decarbonizzano gli Israeliani. A Hanoi due gemellini di 4 anni, per mano a una madre senza luce, distanti 40 anni dalla fine della guerra, che io vedo, con la testa più grande del corpo, e loro non vedono me. 

Alla notizia che dopo Londra con gli ordigni all’uranio, il mentecatto Biden avrebbe mandato in Ucraina bombe a grappolo, i furieri della nostra caserma mediatica hanno dato meno rilievo che a Barbara D’Urso a mani giunte davanti alla bara del farabutto. Siamo dalla parte delle democrazie, del bene.

 

mercoledì 12 luglio 2023

Ma dove vai se l’Ucraina non ce l’hai… --- VILNIUS, VERTICE O SPROFONDO?

 



Ma dove vai se l’Ucraina non ce l’hai…

VILNIUS, VERTICE O SPROFONDO?

 

Visione TV   https://youtu.be/3LjDOe2Xgg8

https://www.youtube.com/watch?v=3LjDOe2Xgg8

Conduce Francesco Toscano, con Giacomo Gabellini, Marco de Cousandier e Fulvio Grimaldi

 

Dove si considera che neanche il missile di Macron, che ce l’ha più lungo, neanche i cinque caporioni nazisti di Azov che, sequestratola nei sotterranei, hanno massacrato la popolazione di Mariupol, e ora sono restituiti da Erdogan alla propria missione con svastica, neanche l’ingresso in NATO della superpotenza Svezia, neanche la promessa che in Ucraina arriveranno ancora tante armi da fare miliardari tutti i membri del regime tramite contrabbando con le criminalità e i terrorismi di mezzo mondo, neanche i latrati bellici dei tre statarelli baltici, neanche….

Niente di tutto questo ha restituito buonumore all’inviperito Volodomyr, o ha fatto avanzare davvero la “controffensiva” ucraina di quel mitico mezzo km su cui tutti puntavano per proclamare la fine di Putin. Se non della Russia intera, ridotta in frammenti regionali, provinciali, borghettari, come previsto nell’ultimo numero della supercazzola “Limes”.

Anzi, pare che Zelensky, abbia confidato al suo brillante ministro degli esteri Kuleba, interrompendone la giaculatoria – “Sconfitta strategica della Russia” - che questi ripeteva dai gloriosi giorni del ben diversamente trionfante vertice NATO di Madrid (2022), di non sentirsi tanto a proprio agio nei panni, tinti di gialloblu, del premier Ashraf Ghani. Quello del momento in cui i marines fuggivano da Kabul e lui cercava un volo per l’Oman.

Vabbè, non siamo ancora a questo. Zelensky ha potuto tornare a Kiev, dove è stato accolto con affetto da una NATO che sta lì almeno dal 2014, quando sovraintese al colpo di Stato di Obama-Hillary-Nuland e poi prese in mano la situazione tramite legione mercenaria straniera, Blackwater e forze speciali varie.

Pianti e strepiti perché Ucraina a Vilnius non è ancora entrata nella NATO? Ma cos’è ‘sta pantomima? Ma se in Ucraina non c’è nulla, neanche i bar dell’aeroporto e le mignotte o gli scopini, che non sia NATO! E’ NATO ogni cosa, dallo spazzolino da denti alla bomba a grappolo e a quella all’uranio, tutto NATO, istruttori NATO, armamenti NATO, munizioni NATO e PNRR NATO (al diavolo Ripresa e Resilienza), spioni NATO, satelliti NATO, rancio NATO, squadroni della morte NATO…..

Certo, manca l’art. 5 del Patto Atlantico, quello che ci prende tutti, proprio tutti, per la gola e ci scaglia sul campo di battaglia, all’ombra del fatto che due terzi dei nostri cittadini non ne vogliono sapere e alla luce del fatto che nostri governi sovrani, in rappresentanza del popolo, vi si sono impegnati dal 1949, senza mai un ripensamento. Ma a rimediare ci sono quei polacchi che si sono dichiarati dispostissimi a onorare un art.5 fantasma, dato che l’Ucraina non ha ancora ricevuto la bollinatura ufficiale, e a impegnarsi a prenderle a Bakhmut. Hai visto mai che in cambio non gli ritorni la Galizia, che, dai tempi dell’impero austroungarico, si sa molto più polacca che ucraina. Che Kiev si rifaccia con i russi del Donbass…

Insomma, dopo primavere con controffensiva tipo miccetta bagnata, e ora anche estati, che facesse barlucinare la “sconfitta strategica della Russia annunciata a Madrid, ci si dà una calmata. Si torna a ragionare (per quanto è dato agli statunitensi praticare questa attività). Foreign Affairs, Council of Foreign Affairs, Atlantic Council, Cato Institute, insomma tutte queste camere dell’eco di chi conta negli USA e in Occidente (tipo Blackrock), fino a Biden, ultima ruota, bucata, del carro, su Zelensky in Nato hanno detto: Quello lì? Mai più!. Uno che pensa di bombardare una centrale atomica illudendosi di poter far credere alla gente che l’abbiano fatto i russi che la controllano, va messo in un cantuccio e sorvegliato.

Ma non è neanche tanto questo., Dopotutto hanno cominciato loro, i capintesta, credendo di poter convincere i rintronati dalla pandemia che il loro gasdotto se lo sono fatti saltare i russi e che le loro dighe se le bombardano da soli. Ma la pandemia è passata e i rintronati si sono ripresi e dopodomani si vota negli USA (ma anche in Germania, Francia, Spagna, mondo), dove la gente s’è rivelata stufa di aspettare 8 mesi per rimuovere un granuloma, di studiare a debito da ripagare fino a una pensione che non ci sarà, di rimetterci casa perché il tasso variabile ha reso impagabile il mutuo… Mentre fuori, dalla finestra, per strada passano le colonne di Leopard 2 per la controffensiva che non c’è.

Tira un’altra aria. Ha iniziato a spirare dall’aeroporto di Kabul E’ diventata un venticello quando, anche grazie alla Cina, in Medioriente hanno smesso di prendersi a calci per conto degli USA. E vedrete come scuoterà le tegole, anche della NATO; quando a Johannesburg, fine agosto, i Cinque Brics diventeranno 25, più di mezzo PIL del mondo.

Fatelo capire alla squadra di nuoto sincronizzato  Melonsky-Crosettsky-Schleinsky.

mercoledì 5 luglio 2023

O PARTITO O MORTE

 

O PARTITO O MORTE



https://visionetv.it/i-mostri-del-dissenso-dietro-il-sipario-talk-show/

https://youtu.be/COlob53_Q2g

 

Visione TV, “Dietro il Sipario, in compagnia di Francesco Toscano, Marco Rizzo, Fulvio Grimaldi e Ilaria Bifarini.

 

Questa è la presentazione della trasmissione su Visione TV. Un po’ pesantina, direte, per coloro che ne costituiscono il bersaglio. Ma no, come ribadiscono le immagini, siamo in piena ironia, se volete, satira, se volete di più, sarcasmo. E ci sta. Proprio perché ci vogliono far vivere tempi di dogma, di dati assoluti, dai quali allontanarsi soltanto per finire nel girone dei negazionisti. Il peggio del peggio, perché del tutto incompatibile con l’esistente determinato dal potere dei pochissimi.

Da Marco Rizzo, candidato alla presidenza della regione trentina, da sottrarre al maniaco orsicida leghista Maurizio Fugatti, ascoltiamo saggi propositi su come conciliare, in Trentino, autonomia e sovranità, con l’idea collaterale, mica male, di bloccare treni e camion verso il Brennero che insistessero a portare armi per promuovere guerra.

L’occhiuta e disinibita “fanciulla” anderseniana, Ilaria Bifarini, è unica tra tanti adultoni parrucconi che popolano la scena dell’economia, a intravedere la nudità sia dell’imperatore, sia del suo eurovisir. Ce ne illustra le oscenità: dalla combine inflazione-tassi d’interesse, perfezionamento delle ormai storiche misure di welfare all’incontrario, all’originale euro-cetriolo, presto pure digitale. Ci introduce al mercato immobiliare di quattro gangster che, unito alla città dei 15 minuti, dotata di ipersorveglianza capillare (nel senso di “capello per capello” di ogni cittadino), ora sperimentata a Trento, istituzionalizza il ghetto di chi non deve contare niente.

E ci rivela come la transizione ecologica verrà completata tramite l’oscuramento del sole progettato da Bill-Frankenstein-Gates. Stroncato il CO2, persino quello che ti esce dalla gola, avrai lo scudo spaziale di nebbie tossiche (le scie chimiche essendo solo un prodromo) che ti faranno ombra.

Dichiaratomi costola di Francesco Toscano, non mi rimaneva che risalire al tema della puntata come satiricamente intitolata ai “mostri”. C’è un limite storico, quasi fisiologico, che la politica impone ai movimenti. Movimenti preziosi, figuriamoci, io mi ci sono ritrovato benissimo, non mancandone uno, di contestazione all’esistente, fin dagli anni ’50 dell’altro secolo. Come no, servono a dar voce alle rabbie, ai bisogni, alle voglie. Poi, però, o si afflosciano per consunzione di energie e insuperabilità dei muri, o si organizzano in, che lo vogliate o no, partito.

Cioè organizzazione, cioè articolazione di ruoli, strutture, sedi, temi, obiettivi. Dal particulare al generale. Per spiegarci, dal veleno detto vaccino, al carcinoma che è la guerra e relativa militarizzazione del tutto; dalla truffa climatica, o dall’I.A. da parossismo finanzcapitalistico, alla manovra di sradicamento e ricollocazione abusiva di popolazioni; dalla scomparsa della eternamente subalterna maggioranza di sfruttati ed esclusi, alla comparsa di una dispotica minoranza di differenzianti fluidificanti.

Nel movimento è ammissibile, fino a un certo punto, il tarallucci e vino, vecchio patteggiamento a perdere italiota, l’accoglienza indiscriminata, l’inclusione incondizionata, il volemose bene e il tutti contro il vaccino. Nel partito no. Nel partito, o selezioni, discrimini, scegli, determini, o finisci sbrindellato. Il partito è discussione, confronto, elaborazione, disegno globale, ma poi disciplina, unitarietà di impegno e visione. Che mille fiori fioriscano, ma poi al prato è inibito il polline della gramigna.

Se tu pensi che far cassa con i tuoi pensieri, o libri, se pensi che il mondo cambi a forza di trombe e tamburi in piazza, se la tua soluzione è la fuga in qualche shangrilà di eletti come te, fuori dallo sporco mondo verso l’oasi felice (tipo comune autoproduttrice, autoconsumatrice e autosoddisfatta, scuola parentale per simili di gusto e di ceto, introspezione, spirito cosmico e filosofie orientali), forse risolvi per te e qualche assimilato, ma il mondo non lo cambi.  Resti onanista, singolo o plurimo. E se dai diamanti non nasce niente, neanche nasce qualcosa dalle pippe.