https://youtu.be/gtfGlBJrm4Y che ti fa intuire perché Povia
è odiato, non solo dai LGBTQI di regime, ma da tutta la Soros-“sinistra”.
In Esiodo le Moire sono tre, in Omero una sola ed è questa
di cui parliamo, l’originale, colei a cui Ettore, presago della fine per mano
di Achille, fa riferimento. La Moira, Parca per i romani, sovrintendeva alla
vita degli umani e ne tagliava il filo quando riteneva giunto il momento.
L’Oracolo di Chigi, una copia squalliduccia di quello di Delfi, o della Sibilla
Cumana, recepito la sostanza del vaticinio della figlia di Zeus e di Temi, l’ha
trasmessa al popolo nella solita forma oscura, confusa, ingarbugliata e
labirintica. Solito pasticcio di arroganza e incompetenza fondato, però, sulla
sua autorità, tanto indiscutibile quanto illegittima, di comandante di cittadini-banane non eletto, ma
da questi sudditi dotato di tutti i
titoli per fare a meno del parlamento e dare il liberi tutti ai suoi sponsor
bananieri tecnoscientifici.
L’attesa era di una Fase Due rasserenante e distensiva, ma
è venuto fuori un intruglio verbale tra il minaccioso e il paternalistico che
ci mantiene incatenati alla stessa Fase Uno nella quale non si è che allungata
la catena dei classici schiavi del cotone. Solo che, al posto dei fiocchi di cotone,
noi siamo costretti a raccogliere la gramigna carnivora che germoglia dai campi
che qualche malintenzionato ha seminato a virus. Insomma un maiale con il
rossetto, come metaforizza il detto anglosassone riferito a una schifezza
presentata come l’ambrosia degli dei. In questo caso un nemico del popolo come suo amico.
L’Oracolo di Chigi.
Ognuno ha l’oracolo che si merita. Il nostro paese è
ontologicamente dotato di uomini della Provvidenza che, beneficiati dal loro dio
di immunità e impunità, possono anche permettersi un notevole tasso di
imbecillità. Così ci tocca subire la chiaroveggenza dell’ultimo arrivato che,
dal “Gioco del piccolo golpista” regalatogli all’ultimo convegno dei babbi
Natale a Davos, sceglie, lui!, chi puoi incontrare in questa così generosa Fase
Due. Solo congiunti fino al quarto grado, anche se mai conosciuti, e niente fidanzate/i,
compagne/i “stabili”, amici del cuore, se non quelli “stabili” (per i tempi
della stabilità consultare il quinto modulo di autocertificazione di prossima
uscita. Forse). Quando gli stabili si potranno incontrare in camera da letto,
sempre con mascherina, l’uomo proverà a centrare l’obiettivo schizzando lo
sperma dalla prescritta distanza di uno (o due?) metri.
Chi può mettere in discussione queste basi
tecnoscientifiche che consentono ad libitum di proteggerci con lo stato
d’emergenza? Carcerazione collettiva, ricordate, a suo tempo proclamata per
carenza di terapie intensive. Oggi quelle necessità da 9.000 si sono ridotte a 1.800,
ma l’emergenza, con i suoi ceppi agli innocenti, rimane. Non si sa mai.
Del doman v’è certezza. Di virus
Visto come il popolo banana (non bue, dato che quel nobile
animale ogni tanto tira cornate) continua a farsi sbucciare, la camarilla
tecnoscientifica che ha liberato di ogni incombenza la sclerotizzata
rappresentanza popolare, ha pensato di stroncare sul nascere ogni idea di
ricuperare qualche residuo di libertà e agibilità politica. Con il concorso di
un coro mediatico monofono, rispetto al quale quello gregoriano è un caos di
dissonanze, ha subito consolidato la prospettiva di uno stato del terrore
perenne o, quanto meno, ricorrente a breve. Del doman non v’è certezza
per sognanti poeti, ma per i tecnoscienziati con i piedi per terra e la siringa
nelle mani c’è certezza, eccome! Certezza tecnoscientifica della nuova ondata,
anche più micidiale della prima.
E avendo costoro il controllo dei numeri, magari anche del
virus, già possono prevedere il nostro ritorno ai domiciliari, in fuga da ben “150mila
nuovi casi sicuri subito””. Innamorati delle sconfinate opportunità
che questo virus pandemico porta con sé, mentre le quisquiglie e inezie dell’intero
mondo scompaiono da schermi e giornali e dalle nostre vane preoccupazioni, i
Travaglio, i Mentana, i Molinari, i Giannini, i Fontana, (l’altro, quello del
Corsera), tutte le ugole del suddetto coro, celebrano l’evento. Non lo annuncia
forse l’Apocalisse di Giovanni? “Dio
disse: sciogliete i quattro angeli…Furono sciolti i quattro angeli pronti per
l'ora, il giorno, il mese e l'anno per sterminare un terzo dell'umanità." E chi meglio di Mentana conosce la Bibbia e
l’Apocalisse. Quelli da individuare, invece, sarebbero i quattro angeli. Io
un’idea ce l’ho.
Alla perfidia che trasuda da
tutti i de-cretini (DPCM), dell’avvocato dei digitalfamacologici si unisce la
bischeraggine Gli è sfuggito di mente che nella Cupola a cui è appeso ci sta,
occupando vasti spazi, anche la Chiesa del suo Padre Pio, con tanto di vescovi.
Aveva lasciato i fedeli fuori dalle chiese e dalle messe. Neanche la comunione
da asporto. Rimproverato duramente dai prelati, che gli ricordano che
assembramenti di fedeli possono essere infettati esclusivamente dallo Spirito
Santo, gli viene in soccorso nientemeno che il papa. Il quale, avendo, a suo
tempo, predicato obbedienza ai generali che gettavano in carcere e alla tortura
i cittadini, non poteva smentirsi sollecitando disobbedienza a chi oggi, qui,
ci chiude in carcere con la novità di procedura civile dell’autotortura.
E’ il destino degli
Arlecchino, servo di tutti i padroni. Dopo aver fatto il vice dei vicepremier
gialloverdi, ora fa le veci del taumaturgo mandato da Big Pharma e Morgan
Stanley a farci attraversare in fila per due, allineati, coperti e app-tracciati,
le fasi due, tre e quante ne serviranno per annientarci definitivamente. O per
farci finalmente tornare tutti quanti sui balconi, non per cantare
l’insopportabile Bella Ciao, canto funebre di ogni farloccone, o sventolare
bandiere e facce di pirla, ma per appendere questo di striscione. E poi uscire
di casa in 60 milioni.
Dove poi il Pippo Conte è assurto al rango sublime di
fancazzista che si crede il mago Silvan è quando, per la fase due, ha previso
l’apertura di uno spiraglietto dei bar. Fessurina dalla quale il barista
(quello sopravvissuto ai tre mesi di fermo) ti passa cappuccino e cornetto e
tu, non dovendolo consumare né lì, né nei dintorni, né su una panchina a mezzo
chilometro, ma solo in casa, grazie all’abracadabra del premier ti ci
trasferisci prima che il cappuccino sia gelato e il cornetto ammosciato e
sbriciolato.
Chi di maiale ferisce…
Ma visto che ci dobbiamo abituare ai maiali truccati da
baiadere, sostiamo ancora su questa nobile specie. Oggi il riferimento è
metaforico, ieri lo era epidemico. Vale sempre la pena valutare il presente
alla luce del passato (Guicciardini, Machiavelli, Giuliano l’Apostata e tanti
altri saggi). I suini sono entrati in massa nelle vite dell’umanità negli anni
2008-2010. Per la peste detta suina, altro virus influenzale, la solita OMS,
che allora come oggi aveva per secondo finanziatore, dopo lo Stato USA, il
filantropo Bill Gates e, dunque, pendeva dalle sue labbra, o dai suoi vaccini,
proclamò la pandemia della “febbre porcina”. Pandemia che finì, per merito e
coscienza di alcuni medici e virologi di rango, non infeudati a Bill e a Big
Pharma, col vedere sottoposti a inchieste e ludibrio i suoi promotori. Se
pandemia era, lo fu per la credulità della gente, come allora terrorizzata
dalla prospettiva di un’apocalissi di morti. Per una lieve influenza battezzata
con un nome che sapeva di tanfo di porcile, morirono appena 10mila persone nel
mondo. Ma altrettanti furono i suicidi in più, dovuti al terrore, seminato con
grande generosità allora come oggi, e ai dissesti economici. Ci hanno
riprovato. La produzione è migliorata, l’audience no.
Il vaccino come il battesimo
A forza di esserci trovati sulla coscienza migliaia di morti,
di bare, di agonizzanti e loro congiunti piangenti, rovesciatici addosso dal
meticolosissimo Mentana e affini, dovremmo arrivare a un punto di cottura tale
da implorare Bill Gates di spararci quel benedetto vaccino. Quello che, col
nome di Agenda ID2020, ci venne annunciato dai mille miliardari di Davos nel
gennaio 2019 e poi lanciato in quello del 2020. Ma ci distrassero e noi non ci
facemmo caso. Fin dalla nascita quel vaccino, diventato coatto, ci infilerà
sotto pelle un’identità digitale che ci renderà tracciabili e conoscibili, in
tutto e per tutto, durante l’intera vita. Gates ci ha rivelato che, bontà sua,
si tratterà per i neonati di intervento assolutamente indolore, una specie di
tatuaggio sottopelle con i nostri dati dall’A alla Z. Un po’ come il battesimo
(accostamento davvero appropriato. Per Bill Gate è o il vaccino, o il virus;
per Dio o il paradiso, o l’inferno. Non si scappa)
Mascherina = non c'è nessuno
E a questo scopo servono le mascherine, all’inizio derise
dall’alto clero tecnoscientifico come inutili e ora scoperte strumento di odio
sociale (divide et impera) dei delatori che le portano nei confronti di chi
insiste a metterci la faccia. E’ chiaro che sputazzare per giorni nello stesso
lembo di tessuto dovrebbe renderti un untore di prima classe, ma non è questo
il punto, dato che, mascherina o no, distanza sociale o no, l’influenza te la
becchi o no per i cazzi suoi, come ogni anno. Allora perchè la mascherina?
Perché, quando vado per strada nel mio paese, non riconosco e non saluto più
nessuno. E quindi con nessuno scambio parole. E viceversa. E così ognuno, fuori
casa, diventa nessuno. Privo di identità, sovranità di sé, come già compiuto
con i vari strumenti dell’UE, Nato, globalizzazione, nazionicidio. Un mondo di
“nessuni” tutti uguali, uniformi, livellati, anonimi. Ma distanti. E senza
sorriso, segno empatico indispensabile di comunità di specie, e poi di
conoscenza, affinità, familiarità, complicità, intesa. Il primordiale segnale
di solidarietà, di avvicinamento, di incontro. Non ci deve essere. Significa
assembramento di pensieri e sentimenti. Pericolosissimo.
Ma poi, se le mascherine devono essere obbligatorie, cosa
diavolaccio mi rappresenta il prezzo di 50 centesimi (impossibile per
produttori e rivenditori) annunciato dal secondino di Palazzo Chigi. E cosa mi significa la
promessa, fatta quattro volte in un mese e mai mantenuta, dal supercommissario
Arcuri di calmierarne il prezzo. Se è obbligatoria, la mascherina va data
gratis.
Distanza sociale. Abolito il tatto. E anche l’olfatto.
Tutti disabili, ma privi di virus. Forse.
E la distanza sociale allora? Quel metro, metro e mezzo,
due metri, a seconda di come gli gira? Misura assolutamente demenziale, che,
infatti, non può essere praticata in fabbrica, caserma, carcere, famiglia. Ma
che i decerebrati da Mentana, Travaglio, Gruber, Formigli, allungano a cinque,
sei, deici metri, formando file davanti alla farmacia che raggiungono il borgo
vicino. Ora è confermata in perpetuo, ampliata, universalizzata. Ridurrà di
almeno un terzo capienza e quindi utenza e clientela di autobus, metro,
ristoranti, bar, musei, cinema, teatri, concerti. Misura che almeno metà della
scienza medica non militarizzata, giudica perfettamente inutile, sia che il
coronavirus sia il killer che si dice, sia che sia la seccatura dell’influenza
annuale. Se ti becca da meno di un metro, ti becca anche dallo stipite della
porta toccata, dal guanto che prima di te è passato su quell’insalata, dalla
brezza che l’ha fatto volare.
Ma anche quel tenere l’altro a distanza perché
potenzialmente pericoloso, sospetto, vulnerante e vulnerabile, è arma per la
rottura del patto sociale, la frantumazione, l’isolamento, la perdita della
dimensione collettiva, bisogno e forza dell’umanità e di tutti i viventi,
piante comprese. E che perciò questi subumani, disumani, devono aggredire e
distruggere. Non ci basta l’immagine su schermi e schermini? Possiamo
avvicinarci a quella. E il naso, non serve che a essere guardato in cagnesco,
il tuo e quello degli altri, perché non ne esca una gocciolina pandemica. Addio,
dietro alla mascherina, anche agli odori, degli altri, dell’aria, dei fiori,
del caffè (quando ci sarà). Spento l’olfatto.
Il digitale, con gli occhi fissi sull’aggeggio mortifero,
già ci aveva privato di un immane potenziale della vista. Gente che ti sbatteva
contro perché chattava, altri che inciampavano scendendo dall’autobus mentre si
scambiavano selfie, altri ancora che annegavano ogni sensazione, impressione,
riflessione nello smartphone, ignorando e seppellendo nell’ignoto il paesaggio,
le torri, gli alberi, i paesi che passavano davanti al finestrino del treno, o
le persone che ti siedono accanto e che un tempo erano i tuoi co-passeggeri, i
tuoi co-umani.
Quest’ometto acchittato, chiamato a fare il Petain di turno
e di cui il Circolo della Caccia dice che “si presenta bene”, non ci ha che
rinnovato il 41bis con aggiunta di qualche ora d’aria. L’estensione degli arresti
domiciliari, esclusi 15 milioni di lavoratori di cui l’assembramento è salutare
(purchè con mascherine), all’intero paese, compreso il Sud, dove i virus si
vergognano di apparire in quasi tutte le regioni e dove dunque non ci sarebbe
motivo per chiuder niente, dimostra che è colpo di Stato nazionalvirale e che
il pretesto è inventato. A chiudere la faccenda verrà poi, invitata a pranzo da
Conte quando s’è bevuto, per interposta gola nostra, l’aperitivo MES, la
Troika, come descritta da Euripide in “Medea”. Con due poteri dello Stato, il
legislativo e il giudiziario, neutralizzati e con il terzo, esecutivo,
sull’attenti, la marcia della Troika sarà una passeggiata tra le rovine. Come
in Grecia.