Nel
salutarvi mi tocca fare, per una volta, ciò che fanno quasi tutti i
facebookisti: evitare di raccontare cose che potrebbero essere utili agli altri
sapere e alluvionare invece le loro pagine di sollecitazioni al “ma il
chissenefrega non ce lo metti?” Almeno per qualche riga iniziale vi devo
scassare le gonadi con una cazzatina personale. Che però è la spiegazione del
fatto che per un po’ io, pur non privandomi della vostra interlocuzione, vi
alleggerirò di miei interventi. Un chirurgo, spero dalle mani sapienti e dal
bisturi pietoso, mi dovrà rammendare la spalla scassata da una caduta di
motocross e poi lasciata andare in progressivo spappolamento. Uscirò come
nuovo, uomo bionico, ma per una mesata dovrò rinunciare a malmenare tastiera e
mouse. Ecco, mi sono messo sullo stesso piano di chi vi allieta la giornata con
l’imprescindibile comunicazione al colto e all’inclita che “la buona dormita m’ha
fatta svegliare lieta come una libellula in volo sul laghetto di ninfee”. O che
“la tisana nuova non m’ha fatto affatto cagare”.
Siccome
io, come molti di voi blogger, twitter e facebookisti, sono produttore accanito
e inveterato di false notizie, in questo ultimo
- pro tempore – intervento voglio fare ammenda e dare spazio, e
schierarmi accanto, a coloro che la sacrosanta battaglia contro gli hater (odiatori), falsari e complottisti,
la conducono con sommo disprezzo del pericolo e in difesa delle bocche della
verità che ci istruiscono e ci spiegano le cose del mondo a partire
dall’informazione democratica, istituzionale, professionale, quella, appunto,
degli MSM (mainstream media). Ieri
venerdì ho avuto di nuovo l’onore di essere chiamato in diretta da uno di
questi MSM, la trasmissione “La Zanzara” di Radio 24. Programmino definito da
quelli che dalla Zanzara sono stati pizzicati e, spesso, svergognati,
“teppista, ignorante, stupido, provocatore, la faccia subumana di Radio Rai”.
Non è vero. Pensate, trattandosi della questione di Gerusalemme che il Fior di
Zucca ha concordato essere capitale unica e indivisibile di Israele, alla mia
obiezione che Gerusalemme fu semmai capitale degli ebrei soltanto per i 50 anni
dei regni di David e Salomone, inventati dai fantasisti redattori della Bibbia,
la coppia dal pungiglione della verità, Crociani da Roma, Parenzo da casa sua a
Tel Aviv, mi hanno ridotto all’impotenza berciando, ma con proprietà di
argomenti, che sostenevo Hamas terrorista e giudicavo lo Stato d’Israele
criminale.
Che
dire, davanti a tanta documentata argomentazione. Passiamo alle sfere più
elevate degli SMS, quelle nobilitate dalla presenza e firma della terza carica
dello Stato, la nobildonna, cui va riconosciuto il merito di aver aperto le
cataratte per le quali va passando il rimedio demografico al nostro calo delle
nascite e l’adeguamento del tasso di schiavitù alle nostre esigenze produttive
di hamburger e pomodori. Mettendo a profitto della solidarietà umana il
meccanismo dei vasi comunicanti, dove nulla si crea e nulla si distrugge, sperimentato
e provato da Lavoisier, Laura Boldrini, da responsabile UNHCR, è stata tra i
primi a svuotare il Sud del mondo a vantaggio del riempimento del Sud d’Europa.
Non è l’unico suo merito; chissà cosa
sarebbe passato nella disattenzione dei nostri governanti, se la presidente
della Camera non avesse posto rimedio alla degenerazione dei lavori parlamentari
con ghigliottine, canguri e altre limitazioni alle intemperanze dei 5 Stelle.
Boldrini e Soros, santi subito
Ha
provato la sua nobilitade con l’appassionata aderenza allo Zeitgeist (si può anche dire vernacolarmente “trend”) che caratterizza la nostra superiore civiltà non
lasciandosi sfuggire nessuna delle campagne SMS che sostengono e promuovono i
valori delle democrazie occidentali. L’hanno vista alla testa e in vetta alle
schiere combattenti, novella Marianna nel quadro di Delacroix, contro gli haters calunniatori delle Ong sorosiane
salvavite nel Mediterraneo, contro gli uomini ontologicamente e in toto stupratori
e molestatori, da Gheddafi, Mladic o Assad all’ultimo regista accusato da una
vegliarda, oggi, ma infastidita nel primo dopoguerra, contro i naziskin che
hanno disseppellito il corpo del Fuhrer, gli hanno insufflato nuova vita, lo
hanno moltiplicato per partenogenesi e lo stanno installando nei luoghi supremi
della governance occidentale ( *). E
vessillifera di tante altre battaglie,
proprio tutte, miranti a corazzare uno status quo costato alle nostre
confraternite, legali o meno, tanta fatica costruire.
(*)
C’e chi azzarda una calunnia come quella
secondo cui, quanto Trump gonfia a bue il ranocchio nordcoreano per dar modo
agli armieri di ingrossare il budget del Pentagono oltre i 1000 miliardi
attuali (più di tutti gli altri bilanci messi insieme, 15 volte quello russo),
tanto i nazisti 2.0 in cravatta e risvoltino pompano i (loro) virgulti in
bomber e cranio rasato (vedi la chiassata e megacontrochiassata ipocrita sul
lago di Como), per dare alla loro macelleria sociale, militarista e culturale
la scudo dell’antifascismo. Ovviamente pure fake
news, no?
Acchiapparli da piccoli per masticarli
bene.
Memorabile
l’episodio che ha visto questa pasionaria delle verità dettate da un
impeccabile, ufficialmente sanzionato, senso comune, piombare su un liceo
romano brandendo le tavole della legge. Nella fattispecie, il Decalogo
della lotta alle Fake News da imparare a memoria e con il quale poi vivisezionare le
bufale del Corriere, di Repubblica,
della Stampa, di TG1,2,3,5…Ops, ma che dico, la tastiera mi ha preso la mano:
le bufale della rete nelle sue varie, degenerate forme.
I
ragazzi del Liceo in questione stavano già tralignando perché occupati a
solidarizzare con quei compagni
scapestrati del Virgilio che credevano vittime di enorme bufalona per
cui la minaccia alla loro storica scuola veniva dalle coppie che si
accoppiavano nei cessi, dagli Spada che gestivano lo spaccio di coca nell’aula
dell’informatica, dagli scambisti che si davano alla pazza gioia in soffitta, e
non dal palazzinaro che già operava
negli spazi lì accanto e aveva gettato l’occhio rapace sullo storico edificio
nella zona a più alto costo per m2 di Roma. Al sopraggiungere impetuoso
della Boldrini, per un attimo gli era sembrato che quella che si avventava su
di loro fosse la strega del Mago di Oz e che la loro identità ne sarebbe
rimasta compromessa per sempre.
Invece
no. Si dovettero ricredere. La strega apparve nelle sue giuste vesti di fata
buona che preserva da fake news e
ogni sorta di puttanate strumentali tese a ostacolare il progresso dei ragazzi
verso la maturazione civica e, grazie ad essa, l’ingresso nel mondo del vero e
del giusto. Il mondo di Laura Boldrini.
Un
mondo dove ogni cosa torna al suoi posto, nell’ordine costituito che infami haters e, comunque, gente pretenziosa
che si costruisce le verità a partire da quello che crede di vedere e capire,
insistono a voler mettere in discussione. Un mondo, per esempio, in cui George
Soros paga le Ong in mare perché i migranti non vedono l’ora di lasciare casa,
terra, paese, famiglia, per farsi assimilare alle stirpi migliori, comunque più
bianche e non miscredenti. Dove, recentissima, secondo un intelletto tra i più
qualificati del nostro tempo, vicepresidente ai tempi in cui Washington
riduceva in brandelli sette paesi, il pifferaio di Mosca è riuscito, non solo a
impedire la vittoria inquestionabile di Hillary, cara al “manifesto”, non solo
a comprarsi a suon di rubli Di Maio e Salvini, ma addirittura a trascinare
gratis 20 milioni di italiani a votare NO a un referendum dal quale l’Italia avrebbe
potuto uscire più bella e più superba che pria. Annientando perfino l’ambasciatore
obamiano Philips che, sommessamente, aveva detto che se gli italiani non
avessero votato SI, non avrebbero più visto un dollaro di investimenti. E anche
Obama che, tanto per non intromettersi, alla vigilia di quel voto aveva
celebrato l’imminente SI ospitando Renzi e altri sguatteri italiani alla Casa
Bianca.
E
ancora, il mondo della pulzella di Montecitorio è quello in cui non la trimurti
Israele-Usa-vampiti del Golfo, bensì l’astuto Assad ha creato l’Isis perché
faccia a pezzi il suo paese che gli stava sulle palle. Israele è l’unico Stato
democratico del Medioriente e quello meno razzista dell’universo mondo. Il potente
Kim Jong Un minaccia gli innocenti e del tutto innocuiamericani. George Soros è
un filantropo che non ha dato 5 milioni di dollari ai nazisti del battaglione Azov
per fare il colpo di Stato, ma li ha versati nelle casse della Ong che accoglie
rifugiati russi; del resto garantiscono i baci della Bonino. Renzi ci ha
regalato 1 milione di posti di lavoro, mica un milione di inseguitori di tre
ore di lavoro la settimana. Il vero pericolo che sovrasta l’umanità non è mica
il pupazzo manovrato dai bunker del Pentagono e della Lockheed Martin (F35) per
far sfracelli dove risulta opportuno al complesso militar-industrale, sono
coloro che arricciano il naso quando Big Pharma fa avvertire dalla Lorenzin che
senza 10 vaccini al neonato moriremo tutti di morbillo o brufoli.
E chi oggi
rappresenta l’apice della civiltà, del progresso, della giustizia sociale, dei
cinque o sei generi esistenti, del femminismo, dell’ecologia? Sono i curdi di
Rojava e se per tutto questo toccava fare un po’ di pulizia etnica e bruciare
villaggi arabi, incistare mezza dozzina di basi Usa in Siria, soddisfare la
voglia di Israele di frantumare tutti i suoi dintorni, che cosa è tutto questo
rispetto alle esaltanti interviste del “manifesto” alle donne combattenti
curde?
Un
mondo, questo della Boldrini, che viene da lontano e vanta un cursus honorum lungo secoli, millenni.
Il vero inizio è quello di Costantino, quando decise che quelle dei pagani
erano tutte fake news alle quali
tagliare la testa. Dove l’Iraq doveva essere polverizzato dato che Saddam
poteva colpire Londra in 5 minuti con le sue armi di distruzione di massa; dove
la Libia doveva essere sminuzzata e Gheddafi sventrato, dato che stava
bombardando la sua gente e - Save the Children - iniettando Viagra ai suoi soldati perché
meglio stuprassero le figlie della Libia. Dove San Padre Pio aveva le stimmate
e, avendo giustamente picchiato i socialisti insieme a quelli con il fez, poi
faceva altri miracoli. Dove l’Unione Europea e la consorella Nato sono state
fatte da Spinelli e Cia per farci godere la migliore delle democrazie, i
migliori diritti umani, sociali, di pace e uguaglianza. Dove toglierci
sovranità e autodeterminazione significava liberarci da oneri e incombenze
troppo gravosi. Che se ne facciano carico gli esperti supra partes di Bruxelles, le lobby che li consigliano per il
meglio, Mr. Mario Draghi che li mantiene sui dritti binari di Goldman Sachs,
Rothschild, Bilderberg e, tutto sommato, anche della ditta di Francesco Primo.
Patria Grande. Anche piccola.
Per
noi che siamo partiti col piede sbagliato, prede e diffusori di fake news, non
c’è rimedio. Che Boldrini abbia pietà. E’ vero, abbiamo il marchio del
sovranismo. Ce lo hanno inflitto un po’ Seneca, un po’ Dante, un po’
Guicciardini un po’ Italo Svevo, un po’ Michelangelo e un po’ Manzoni. Un po’ i
partigiani e un po’ Leopardi. E ce lo
teniamo. Come coloro, e nel loro nome, con i quali lo abbiamo condiviso nella
Cuba d’un tempo, in Palestina, Eritrea, Irlanda, Algeria, Bolivia, Iraq, Siria,
Libia, tra i popoli che nella patria hanno riconosciuto se stessi, il conflitto tra padroni e subalterni, chi è
venuto prima di loro e gli ha consegnato cultura, lingua non prevaricata e
inquinata, progetto sociale e storico, in tutte le nazioni costituitesi e
ricostituitesi dopo i saccheggi e gli squartamenti coloniali e la cui
sopravvivenza è attaccata alla loro sovranità, come il bambino al capezzolo
della madre e alla mano del padre. Eppoi, se lo diceva Leopardi già quasi due
secoli fa….
La
Boldrini ha qualcosa da ridire? O di sovranità gradisce solo quella dei potenti
e sopraffattori?
Lodo che si distornino gl’italiani dal cieco amore
e imitazione delle cose straniere,
e molto più che si richiamino e s’invitino
a servirsi e a considerare le proprie;
lodo che si proccuri ridestare in loro
quello spirito nazionale,
senza cui non v’è stata mai grandezza a questo mondo,
non solo grandezza nazionale,
ma appena grandezza individuale;
ma non posso lodare che le nostre cose presenti,
e parlando di studi,
la nostra presente letteratura,
la massima parte de’ nostri scrittori, ec. ec.
si celebrino, si esaltino tutto giorno
quasi superiori a tutti i sommi stranieri,
quando sono inferiori agli ultimi:
che ci si propongano per modelli;
e che alla fine quasi ci s’inculchi di seguire
quella strada in cui ci troviamo.
Se noi dobbiamo risvegliarci una volta,
e riprendere lo spirito di nazione,
il primo nostro moto dev’essere,
non la superbia né la stima delle nostre cose presenti,
ma la vergogna. E questa ci deve spronare
a cangiare strada del tutto, e rinnovellare ogni cosa.
Senza ciò non faremo mai nulla.
Commemorare le nostre glorie passate,
è stimolo alla virtù,
ma mentire e fingere le presenti è conforto all’ignavia,
e argomento di rimanersi contenti
in questa vilissima condizione.
Oltre che questo serve ancora ad alimentare
e confermare e mantenere quella miseria di giudizio,
e mancanza d’ogni arte e critica,
di cui lagnavasi l’Alfieri (nella sua Vita)
rispetto all’Italia, e che oggidì
è così evidente per la continua esperienza
sì delle grandi scempiaggini lodate,
sì dei pregi (se qualcuno per miracolo ne occorre)
o sconosciuti, o trascurati, o negati, o biasimati.
e imitazione delle cose straniere,
e molto più che si richiamino e s’invitino
a servirsi e a considerare le proprie;
lodo che si proccuri ridestare in loro
quello spirito nazionale,
senza cui non v’è stata mai grandezza a questo mondo,
non solo grandezza nazionale,
ma appena grandezza individuale;
ma non posso lodare che le nostre cose presenti,
e parlando di studi,
la nostra presente letteratura,
la massima parte de’ nostri scrittori, ec. ec.
si celebrino, si esaltino tutto giorno
quasi superiori a tutti i sommi stranieri,
quando sono inferiori agli ultimi:
che ci si propongano per modelli;
e che alla fine quasi ci s’inculchi di seguire
quella strada in cui ci troviamo.
Se noi dobbiamo risvegliarci una volta,
e riprendere lo spirito di nazione,
il primo nostro moto dev’essere,
non la superbia né la stima delle nostre cose presenti,
ma la vergogna. E questa ci deve spronare
a cangiare strada del tutto, e rinnovellare ogni cosa.
Senza ciò non faremo mai nulla.
Commemorare le nostre glorie passate,
è stimolo alla virtù,
ma mentire e fingere le presenti è conforto all’ignavia,
e argomento di rimanersi contenti
in questa vilissima condizione.
Oltre che questo serve ancora ad alimentare
e confermare e mantenere quella miseria di giudizio,
e mancanza d’ogni arte e critica,
di cui lagnavasi l’Alfieri (nella sua Vita)
rispetto all’Italia, e che oggidì
è così evidente per la continua esperienza
sì delle grandi scempiaggini lodate,
sì dei pregi (se qualcuno per miracolo ne occorre)
o sconosciuti, o trascurati, o negati, o biasimati.