sabato 28 aprile 2018

DISINFORMAZIONE, STATI ELIMINATI, EMIGRAZIONI E STRUMENTALIZZAZIONI: Un rappresentante dell'Islam scita intervista Fulvio Grimaldi


Dare voce agli oppressi è possibile. Riflessioni fuori dal coro con Fulvio Grimaldi
 di Hamza Biondo
Raccontare la realtà è il suo mestiere, lo fa da quando aveva vent’anni, ha iniziato scrivendo sul taccuino con la biro, adesso usa la cinepresa e il computer, ma la passione è la stessa. Fulvio Grimaldi ha girato il mondo, presente nei luoghi e momenti cruciali, per documentare le crisi e raccontare storie di uomini, ingiustizie, speranze. Il mestiere di reporter imparato sul campo, lontano dai comodi alberghi per giornalisti embedded e senza dipendere troppo dai comodi escamotages offerti dalla tecnica. Una professione maledetta, in via di estinzione, Grimaldi ha difeso la necessità morale di “andare sul posto”. Un abitudine condivisa con celebri scrittori che, in veste di reporter, avevano come lui il vizio di frequentare i campi di battaglia, descriverli e tornare poi ai loro romanzi. I paesi che ha visitato sono tanti, è una lista che ricorda gli atlanti di un tempo, quando a scuola si studiava la geografia e le mappe evidenziavano gli stati con vivaci colori. Inviato stampa in Irlanda nel Nord nel 1972, testimone a Derry il giorno della Bloody Sunday, in Palestina per la Guerra dei sei giorni, poi negli anni lo troviamo in Yemen, Eritrea, Yugoslavia, Iraq. In mezzo tanta Africa e Centroamerica.  Avesse avuto la possibilità, lo avremmo visto a Little Big Horn, per raccogliere  la versione dei pellerossa e….anche quella di Custer. Ha collaborato con molteplici testate televisive e della carta stampata, fra le quali BBC, Rai, Nouvel Obersever, Abc, Panorama, Paese sera, Liberazione. Rapporti di lavoro e impegno politico che spesso si intrecciavano e a volte entravano in conflitto, perché documentare la realtà ha un prezzo e certe redazioni giornalistiche subivano quello che lui chiama “il tradimento dei chierici”. Allergico agli entrismi e ai golfini di cachemire della gauche caviar, Grimaldi ha bazzicato anche altri arti e mestieri. Documenta reati ambientali, scrive libri, qualche esperienza teatrale e un piccolo cameo in una pellicola che lo scrivente considera cult, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri.                                                                      Se ancora non lo avete capito, avremmo voluto parlare con lui di tante cose. Ci siamo accontentati per adesso di porgli alcune domande.  
Alexis de Tocqueville soleva dire : “La democrazia è il potere di un popoloinformato”.   Qual’è la realtà italiana ?
Il popolo italiano vive, come un pesce rosso, in una bolla di nulla contenuta in una boccia di menzogne. Ogni tanto, su questioni minori, compatibili con gli assetti del potere (sempre eterodeterminato), gli si fanno conoscere innocue verità, qualche difettuccio dell’oligarchia regnante, qualche errore. Appena si entra nella realtà geopolitica, che è quella che conta, la boccia diventa uno specchio deformante.
Assistiamo ad una rivoluzione del linguaggio, se prima la narrazione video si imponeva sul testo scritto, adesso è il momento della comunicazione digitale che accorcia le distanze e la sintassi. Ma una conferenza stampa puo essere sostituita da un tweet ? il mondo può essere raccontato con un hastagh ?
L’élite si serve delle nuove tecnologie, non solo per condizionare, sorvegliare, controllare, manipolare. E’ necessario distruggere il linguaggio, le sue articolazioni, la sua complessità. Lo si fa contaminandolo con espressioni straniere, perlopiù inglesi, perlopiù incomprese perché scisse dal contesto sintattico, ma soprattutto con la riduzione della comunicazione alla più elementare semplificazione. Appunto il tweet, l’sms, il chat. Più semplice ed elementare è il linguaggio, più semplice ed elementare, e dunque inerme e manipolabile, è il pensiero.
La falsificazione della Storia si costruisce gradualmente, utilizzando anche disinformazione e censura. Settanta anni dopo la “Nakba”, parola  che indica l’inizio del genocidio dei palestinesi, l’opinione comune ormai ignora le responsabilità storiche e confonde tra carnefici e vittime….
L’opinione pubblica, fortunatamente non tutta, è narcotizzata dal messaggio, pubblicitario come politico e storico. Il potere lo sa e pratica il martellamento del pensiero unico, della versione unica, da un paio di millenni. L’opinione pubblica è vittima del collasso di un pensiero e di una comunicazione alternativi, antagonisti. L’unificazione dell’informazione, dopo l’esperienza del Vietnam, dove la pluralità di notizie e versioni ha contribuito a determinare il fallimento dell’impresa colonialista francese e statunitense, la scomparsa dell’editore puro e la concentrazione dei media in mani di detentori di interessi e potere economico, militare, culturale, ha determinato questa situazione. Che ora viene perfezionata con la caccia alle cosiddette fake news, che non sono in essenza altro che informazione sgradita all’establishment. Per lo specifico della Nakba, la tragedia e il genocidio dei palestinesi per mano degli usurpatori e dei loro padrini sono stati efficacemente oscurati da due grandi operazioni pubblicitarie: la perenne riproposizione della Shoah, presentata antistoricamente come crimine unico e massimo, la minaccia dell’antisemitismo che spesso viene associato al terrorismo.
Con bombardamenti su popoli indifesi hanno devastato Siria , Libia, Iraq. Con le occupazioni militari hanno sconvolto società e modelli di convivenza antichissimi, distrutto mondi che non risorgeranno più. Chi sarà la prossima vittima ? Quali responsabilità ha il sistema politico europeo ?
Dall’ininterrotta demonizzazione propagandistica di arabi, Islam, Iran e Russia, non appare difficile dedurre su quali obiettivi propone di lanciarsi il bellicismo imperialista. Ce ne saranno altri, un po’ per volta, in Africa e America Latina. E’ la marcia della mondializzazione, la strategia per un unico, totalitario dominio sul mondo del capitale finanz-militarista occidentale. L’Unione Europea è nata per svolgere un ruolo ancillare in questo progetto. E’ sottoposta a un ininterrotto ricatto economico, militare, propagandistico per evitare che si stacchi da questa cospirazione occidentale e si renda conto che i propri interessi e la capacità dei propri popoli di scegliere autonomamente la propria via collocherebbe il continente in altro contesto geopolitico.
 Proviamo ad analizzare il fenomeno emigrazione fuori dal politicamente corretto e da strumentalizzazioni
Di questo fenomeno, di portata epocale, mi sono occupato on particolare impegno alla luce dell’enorme carico di mistificazione, nel segno ipocrita del buonismo e della solidarietà, che ce ne dovrebbe occultare i veri obiettivi. Basta pensare che un milione giovani siriani sono stati sottratti alla difesa e allo sviluppo del loro paese per fornire manodopera a basso costo per l’export tedesco, un paese complice della distruzione della Siria. Basta pensare ai 60mila contadini che vivevano in Etiopia lungo il fiume Omo, che ne garantiva coltivazioni, produzioni e vita e che da una megadiga italiana sono stati privati del loro fiume e quindi del loro futuro. Dove pensiamo che siano emigrati? Coloro che perorano ossessivamente l’accoglienza senza se e senza ma, parlando di fuga da dittature, fame, disastri climatici, trascurano di menzionarne i responsabili. Ma soprattutto cercano di non farci capire che le migrazioni sono un fenomeno manovrato dalle stesse potenze che hanno distrutto tanti paesi. Il primo passaggio della filiera dell’emigrazione, in coda alla quale ci sono le Ong finanziate dalle stesse forze del mondialismo, è la rovina dei paesi di emigrazione con gli strumenti della guerra e del saccheggio per mano delle multinazionali. Rovina che costringe a lasciare la propria comunità, le proprie radici, la propria cultura, il proprio futuro. Quasi sempre per incontrare una sorte peggiore di quella lasciata alle spalle. Nei paesi d’origine ci sono poi strutture di cosiddetta solidarietà, Ong, associazioni,organismi legati al colonialismo, che prospettano ai giovani false opportunità di lavoro e benessere in Europa. Le si reincontrano poi in mare, sulla via per la Sicilia.  All’imperialismo-colonialismo servono paesi da depredare e, quindi,svuotati delle giovani generazioni e di cui si disperde la civiltà e l’identità. Gli serve poi che una forza lavoro dalle infime esigenze abbassi il costo del lavoro nei paesi avanzati e vi provochi destabilizzazione. Credo che integrazione e assimilazione siano concetti colonialisti che sottintendono presupposti di superiorità razziale e culturale.
 Qualcuno diceva a proposito della vita “o la vivi, o la scrivi“Lei da anni è un professionista dell’informazione, viaggia e scrive molto, sembra contraddire questa affermazione….
Cosa posso dire. Da quando ho pensato di fare questo mestiere, intorno ai dieci anni, l’ho pensato come contenuto e significato della mia vita posti a confronto con i contenuti e significati offerti dalla realtà. Presto ho intravvisto la potenza di fuoco dei mistificatori della comunicazione. E presto, a partire dalla Guerra dei Sei Giorni in Palestina, dove sono stato inviato, ho capito chi manovrava e a cosa servivano questi mistificatori. Ma ho anche sperimentato la possibilità di mettergli i bastoni tra le ruote. Il seme della verità, che è quello che ci offrono i popoli oppressi, perseguitati, sofferenti, resistenti, spesso viene schiacciato e disperso, ma quelle volte che cade su terreno fertile esplode in una fioritura che cambia il paesaggio. Il giornalista deve provare a  fare da polline, sole e pioggia.





mercoledì 25 aprile 2018

25 APRILE: LIBERATORI E INQUINATORI



Onore all'Anpi. Stavolta.
Va reso onore all’ANPI per aver resistito, a dispetto di passi falsi anche recenti (Regeni, mercenari curdi e altre truffe CIA, Amnesty e HRW), all’immane pressione della comunità ebraica romana perché bandisse dal corteo della Liberazione il popolo palestinese, più di tutti oggi simbolo della lotta di liberazione da domini nazisti e ultranazisti. Non solo, dietro alla protervia escludente della comunità ebraica romana, era percepibile la mobilitazione di tutto il mondo talmudista. L’ordine di servizio della lobby  era di seppellire nel silenzio, nel disprezzo e nell’anatema dell’ “antisemitismo”, chiunque, in qualsiasi angolo del pianeta, osasse sollevare critiche allo Stato monoetnico, dunque razzista, xenofobo, nazionalista (e pure sovranista, accusa mossa a chi mille volte più di Israele ha titoli per rivendicare autodeterminazione). Uno Stato illegale dalla nascita, incistato in Palestina per volontà delle potenze impegnate nel nuovo ciclo colonialista. Stato e società che di venerdì in venerdì, con i loro robocop Tsahal in stato di esaltazione omicida, si diverte a fare mattanze di inermi.

Antisionisti uguale antisemiti è come antifascisti uguale antitaliani
Il teorema anti-sionismo uguale antisemitismo, uno dei pilastri della mobilitazione tesa a oscurare lo strisciante genocidio dei palestinesi, è abusivo e ricattatorio per due ragioni inconfutabili. La stragrande maggioranza degli ebrei in Palestina e nel mondo non è semita, ma eurocaucasica (vedi Shlomo Sand “L’invenzione del popolo ebraico”). Semiti sono gli arabi e, quindi, anche coloro che si sono convertiti alla religione ebraica (sefarditi). E parlando di semiti si parla di gruppo etnico e linguistico (leggenda biblica: i discendenti di Sem, figlio di Noè, poi installatisi in Medioriente e Nordafrica); mentre sionisti sono coloro che propugnano lo Stato di Israele, Sion, in termini di assoluta purezza di comunità e religione.

Assicurato il disinquinamento di una manifestazione dedicata alla vittoria sulla schiavitù, quanto meno mentale, da una presenza, non connotata da fede, storia o identità comunitaria, bensì da incondizionato sostegno a Israele, cioè a chi nega costituzionalmente, socialmente, politicamente, economicamente, culturalmente, la libertà alla terra invasa e occupata e al popolo oppresso, incarcerato e falcidiato da 70 anni, avremmo apprezzato la bonifica del corteo da parte di correligionari o ex-correligionari di quegli inquinatori. Avremmo applaudito di tutto cuore ebrei come il già menzionato Sand, i Finkelstein,  Pappè, Atzomon, gli Ebrei italiani contro l’Occupazione e la tanta parte della comunità che non sottosta ai ricatti dei caporioni romani. Ebrei dotati di tanto coraggio quanta non ce l’ha il “manifesto” quando pubblica certe oscenità (vedi sotto).


Perché da bonificare e disinquinare, in questo fortemente autocelebrativo e depistante 25 aprile, ce n’è stato quanto nelle stalle di Augia. E di Ercole impegnato a rimuovere le scorie s’è vista l’ombra solo nello spezzone palestinese e in quanti, anonimi, sinceri, senza i cronici cerchiobottismi dell’opportunismo sinistro, a quella causa ispirano la loro partecipazione.

Quelli che W il 25 aprile e W la Nato
Al macero gli sbrodolamenti ipocriti di partiti, movimenti, conventicole, centri sociali sclerotizzati, giornali di regime (tutti) che un piede hanno inserito nella marcia e l’altro lo tengono fermo nella staffa dei cavalli dell’Apocalisse impegnati a polverizzare popoli e desertificare paesi attribuiti a “dittatori”, “violatori dei diritti umani”, “minacciosi”, “utilizzatori di armi di distruzione di massa e chimiche”, “omofobi”.  Sul “manifesto – e dove se no? – un lettore vomita un confronto infame e glielo pubblicano pure. Claudio Della Seta spiega così la defezione della sua comunità al corteo del 25 aprile. I nonni degli attuali ebrei italiani furono partigiani, quelli degli attuali palestinesi erano alleati di Hitler le cui armate comprendevano anche la “famigerata brigata musulmana il cui stemma era estremamente simile all’attuale bandiera palestinese”. Simpatico, innocente accostamento di un imparziale analista. Quindi bene i sionisti per il 25 aprile, fuori i filonazisti palestinesi.

Gioco sporchissimo, caro Della Seta, che due aspetti trascura: quei partigiani ebrei venivano dalla Palestina mandataria del Regno Unito. Erano coloni insediatisi, anche con la complicità di Hitler, in terra altrui, terra che avrebbero rubato, martirizzato e svuotata dei suoi titolari, procedendo poi alla graduale eliminazione dei rimanenti; quei sionisti d’antan erano inquadrati nelle truppe di coloro che, sabotando la resistenza patriottica italiana, progettavano per il nostro paese una “liberazione” che si sarebbe chiamata Usa, NATO, UE, mafia, capitalismo barbaro, multinazionali, svendita, deculturizzazione, desovranizzazione, precariato, miseria, esclusione dalla Storia. Mentre a vantaggio della pace e dei diritti umani in Medioriente disegnavano ciò che abbiamo sotto gli occhi: lo Stato più razzista, antidemocratico, escludente, sanguinario, del mondo.


Se quel tratto di fogna tracciato da Della Seta sul noto “manifesto”  che, accanto a una foliazione strabordante su quanto è fico il 25 aprile e quanto lo sono le ragazzette che ti sorridono dalle foto, non abbandona la sua missione di forza di complemento dell’imperialismo, mi ha colpito come l’intervento più nauseabondo, ma anche caratterizzante, tutto il resto delle celebrazioni è stato pura ipocrisia, vuota retorica. Dei peggiori e dei meno peggio. Degli eterni amici del giaguaro e utili idioti.Cacicchi e bonzi di queste istituzioni, di questi partiti, di queste associazioni e Ong, di questi giornaloni e schermi, dai microbi di PAP ai giaguari smacchiati del PD agli albatros oceanici, mutatisi in gabbiani di cassonetto, dei 5 Stelle, tutti d’accordo su Assad “dittatore sanguinario” e quindi pronubi , nolenti frignoni o volenti mercenari, di Nato, UE, euro, guerre, macellerie, operazioni di sradicamento e deidentificazioni dette migrazioni, nichilismo.

Con in testa, a bandiere arcobaleno garrenti, i due atlantisti dell’opposizione: “il manifesto” e “Il Fatto Quotidiano”. Senza dimenticare il giornalone per eccellenza (nel senso di "degno di Pulitzer di servizio", imperialmente indipendente al pari di New York Times e Washington Post, Pulitzer premiati per antigiornalismo), Corriere della Sera. Una Gabanelli, icona sacra nazionale della stampa libera e critica, a conferma della sua natura di gigantesco “misunderstanding”, vi erutta menzogne, falsità truculente, schifezze grottesche, totalmente inventate, su Siria e Assad, così rozze che manco avesse scritto con in testa le cuffie di un propagandista Mossad al decimo whisky. Non è la prima volta della signora!

Assad tra i vincitori di Deir Ez Zor

Basta bassezze. Per noi la “Liberazione” con la elle maiuscola, quella della memoria formale e dell’oblio sostanziale, ha prodotto quanto abbiamo accennato sopra. E non poteva che essere così, dal momento in cui è stata sottratta alla resistenza partigiana e consegnata, mani e piedi legati, agli invasori coloniali anglosassoni e alla cupola che vuole decidere i destini dell’umanità.

Liberazione? Stare con Assad e con Kannelos
Per noi la Liberazione con la elle maiuscola dovrebbe vedere sfilare per le strade nostre e del mondo i combattenti siriani, con in testa Assad, quelli libici con l’effigie di Gheddafi (tanto per rallegrare le due gentili signore che ne hanno decretato l’eliminazione: Rossanda e Clinton), quelli iracheni con l’K47di Saddam, quelli afghani con le tuniche dei Taliban, quelli yemeniti con la jambiya (pugnale degli Huthi), i greci dei sette anni di lotte in piazza Syntagma con davanti il cane combattente Kanellos, per tutti gli animali non liberati dalle sevizie dell’uomo…,


… i venezuelani che resistono ai golpe striscianti dei divoratori dell’America Latina, gli honduregni e messicani in  lotta di liberazione dai narcos che gli Usa hanno installato al loro governo, gli indiani d’America, con Cavallo Pazzo e Toro Seduto, sopravvissuti al più grande olocausto della Storia, gli africani, arabi, asiatici che i gangster mondialisti con Ong e Soros strappano dal loro contesto per infilarli in un tunnel senza luce mai. E poi tutti i NO della nostra liberazione dai distruttori di ambiente, comunità, salute, istruzione, lavoro, identità, autodeterminazione. A partire dai No Tav.

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è stata brava a respingere un osceno ricatto. Ma la prossima volta chiami anche tutti questi al corteo. Si tratta pur sempre di partigiani. Non su lapidi, in carne e ossa. Come i palestinesi che, per fortuna, ci sono. Con tanto di kefiah.






lunedì 16 aprile 2018

AUTOSPOT, si può dunque ignorare, saltare, obliterare…



Avrei voluto scrivere ancora qualcosa sugli accadimenti in Siria, ma molte cose corrette sono già state scritte e diffuse e credo che tocca aspettare un po’ per vedere cosa emerge dal contradditorio comportamento delle potenze coinvolte. Di certo nessuno dei gangster aggressori considera la prospettiva dell’abbandono, del compromesso, della sopravvivenza della Siria così com’è e come il suo popolo e il diritto internazionale vogliono.
Nel frattempo, avendo tra i miei interlocutori e amici anche alcuni residenti in Germania e magari ce ne sono anche altri che seguono questo blog, segnalo un’interessante iniziativa del Dipartimento Federale per la Cultura Politica, patrocinata dal Capo dello Stato, Steinmeier. Ad Aquisgrana si apre venerdì 20 aprile la mostra

“LAMPI DEL FUTURO
L’arte dei sessantottini, ovvero il potere degli impotenti”

Si tratta di un’esposizione (20/4/18 – 19/8/18) di arti figurative e opere letterarie di protagonisti, attivisti, osservatori, analisti, storici del movimento 1968-1977 di vari paesi, a cui, per l’Italia, sono stato invitato a partecipare con un testo sulla mia esperienza quale giornalista e militante di quel movimento. L’inaugurazione, con la presenza degli autori, avrà luogo giovedì 19 aprile.
Quel testo è diventato un libro, “UN SESSANTOTTO  LUNGO UNA  VITA”, edito da Zambon (www.zambon.net) e pubblicato sia in italiano che in tedesco.
La prima edizione del libro, che a suo tempo mi sono permesso di segnalarvi, è andata esaurita in pochi giorni, segno che l’argomento, il ricordo di quel tempo e di quel fenomeno rivoluzionario, non hanno perso interesse e continuano a produrre stimoli ed esiti. Per cui, insieme all’editore, abbiamo ritenuto di arricchire il lavoro di nuove storie, ricordi, riferimenti, nuove riflessioni, anche di maggiore attualità, sottolineando quanto ancora ci collega e quanto ci separa da quel cruciale momento storico. Così, fra qualche giorno nelle librerie si troverà la seconda edizione di “Un Sessantotto lungo una vita”, lunga quasi il doppio della prima.



CON LA SIRIA, CONTRO I GANGSTER, CONTRO I CERCHIOBOTTISTI




Chi si illude che con gli attacchi missilistici di sabato l'Idra Usa-UK-Francia-Israele-Arabia Saudita abbia concluso un genocidio in Siria che va avanti da 7 anni, mena il can per l'aja. Questi regimi-gangster sono impegnati a spazzare via, con il mondialismo delle armi e dell'economia, ogni realtà statuale e nazionale dissidente e a ricostituire il colonialismo dei secoli precedenti. Non mollerano l'osso se non quando costretti dai costi eccessivi .o da un rifiuto di massa nel mondo. Come col Vietnam.

Per ora l'infinita resilienza e il fantastico coraggio dei combattenti siriani e di tutto quel popolo, guidato da uno straordinario presidente, l'impegno eroico di Hezbollah e degli iraniani, la generosa e preziosissima assistenza dei russi (quando finalmente i sistemi di difesa antiaerea S-300 e 400?), hanno tenuto testa all'Uccidente, ai suoi vassalli, ai suoi sguatteri (noi).



E' ammissibile che si rimanga alla finestra a guardare altri battersi per noi, per la salvezza di tutti? Riusciremmo ancora a guardarci allo specchio?

venerdì 13 aprile 2018

FANTASTICO SPUTTANAMENTO DI TUTTA L’OPERAZIONE “ATTACCO CHIMICO A DOUMA”!!!




Al link qui sopra trovate la prova decisiva, sconvolgente, inconfutabile, di quanto falsa e infame sia stata l’accusa ad Assad di aver bombardato con armi chimiche la cittadina di Douma. Si vede una sede della brigata di jihadisti asserragliata nell’ultimo fortilizio di Al Nusra nella provincia di Ghouta, in cui persone lavorano dietro un tavolo, altre persone appaiono sfaccendate e molti bambini giocano a palla. Improvvisamente viene fatta suonare la sirena di un allarme aereo e i ragazzini e bambini, come per un esercizio perfettamente imparato in prove, si buttano per terra e si fingono morti o morenti.
Immediatamente compaiono sanitari in camici bianchi a somministrare soccorsi, soprattutto mascherine d’ossigeno e schiumogeni da far poi uscire dalle bocche delle “vittime”.

Nel 1912 in Siria, a Homs, avevo visto un filmato dello stesso genere: istruttori adulti disponevano corpi di minori e bambini sul pavimento e con una sostanza rossa gli dipingevano addosso del sangue”. Dopodichè arrivavano le telecamere dei media amici a riprendere “l’ennesima strage di Assad”. Lo si vede nel mio docufilm “Armageddon sulla via di Damasco”.Allora né la Turchia, né l’Arabia Saudita, né i servizi uccidentali avevano ancora insegnato ai jihadisti di fabbricarsi armi chimiche (poi da loro sperimentate su conigli, come illustrato da un altro video che a suo tempo avevo messo in rete).


E’ sulla base di una “prova” come quella recitata dagli attori di una presunta strage chimica, definitivamente smascherata da questo e altri video, che una conventicola di gangster, autodefinitisi donne e uomini politici, capi di Stato, primi ministri, ministri, dei più potenti Stati occidentali, sostenuti nei loro crimini da uno sterminato coro di cortigiani, servi, prostitute, pali, politici e mediatici, si preparano a fare altri milioni di morti, frantumare e spezzare via un altro paese e poi altri paesi ancora.

Non ci basta? Non ci basta per utilizzare ogni nostra residua energia, rabbia, odio (sì quell’indispensabile odio che le Boldrini e gli Zuckerberg vorrebbero esorcizzare, con quanto resta di conflittualità, in quanto offensivi nei confronti dell’establishment), forza, rispetto per noi stessi e per l’umanità  e lanciarla contro i responsabili di queste efferatezze e quelli che gli tengono bordone?

Questo è un appello che ho scritto per la Lista Comitato No Nato.

Gli Usa, il Regno Unito, la Francia, Israele, con la Nato al seguito, dopo averlo minacciato, preparano un attacco alla Siria, Stato arabo laico, democratico e socialista  ancora in piedi dopo 7 anni di aggressione e massacri, attacco che inevitabilmente coinvolgerà i suoi alleati, russi, iraniani e Hezbollah e non potrà non provocare reazioni e  culminare in una catastrofe planetaria, addirittura nucleare.

Coloro che promettono di attaccare sulla base di un’evidente macchinazione provocatoria, come quella dell’ennesimo presunto uso di armi chimiche a Ghouta da parte di Assad, proprio nel momento di una sua decisiva vittoria sul mercenariato jihadista, sono gli stessi che hanno trascinato il mondo in guerra dopo guerra sulla base di bugie, falsità, inganni, come le armi di distruzione di massa di Saddam, la responsabilità per l’11 settembre dell’Afghanistan, i bombardamenti sul proprio popolo di Gheddafi e Assad. Procedono alla distruzione e sottomissione di qualsiasi elemento statuale non allineato, causando milioni di morti innocenti e inenarrabili devastazioni. Ognuna di queste operazioni costituisce un crimine contro l’umanità.

Oltre al martirizzato popolo siriano, oggi è a rischio l’intera umanità per il fanatismo bellico e la frenesia di potere e ricchezza dei dirigenti di una minoranza che pretende di definirsi “comunità internazionale”, rappresentandone non più del 17%. Di fronte a questa corsa verso il suicidio planetario siamo finora rimasti attoniti e passivi. Se non è ora il momento per sollevarsi in massa, senza distinzione di ideologie e posizioni geopolitiche, riprendendo il filo di una lotta contro gli sterminatori, i profittatori di guerre e genocidi, gli schiavisti di un’economia che per affermarsi travolge popoli, nazioni, pezzi di mondo, domani non lo è più di certo.

Muoviamoci, organizziamoci, ribelliamoci, denunciamogli assassini e i loro complici. Assediamoli! Fermiamoli! Ne va della vita.

Lista Comitato No Nato.

mercoledì 11 aprile 2018

Il rettilario uccidentale, il verminaio jihadista, gli sciacalli della stampa: A TUTTO GAS



(Ragazzi è lungo, ma non credo non potesse esserlo, data la portata degli argomenti. Prendetevela calma, per un po’ non disturbo)

Quel pazzo di Assad…
I siriani sono un popolo di inebetiti che si fanno governare da un mentecatto sadomasochista che utilizza un esercito di deficienti. Così, nella provincia di Ghouta,  da cui terrroristi jihadisti al soldo di Usa, Israele, Turchia e Arabia Saudita facevano il tiro al piccione sui civili di Damasco, liberata al 90% a costo di interrabili sacrifici e costi, con decine di migliaia fuggiti dai jihadisti che rientravano alle loro case, cosa fanno Assad, esercito e siriani plaudenti? Cosa fanno  dopo che Usa, UK e Francia, notoriamente in fregola di massacri, avevano promesso castighi spaventosi in caso di attacco chimico di Assad? Cosa fanno dopo che l’avevano sfangata nel 2013  dalla stessa identica accusa di aver ucciso qualche centinaio di bimbetti siriani con i gas nervini, sfangata grazie alla smentita dei satelliti russi, grazie alla scoperta di alcuni genitori che quei cadaverini appartenevano a loro figli rapiti da Al Nusra settimane prima nella zona di Latakia e grazie alla consegna e totale distruzione sotto controllo ONU (cioè Usa) dell’INTERO arsenale di armi chimiche siriano? Cosa fanno?

Manco fosse l’idra trumpiana composta da un Bolton (Sicurezza Nazionale Usa), o un Pompeo (Dipartimento di Stato), o una Gina Hagel (CIA), invasati di eccidi, guerre e torture, Assad ordina un’apocalisse chimica su donne e bambini a Douma, ultimo fortilizio in cui sono asserragliati i mercenari israelo-saudi-Nato che si fanno forti dello scudo umano imposto alla popolazione. Un esercito di fratelli, sorelle, padri e figli di quelle donne e di quei bambini, esegue con la coscienza umana e civile di un cyborg alimentato a bile nera di cobra. E il popolo? Plaude, in attesa che ad Assad gli giri di prendersela chimicamente con un altro dei loro quartieri o villaggi.


In ogni caso, la genialata di Assad è servita a un effetto collaterale. Sempre che collaterale sia. Negli ultimi due venerdì, Israele ha commesso più omicidi di Jack lo Squartatore in 30 notti ad alto tasso di neuroni roventi. Avete presenti i videogiochi con i quali i registi culturali statunitensi educano il pupo yankee a trovare il massimo del godimento e del riconoscimento di cittadino dabbene per quanti più bipedi disintegra, città rade al suolo, paesi fa deflagrare? I cecchini di Tsahal appostati al sicuro per il tiro al piccione contro manifestanti a mani nude, stomaci rinsecchiti e vesti sbrindellate, a quella scuola si sono fermati. Ma nello Stato degli ebrei eurocaucasici incistato in Palestina, hanno seguito corsi di perfezionamento. Ebbene, grazie a Ghouta chi parla più di mattanze ebraiche a Gaza?  E neanche di porcate di Facebook contro la nostra incolumità-privacy-libertà?

Quel demente di Putin…
Allargando lo sguardo a un altro settore del cottolengo puntato da Usa e soci, si elevano in tutta la loro agghiacciante demenza il presidente di 150 milioni di russi, appena riconfermato con un adesione che nessun governante occidentale si sogna, il suo servizio di intelligence, fin qui considerato uno dei più professionali del mondo, e il suo popolo che agli altri due tributano un’ irresponsabile fiducia.  Cosa  fa Putin mentre le armate Nato bussano a tutti i suoi confini, su di lui si abbatte un ciclone mediatico  di odio, calunnie, falsità, deformazioni, invenzioni, di tutte le camarille giornalistiche dell’Occidente  e ogni elezione andata male viene attribuita ai malefizi dello “zar del Cremlino” (salvo poi, oplà, risultare originata dagli occidentalissimi Facebook e Cambridge Analytica)? Cosa fa l’autocrate di Mosca mentre sta come al circo la partner del lanciatore dei coltelli, solo che stavolta quello prova a coglierci?
Il supermago dei vecchi servizi ordina ai supermaghi di quelli nuovi di beccare un vecchio arnese russo dello spionaggio britannico, sparargli un po’ di gas nervino con il logo “made in Russia”, per bonus extra spararne un po’ anche a sua figlia in visita dalla Russia, e ottenere che il Russiagate, finora mantenuto nei limiti di una mano elettorale data a Trump, Brexit, Di Maio e Salvini (ora entrerà in lizza anche Orban), esploda come uno Zeppelin su tutto il pianeta, con fiamme che ci si ripromette avvolgeranno l’intero “impero del male”.


E meno male che c’è Bolton
Come farebbero i reggitori del mondo libero, civile, democratico a vincere il confronto con la barbarie se non avessero di fronte antagonisti con tali eccelsi quozienti d’intelligenza? Come farebbero a portare avanti la loro battaglia per i diritti umani, contro le molestie alle donne, l’odio per Hillary, Boldrini e Asia Argento, contro i fascisti perennemente risorgenti. contro i bulli a scuola, contro chi, rigettando il neoliberismo dei “liberal”, precipita nella regressione del sovranismo, dell’egoistica autodeterminazione, del rifiuto del multiculturalismo che si ottiene attraverso il ginnico movimento di popolazioni sollevate dal loro obsoleto contesto storico, contro chi, insomma, si oppone al miglioramento della razza?
Come farebbero senza quelli, modernamente di destra, che astutamente si fanno passare per sinistra (parlo del manifesto e di chi il giornaletto sorosiano tiene per “quotidiano comunista” e ci scrive, vero Manlio Dinucci?), mollando quella zavorra che non sa stare a tavola, non si veste UE e vota populista. Quella destra rigenerata che da George Soros si è fatta insegnare come per gabbare lo santo e farla finita con la festa della pace imbelle, della sovranità affidata al popolino, dei diritti degli scansafatiche, del rispetto tra Stati, basta calcare la penna o la voce quando si scrive o si dice “sinistra”. Dite che il trucco si vede? Non quando da mane a sera (gli smart dicono h24) ti sventolano sul muso la bandiera arcobaleno dei diritti umani con al centro Asia Argento che si bacia con la Boldrini.

Statista Usa


Come farebbero a sventare le mostruose macchinazioni contro l’umanità di  questa baraonda di squinternati se non disponessero della sollecitudine di un Bolton che da sempre perora l’annientamento nucleare di Stati delinquenti come Iran e Nordcorea; se non ci fosse un Pompeo che, da capo Cia, con la sua sezione eugenetica era riuscito a modificare biologicamente i testicoli degli agenti nemici in granelli di popcorn; se non ci fosse una Gina Hagen che, nelle carceri segrete Cia in Tailandia, ha personalmente provveduto a rimuoverli del tutto, quei coglioni?

Watchdog di chi?
Come farebbero senza la stampa a edicole e schermi unificati, bellezza? Per modelli supremi di giornalismo watchdog del potere vanno presi organi che, come il New York Times o il Washington Post osannato dal noto lobbista Spielberg, invece sono da sempre  watchdog del lettore, le zanne le affondano nel lettore che, osando divergere, diventa bodrinianamente un “hater”, odiatore. E male gliene deve incorrere. Lo sanno bene il “manifesto” e la sua lobby. Tanto bene che quando a Michele Giorgio, corrispondente a Tel Aviv, incombe l’onere di stigmatizzare le carneficine israeliane a Gaza, istantaneamente il giornale rigurgita di rievocatori della Shoah, delle infami leggi razziali, dell’antisemitismo che infesta l’Europa come la peste del 1630, o la spagnola del 1917. Si ristabilisce lo squilibrio.

Di qua Netaniahu, di là Soros

Del resto si tratta di una divisione dei compiti. Sta diventando di evidenza solare la competizione tra due tendenze storiche dell’ebraismo, una nazionalista e una mondialista. Non è questo il momento per andare ad analizzarne le origini, i teorici, gli esecutori. Ma da una parte c’è lo stato europeo (di semiti ci sono solo gli arabi convertiti) fondato in Palestina con le sue mire espansioniste e il ruolo di sorvegliante della regione del petrolio e delle marche al confine tra impero occidentale e il resto del mondo. E qui ci sono i Begin, gli Sharon, le Golda Meir, i Ben Gurion, tutto il cucuzzaro terrorista e guerrafondaio del Grande Israele, fino a Netaniahu. Dall’altra parte c’è la globalizzazione imperialista, stadio supremissimo del capitalismo transnazionale che, con la forza delle armi, della sorveglianza e del dollaro, deve travolgere statualità, comunità, identità, sovranità, per un unico governo mondiale di spirito talmudista. E qui, dall’oceano di ricchezza e potere chiamato Wall Street, svettano i Rothschild, i Warburg, i Barclay, i Goldman Sachs, i Rockefeller e il formidabile braccio operativo Soros.


Quando il grande giornalismo è investigativo
Torniamo alla stampa, baby. Particolarmente valida è ovviamente quella investigativa. Chi, investiga meglio nelle botteghe, nei retrobottega e negli scarichi del regime? Chi giorno dopo giorno, non risparmiando mai nessuno, fa le pulci ai notabili corrotti, ai trasformisti, ai tagliaborse parlamentari, ai palloni gonfiati, ai ciarlatani e saltimbanchi tra Senato, Montecitorio e Palazzo Chigi, non risparmiando neppure i potentati di economia, banche, industria. Nessuno come lui, Marco Travaglio! E “Il Fatto Quotidiano”. Non per nulla su Ghouta apre a tutta pagina: “Il gas di Assad fa strage”. Perbacco che precisione, tempestività, controllo di tutte le fonti. E naturalmente Trump deve fare “la voce grossa”, Tale Fabio Scuto ci dimostra, indagini indipendenti alla mano, che “Assad se lo può permettere dato che Trump ha annunciato il ritiro delle truppe Usa” (curioso, proprio alla vigilia della strage chimica. Ci ha fatto una bella figura di moderato). Ora però, con questi crimini di Assad, tutto cambia, per forza, e ci si può dare dentro, il Male Assoluto, con i suoi missili pirati, ha dato il via, 17 morti …), E poi, sempre Scuto, Assad “non ha fatto che ripetere l’attacco chimico su larga scala del 2013” e ora si appresta  a “fare pulizia dei gruppi islamisti sul Golan e a Idlib”. Del resto, “Assad è libero di massacrare, uccidere (massacrare non basta), bombardare e devastare ogni enclave dell’opposizione”.

Da “tagliagole” a “opposizione”
“Opposizione”. Ricordate quando di quella che oggi chiamano opposizione giravano i video con civili e soldati siriani, libici e iracheni scuoiati, linciati, impiccati, crocifissi, chiusi in gabbia e incendiati o affogati? Oggi “Opposizione”, un po’ come i laburisti a Londra. Un po’ come quella di Travaglio a ogni fake news, bufala, balla, panzana. Grande giornale investigativo. Che però, non batte nessun altro giornalone, servizio tv. Tipo quello di Sky, all’indomani di Ghouta, dove tale Coen (!) passeggia lungo la Skywall commentando immagini di orrore bellico. La prima è la bambina al napalm del Vietnam. Lontanissima, sbiadita, ma accredita tutte le altre, tutte di orrori commessi da nemici degli Usa. Ovviamente comprese le foto da studio di morticini in spiaggia e bimbi sanguinolenti in ambulanza, icone anti-Assad al merito dei soccorritori Cia Elmetti Bianchi, fino a alle bambine schiumanti e sotto docce purificanti a Ghouta, sempre degli Elmetti Bianchi. Quei credibilissimi Elmetti bianchi fondati dal mercenario inglese Le Mesurier, finanziati dai governi di Londra e Washington  e che, imparzialmente, compaiono solo nelle aree in cui poi possono fraternizzare con i terroristi.


Alla convention di Ivrea i 5 Stelle hanno cacciato Jacopo Iacoboni  della Stampa che si stava intrufolando con badge taroccata. Iacoboni scrive sul giornale che gareggia con Repubblica (stessa proprietà De Benedetti-Sion, dopo la fusione in “Stampubblica”) per chi è più filo-Stato Profondo Usa ed è diretto da Maurizio Molinari che ha tutti i titoli per rivendicare la palma di direttore più filoisraeliano dopo quello del Jerusalem Post. Chi si è erto indignato e zeppo di prosopopea contro questa esclusione della sacra categoria, contro questo liberticidio, è stato Enrico Mentana. Passi per lui, grande funambolo tra specchi veri e specchi deformanti, ma gli è venuta dietro, come al pifferaio di Hamelin, tutta l’armata dei galli del pollaio della nostra quotidiana disinformazione, cresta rossa, gonfia e inalberata. In testa, a bandiere di libertà di stampa spiegate, Federazione della Stampa e Ordine dei Giornalisti. Farebbero bene, prima, di sciacquarsi la bocca e, poi, a sputare quel nugolo di parassiti della verità di cui vantano la rappresentanza. A dispetto delle parecchie cose dei 5 Stelle più recenti  che mi sconcertano, compresa la grottesca e impropria esaltazione del fortilizio Nato Estonia a Ivrea, con la cacciata di Jacoboni ho solidarizzato.

Manifesto, Repubblica e Hillary, uniti nella  lotta
Epitome di tutto, in mancanza, il lunedì, del sinistro ma omologo “manifesto”, è la prima pagina de “La Repubblica”. Sembra composta da qualche emissario del rettilario che abita nei bassifondi (politici) di Washington. “Attacco chimico, una strage, Trump: Assad animale, paghi”; “Ordini e divieti, la burocrazia del Califfato” su come amministra e governa, quasi decentemente, il mercenariato jihadista degli Usa; “Non si ferma l’onda nera di Orban”. Vedeste, a proposito di “haters”, il “manifesto”! Onda ovviamente nerissima per il giornale che ha per figure politiche stelle polari come Hillary Clinton, George Soros, e i rivoluzionari democratici serbi, libici e siriani. “Despota xenofobo e illiberale” (detto da chi ha quei riferimenti, è convincente), visto che Orban preferisce Putin a Trump e qualsiasi ungherese a Juncker, governa uno dei paesi con maggiore crescita e minore disoccupazione, ha elevato il livello di vita delle classi lavoratrici, ha più immigrati per abitanti di qualsiasi altro paese europeo. Tutta roba che si direbbe di sinistra, epperò ha messo sù un muro, é sovranista, anche se un po’ meno di Usa, Israele, Germania, Francia, UK, Vaticano, ha cacciato  i sinistri di Soros e, dunque, è di destra e, per Furio Colombo, un nazista.

Non poteva mancare il richiamo in prima, con tanto di ritrattino carino, “Asia Argento, Laura Boldrini: Perché in Italia MeToo (sapete, quella gigantesca operazione di vittimismo da guerra anti-maschio) ha perso la sua battaglia… abbiamo l’obbligo di aiutare le donne a reagire”. Detto da queste due, imbarazzante. Per le donne, prima ancora che per tutti gli altri generi.

La grande zucca

Il meglio di sé, Calabresi Jr, direttore del tabloid scandalistico, lo dà nelle due pagine interne dedicate alla provocazione Usa-UK-Francia-Israele-Saudia. E il supermeglio lo dà uno che l’universo mondo dei boccaloni considera il trombone d’oro del giornalismo, non per nulla presente in tutte le vetrine tv ispirate a Bilderberg. Se il commentatore dozzinale della stampa dozzinale, cioè di regime e impero, è il gonzo, dalla grossolanità evidente a chiunque non abbia il naso otturato da fumi sinistri, Vittorio Zucconi è il ganzo che ti avvolge nella garza profumata del pietismo e dell’aborro “da Sarajevo a Douma, quelle sporche guerre sporche”. E già si è parato il culo e a te ha somministrato la vasellina.

Al termine di tre colonne di geremiadi autocelebranti la propria integrità morale, ecco “in cauda venenum”: “A Douma sotto le bombe di Assad, si muore asfissiati anche per noi”. “Venenum anche in medio”, però, dato che la correttezza professionale, alimentata anche dalle approfondire inchieste non condotte sul campo (impedite dall’ONU/ Usa) e corroborata dagli esperti russi che sul luogo hanno trovato né gas nervino, né cloro, ma solo acqua e fumogeni e bambini attaccati all’ossigeno, non lo esime dall’aggiungere qua e là lo stesso concetto: “Bambini asfissiati dalle bombe di Assad… linea rossa delle armi chimiche che Assad superò impunemente… l’apoteosi più sporca del sudiciume bellico…”. Cazzo, come gliele canta alle sporche guerre, il grande giornalista!

Chi prevede, chi benedice
Ma almeno Zucconi parla ex post, qualcosa dell’accaduto il suo talento di analista deve averlo pur immaginato per scrivere tutte quelle cose così tranchant. Altri, dotati di preveggenza, hanno parlato addirittura ex-ante. Come quel Tiresia sciuffellato di Boris Johnson, o quella creatura da laboratorio Bilderberg, Emmanuel (dall’ebraico “Dio è con noi” e pour cause) Macron, che avevano annunciato pioggia di fuoco su Assad qualora osasse usare armi chimiche. O come la stessa Chiara Cruciati del “manifesto” che, nella sua incontinenza orgasmatica per i toy boy curdi degli Usa, tra cui intravedeva inesistenti assiri, turcomanni, drusi, venusiani, riuniti in democratica, ecologica, femminista federazione, mai ha notato che questi confederali hanno fatto pulizia etnica e consegnato un terzo della Siria e 10 basi agli americani. Dal che andava dedotto che Assad è un farabutto nazionalista,  che addirittura assediava la povera Ghouta piena di donne e bambini.

Quanta sintonia!  Anche con Amnesty che a pochi giorni dalla bufala di Ghouta, come sempre trescava con chiunque volesse far fuori siriani e Siria lanciando disperati appelli a fermare il genocida assedio di Assad a Ghouta. Non mancava che la sanzione suprema. Quella dell’autorità più alta, incorruttibile, sacra. E Bergoglio non si è fatto pregare. A poche ore dal botto di Ghouta ha fatto lo Zucconi: “Basta guerre!” Ma, soprattutto, “Basta armi chimiche nelle bombe”. E benedetto sia chi le ferma. Chiedetevi chi, in Siria, ha aerei e lancia bombe. E poi non stupitevi dell’allineamento di un prete che in Argentina condivideva fasti e nefasti della dittatura. Del resto, com’è che si chiama Macron?