Sono stato alla Festa Nazionale dei 5Stelle a Napoli e ve
ne dirò. Un’organizzazione da paura, degna della migliore Festa nazionale
dell’Unità. E tantissima gente. Della quale mi illudo di aver percepito gli
umori, divisi tra chi era venuto a riconoscersi e confortarsi nella Grande
Famiglia, qualunque cosa essa facesse; chi sperava di ritrovare, nel grande
affresco, i tratti del dipinto-capolavoro di cui si era innamorato; e chi si
presentava con il broncio, più o meno disposto a esibirlo. Di tutta quella
gente sotto ai vari palchi condivido il trauma: la botta dell’Umbria è tale da
indurre o la sveglia, o il coma.
Ma pochissimi, sempre di quelli sotto il palco, denuncerei
di complicità con l’accaduto; semmai qualcuno di eccesso di fiducia per il
pastore, elemento costitutivo del gregge, ma inerente anche all’assenza di un
meglio. Il guaio è che, sparito il Partito Comunista che, a dispetto dei vari
Togliatti, Napolitano e Berlinguer, una bella fetta di società aveva dotato di
cultura, conoscenza e coscienza politica, di queste non v’è stata più traccia
nella base del Movimento. Vedo gli smarriti, o euforici, che si aggiravano per
padiglioni e viali della Mostra d’Oltremare, più come vittime, che come sicari.
Ci torniamo dopo.
Peccati mortali
Andiamo in Umbria e citiamo alcuni peccati mortali che
hanno inserito il M5S nella parte inferiore del Giudizio Universale comminatoci
dalla cortesia del Signore e dall’infinito amore del suo figliolo. A partire
dal matrimonio, ahinoi non morganatico, con il corpo politico a cui è assegnato
il compito di produrre milionari e miliardari immuni e impuniti, soprattutto
esteri, dato che dobbiamo essere globalisti-cosmopolitici-cittadini del mondo,
e, corrispondentemente, masse sconfinate e indistinte di angustiati e affamati,
ripugnanti portatori di “invidia sociale” e di “odio” cosmico. Anche in parte
prelevati a forza di benefattori e salvatori Ong da casa loro, per condividere
cristianamente la sorte degli angustiati e affamati autoctoni. Qualcuno,
forzando assai, definisce quel pateracchio governo giallo-rosso, altri
giallo-salmonato, qualcuno anche giallo-fucsia, con riferimento al colore del
sangue di chi ne viene massacrato. Tutti benevoli eufemismi. Per me è
semplicemente, con riferimento alla tinta di certi dottori e untori, di tutti i
chierici e di trapassati militi in orbace, un governo giallo-nero.
Personalmente resto stupefatto e sollecitato a riflettere
sull’ennesimo dimezzamento del voto 5 Stelle, qui ridotto al 7%, mentre il
partner resta aggrappato al suo 22% e il reprobo energumeno distanzia, unito
all’impresentabile detrito di Arcore e a colei che fornisce l’alibi
dell’antifascismo ai nuovi globalfascisti 2.0, di venti punti coloro che da quelle parti amministravano da
mezzo secolo. Una punizione, sì, per il non fatto e per gli osceni connubi. Ma
una demolizione, per aver comunque tentato una svolta, svoltina, al magro
destino comminato dai dominanti alla plebe, quella non ce la aspettavamo. L’amico
e acuto analista del Movimento, Mario Monforte, ripete il sardonico “pensavo
peggio” di Grillo, per stupirsi che sopravviva perfino solo un 7,4% grillino.
Ma, al netto dell’opzione “me ne lavo le mani” (astensione), mi si dica per chi
altri avrebbero dovuto votare gli umbri?
Buoni e cattivi
Alcune cose non s’erano mai viste: reddito di cittadinanza,
bene o male che fosse gestito; quotacento per non andare in pensione in
frantumi; un ministro della Giustizia che provava a fare pagare pegno si ricchi
e potenti (ci hanno pensato ora Corte di Cassazione, Corte Costituzionale e
Corte Europea dei Diritti umani a riportare le cose nell’ordine mafiostatale:
niente mafia a Roma, niente Ergastolo anche per chi non collabora); un ministro
dell’Ambiente che se lo sognano perfino in Danimarca; il tentativo di rompere
la secolare omertà tra cementificatori e vittime del cemento; l’opposizione ai
trattati commerciali internazionali, Ceta, TTIP, che radono al suolo garanzie,
diritti, salvaguardie e che la malnomata Bellanova vorrebbe infliggerci insieme
a OGM e ulivi multinazionali da cambiare ogni 15 anni sulla Puglia desertificata con la falsa scusa
della Xillela; l’opposizione anche alla convenzione internazionale che avrebbe
voluto imporci accoglienza illimitata di popolazioni sradicate e destinate
all’abbattimento delle condizioni conquistate dai lavoratori in due secoli di
sangue profuso dal Quarto Stato.
Va bene, anzi va malissimo, che poi ci sono state molte
inversioni di marcia con esiti fatali: Tav, Tap, Muos, Euro, Nato, UE e altre,
tra cui, lampeggianti di vergogna, le ambiguità sui propositi cialtroneschi dei
vendipatria di staccare pezzi dall’Italia e affidare cura di spirito e corpo di
ragazzi e cittadini, come il suolo di tutti gli esseri viventi, ai loro
peggiori nemici. Il che non cambia il dato che, per la gente comune, i
lavoratori, la nazione, è stato fatto, tentato di fare, mezzo fatto, quanto
nessun Ulivo, nessuna Margherita, nessun PD, nessuna Lega e nessun
berlusconame, avevano mai neppure immaginato. Tutti attentissimi a non
incrinare il consorzio tra bande, formali e informali, sancito dagli Usa, per
conto del Capitale che già si vedeva colonialmente transnazionale, cioè
globalista, a partire dallo sbarco in Sicilia del 1943.
Umbria, perché?
Per l’esito umbro ha contato di più l’ammuina salviniana
contro Bruxelles e contro l’accoglienza dei migranti, alla resa dei conti mera
fuffa propagandistica che specula su legittime ansie e su sacrosanti
risentimenti di una popolazione alla mercè di abbandoni, terremoto e
amministratori malavitosi. Ha contato di più la delusione degli elettori e
attivisti 5Stelle per quello che poteva, doveva, essere e non è stato. Di
peccati da sprofondo nell’Ade ce ne sono stati parecchi. A cominciare dalla
fine della messa in discussione della Vergine di Norimberga in cui il paese è
stato chiuso, i cui aculei sono la Nato, l’UE, la BCE draghiana e l’Euro. A
proseguire con l’abbandono del TAV, colonna che reggeva la cosmogonia grillina,
opposta all’ universo esistente. Tav non rinnegato, ma lasciato all’abominio
trasformista di un democristiano quale Giuseppe Conte. Un avvocato
dell’oligarchia finanziaria e dell’accademia di riferimento capitalista, sul
cui capo, come su un qualsiasi notabile democristiano e, dunque, PD, oggi si
addensano le nuvole della sospetta corruzione, prova anche dell’acume con cui
Di Maio ha saputo scegliersi i suoi colleghi.
Peccati mortali 2
Coerentemente, contro la ripulsa di una gleba europea che
aveva vissuto sulla pelle, o comunque conosciuto, le glorie della Troika, la
Grecia, la pioggia benefica sulle banche dell’uomo-nodo scorsoio Draghi,
inviato Bilderberg, oggi celebrato dal monopolarismo mediatico, dal “manifesto”
a “Repubblica”, il M5S è stato condizione determinante per l’elezione di Ursula
Von der Leyen, Feldmaresciallo con Croce di ferro del turboliberismo militare,
economico e sociale. Un peccato che riassume in se tutti i sette capitali,
anche perché implica l’approvazione dell’Idra a tre teste messa in campo dalla
nota élite per governare i prossimi anni e decenni di spoliazione e controllo
universali: Von der Leyen alla Commissione, la pregiudicata Christine Lagarde,
sodale di Sarkozy eroe di Libia, alla BCE e la bulgara Kristalina Georgieva,
già Banca Mondiale, già vice del sobrio facilitatore di esenzioni fiscali
Juncker, già onorata dal Premio della Open Society Foundation di George Soros, al
FMI, scelta a dispetto delle sue umili origini nazionali, perché di peggio
della Lagarde non era possibile trovare neanche tra i Grandi. In America
Latina, specie in Honduras ed Ecuador l’aspettano con ansia.
Lotta al contante, rapina a mano bancaria
La Cupola che ha messo in campo questa affascinante triade
ne ha subito fatto valere la capacità di andare al di là dei suoi predecessori:
la lotta al contante è la sua prima guerra in quella che Diego Fusaro, non
senza efficacia, definisce la “glebalizzazione” e che si presenta al colto e
all’inclita nelle vesti accattivanti della “lotta all’evasione”. E su questo
colpo alla nuca della gente, perseguito con accanimento dalla componente nera
del regime giallo-nero, i 5 Stelle non sanno far di meglio che balbettare. Con
la stessa demagogia ipocrita con la quale si sono vantati di aver tagliato il
numero dei parlamentari, cosa che sabota, più che favorire, la rappresentanza
democratica, o limitato i danni della letale autonomia differenziata. Piccoli
imprenditori e autonomi si dovranno acconciare alle centinaia di euro all’anno
di costi in più per il Pos (il dispositivo che azzanna le carte di credito), ma
in compenso, forse, le banche ridurranno le commissioni sulle transazioni (e che
non ci pensano lontanamente). Non si potranno far girare più di 2000 euro al
mese, dopodomani 1000, salvo segnalazione ai gendarmi della finanza. I 500 euro
che tenevi in casa non sono più a disposizione, spettano alle banche. Potrai
prelevarli, sempre che la “crisi” non ti faccia arrivare tra capo e collo un
“prelievo forzoso”, alla Amato, ma intanto è la Banca che utilizza a proprio
piacere e potere la montagna di 500 euro di milioni di italiani.
Il creatore del M5S oggi, come Kronos, divoratore dei suoi
figli, è da sempre vittima di isteria tecnologica, sublimata nel digitale della
piattaforma Rousseau, tentacolino delle grandi high tech, che doveva
farla finita con le strette di mano, gli occhi che si incontrano,, le
discussioni faccia a faccia per capire meglio, qualsiasi tentazione di incontro
corporeo, la pretesa di contribuire a una qualche elaborazione, compensata dal
“potere” di quattro gatti di cliccare sì al caudillo. Così anche il denaro, da
fisico, tenuto in mano, con possibilità di misurarlo, diventa digitale, virtuale.
Scompare. Quando strisci la carta, non percepisci quel che avevi e quel che ti
resterà. E’ la condizione ideale per creare una società di indebitati e,
dunque, di deboli, e dunque di dipendenti e perciò di dominati. Lo scherzetto
della virtualizzazione del denaro serve a questo, oltre a dare una nuova sgassata
al capitalismo, insieme a quella verde di Greta: un ulteriore gigantesco
trasferimento di ricchezza dal basso all’alto dell’oligarchia finanziaria.
Speculare è, mimetizzata dallo stereotipo della “lotta
all’evasione”, strombazzato come non mai, è l’immunità assicurata ai crimini
fiscali dei grandi, sui cui trucchi e strumenti per far sparire capitali nelle
scatole cinesi di un circuito bancario tanto truffaldino quanto opaco, o farli
evaporare nei paradisi fiscali, sul cui carattere fuorilegge nessun governo,
nessuna Onu, nessun FMI, nessuna BM, nessuna BCE, nessuna Corte di Giustizia,
nessun WTO, ha mai sollevato sopracciglio. Il corollario sociale è che, non
bastando Echelon, le telecamere di sorveglianza, i cellulari privati, che ci
rivelano e tracciano, e gli schermi pubblici spioni, grazie alle carte ci sarà
il Panopticon di Bentham, a garantire la sorveglianza, il riconoscimento
e la tracciabilità permanenti di ogni tua manifestazione in vita: azioni,
scelte, movimenti, identità psicofisica e, tutto sommato, pensiero. Non sono
forse i dati oggi il primo anello della catena del consumo, la prima fonte della
rendita? Loro e della schiavitù nostra?
Sussurri e grida
Sono quelli che ho sentito a Napoli. Mi chiedo se tutti
quei frastornati, incazzati, o compiaciuti che si aggiravano per la Festa dei
5Stelle fossero consapevoli dell’apocalisse, sociale, antropologica, biologica,
che comportava il connubio con coloro contro i quali, con tanto buon intuito,
più che consapevolezza, era nato e cresciuto il loro MoVimento. Ho giracchiato
per le assemblee delle varie regioni, in particolare di quelle terremotate, a me
care e sulle quali ho impegnato parecchio lavoro. Con grande aiuto dei 5Stelle.
Ma non in quella umbra, o marchigiana, o abruzzese, o laziale, ho sentito un
mormorio di critica a come due successivi governi con dentro il giallo abbiano
gestito la sorte dei terremotati con la stessa cinica indifferenza e
inettitudine dei predecessori.
Interessante è stata l’assemblea sulla politica estera,
inevitabilmente con Manlio Di Stefano. Uno che mesi fa avevo visto presentare,
a un convegno in Parlamento, esponenti siriani che denunciavano l’aggressione
di Usa, Nato e UE. C’è stata una serie di impeccabili interventi, suoi e di
portavoce vari, sulla necessità del disarmo e di controllare il traffico di
armi, che erano parsi esaurire i discorsi dal palco. Mi sono allora permesso di
ricordare che parlare di armamenti senza aggiungere guerre, è come parlare di
migranti senza parlare della spoliazione neocolonialista dell’Africa e degli
eserciti di schiavi che ne viene tratto per il dumping dei diritti in Italia.
Il che non poteva non condurre parole e pensieri alle guerre, alla Nato,
all’UE, alla non-sovranità nazionale, eccetera, eccetera. Mi tocca dire che
quei concetti, non la mia persona, per la loro ovvietà, raccolsero una vera
ovazione. Come la raccolse anche il successivo intervento, sulla stessa linea,
del senatore Gianluca Ferrara, direttore della combattiva Casa editrice
“Dissensi”.
A rettificare una situazione che minacciava di rendersi
urticante, intervenne poi un tale qualificatosi ufficiale della Marina, che,
saltando a piè pari quanto aveva così smosso il pubblico, si produsse in una
rabbiosa difesa degli F35, aerei da attacco, da acquistare assolutamente “per
la difesa del Mediterraneo e dell’Europa”. Difesa da chi, non venne
specificato. Invece, a specificare il suo “totale accordo” con il marinaio
devoto agli armamenti, a dispetto degli anatemi iniziali contro il traffico di
armi, ma anche a dispetto del silenzio sbigottito che l’aveva accolto, concluse
poi l’evento lo stesso Di Stefano, con aggiunta di un flusso di politichese di
cui non mi riesce a ricordare nulla. Clap-clap-clap d’ordinanza e fine. MI
illuderò, ma quel pubblico non era rassegnato al nuovo esistente.
Ecco, ho una lunga vita alle spalle e una lunga esperienza
di osservazione da giornalista e di politica da attivista. Ricordo bene cos’era
Lotta Continua, di cui fui militante, esperto di politica estera e direttore
del quotidiano. Ancora mi fumano le gonadi, rosolate dal coro, non esauritosi
neanche dopo 40 anni, che godendo e diffamando rinchiudeva quell’esperienza di
centinaia di migliaia di giovani e meno giovani nello squallido salto della
quaglia di un gruppo di dirigenti felloni verso i poteri e onori della
controrivoluzione. Avevamo avuto dei morti ammazzati da sbirri e fascisti, dei
suicidi, dei delusi a frustrati a vita. Decine di migliaia hanno perseguito
impegni validi, nell’oscurità. A salvare il messaggio.
Oggi la penso così anche sui 5 Stelle. Non butto il bambino
con l’acqua sporca di questi qua.
Toccherebbe soprattutto avere una base di “cittadini e
lavoratori liberi e pensanti”. Nella mia esperienza, non solo dell’assemblea sugli
Esteri, c’è. Se conoscete un altro mare in cui nuotare, ditemelo.