Siamo
tanti pesciolini rossi chiusi in una boccia che vedono il mondo attraverso le
distorsioni del vetro concavo. Possiamo anche considerarci imprigionati in un
labirinto di specchi deformanti che ci danno un’immagine manipolata di noi
stessi, in primis, e di tutto ciò che ci circonda, in secundis. Dopodiché,
fidandoci di quel che vediamo di noi stessi, siamo anche convinti che quel
tavolino Luigi XVI sia una qualche
orrida formazione tumorale. Ci tengono in una costante condizione lisergica di
cui l’espressione cinematografica più riuscita rimane il raccapricciante
“Truman’s show”. Con la differenza che, quanto sotto il cielo finto che
imprigionaTruman era tutto sorridente, consolatorio, rassicurante, disarmante, oggi
quel che ci proiettano specchi e vetri deformanti sono finzioni da incubo,
destabilizzanti, terrorizzanti, tanto da ridurre ognuno al suo particolare “si
salvi chi può”. Sto parlando dell’ininterrotto assalto cui siamo sottoposti
delle varie, ossessive, campagne, ordinate dai padroni ai loro politici e da
questi ai media, ormai a edicole e schermi unificati.
Radko Mladic, Patrice Lumumba, Saddam
Hussein, Muhammar Gheddafi, Sacco e Vanzetti, Che Guevara… Un segno di nobiltà
in comune: fatti fuori dallo stesso boia.
Christopher
Black è l’avvocato canadese che ha difeso Slobodan Milosevic. Eravamo insieme
quando D’Alema, oggi vindice della Sinistra, ieri giustiziere su ordine Nato,
al pari - si parva licet componere magnis – di Al Baghdadi su mandato
USraele, bombardava famiglie, ospedali, treni e scuole a Belgrado e dintorni. E
lui che mi spiegò la natura meretrice del Tribunale dell’Aja, uguale a quella
del Tribunale sul Ruanda, dato che entrambi invertivano carnefici e vittime
nell’esclusivo interesse, su comando e con soldi dei padrini dei primi.
L’invereconda accolita di mercenari e prostitute mascherati da giudici e
procuratori, nel tribunale inventato e pagato dal massimo responsabile del
genocidio africano e del nazionicidio jugoslavo, aveva un solo scopo:
inventarsi e inchiodare, a dispetto di falsità, prove e testimoni fabbricati
nel laboratorio della Cia, colpevoli tra le vittime e innocenti tra i carnefici.
Per
Slobo non si è mai riusciti, a dispetto dell’accanimento di una virago da
seppellire nell’immondezzaio della storia, a provare la benché minima accusa. Si
è fatto in modo che togliesse l’incomodo ed evitasse l’imbarazzo della
sacrosanta assoluzione di questo onesto difensore
di tutti gli jugoslavi, facendolo morire in carcere. Giudici e boia insieme.
Per Karadzic e Mladic si è dovuto ricorrere a Srebrenica, una roba tanto
fraudolenta da fa impallidire il Golfo del Tonchino, i “dirottatori sauditi”
dell’11/9, all’esecuzione di Osama, a Obama Nobel della pace. Carla Del Ponte,
dall’abisso di vergogna in cui dovrebbe farla dibattere padre Dante, insiste a
fare l’untore. Emula di Hillary quando si inebriò del linciaggio di Gheddafi,
ha celebrato l’oscenità del verdetto su Mladic auspicandone uno analogo per
Assad “e le sue armi chimiche”. Sono
donne, le sto molestando, merito la gogna.
Carla del Ponte
Per ridurre in cenere bubbonica l’arpia
svizzera dell’Aja rivolgetevi In calce una serie di fonti che demoliscono la
False Flag Srebrenica, ordita per tenere in ginocchio in perpetuo i
“colpevoli”, tutti i serbi, costringendoli ad accettare il giogo che li trascinerà a capo chino in Europa e
nella Nato.
E’
stato istruttivo constatare l’avvenuta omologazione tra voci di regime, di Impero
e dei sedicenti oppositori, dall’orrida nuova “Repubblica” di estrema destra che titola “Mladic, il boia d’Europa – Ergastolo al generale dei massacri nei
Balcani “, al “manifesto” (“Srebrenica, fu genocidio, esultano i
familiari delle vittime”), organo prediletto da Soros, letto da gonzi e
scritto da faine, insuperato campione di allineamento della “sinistra” alle
strategie dell’Impero. Allineamento sui fondamentali geopolitici mirati alla disgregazione politico-sociale
(migranti, russofobia, hillarismo, molestie alle donne, ciberbullismo, False
Flags, Fake News, guerre ai dittatori del Sud, neocolonialismo, bergoglismo…). Organo
cortigiano, notevole per come in ogni sua pagina riesca a rinnegare la testatina che porta in prima (ma poi ci
sono i fumogeni delle rievocazioni dell’Ottobre…).
Il manifesto: assalti imperialisti? Macche,
guerre civili. Resistenze popolari? Ma no, il dittatore non cede
E’
così che ha accompagnato, chiamandolo venti volte “guerra civile”, lo squartamento della
Jugoslavia per mano Usa, Germania, jihadismo mercenario, Vaticano (e meno male
che si celebra un’Europa “che ha garantito 70 anni di pace” la devastazione
sedicennale dell’Afghanistan, quella dell’lraq, la disintegrazione della Libia,
il martirio della Siria, la lobotomizzazione dei suoi lettori a forza di
campagne elaborate nei covi della globalizzazione ipernazista. Nel suo commento
all’immonda condanna di Mladic , vista sull’autoassolutorio sfondo delle “guerre etniche e fratricide”, ovviamente tra
barbari e selvaggi nazionalisti, non lo sfiora il dubbio che qualcuno abbia
voluto fare a pezzettini inoffensivi e insignificanti un grande e prestigioso
paese, socialista, armoniosamente pluriconfessionale, capofila del forte
schieramento dei Non Allineati e barriera all’espansionismo verso est della
globalizzazione finanzcapitalista.
Il bacio di Giuda
Si
tratta forse di abbaglio, di malintesi diritti umani, di disorientamento causato dall’uragano unipolare della mala
informazione borghese a cui i modesti mezzi del giornale non hanno saputo
contrapporre dati e fatti alternativi? Dubbio ingenuo alla luce di una
clamorosa involuzione, da fiancheggiamento
con però qualche spunto critico, a incondizionata riproposizione di
interpretazioni e valutazioni dell’ordine mondialista. Involuzione che è andata
in parallelo con la sorprendente uscita del quotidiano dai suoi perenni assilli
economici. Dubbi spazzati via anche dal riorientamento in America Latina, dove
sul Venezuela condannato a morte dall’imperialismo, si caccia un’analista di sicura
competenza e affidabilità, per sostituirla con chi si balocca tra torti e
ragioni dell’aggressore e dell’aggredito. Oppure, in termini ancora più
drastici, i dubbi diventano certezza, alla vista della penosa captatio benevolentiae nei confronti di
Washington, operata con un reportage dalla Bolivia che, facendo leva su un
indigenismo etnicista sollecitato dalle note Ong umanitarie, si riduce la
Bolivia del resistente Morales, sotto tiro dei revanscisti yankee come
Venezuela, Ecuador, Argentina, Brasile, a un pozzo nero di nequizie
estrattiviste e, non ci crederete, di narcotraffico (una nuova strada che non turba più di tanto appena 2000
persone, ma collega l’isolato paese all’Oceano e a un futuro di relazioni,
diventa la via boliviana della droga!)
C’è
poi, ciliegina sulla torta offerta agli assassini della Jugoslavia e dei suoi
patrioti per celebrare l’eliminazione dal mondo e dalla verità di un altro
testimone dei propri crimini, un finalino niente male per stile e pregnanza
etica. La figlia di Mladic, dopo la morte del suo compagno in combattimento,
non ha retto al dolore e si è tolta la vita. Non ha mai manifestato alcun
contrasto, o attrito col padre. Ma tale Daniele Archibugi, coronando il suo
peana al tribunale farsa e alla sua ex-procuratrice Del Ponte, chiude così: “Oggi la sentenza che ha condannato suo padre
ha reso giustizia anche a lei”. Non provate un’ombra di ribrezzo?
Jihadisti macellai in Egitto? Al Sisi se
l’è cercata
Passiamo
dal capro espiatorio che deve coprire i crimini della Nato, al capro espiatorio
che deve coprire i crimini della triade Usa-Israele Saudia. Inevitabilmente i giornaloni,
ormai tutti di destra (e più gridano al lupo fascista, più ululano alla Luna per
sviare da un fascismo peggiore del fascismo) e il giornalino che si finge di sinistra per rastrellare i
minchioni, hanno dato il meglio di sé. Con la tempesta di bufale su Regeni
martire, veniva occultata non solo la vera identità del giovanotto che in Egitto doveva applicare la lezione di
John Negroponte e altri terminator anglosassoni, assembrati dai servizi nella
centrale di spionaggio “Oxford Analytica”, ma anche l’orrenda guerra stragista
lanciata dai Fratelli Musulmani (FM), sotto copertura Isis, all’Egitto laico e
autodeterminato, nato dalla rivolta popolare contro l’integralista Mohamed
Morsi, caro proprio a quei circoli in cui si identificava “Oxford Analytica”.
Contro Al Sisi disobbediente, dopo
Regeni, i Fratelli Musulmani fattisi Isis
Le
chiassate per Regeni, guidate dal menzognificio delle Ong dirittoumaniste,
capeggiate da Amnesty International, sostituivano sulla scena egiziana agli
orrori terroristici dei Fratelli Musulmani-Isis, con i massacri di civili copti
e funzionari delle istituzioni, le presunte “atrocità del dittatore”,
sparizioni, esecuzioni, torture, mezza popolazione in carcere, collasso
sociale, come al solito documentate senza documenti da Amnesty, ma convalidate
dal “manifesto” e da tutti i compari neocolonialisti.
Nota le differenze
Intollerabile
la realtà di un Egitto, sottratto al revanscismo colonialista impersonato dai
FM, attestatosi in un ruolo di autonomo attore sulla scena internazionale,
interventista in Libia per la salvaguardia dell’unità e della sovranità da strappare
al colonialismo Usa-UE e in difesa dall’infiltrazione di bande jihadiste,
refrattario alla guerra contro la Siria, solidale con l’Iraq riemerso dalla
devastazione Usa-Isis con la liberazione del suo territorio dal mercenariato
jihadista e curdo, interlocutore positivo dell’Iran e, soprattutto, aperto a
una corposa collaborazione economica e militare con la Russia.
Ed
ecco gli oltre 300 civili macellati dai fiduciari del colonialismo nella moschea Sufi di Al Rawdah a Bir al Abed, nel Sinai.
Nessuna rivendicazione a 48 ore dall’assalto con esplosivi e mitragliatori, chè
i FM non possono permettersi di rivendicare certi crimini per non perdere i
futuri incarichi di protagonisti delle “soluzioni democratiche” nei paesi
recalcitranti ai moduli occidentali. Ma non c’era bisogno di sventolare le
bandiere nere dell’Isis perché tutti capissero chi fossero i mandanti.
Mandanti
che in Egitto hanno dato il via alla più vasta operazione terroristica nel
mondo arabo, dopo quelle di Siria e Iraq, e per gli stessi scopi delle altre:
stroncare sul nascere, appena travolto Morsi dalla collera popolare, l’ennesimo
tentativo di mantenere in piedi una proposta alle masse arabe, laica, indipendente,
unitaria, sovrana.. E in questo caso, hanno lanciato l’attacco più sanguinario
nella storia del paese, non solo nella regione, il Sinai, da anni aperta alle
infiltrazioni di Hamas, fanteria del Qatar, e di Israele, con il pretesto di
impedire la penetrazione di migranti africani
(Israele che quei migranti lì prende a fucilate, ma che da noi i suoi
lobbisti auspicano che vengano accolti a milionate), ma anche, significativamente, a due giorni dal
rifiuto opposto al mattocchio saudita con
le zanne, Mohamed bin Salman, di concedere i sorvoli per gli attacchi a Libano
e Iran.
Come
sempre in sintonia e sincronismo con gli
organi del talmudismo-atlantismo, il “manifesto”, con Chiara Cruciati, una che
ti immagini con brandelli di Al Sisi tra
le fauci e sauditi e curdi (femministi, democratici, ecologici e soprattutto
amerikkkani) nel medaglione a cuore appeso al collo, si è guadagnato la sua
bella giornata di piantone Nato. Mentre giornaloni e televisionone dovevano riconoscere allo spaventoso bagno di
sangue almeno il rilievo della preminenza giornalistica (Il “Fatto Quotidiano”
le prime tre pagine), la scala delle priorità sorosiane del “quotidiano
comunista” lo collocavano su metà pagina nove, dopo la violenza sulle donne
dalla prima alla sesta, lo Jus Soli e la Leopolda nella settima, e tutta
l’ottava a “Cuba ricorda Fidel” (Quanto gli fa schifo l’antimperialista Bolivia
di Morales, tanto gli è affine la nuova Cuba a stelle e strisce di Raul).
Ma quale colonialismo! Guerra civile,
tutta colpa di Al Sisi
Quale
è il succo dell’articolessa? Che Al Sisi, bravissimo nella guerra ai propri
cittadini, ha fallito nella lotta al terrore di cui, peraltro, è direttamente
responsabile, avendo lui causato la giusta collera dei FM. Se dunque i
cittadini egiziani del Sinai vengono fatti a pezzi dai jihadisti, la colpa è tutta
quanta del Cairo. Ma, d’altra parte, è proprio deprecabile che ora il
presidente “golpista” si sia messo in testa di reagire “brutalmente” ai
“soldati del Califfo”. Cruciati deve ammettere che le popolazioni del Sinai
vengono massacrate anche perché stanno con Al Sisi, ma si libra leggera sulla
contraddizione per cui è il cattivo Al Sisi ad alimentare il terrorismo
jihadista da quelle parti. Nel suo compiacimento per la botta all’Egitto di
questo presidente, la signora non si avvede che o la gente sta con Al Sisi e contro i terroristi, o diventa terrorista
perché sta contro Al Sisi. Tertium non
datur.
Di chi abbia generato, coltivato,
addestrato e pagato tutto il brigantaggio jihadista e lo abbia scatenato su
chiunque non accettasse sul collo il tallone imperialista-reazionario, e quindi
sull’Egitto, non v’è cenno. E non se
ne fa menzione neppure in un dotto commento di Michele Giorgio che, da
superesperto di cose mediorientali (purtroppo non si limita al campo
israelo-palestinese, dove va forte), fa rientrare il tutto nello scontro interislamico
tra wahabiti-takfiristi ed eretici sufi. La solita “guerra civile” e
“religiosa” per niente lanciata da predatori killer neocolonialisti con la
complicità di nababbi locali. No, no: il conflitto è tutto interno allo scontro
arcaico tra sciti e sunniti, musulmani kosovaro-bosniaci e ortodossi serbi,
hutu e tutsi, selvaggi dell’una e dell’altra tribù in Congo, cattolici e
protestanti in Irlanda. Mentre la civiltà occidentale, costernata e impotente,
sta a guardare.
Per Il Fatto è stato Khamenei
Tuttavia,
a volte c’è qualcuno che al “manifesto” sottrae il primato della militanza al
seguito delle armate imperialiste. “Il Fatto Quotidiano”, con tale Giampiero
Gramaglia, ha corretto una cronaca abbastanza equilibrata del massacro di Bir
al Abed, con una scoperta da svergognare quello dell’evoluzione della specie.
Ci ha rivelato che chi sostiene i terroristi nel Sinai non è nientemeno che… l’iraniano
Al Khameni! Proprio quello che, fino a un attimo prima, avevo speso la sua
migliore gioventù a combattere l’Isis (Fratelli Musulmani) in Iraq e Siria.
Proprio quello che, un attimo prima, il delfino pazzoide del re saudita aveva
definito “l’Hitler del Medio Oriente”. Diavolo di un Khamenei, domani si recide
le gonadi per far dispiacere ad Al Sisi. Ma diavolo anche di una stampa
italiana, indomita, con la Boldrini alla testa,nella caccia alle Fake News.
Tornando
al “manifesto”, che il suo vignettista, Mauro Biani, sia stato da questo
clamoroso fatto del giorno distratto dalla sua ossessione monotematica sui
migranti? Ma certo: ha celebratoin prima pagina il suo evento del giorno sfilando
dalle giornate della moda di Milano una modella strafica, vestita Zara, con una
rosa in mano e sopra scritto “25 Novembre”. Tutto torna.
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Srebrenica,
cosa è successo davvero
Srebrenica,
la CIA e le manipolazioni mediatiche.
Parla R. Baer ex agente CIA nei Balcani
Il genocidio di Srebrenica. Un falso
The Srebrenica massacre was a gigantic political fraud - exclusive
interview
Srebrenica: Have ICTY Figures Any Credibility Left?
1) Srebrenica - ciudad sin Dios
(Libro en español par semanarioserbio.com)
2) A. Wilcoxson: ICTY Exaggerates Number of Prisoners Captured by
Bosnian-Serbs in Srebrenica Operation
3) S. Karganovic: The Tolimir verdict at ICTY - A question of credibility
SREBRENICA
CIUDAD SIN DIOS
semanario serbio 2012
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