ll meraviglioso inciucio
Cia-neocon-Pentagono-radicalchic-dirittoumanisti che Donald Trump ha avuto il
merito – tra i tanti suoi andirivieni – di portare alla ribalta, peraltro
esclusivamente in virtù della sua non partecipazione allo tsunami russofobo su
cui si basano almeno trent’anni di imbandigioni e festini della classe dirigente
euro-atlantica, pare aver di fronte una Russia che, come la mia Fiorentina,
insiste col possesso palla, ma poi resta frastornata davanti alle ripartenze
dell’avversario.
Cari amici e interlocutori,
affezionati come me al ruolo di contenimento, se non di contrasto, che la
Russia di Putin svolge nei confronti del bellicismo delirante dello Stato
Profondo attivo negli Usa, sembrano non voler vedere le difficoltà che Mosca
sta avvertendo e soffrendo. Difficoltà che si accentueranno una volta che la
variabile impazzita Trump sarà stata spazzata via e che l’apparato atlantico-liberal-pseudosinistroavrà
ripreso il controllo di una situazione da mantenere costantemente sul filo
altamente remunerativo della tensione con la Russia – provocazioni Nato dirette
e da far condurre ai subalterni europei – se non sia quel campione degli
scacchi che sa prevenire o neutralizzare ogni mossa avversaria ha un che di
apodittico, quasi religioso.
Temo invece che l’assalto
frontale diretto contro la Russia e contro chi osa mettere in discussione il
carattere malvagio di Putin e di tutto un popolo che lo supporta all’80% stia
provocando esitazioni ed incertezze sul piano tattico, con possibili esiti
controproducenti su quello strategico.Temo che sia poco avveduto diluire la propria
azione di rivendicazione e in difesa delle giuste ragioni che in questi anni si
sono sostenute, di fronte al radicalismo estremista con cui la coalizione
sinistro-destra occidentale attacca (si pensi che, opponendosi a Trump, per la
“sinistra” e il manifesto, perfino John McCain, il padrino di Al Baghdadi e dei
nazi di Kiev, è diventato un “compagno di strada” che nemmeno sbaglia).