“La ricerca
della verità è la più nobile occupazione dell’uomo; la sua pubblicazione è un
dovere assoluto”. (Anne Louise Germaine de Stael)
“Ci sono
solo due errori che si possono fare lungo la strada per la verità: non
percorrerla tutta e non iniziarla”. (Budda)
Bruxelles,
qualche domanda
Se uno riesce a non farsi stordire dal brusìo
compatto e indistinto con cui la grande informazione accompagna nelle nostre
sinapsi gli acuti dei suoi editori di riferimento nel palazzo, di fronte al
cataclisma terroristico che percuote l’Europa si porrebbe qualche domanda.
Se è vero, come è vero, che tutti i grandi
attentati, dall’11 settembre in qua, hanno dimostrato fallimenti, disastrosi
fino all’inconcepibile, delle forze di sicurezza e dell’intelligence, questo
succede perché siamo protetti da idioti, da complici, o dagli stessi mandanti degli
attentati?
Se è vero, come è vero, che gli apparati di
intelligence e di contrasto al terrorismo in Usa, Francia, Belgio, ovunque, si sono
dovuti ammettere inefficienti e non all’altezza della situazione, cos’è che
gliene viene? Forse quel che se ne ricava vale l’umiliazione? Forse che la
inadeguatezza deve provocare ricadute positive in termini di domanda pressante,
da parte dell’opinione pubblica, di rafforzamento di tali apparati, di
stanziamenti più ampi, anche a spese di bisogni sociali fondamentali, di
capacità di sorveglianza, controllo, repressione più totalizzanti?
Se è vero, come è vero, che quasi tutti i
grandi episodi di terrorismo sono accaduti mentre erano in corso, a New York, a
Parigi, a Madrid, a Boston, esercitazioni in cielo e in terra che simulavano
esattamente quanto sarebbe successo e che a Bruxelles tutto l’apparato
nazionale di lotta al terrorismo era posto all’allarme rosso quando nei luoghi
della massima vulnerabilità, aeroporto, metropolitana, i terroristi hanno
operato indisturbati, questo succede, ripeto, perché siamo protetti da idioti,
da complici, o dagli stessi mandanti degli attentati?
Se è vero, come è vero, che chiunque indaghi
fuori dai canali di regime su questi attentati e si permette di proferire dubbi
e interrogativi su abbaglianti carenze e contraddizioni nelle versioni
ufficiali, anziché essere accolto con interesse, se non con tutti gli onori,
dalla comunità degli investigatori, viene indicato al ludibrio universale e
ridotto al silenzio o addirittura al carcere (vedi il giornalista Hisham Hamza
a Parigi), manco fosse un infame negazionista, di quale verità hanno paura
lorsignori?
Se è vero, come è vero, che è in atto una
collusione-collisione tra UE (Bruxelles) e Turchia su cosa fare di milioni di
rifugiati, se spedirli in massa a tagliare le gambe a quel che resta di
agibilità economica e coesione sociale europea, o se tenerli a marcire nei
propri lager in cambio di cospicue remunerazioni a chi ha perso l’input
finanziario del petrolio jihadista, non è che quell’evaso dal manicomio
criminale di presidente turco pensi di mandare qualche avvertimento convincente
alla capitale UE?
Se è vero, come è vero, che la spinta neo-ottomana
e wahabita verso l’Europa, manifestatasi con virulenza già ai tempi del
disfacimento della Jugoslavia, con formazioni jihadiste in Bosnia e Kosovo,
favorite dall’integralista islamico Izetbegovic, l’opposizione di alcuni
governi europei e di larghe masse popolari all’ingresso della Turchia nell’Unione
Europea non potrebbe suscitare ad Ankara ritorsioni di portata incalcolabile,
vista la totale mancanza di scrupoli di quel regime?
Se è vero, come è vero, che UE e USA
traccheggiano sull’annientamento definitivo di Siria e Libia (preferendo la
meno costosa e più remunerativa carota per Cuba e Tehran), mentre Turchia, Arabia
Saudita, Fratellanza Musulmana sparsa, Israele e Francia (il Belgio è un suo
protettorato), è assurdo ipotizzare che questi regimi, dimostratisi specialisti
dello stragismo false flag, pensino
di forzare la mano ai renitenti attraverso l’escalation delle mostruosità jihadiste?
Se è vero, come è vero, che l’Isis ha
rivendicato anche gli attentati di Bruxelles e che il catturato a casa sua,
Abdelslam Salah, dove stava durante 4 mesi di ricerche da parte di un universo
di intelligence e polizia nei cinque continenti, unico attentatore tenuto in
vita e pronto collaboratore di giustizia annunciante apocalissi terroristiche in
arrivo, cosa ne vogliamo fare del granitico dato di fatto che i turchi, assieme
a sauditi, qatarioti, israeliani e statunitensi, si sono inventati l’Isis (una
volta logoratasi l’immagine di Al Qaida), l’hanno reclutato in giro per il
mondo fin dai tempi della Jugoslavia da sbranare, l’hanno finanziato, armato,
addestrato, infiltrato in Siria, Libia, Iraq, Africa? E’ credibile che l’Isis,
che dipende per la sua sopravvivenza e agibilità da linee di rifornimento che
partono da fonti sotto controllo Nato e Golfo, possa essere sfuggita ai suoi
mandanti e sponsor? Non è credibile.
Se è vero, come è vero, che gli unici,
assieme alle forze patriottiche siriane e irachene, ad aver rotto le uova nel
paniere ai conquistadores degli Stati nazionali arabi indipendenti, avendo combattuto
con efficacia e ridotto il potenziale invasivo ed espansivo del mercenariato
Isis-Al Qaida, sono i russi in Siria (con le bombe) e in Iraq (con l’intelligence)
e l’Egitto a casa sua e in Libia, sarà mica che ora un’ulteriore
militarizzazione Nato dell’Europa, con l’alibi della lotta al terrorismo, serva
ad attrezzare il continente al confronto finale con la Russia (per il quale la
Cupola sta allevando Hillary Clinton) e incidenti come quello di Giulio Regeni servano
a neutralizzare l’ultima (insieme all’Algeria) entità araba non incapacitata?
Se è vero, come è vero, che ogni attentato ha
provocato rappresaglie dall’esito catastrofico per la comunità musulmana da noi
e nel mondo, ma ha recato grande beneficio a classi dirigenti impegnate a far
digerire al popolo vessazioni e penurie diffondendo psicosi da “si salvi chi
può” , che poi giustificano la sdemocratizzazione delle istituzioni e lo stato
d’assedio, siamo in preda al delirio se ora ci aspettiamo che, a partire dalla “ferita
al cuore dell’UE”, le manette “anti-terrorismo” ci pencoleranno sul naso a ogni
accenno di pensiero e di azione non conforme?
Se è vero, come è vero, che con il PNAC,
Programma per il Nuovo Secolo Americano, dettato dalla Cupola ai Neocon, inaugurato
con l’11 settembre, rilanciato da Obama e dal 2017 affidato alla Gorgone
Hillary, si è avviato l’umanità sullo scontro di civiltà, indispensabile per coltivare
l’odio che la spacchi in due e poi in più parti, iniziando con la
criminalizzazione dell’Islam, detentore delle risorse energetiche necessarie a
neutralizzare Europa, Russia e Cina e arrivare alla dittatura mondiale, come
categorizzata a sua tempo da David Rockefeller (*), allora i fatti di Parigi e
di Bruxelles e gli altri che ci aspettano non sono forse altro che pagine di un
libro che al primo capitolo raccontava di Torri Gemelle?
E, per finire, se è vero come è vero, che le
élite oligarchiche e antidemocratiche euro-atlantiche, stanno per imporre all’Europa
la macina al collo del TTIP, trattato di libero scambio Usa-UE, per scagliarci
tutti nel buco nero della dittatura delle multinazionali e della fine dei
rimasugli di sovranità popolare e nazionale, dello Stato di diritto, non
sarebbe segno di scaltra lungimiranza da parte dei TTIPisti fare del boia
Bruxelles il martire dell’euroresistenza al Male? Chi obietterebbe più a chi
del terrorismo è stato vittima e dal terrorismo ci difenderà, anche mediante
TTIP?
(*)Sono certo che il mondo odierno sia pronto alla progressione
unanime verso la creazione di un solo grande governo mondiale. Si tratterà di
un'entità sovranazionale controllata da un'élite intellettuale e
imprenditoriale accuratamente scelta, la gestazione sarà in mano alle banche.
Credo che questo mio progetto sia di gran lunga preferibile
all'auto-determinazione nazionale esercitata in tutti questi secoli. (Convegno
del Gruppo Bilderberg del giugno 1991 a Baden, Germania) David Rockfeller .
Per un’analisi di classe del terrorismo, vedi
il mio precedente post “IL TERRORISMO E’ LA LORO GUERRA DI CLASSE”.
Prendi
la carota e strozzati
A questo punto dovrei passare dal bastone – e
che bastone! – alla carota, e che carota! Ma se la collera e lo sdegno più sono
smisurati e più ti spingono ad esprimerti, a gridare, a colpire, come è nel
caso degli Untermenschen che
allestiscono gli orrori di Bruxelles (e sono identificabili perché della stessa
genìa di coloro che simili orrori li hanno perpetrati da sempre), il dolore e
la vergogna fanno ammutolire. E il caso qui è quello di Cuba, che oggi
festeggia in un tripudio di massa a stelle e strisce la visita del più grande
masskiller della nostra generazione. Una cricca di rinnegati che, il 3 marzo 2009,
con un colpo di mano, rimosse e liquidò politicamente e moralmente 60 stimati e
amati dirigenti del partito e del governo, decapitando la seconda generazione
rivoluzionaria e sostituendola con una gerontocrazia di generali pronti a ogni
arretramento, ha compiuto il suo tradimento fino in fondo. E l’ha potuto fare grazie
alla passivizzazione di un popolo ridotto in miseria senza fondo e senza
prospettiva di riscatto, dato il contesto di incompetenza, corruzione e
ossificazione burocratica in cui è stato costretto.
Il superamento del disastro sociale ed
economico è stato cercato, prima, in una vera e propria controrivoluzione che
ha ridotto di metà la quota pubblica dell’economia (in gran parte, del resto, in mano ai
militari) e messo in mezzo a una strada mezzo milione di dipendenti statali,
riqualificati “cuentapropistas”, cioè imprenditori privati, in effetti privati
di ogni agibilità economica. E’ su
questa nuova piccolissima borghesia, aspirante a diventare media, che punta
Obama, facendosi fotografare, somma inguria, sotto il ritratto del Che in
piazza della Rivoluzione. E’ la quinta colonna destinata a frantumare, con gli
appetiti che verranno soddisfatti dalle multinazionali del turismo, delle
costruzioni, dell’industria pesante, delle telecomunicazioni, dell’alimentazione,
dell’azzardo, quanto rimane del socialismo cubano. Che, a parte il partito
unico, è poco.
Colma di dolore e vergogna vedere un gruppo
dirigente famelico e inetto trascinare un popolo, già faro della liberazione,
giustizia sociale, resistenza antimperialista per l’America Latina e il mondo
intero, ad applaudire il rappresentante di un potere che per 67 anni non ha cessato di infierire su di lui, con l’embargo,
il terrorismo, la diffamazione, il sabotaggio. E che ora si presenta sorridente,
tenendo nella mano dietro la schiena l’arma risolutrice del colonialismo
economico e culturale, La carota che dovrà rimediare al fallimento del bastone.
Come con l’Iran, solo che lì i giochi non sono per niente fatti.
Fanno pena i commentatori, gli stessi che
hanno accompagnato con gli applausi Tsipras fino a quando ha pugnalato alla
schiena la Grecia, che si arrampicano sugli specchi per dimostrare che la
riconciliazione Cuba-Usa volge a favore dell’Isola un rapporto di forze per
tanti anni rimasto apannaggio dell’aggressore. Come se ci potesse essere un
qualsiasi rapporto di forze tra la più forte arrogante, cinica e sanguinaria potenza
mondiale e un piccolo, debole paese, privo di strutture produttive, forte solo
di belle spiagge e belle ragazze, in mano a meschini opportunisti pronti a
vendersi tutto pur di restare in sella.
Dolore e vergogna al pensiero che, mentre le
strade dell’Avana, i suoi taxi, le persone, i suoi muri sbianchettati dai
murales del Che e della lotta antimperialista, sono imbandierati di stelle e
strisce e la tv di Stato e i social network tracimano delle orrende serie
americane del culto della violenza e della volgarità, la visita a Fidel del
presidente venezuelano Maduro di appena pochi giorni fa merita sui media uno
scarso trafiletto. Presidente di quel paese che, negli anni dell’embargo e del
rischio di morte per l’isola e la sua indipendenza, l’ha tenuta in vita.
Presidente di quel paese a cui, nelle stesse ore in cui annunciava la visita
che sigillava la resa di Cuba, Obama rinnovava le criminali sanzioni definendo
il Venezuela un “grave e urgente pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti”.
E rinnovava il Piano Condor per destabilizzare e ricondurre alla sottomissione
e alla dipendenza tutte le esperienze di emancipazione latinoamericane.
Solo vergogna a vedere coloro che si dicevano,
in Italia e nel mondo, amici e sostenitori della rivoluzione cubana, ora
marciare allineati e coperti, orrendamento opportunisti, con addosso le
prebende e onorificenze ricevute da Cuba socialista, nella parata funebre
guidata da Obama e Raul. Amici e sostenitori, come è d’uso in questo nostro paese
che s’è perso per strada, dei capi e padroni, non del popolo cubano.