Cari amici vicini (nel senso fisico) e
lontani (nel senso cibernetico), ci si rivede a fine luglio. Vado “di là dal
fiume e tra gli alberi”, come intitolò un suo romanzo il sanguinario cacciatore,
cultore di abominii matatori e occasionalmente discreto scrittore, Ernest
Hemingway. Questo doveva solo essere un amichevole salutino ante-ferie, ma
poi, da mamma UE, nella versione germanico-olandese della Troika, ci è arrivata
l’ennesima elargizione di favori e, così, mestiere e ribollimenti mi hanno
indotto ad allargarmi un po’.
A fatica ho rimesso a posto uno stomaco
che mi si era rivoltato a sguazzare nella fetida scia mediatica della Sea Watch
3, ammiraglia della più nobile e strategica tra le grandi operazioni della
globalizzazione neoliberal-imperial-colonialista: lo sradicamento, mediante Ong
e compravendita di governi locali, di popoli giovani per installare al loro
posto i necrotici gestori della distribuzione di ricchezze capitalista e
indirizzare quei giovani al destino che l’Occidente gli riserva da qualche secolo:
manovalanza schiavista tra dominatori e subalterni della marca imperiale.
Sturmtruppen. Di nuovo!
Ancora una volta, nell’esaltazione di
questa operazione, affidata nell’occasione a una tedesca che si chiama Rackete
(levate la e finale e avrete un nomen-omen come non mai) e che riprende
sull’Italia la linea dei fasti tedeschi sulla Grecia annientata, in quella scia
spurgata dalla Sea Watch eccelle “il manifesto”.
Non mi voglio addentrare nell’argomento,
con lo stomaco appena spianato rischio un travaso di bile che non sarebbe buon
viatico per la partenza. Né mi va di dare soddisfazione a quello spudorato
campione dell’ipocrisia, all’ordine di tutte le agende dello Stato Profondo Usa,
che a vedermi verde (di bile), mi assegnerebbe allo schieramento di quell’altra
sua eroina da trapasso dantesco, Greta Thunberg.
Ma non deve sfuggire a nessuno la
congiunzione tra queste nordiche signorine e i paladini dei diritti umani
centrosinistri, saliti a bordo a celebrare un reato commesso contro il paese di
cui si pregiano essere legislatori. Sotto la cosmesi dei buoni sentimenti,
falsamente esibiti e ingannevolmente ispirati ad altri, incanalano opinioni e
intenzioni di brave persone nelle direzioni volute dai manovratori imperiali, Sono, questi sicofanti della “capitana, mia
capitana”, gli eroi politici della
perenne collusione italiota con chi viene a fregarci. Addirittura, come nel
caso di Racket(e), calpestando con
scarponi germanici la nostra legge.
Dicono, Del Rio, Faraone, Migliore,
Fratoianni, la créme de la créme di
quella conventicola, che non scenderanno, se non assieme a tutti i migranti a bordo.
Se non fosse per la Procura di Agrigento, lustro e vanto di certa magistratura come l’abbiamo conosciuta
recentemente, qualcuno potrebbe ipotizzare un reato di favoreggiamento.
Vedete, cari amici, a questi che trovano
le loro soddisfazioni nel giornaletto
dei cruciverba, fumetti, arzigogoli culturali e afflati umanitari ove non
ostino a chi sovrintende, non è rimasto nulla dopo l’autodafè sociale, morale e
ideologico autoinflitto. Se non, appunto i migranti, gli LGBTQI e quant’altro
lo fa strano e le donne – tutte, Hillary compresa - vittime degli uomini,
tutti, puffi compresi. A questo baraccone ballonzolante tra i flutti dell’antistoria
e dell’antipolitica, si sono attaccati con i denti. E mordono. Qualcuno, sul
“manifesto” di oggi, è arrivato a chiamare “Antigone” , la capitana della
fregata pirata tedesca. Ad Antigone, che intendeva sottrarre i resti del
fratello agli avvoltoi convocati da Creonte, sarà parso di essere stata
paragonata a Giocasta, dei cui giochi incestuosi con il figlio Edipo era stata
il tragico frutto. Chissà se anche Giocasta avesse avanzato proposte di
integrazione.
Sulla nave da guerra tedesca sventola la
bandiera olandese. Ma come su tutte le altre Ong armate da George Soros e soci,
sventola anche quella che dice “Accoglienza e integrazione”. Come per tutte le
cose finte, questo vessillo ne sottintende un altro, quello della superiorità
dell’uomo bianco che si pretende portatore di civiltà e rivendica il diritto di
rapire e schiavizzare integrando. Ma è a quelli che scoprono e combattono il gioco che va dato del razzista.
Quanto alla signorina Rackete e ai suoi corifei, aggiungo un link in cui un intellettuale africano, leader del Movimento Panafricano, Mohamed Kodarè, risponde per le rime ai colonialisti di “accoglienza e integrazione”.
Cari amici, continueremo a frequentarci
su internet, lasciando a ognuno di noi più tempo per la nuotata, la scalata, la
bisbocciata, la lettura di un libro. Vi leggerò e, ove occorra, risponderò. Vi
saranno risparmiati i miei sproloqui interminabili. E non è poco! Ciao.