MIA INTERVISTA A "LA VOCE DI NEW YORK", GIORNALE DEGLI
ITALIANI NEGLI USA
Trump
e le crisi del mondo osservate fuori dagli schemi
Trump,
la Russia, la Siria, Castro: l'attualità internazionale vista da Fulvio
Grimaldi, giornalista scomodo.
Fulvio Grimaldi è un giornalista indipendente, a volte "troppo":
Esperto inviato di guerra, ha idee in conflitto con quelle del "mainstream
media". In questa conversazione ci parla dell'elezione di Donald Trump e
delle cause delle crisi internazionali: "Trump costituisce una rottura
rispetto all'establishment costituito"
di Fabrizio Rostelli - 19 dicembre 2016
Fulvio Grimaldi non è uno che te le manda a dire, va giù duro,
non lascia spazio ad attenuanti. E come potrebbe comportarsi diversamente un
giornalista che in 50 anni di carriera ha raccontato, come inviato di guerra, i
principali conflitti armati in giro per il mondo. Solo per citare un episodio,
è stato l’unico testimone italiano della strage di Derry nell’Irlanda del Nord
del 1972 (Bloody Sunday), esperienza che poi ha documentato dettagliatamente.
In pochi giorni sulla scacchiera mondiale si mettono in fila una
dietro l’altra una serie di mosse determinanti per il prosieguo della
partita:l’elezione di Trump, la morte di Castro, la riconquista di Aleppo da
parte dell’esercito siriano. Lo chiamo telefonicamente da New York mentre sta
preparando il suo ultimo documentario su Africa ed Eritrea (da anni lavora
all’autoproduzione di video-documentari su crisi globali e guerre) perché sono
curioso di avere un suo commento sui recenti avvenimenti.
Fulvio
Grimaldi, nonostante fosse osteggiato anche dal suo stesso partito, ha vinto
“l’impresentabile Trump”. Per quale motivo secondo te?
“Trump costituisce una rottura rispetto all’establishment
costituito, rispetto a tutto l’esistente. Forse anche lui potrebbe essere
controllato da chi di solito determina le scelte dei candidati nelle posizioni
di vertice degli Stati Uniti, da quella cupola invisibile che tira i fili. Può
darsi che anche lui sia uno strumento di questo burattinaio. Ma può anche
essere invece una variabile impazzita che stanno faticando a mettere sotto
controllo. in ogni caso si tratta di una rottura drastica con quella che è
stata finora la politica interna ed estera degli USA. Trump ha fatto appello a
ceti sociali trascurati, emarginati, deprivati, ridotti in miseria da chi ha
governato in questi anni; per quanto riguarda l’estero, ha fatto aperture nei
confronti della Russia e della Siria e di conseguenza verso la possibilità di
non arrivare ad uno scontro diretto, che invece è quello che finora è stato
perseguito da Obama e da chi lo aveva messo lì. Una posizione inedita e
piuttosto sconvolgente per coloro che avevano interesse ad accentuare la
“guerra fredda” e a spingerla verso una “guerra calda”. Quindi Trump
rappresenta comunque un momento di rottura che sembrerebbe indicare una crisi
sistemica dell’intero Occidente, poiché dagli Stati Uniti dipende un po’ tutto
l’assetto occidentale. Crisi sistemica fin qui creata e diretta contro le
classi popolari e i popoli.
Trump
ha veramente tutti contro? Nella sua squadra di governo ci sono ben tre ex
dipendenti Goldman Sachs (Stephen Bannon, Steven Mnuchine Gary Cohn).
"Credo che in questa fase le valutazioni siano premature.
Certe nomine fanno rabbrividire. Ma colpisce che l’intero establishment, tutti
i grandi poteri costituiti – militari, industriali, di sicurezza, dell’energia,
dell’informatica, della stampa, lobby ebraica – stavano con Hillary Clinton. Su
questo non ci sono dubbi. Anche quando è stato comunicato il risultato della
vittoria di Trump, s’è vista una levata di scudi da parte di tutti i mezzi di
comunicazione facenti capo ai vari poli di potere statunitensi e occidentali.
Reazioni di shock, sorpresa e rigetto, evolutisi addirittura in tentativi paragolpisti
di sabotare l’insediamento di Trump. Questo è un dato accertato, quello che
invece potrà avvenire dalla effettiva realizzazione, o non realizzazione, dei
piani annunciati da Trump, per quanto siano noti, andrà valutato.
In questo momento non si può ancora dire molto, salvo che pare
delinearsi un'inedita apertura alla Russia, un più netto sostegno alle
posizioni oltranziste di Netaniahu in Israele, attraverso la nomina di un
fanatico sostenitore dei coloni, la promessa di spostare la capitale da Tel Aviv
a Gerusalemme, posizione che però sembra in conflitto con il proposito di
lasciare al potere Assad in Siria e combattere con decisione i jihadisti,
sostenuti e armati da Israele e dagli alleati del Golfo. Contrasta però con
queste aperture ai sionisti, la virulenta avversione nei confronti di Trump di
tutta la lobby mediatica, politica e finanziaria ebraica. Una novità vera si
profila invece all’orizzonte per quanto riguarda un cambio di priorità nei
rapporti geopolitici: intesa con la Russia e aggressività nei confronti della
Cina".
Hai
scritto più volte che peggio di Trump c’è solo Hillary Clinton, perché?
"Perché Hillary Clinton ha fatto, Trump non ha ancora
fatto. Hillary ha alle spalle una scia di sangue spaventosa, da lei provocata
in felice simbiosi con Bush, Obama e con i grandi potentati imperiali. Trump ha
parlato e straparlato, ha detto alcune cose che aprono possibilità di
miglioramento delle condizioni planetarie generali, come ad esempio una minore
insistenza sul confronto e sul conflitto, e ha detto invece delle cose
pesantissime nei confronti dei migranti, dell’Islam, dell'Iran e, soprattutto,
a danno dell’ambiente e del clima, il cui cambiamento per cause umane non pare
riconoscere e che viene minacciato dalle sue scelte pro-fossili e pro-petrolieri.
Le famose battute sessiste, misogine, invece, sono folklore, brioche per le
turbe, Quelle sui migranti sono già rientrate nel corso del suo tour di
ringraziamento tra le minoranze.
Peggio di Trump poteva esserci naturalmente solo una che ha già
compiuto il suo percorso ed ha già realizzato i suoi atti. Hillary Clinton è la
persona che in tutte le ultime guerre, a partire da quella del marito nei
Balcani, ha rappresentato la forza propulsiva. È stata quella che ha spinto sia
sul macello dei Balcani, quando era nell’ombra come first lady, sia per quanto
riguarda le guerre mediorientali. Clinton inoltre è stata una protagonista di
primissimo piano nella distruzione della Libia, quando era Segretario di Stato.
Le possiamo direttamente attribuire la distruzione feroce di un
Paese prospero e comunque pacifico e l’uccisione diretta di Mu’ammar Gheddafi,
di cui lei ha gioito in pubblico davanti a delle telecamere, cosa che ne
caratterizza indelebilmente l’identità caratteriale e psicologica. Poi ha organizzato
il colpo di Stato in Honduras , che ha trasformato un paese avviato verso uno
sviluppo accettabile, abbandonando una condizione da “repubblica delle banane”,
e l’ha consegnata alla spoliazione alle stragi dei suoi clienti locali. Oggi
l’Honduras è il paese dove si viene ammazzati di più in America Latina,
superando il record del Messico, altro Paese “curato” da Obama e da Clinton. Di
Hillary Clinton è noto il ruolo decisivo nel colpo di Stato in Ucraina. La sua
assistente al tempo della Segreteria di Stato, Victoria Nuland, è stata
l’esponente americana che ha più insistito per il colpo di Stato e per
l’inclusione nel governo dell’Ucraina di elementi dichiaratamente nazisti .
Quindi di Hillary Clinton si sa tutto, di Trump si deve ancora vedere, anche se,
al la luce delle nomine fatte, o ventilate, c’è da preoccuparsi molto. Senza,
peraltro, le false lacrime di coccodrillo dei sostenitori di Hillary".
Sei
molto cauto nel valutare l’elezione di Trump. La sinistra europea non ha invece
avuto nessun dubbio nel contestarlo. Perché?
"Non chiamiamola sinistra. La cosiddetta “sinistra europea”
ha perso ogni caratteristica storica della sinistra: è bellicosa, sostiene il
neoliberismo, ha giustificato, aderendo alle demonizzazioni di presunte
“dittature”, la ricolonizzazione dei Paesi del Sud del mondo. Dovremmo
classificare di sinistra Hollande che ha fatto la guerra in Mali, Niger, Costa
d’Avorio e Chad e che sta intraprendendo un’avventura neocolonialista dopo
l’altra? Oppure considerare Renzi uomo di sinistra mentre saccheggia quanto
rimane in tasca e di salute nelle classi disagiate e ha tentato di stravolgere
in senso autoritario la Costituzione democratica, discretamente di sinistra,
indirizzandola verso una pericolosissima verticalizzazione del potere? O ancora
classificare di sinistra un criminale di guerra e nemico della classe operaia
come Blair?
All’interno di questo quadro possiamo comprendere benissimo
perché venga osteggiato un uomo (Trump ndr) che alle problematiche riguardanti
i diritti civili, i matrimoni gay, il sessismo ecc., trattate con insensato
disprezzo, antepone questioni che forse rivestono per l’umanità un’importanza
più drammatica, come la guerra o la pace, la vita o la morte, la conflittualità
o la coesistenza. Capisco bene perché venga criticato un soggetto che mette in
discussione i pilastri della politica della cosiddetta “sinistra europea”: il
confronto con la Russia, i regime-change, il neocolonialismo in Africa e Medio
Oriente. Sempre che queste sue iniziali indicazioni resistano ai fatti che
vorrà compiere da presidente e non risultino specchietti per le allodole".
Hai
analizzato criticamente le proteste anti-Trump che si sono tenute in 25 città
negli USA. Per quale motivo? Ci sono prove che Soros sia davvero coinvolto?
"Sono convinto che in queste proteste, come nella furibonda
campagna anti-Trump che continua tuttora, abbiano partecipato persone in
assoluta buona fede, gente che è rimasta scioccata di fronte a certe
dichiarazioni di Trump, come quella dell’espulsione di 3 milioni di migranti
messicani., sulla quale peraltro si è già ricreduto. Ricordiamoci sempre che
Obama ne ha espulsi un milione e mezzo, cioè più di qualsiasi altro presidente
degli Stati Uniti. C’erano sicuramente persone veramente indignate in piazza
per protestare contro il sessismo, le volgarità, il muro. Muro che peraltro è
già stato costruito da Bill Clinton e che poi è stato rafforzato e completato
da Obama. Esiste già un muro di 3mila chilometri tra USA e Messico. Il discorso
del muro era puramente demagogico.
Esistono però anche le prove che queste manifestazioni siano
state in parte sollecitate, innescate, promosse da elementi esterni. Ci sono le
prove di società che hanno promesso a chi scendeva in piazza di essere assunto,
di ottenere benefit, privilegi (uno degli annunci sospetti – poi rimosso dal
web – è stato pubblicato dalla Washington CAN! acronimo di Washington Community
Action Network ndr). Quindi una manipolazione di queste manifestazioni contro
Trump sicuramente c’è stata, anche perché il grande manipolatore delle
manifestazioni in giro per il mondo, che di solito puntano ad un regime-change,
e in questo caso alla delegittimazione di Trump, è un bandito della
speculazione e delle destabilizzazioni come George Soros. La sua Open Society è
un organismo che ha alimentato, finanziato e sostenuto le grandi manifestazioni
che vengono definite “rivoluzioni colorate” . In questo caso anche lui si è
espresso a favore dei manifestanti. Un uomo, tra l’altro sostenitore
appassionato di Israele, che finanzia
tutte queste operazioni è molto probabile che stia anche dietro a queste".
Sul
tuo sito hai citato ONG come Move on e Avaaz.
"Sì perché hanno appoggiato tutte le manovre e campagne di
cui sopra, sempre al servizio degli interessi imperialisti. Avaaz la conosco
meglio di Move on che in Europa non è molto attiva. Avaaz è una ONG che
raccoglie firme per obiettivi che sono condivisibili da tutti, tipo la
protezione dell’orso bianco, la difesa della foresta amazzonica, la promozione
di energie rinnovabili. Tutte cose molto simpatiche, perfettamente compatibili
peraltro con lo sviluppo e con gli interessi di alcuni settori del grande
capitale che sanno benissimo come fingersi ecologisti per poi sabotare ogni
freno alla devastazione del pianeta. Dall’altra parte raccoglie anche firme per
incriminare il dittatore Assad, per sostenere la no-fly zone in Siria e tutte
le grandi operazioni militari della Nato e degli Stati Uniti. E’ qui dove casca
l’asino, dove si rivelano la vera natura e i veri scopi.
Sono ONG, come la Open Society di Soros o la National Endowment
for Democracy, Amnesty International, Human Rights Watch, che spuntano dietro a
ogni regime-change attuato nei confronti di governi non obbedienti. La loro
ostilità nei confronti di Trump è confermata dalla matrice unica di queste
creature, la CIA, che ultimamente si è scagliata con virulenza contro il
neo-presidente, rafforzando la grottesca bufala di un Trump eletto grazie agli
intrighi e agli hackeraggi di Putin. Pare proprio che stiamo assistendo a uno
scontro durissimo tra settori rivali del grande capitale, banche, apparato
produttivo, complesso militar-industriale, scontro non ancora del tutto chiaro
nelle sue componenti e nei suoi obiettivi. Alla fine la Cupola, da cui tutti i
protagonisti politici dipendono, ricomporrà un qualche ordine decidendo chi
debba prevalere nel migliore interesse che la congiuntura detta ai divoratori
del mondo".
Da
anni ti batti per una corretta informazione sul Medio Oriente, penso al tuo
documentario “Armageddon sulla via di Damasco”, a quelli sulla Libia, l’Iran.
L’Iraq.È d’obbligo quindi una domanda sulla Siria. Qual è la situazione
attuale?
"In 6 anni le più grandi potenze, Francia, Germania, Regno
Unito, tutte quelle della Nato, compresa l’Italia che è presente con le sue
forze speciali, con i suoi addestratori e le sue armi, e gli Stati Uniti, non
sono riuscite ad avere ragione di un paese piccolo, debole e minato dalle
sanzioni come la Siria. Al suo soccorso, insieme agli hezbollah libanesi e agli
iraniani, è intervenuta, dopo 3 anni di resistenze eroica di tutto un popolo,
la Russia di Putin. Sulla Siria si sono avventate sotto guida Nato, altre forti
potenze militarti e finanziarie, l’Arabia Saudita, gli Emirati, il Qatar e la
più potente nazione Nato, dopo USA e Israele, che è la Turchia. Il fatto che in
6 anni non siano riusciti a far fuori questo Paese è il segno che la
popolazione, come è stato dimostrato da elezioni legittimate dagli osservatori
internazionali dell’ONU, sostiene il suo presidente e la sua classe dirigente.
In caso contrario la Siria sarebbe da tempo crollata, anche con tutto ciò che i
suoi amici potevano fare.
L’intervento della Russia ha comunque impedito che si operasse
sulla Siria come si è operato sulla Libia, cioè sterminando il Paese a forza di
bombardamenti, di missili e di bombe. Le ultime notizie ci dicono che
l’esercito lealista, le forze armate di Damasco, stiano vincendo su molti
fronti e abbiano riconquistato l’intera Aleppo, a dispetto dei costanti
sabotaggi dell’evacuazione dei civili e degli attentati dei terroristi non
rassegnati alla sconfitta e ininterrottamente stimolati dall’Occidente e dalla
Turchia.
La stessa cosa si può dire dell’Iraq, dove le forze governative
di Baghdad hanno ripreso la maggior parte del territorio occupato dall’Isis e
stanno per riprendere Mosul, la seconda città dell’Iraq. Vuol dire che in
questo caso il grande disegno di riordino del Medio Oriente, il cosiddetto
Nuovo Medio Oriente, che consisteva nella frantumazione dei grandi Stati nazionali
arabi – Libia, Iraq, Siria, Sudan e poi Egitto e Algeria – è temporaneamente in
crisi. Non è riuscito a concludersi. La reazione rabbiosa dei jihadisti contro
Palmira ha raccolto un successo temporaneo, ma dimostra ancora una volta come
tutto l’apparato jihadista sia un mercenariato degli Usa e della Nato. È
infatti grazie all’appoggio Usa e dei loro subordinati curdi che da Mosul si
sono potuti trasferire verso Palmira migliaia di combattenti ISIS. Ci saranno
indubbiamente altri colpi di coda, soprattutto contro la Russia".
Ti
renderai conto che la situazione è talmente complessa che è facile perdersi tra
le centinaia di informazioni false, parziali, infondate, vere, dalle quali
siamo bombardati. A meno che non ci si fidi di un determinato organo di informazione
come si fa a capire davvero che accade in Siria?
"Non credo sia così difficile. Intanto molto si capisce
dall’esame degli interessi in campo: quali di conquista e distruzione, quali di
difesa e giustizia. E’ difficile districarsi se uno si basa esclusivamente
sulle fonti di informazione ufficiali, sui massmedia, che costituiscono un
esercito compatto, reclutato, addestrato e formato dai poteri esistenti in
Occidente. Non c’è praticamente nessuna eccezione all’uniformità; dal
Washington Post al New York Times, al Time, al Corriere della Sera, a
Repubblica, alla Frankfurter Allgemeine Zeitung In tutti i grandi giornali
dell’Occidente, ma anche in quelli minori che si pretendono di opposizione,
troviamo uniformità di interpretazione dell’esistente e in particolare delle
situazioni di attrito tra Occidente e altre parti del mondo. Il fatto che
l’interpretazione sia talmente univoca, mentre ancora ai tempi del Vietnam
c’era un’ampia diversificazione, è il segno che non c’è onestà; non ci può
essere onestà dove non c’è pluralismo.
Negli ultimi decenni si è arrivati a una concentrazione senza
precedenti della proprietà dei media. Una volta, fino a circa 20 anni fa, negli
Stati Uniti i grandi aggregati di informazione erano 56, adesso sono solo 5.
C’è una presa di controllo sui mezzi di informazione che è il prerequisito
affinché la gente si convinca e così stia buona e ascolti soltanto la voce del
padrone. Oltretutto non esistono più editori puri dei media: il tessuto
oligarchico che li governa ha altri interessi prioritari, militari, chimici,
agroindustriali, informatici, che giornali e tv sono chiamati a
sostenere.Succede anche, però, che questa rozza uniformità dell’informazione
abbia provocato una crisi diffusa di credibilità. Lo si è visto nel fallimento
di Hillary nonostante l’appoggio totalitario dei media e, parallelamente nel
nostro piccolo, nel fatto che il No al referendum di stravolgimento
costituzionale, voluto dalla destra (che si definisce “sinistra”) in Italia
abbia prevalso nonostante tutta l’informazione importante fosse dalla parte del
Si. Per rimediare a questa crisi di credibilità, il mondo dei mass media ha
lanciato ora questa sua forsennata campagna contro le presunte “fake news”, che
sarebbero tutte le notizie che non rientrano nel quadro prestabilito dal
potere, in massima parte diffusa dai social media alternativi e dalle emittenti
di paesi non succubi all'imperialismo. E’ la seria anticipazione di una
repressione che verrà.
In fondo la realtà sarebbe molto semplice da interpretare: c’è una
parte del mondo dominata da una piccola élite di persone ricchissime che stanno
procedendo da anni, attraverso il neoliberismo, l’austerity, attraverso i
propri organi come l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale, a un
trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto, dal basso delle proprie
classi lavoratrici all’alto delle proprie élite, dal basso dei popoli del Sud
del mondo alle classi dirigenti dell’Occidente. Tutto questo richiede che la
stampa informi in maniera univoca, in modo che la gente non si renda conto di
quello che sta succedendo. La guerra è sempre quella: tra ricchi e poveri, tra
potenti e deboli e si può benissimo trovarne le ragioni, le analisi e le
spiegazioni in internet”. E anche utilizzando un po’ di logica, quellad dell’antico
cui prodest".
Usciamo
un attimo fuori tema. Non posso non farti una domanda su Fidel Castro. Hai
scritto “Cade un gigante”. L’eredità di Castro rimane, ma per chi sostiene
ancora le idee socialiste, la sensazione è quella di aver perso anche l’ultimo
punto di riferimento.
Non credo. Prima di tutto l’idea socialista non ha bisogno di
punti di riferimento fisici, personali. Aiutano, ma non sono indispensabili.
L’idea di Socrate sopravvive anche senza Socrate. Ho titolato il mio pezzo
“Cade un gigante”, però bisogna dire che questo gigante negli ultimi 20 anni
aveva perso molto della sua statura. Forse non tanto per colpa sua, semmai gli
si possono rimproverare passività e silenzi, ma per volontà diretta dei suoi
successori. Hanno in grande misura annullato le sue conquiste e invertito la
direzione di marcia che Fidel aveva tracciato per Cuba fin dalla rivoluzione. È
questa la tragedia. Cuba, con Raul Castro, ha cessato di essere un faro per
l'America Latina e per gli oppressi del mondo. E' diventata un esempio negativo
di subalternità all'imperialismo neoliberista.
Non credo manchino punti di
riferimento, ci sono ancora Paesi dell’America Latina che presumono, pretendono
e affermano, in parte con buone ragioni , di perseguire il socialismo. Ci sono
il Venezuela, la Bolivia, l’Equador. Non per nulla è in corso una feroce
controffensiva reazionaria delle destre sostenute dagli Stati Uniti, come in
Argentina e Brasile, ma i punti di riferimento, anche se non sono necessari dal
punto di vista del loro incarnarsi in persone fisiche, esistono. Stanno nei
cuori e nelle menti dei popoli che resistono, penso proprio alla Siria, ai
paesi latinoamericani, ma anche alla Russia, all’Eritrea in un’Africa esposta
nuovamente all’assalto dei predatori coloniali. Stanno nell’esempio di chi non
si è fatto corrompere, di chi non si è arreso. Penso ai tanti protagonisti del
riscatto umano, a Lumumba, Cabral, Sankara, agli eroi del riscatto
latinoamericano, ai nostri partigiani, al Che. E naturalmente a Lenin.