Le ragioni di Lombroso
L’antropologo
Cesare Lombroso (1836-1909) aveva ragione e aveva torto. Aveva ragione
nell’individuare indicazioni sul carattere delle persone dai tratti facciali e
cranici. Aveva torto a concludere che si trattava di caratteristiche genetiche,
strutturali in partenza e valide una volta per tutte. Molti hanno poi
correttamente ritenuto che la teoria di Lombroso, seppure anche in questo caso
mai di valore assoluto, andava applicata a quanto sui visi delle persone si è
andato formando in conseguenza della vita vissuta, dei pensieri e sentimenti
nutriti, degli atti compiuti e delle vicende occorse. Ad alcuni è dato di
mascherare per un buon tratto, magari con l’aiuto dei cerusici, gli effetti di
tale vissuto. Pensiamo ad Obama, un pluriassassino e un falsario come nella
Casa Bianca non erano ancora mai entrati, le cui fattezze solo ora iniziano a mostrare
i primi segni rivelatori di tanta abiezione.
Ma
è abbastanza ragionevole considerare che alla nascita tutti i visi sono
innocenti e puri, diciamo una pagina pulita su cui ancora nulla è stato
scritto, né dall’esterno, né dall’interno. E’ dopo qualche decennio, che su
quella pagina incominciano ad apparire, più o meno espliciti, i segni di cosa
uno è stato e ha fatto. Esempi di quanto
di più turpe, depravato, deforme, la propria condotta e il proprio spirito
possa, lombrosianemente, incidere su un volto, originariamente creato, dicono
certuni, a immagine e somiglianza di un loro perfetto dio, se ne trovano quanti
se ne vuole nell’empireo delle nostre classi dirigenti. Se pochi arrivano
all’abiezione estetico-morale di un George Soros o di un Henry Kissinger, molti
ne inseguono con successo gli esiti morfologici. Pensate a Sharon, a Gianni
Agnelli, a Andreotti, alla regina Elisabetta, allo stesso Trump, a Eltsin, a
Scilipoti, a Migliore, al padre di Renzi…
Facevo
queste estemporanee considerazioni quando l’occhio m’è caduto sull’ennesimo
“santo subito” del “manifesto” e del dirittoumanismo da tanti migranti al
chilo, il prete eritreo, ma forse etiopico, Mussai Zerai, di cui, nella faccia
pasciuta e liscia, parte uno sguardo che, piuttosto che “santo subito”, mi
suggerisce un “qui gatta ci cova subito”. Lui e la sua agenzia di
sollecitazione, ritrovamento e collocamento di migranti africani, Habeshia, costituisce uno dei più
efficienti push and pull factor della fenomenologia migratoria. Ora
l’occhiutissima, per quanto prudente, procura di Trapani lo ha avvisato di
reato e il “salvatore di 4000 naufraghi” rischia di finire sul banco degli
imputati di tratta di esseri umani, accanto a eccellenze dell’ “Operazione
Svuotare Africa e Medioriente – Affogare l’Europa del Sud”, dall’élite
mondialista affidata a Soros, come Jugend Rettet, MSM e, non ancora, ma
speriamo presto, Save the Children, MOAS, Open Arms, Sea Eye e tutti gli altri
privatizzatori del fenomeno e dei relativi trasporti e trasbordi. Gente le cui
funzioni all’interno della citata Operazione il “manifesto” e suoi comparielli
cercano affannosamente di occultare con l’urlo assordante, ossessivo, che
vorrebbe essere ipnotico, di “salvataggi, salvataggi”.
Malta umana per l’edificio
del potere
Sono
sempre più numerose e rivelatrici le prove
del malaffare che unisce le Ong ai trafficanti nella filiera criminale
che parte dalla promozione di partenze nei paesi d’origine e finisce nella
guerra politica, economica e sociale condotta contro il Sud Europa utilizzando
come strumento, non tanto gli spasmodicamente propagandati “disperati” di
indefinite guerre e miserie (mai noti i responsabili con nome e cognome),
quanto una varietà di soggetti dal retroterra niente affatto omologabile.
Soggetti che tutti gli attori della filiera riducono a merce umana da
utilizzare, come fosse il dollaro, o gli attentati terroristici, o le bombe, o
il jihadismo, o la clava dell’austerità, per gli aggiustamenti di potere
interni e geopolitici.
I rinnovati flussi dalla
Siria e dall’Iraq sono diretta e voluta conseguenza degli attentati Isis e
paralleli bombardamenti Usa sui civili che, nel silenzio dei ferventi
soccorritori di naufraghi davanti alla Libia, stanno svuotando le maggiori
città irachene e siriane. Si fa posto per i mercenari curdi e si priva il
futuro di questi paesi delle forze della ricostruzione e rigenerazione. Tre
milioni di morti iracheni, 8 milioni di sradicati interni e all’estero, mezzo
milione di morti siriani, 6 milioni di sfollati interni, 2 milioni di profughi.
Non male per chi si accinge a fare di quelle floride nazioni discarica e pompa
di benzina. Peccato che nessun Zerai, nessun Del Rio, nessuna delle solite
anime belle, truccate di umanitarismo, che oggi “sul manifesto” firmano per le
Ong, si sia mai vista sotto l’ambasciata americana, o israeliana, o saudita, da
cui pure varrebbe la pena salvare qualche naufrago.
Africa,
come la vogliono
Poi
ci sono coloro che gli Usa e la “comunità internazionale” hanno condannato
all’inedia, come l’Eritrea, quelli a cui sono inibiti ogni sviluppo autonomo e
pacifico dall’intervento militare coloniale diretto (Mali, Ciad, RCA, Niger), o
per surrogati etnici o jihadisti (Nigeria, Sud Sudan, Somalia). Mezza Africa,
poi, è costretta a venir via dalla perdita dell’elemento costitutivo
dell’economia continentale, l’agricoltura, sottratta per il 40% di tutti i
terreni fertili alla sussistenza e consegnata, con tanto di villaggi bruciati e
popolazioni deportate, all’agroindustria intensiva delle multinazionali. Tutti
delitti dei soliti ignoti, del fato. Eppure quanti nomi ci sarebbero da mettere
in fila: Usa, Ue, Onu, Monsanto, Exxon, Glaxo, Microsoft, Lockheed, Boeing,
Obama, Clinto, Bush, Trump, Cia, Goldman Sachs….
A
chi dovesse indugiare, a chi volesse dedicare alla propria comunità sociale,
culturale e, pardon, nazionale, i propri strumenti conoscitivi, ivi
formatisi, per arricchire il patrimonio
collettivo e garantirgli continuità nello spazio e nel tempo, a chi anche
avesse preservato un minimo agio economico, arriva l’offerta dei pifferai del primo anello della filiera: “Hai 10mila
dollari? C’è un doganiere alla frontiera, un camionista sul ciglio del deserto,
un carceriere in Libia, uno scafista sulla costa, una Ong a un tiro di sasso e
poi l’eldorado europeo. Lo stesso trovato dagli albanesi, dai marocchini, dalle
moldave. Nei vari passaggi avrai lasciato il tuo gruzzolo, ma che fa. Le
prospettive sono tante, per le donne c’è la mafia nigeriana della
prostituzione, per gli uomini i caporali, a volte travestiti da manager, per i
minori le immense risorse del pedoporno, per tutti lo spaccio, per molti il
Centro d’Espulsione.
L’artiglieria
umanitarista, quella che ogni giorno spara a palle infuocate da quasi metà
della foliazione del “manifesto”, si articola nelle sterminate espressioni
operative dell’Open Society Foundation di George Soros. Fondazione che
rappresenta una voce eminente, non sempreconfessata, del bilancio di quasi tutte le Ong umanitarie,
LGBT, Arci e affini, e di tutte le forze del regime change, a partire da Otpor a Belgrado, passando per i
battaglioni nazisti a Kiev, per le università di Budapest, per le Ong dei
diritti umani come Arci Gay o la Fondazione Bator in Polonia, testè esaltata,
insieme ad altre della lobby talmudista, dal “manifesto”.
e non solo
Il quale “giornale
comunista”, ancora firmato da qualche “comunista”dallo stomaco di amianto, non
si fa scrupolo di muoversi in perfetta sintonia e sui binari da lui fissati con
il più efferato bandito della speculazione finanziaria di tutto il globo
terracqueo. Quel George Soros che allestì il convegno navigante (le operazioni
in mare gli sono congeniali) del 1992 sullo yacht della Regina, il “Britannia”,
dove, in combutta con una panoplia di briganti della finanza mondiale e di
massoni, con la complicità di rinnegati italioti come Mario Draghi (direttore
del Tesoro) e Nino Andreatta, ministro del Bilancio che aveva il merito di aver
privatizzato la Banca d’Italia separandola dal Tesoro, attaccò la lira, fece
bruciare a Ciampi 40mila miliardi e deprezzò la lira del 30%. E fu la tavola
apparecchiata per i predatori a prezzi di saldo del nostro apparato
industriale, prima pubblico, poi privato, garantito dagli Amato, Prodi,
D’Alema, Berlusconi e via via tutti gli altri. Gente da processo per alto
tradimento. Ma al “manifesto” va bene così. Come andranno bene anc he i milioni
con cui Soros ha foraggiato il golpe nazista a Kiev.
Questa
artiglieria si è ora dotata di due nuove bocche di fuoco. Quella del santo
subito don Mussie Zerai, consegnato dagli inquirenti di Trapani, emuli del
mangiatore di bambini cristiani Settimio Severo, al martirio della Chiesa
dell’Accoglienza Universale; l’altro è Graziano del Rio, per grazia di Dio e
volontà di Soros ministro dei Trasporti e, quindi, del mare.
Vediamo
il primo. Spiaggiato in Italia e poi in Svizzera, ma soprattutto in Etiopia,
all’età di 17 anni, in fuga dall’Eritrea in lotta di liberazione contro, guarda
un po’, proprio l’Etiopia e, da allora mai rientrato in Eritrea di cui pur
tuttavia racconta, fin nei più intimi dettagli, il regno dell’orrore, della
tortura, delle migliaia in carcere, dei campi alla Auschwitz. Al punto da aver
ottenuto dall’UE, caso unico dopo quello concesso dagli Usa ai gusanos cubani in fuga dalla
rivoluzione, la concessione automatica a tutti i migranti eritrei dell’asilo
politico. Pull factor non da poco,
pari per efficacia al push factor
delle sanzioni Usa-Onu-Ue all’unico paese africano che non accetta presenze
militari Usa, né crediti ricattatori FMI e BM.. E’ qual è il riferimento
africano del don, il suo buen retiro?
Ovviamente l’Etiopia, regime sanguinario, massacratore delle minoranze, in particolare
Oromo, paradiso dei devastatori con dighe (Impregilo) e con il land grabbing (cinesi, indiani, sauditi),
assalitore periodico, su commissione Usa, dell’Eritrea, responsabile di quasi
centomila morti eritrei nel corso delle varie aggressioni tra il 1952 e oggi.
Un nuovo padre Dall’Oglio,
come lui santo subito
Questo
equivalente africano del noto Padre Dall’Oglio, il predicatore della Chiesa di
Bergoglio visto sulla tribuna Isis di Raqqa arringare tagliagole e loro
supporter a stelle e strisce perché cristianamente sgozzassero Assad, ha
dedicato la sua vita a tre cose: diffamare l’Eritrea in linea con le
motivazioni che Obama produceva a supporto delle sanzioni e della successiva
guerra di sterminio umanitaria; agganciare più eritrei possibili per
contrastare, col ricatto dell’asilo politico, la forza e la compattezza della
comunità eritrea in Italia ed Europa che si riconosce nelle istituzioni e nel
destino seguito dalla madrepatria; diffondere per tutta l ‘Africa, insieme al
numero del suo cellulare, la consapevolezza che, attraversati indenni il
deserto, scampati ai briganti nelle terre di attraversamento, pagati i vari
oboli utili a finanziare la filiera, imbarcati su un qualche mezzo degli scafisti,
basta un trillo a Don Mussie Zerai e, in un batter d’occhio, sempre che prima
non affondi, ti arriva il natante che ti soccorre, rifocilla e deposita ai
piedi del governo più accogliente del mondo. Vengano, signori, vengano…Che ci
stai a fare in un paese che i miei amici vanno comunque ad annientare?
Viva Viva San Graziano delle
processioni
L’altro
howitzer dell’armata che cannoneggia all’insegna del Sinite parvulos venire ad me si
chiama Graziano del Rio, ministro dei trasbordi in mare perchè neanche un parvulo o un magnulo sia privato dell’occasione di raccogliere pomodori, o
aspettare in baita, o davanti alla stazione di Milano, che arrivi Juncker a
trarlo d’impiccio. I giornali di questi giorni afosi, infuocati solo dal clima
e dalle iniziative terroristiche
parigine, atte a prolungare per l’ennesima volta lo stato d’emergenza e, dunque, mettere in
campo forze adeguate per far passare la mannaia della loi travail, se la spassano alla vista del remake de “I duellanti”. Capolavoro stavolta in
versione farsa: Minniti contro Del Rio. L’uno, di evidente tradizione PCI,
l’altro virgulto dell’eterno democristianino. Nell’ormai consolidato contesto
del rovesciamento di ogni cosa ideologica, politica, linguistica, nel suo
contrario, quello di destra, forcaiolo, respingente, sovranista e repressore, è
Minniti; quello di sinistra, umanitario, accogliente, multiculturalista,
integrazionista, assimilazionista, è Del Rio.
Di sinistra è coprire con l’ipocrisia e le bugie i veri e
propri crimini contro l’umanità
perpetrati contro l’Africa e gli africani, connivenza Ong inclusa. Di destra è
chiedere cortesemente agli operatori privati nel marasma del mediterraneo e del
sud del mondo allestito dai loro padrini, di accettare un minimo di regole
perché nel quadro, che peraltro ne è già zeppo, non s’infilino malintenzionati.
E già. Questi sono riusciti a far diventare parolacce quanto è costato la vita
e un bel po’ di sangue e pene a decine di italiani che, in armi, in carcere, in
parola, si battevano per la sovranità, per la patria, la nazione. Mica per
l’Unione Europea. Quella l’hanno fatta dei manigoldi alle spalle nostre. A
italiani, francesi, russi e a milioni di africani, asiatici, arabi,
latinoamericani, che con queste parole sulle loro bandiere, hanno dato ai padroni della sovranità in esclusiva la
migliore lezione dell’intera vicenda umana.
Due paroline ancora su Graziano Del Rio. Ma non era lui quel
sindaco di Reggio Emilia che ha scandalizzato e fornito di pesanti sospetti la
nostra opinione pubblica non democratizzata quando, sindaco di una città ad
alto tasso di criminalità ‘ndranghetista, per questo sotto osservazione della
DDA di Bologna, secondo i giornali sarebbe stato visto al ristorante in
compagnia con una gruppo di imprenditori sui quali aleggiava, come nuvola di
Fantozzi, un forte olezzo di ‘ndrangheta?
Capitò nel 2013. Può capitare. Anche se sarebbe stata una
ricaduta. Giacchè nel 2009, come Del Rio ha ammesso a denti stretti alla DDA,
il sindaco della città ex-rossa s’era recato in devota processione a omaggiare
i santi patroni di Cutro in Calabria. Quelli stessi che, per la DDA,
imperversano nel reggiano (e dappertutto nel Nord). Che ci fa un sindaco di
Reggo nella roccaforte della ‘ndrangheta della provincia di Crotone? In
processione? Quando si sa bene cosa significhino quelle processioni. E certi
“inchini”. Diversi prefetti sono saltati sulla sedia per molto meno. Poi l’ex-DC
Del Rio insorge contro il suo stesso governo, componente ex PCI, in difesa di
personaggi accusati dalla magistratura di operare d’intesa con malfattori.
Cambiasse mai qualcosa in questo paese dell’eterno ritorno.
Democristiano..