https://youtu.be/KoYw0LHEWLM
Ascolto Radio Rai diretta da Luca
Mazzà. Luca Mazzà, prima, era stato direttore del Tg3, il telegiornale più
virulentemente e goffamente anti-Cinquestelle dell’intero giro delle tv di
regime (regime inteso, non come l’attuale governo, ma come regime vero, la
consorteria politico-economico-finanziaria al servizio della Cupola). Prima
ancora, era mio collega nella redazione Economia-Ambiente dove, mi ricordo,
stava seduto a una scrivania davanti alla finestra, la migliore posizione del
salone, e non s’è mai capito cosa facesse. Di servizi giornalistici non me ne
ricordo neanche uno. Oggi, però, comanda e si irradia della più importante
radio del paese. E quale, secondo voi, potrebbe essere stata la sua
interpretazione dell’esito, negativo per i 5 Stelle, del voto in Abruzzo e
Sardegna? Ma è ovvio: grazie in particolare al rientrante Di Battista, il
Movimento avrebbe assunto posizioni troppo “radicali”, imponendo la sua agenda
“estremista” al partner di governo, da lui implicitamente giudicato “moderato”,
e pagandone il fio nelle urne
Bipolarismo finto e bipolarismo vero
La Cupola ha, anzi, le cupole, viste nel tempo e nello
spazio, hanno sempre provato a governare sia la maggioranza che l’opposizione, dando in pasto alla gente tale
vera e propria “combine” come bipolarismo tra opposti e contrari. Tipo l’Isis e
le forze Nato che pretendevano di combatterlo. In Italia gli è riuscito, parzialmente, fino alla caduta
del muro di Berlino, quando le forze di governo avevano di fronte un PCI di opposizione, da qualche decennio più
nominale che sostanziale: il famigerato consociativismo risoltosi nello
sciagurato compromesso storico. Che, poi, in forme alterne, più o meno
evidenti, tra bicamerali e larghe, o larghissime, intese, si è andato
perpetuando fino a oggi. Questo schema richiede di mantenere in piedi, con il
concorso di media del tutto “normalizzati”, divergenze apparenti, ma
sostanziali intese. Divergenti solo sull’assegnazione delle prebende. Ma,
soprattutto, esige di annientare uniti qualsiasi forza politica terza che metta
in discussione il tiro a due del carrozzone, così proficuamente governato
nell’interesse dei superpadroni, con ricadute anche per padroni, padroncini e
servitori. Il famoso “sgocciolio” dai deschi apparecchiati dalle e per le banche.
Un esempio recente, ma classico, la
SPD dei socialdemocratici tedeschi e la CDU dei vari Schroeder, Kohl, Merkel,
lievemente in attrito sul sociale e sull’ambientale, totalmente fusi sul
geopolitico. Con Liberali e Verdi a fare da nanetti in giardino. Poco prima,
sulla stessa linea, il Labour britannico trasformato da Blair in secondo
cavallo di razza, dopo quello Tory, del grande capitale bancario britannico.
Rothschild, per non fare nomi. Dei due partiti Usam, comprese le appendici
minori tipo McCain o Sanders, non mette neanche conto parlare. Che siano
diversi ci crede, o finge, solo il “manifesto”. Che non ha letto Gore Vidal.
Tutto questo è andato in crisi in
Italia, perenne laboratorio occidentale, come spetta a un paese di cruciale
rilievo geopolitico in mezzo al mare dei mari, tra Nord e Sud, Est e Ovest, con
l’apparizione, nel 2009, dell’uragano Cinque Stelle. Cosa aveva gonfiato le
vele di questa barchetta, fino a farne un vascello intercontinentale, se non la
presa di coscienza di quasi tutta una
popolazione che il presunto bipolarismo, la presunta contesa tra le due forze
dominanti, era tutta una finta e che s’era andata facendo costantemente a spese
sue, della gente? E che tra Berlusconi, Dini, Amato, D’Alema, Monti, Letta,
Renzi, Gentiloni e chiunque altro potesse essere rigurgitato dalla
cementificatrice capitalista, manovrata da Bruxelles per conto Oltreoceano, le
differenze erano quelle tra una zebra a strisce nere e bianche e una zebra a
strisce bianche e nere. E’ stata in buona misura l’apparizione degli eversivi 5
Stelle, il famigerato ma epocale “vaffa”, ad aprire la finestra e a sconvolgere
l’aria stagnante con forti correnti di fresco grecale. Il bipolarismo era nudo
come, davanti al bimbetto dagli occhi puri, il re di Andersen, che
costantemente torna di attualità in questio nostri giorni dei disvelamenti.
Come annunciato nell’occhiello del
titolo, la metto giù a pennellate. A impressioni. Niente di scientifico. Così
ne discutiamo. Qui, cari amucu 5 Stelle, nessuno vuole dare lezioni. E’ solo un
pour parler. Con sincerità, seppure,
a volte, obnubilati dalla faziosità che coltiviamo con cura.
Il “crollo”. Chi ha spinto? La stampa
Immaginiamo cosa succede se apriamo
un’arnia e ci buttiamo dentro un sasso; o se con un bastone smuoviamo un
formicaio; o se lasciamo un formaggio sul balcone per una settimana; o se
gridiamo in un corteo di “Libera” che i migranti sono vittime della tratta
organizzata con le Ong. Almeno una delle
sette piaghe d’Egitto, se non tutte. E faremo fatica a uscirne vivi. Come i 5
Stelle stanno facendo fatica, elettorale, a uscire vivi da cosa gli ha
scatenato addosso, in appena 10 mesi di governo, l’intero sistema nazionale,
europeo e internazionale di comunicazione, id
est di disinformazione. Direi che del cosiddetto “crollo”, festeggiato
orgasmaticamente dal sinistro
“manifesto” e con maggiore compostezza dal resto dell’universale destra, debba
essere dato merito al 30% (ho detto che non siamo scientifici; del resto la
Scienza con la S maiuscola ci considera decerebrati, vedi vaccini) a questa
campagna napoleonica dei media. Poi c’è l’intimidazione sistematica delle
funeste Moire, o Parche (quelle che ci tengono per i fili) di Bruxelles,
terrorizzate dalla comparsa, un po’ dappertutto, ma a incominciare dall’Italia,
di un flusso di papaveri capace di aggredire e travolgere l’assetto paesaggistico
con tanta cura allestito. Anzi, restaurato dopo il Congresso di Vienna.
I gufi UE
Alle nefaste divinità UE attribuirei
un 20% dell’arretramento pentastellato. Un buon 10% anche alla convivenza con
il solito sbruffone unidimensionale, ma megaloquente che fa pochissimo, ma
sbraita molto e in termini facili, tipo fumetto. E che si occupa della tua
giornata insidiata dal migrante che si fa mafia e spaccio, o della tua notte
penetrata dal ladro assassino. Mentre gli altri, con reddito di cittadinanza,
taglio di vitalizi e stipendi d’oro, spazzacorrotti, resistenza sì-no ai
cementificatori, no trivelle, dissesto territoriale, via prescrizione, via spot
dei biscazzieri, costi e benefici dei megaladrocini, migranti lasciati a casa
loro impedendo ai devastatori multinazionali di spossessarli e parecchio altro,
agiscono sul tuo mese, anno, decennio, figlio, nipote. La differenza tra il
taglio di un grappolo e la messa a dimora di una vite.
L’oggi e il domani
Abbiamo messo insieme il 60%. Rimane
da assegnare il 40%, sempre per niente scientifico, impressionistico, tipo papaveri
di Monet. Come ho già scritto e detto in giro parecchie volte, confortato da
tanti 5 Stelle che, sul territorio, hanno accompagnato le mie battaglie
giornalistiche, il voto politico d’opinione, cioè della scelta sui massimi
sistemi che, con la Lega si proiettano in un futuro del tutto opaco, premia il
MoVimento perché è consapevole che il suo discorso non si limita al blocco di
una nave, al fucile sotto il letto, agli
sbirri di guardia ai papaveri rossi. E che quello di tutti gli altri – pensate
che roba: Martina, Giacchetti, Zingaretti, Calenda, Bonino, Bersani,
Fratoianni, e, naturalmente, l’attuale socio di maggioranza in felpa - naviganti della melma nella quale stiamo
annaspando da mezzo secolo, non sarà mai il discorso nostro. Per questo alle
politiche si arriva al 33%. Invece quando si tratta del locale, ecco il tonfo.
Digitali o analogici
Succede, e di questo ho una certezza
quasi scientifica, perlomeno storica, quando una forza politica con pretese
universali si muove per canali elettronici, telematici, virtuali e non dà ai
suoi militanti, simpatizzanti, ai curiosi, al popolo che sta lì, l’occasione
per annusarsi, confrontarsi, conversare, litigare, elaborare, ridere,
sorridere, fantasticare, cenare, bere, va a finire così. Come la gente sul
treno o bus che non ha idea di chi gli siede accanto o di cosa passa fuori dal
finestrino, annegato com’è tra gente senza volto nel suo smart phone. Come in
Abruzzo e in Sardegna. E magari si può tornare, facendosi pure deprecare come
“partito” (che male c’è, dipende da che
partito!), ad avere una sede (finche si è in pochi va bene la casa di uno, ma
poi…), delle assemblee, dei responsabili che mettano il sale sulla coda ai
rappresentanti istituzionali, Di Maio compreso. Che sennò, di delusione in
delusione, di piattaforma in blog, finisce che la gente non muove più gambe e
mani neanche per le politiche. Insomma,
luoghi, tempi e occasioni per incontrarsi. Magari risuscitando quelle che erano
le uniche occasioni territoriali, i Meet-up,
anche se era il solito termine inglese, scioccamente “trendy” , o “smart”. Si
dice “Incontri”, punto. Vogliamo dare al “tanto Rousseau”, e al poco “vediamoci
stasera alle 9 in sede”, a questa ossessione dell’innovazione tecnologica gestita
contro il pianeta e contro l’umanità dai veri padroni, un altro 20% delle cause
delle dissipazioni elettorali?
Moderati o radicali
Il Movimento 5Stelle è nato,
nell’intenzione dei suoi fondatori e della gente che gli è venuta dietro e che
lo ha portato avanti, dall’abissale disgusto per l’esistente di una classe
dirigente ignorante, incompetente, arraffona, volgare, intrecciata a ogni sorta
di malaffare, spicciolo o di grande criminalità. E’ nato per dare il suo agli
esclusi, svantaggiati, spernacchiati. Ai dominati. Niente grande teoria di
riorganizzazione della società, ma le sue premesse, basate su rifiuti e
bisogni. E allora arriva un Luca Mazzà che non si capisce in base a quali
meriti comandi la radio pubblica che, mentre mi lavo i denti, mi infligge la
castroneria che i 5 Stelle hanno perso perché radicali ed estremisti. Logica
ferrea: quando erano davvero radicali ed estremisti (si intende, rispetto
all’estremismo dei briganti di passo bancario e marziale), quando uno valeva
uno e a tutti gli altri vaffa, quando Di Battista metteva in discussione la
Nato, le missioni militari e gli F35, quando non c’erano infiltrati del Colle
come Moavero o Tria, quando Di Stefano invitava chi in Siria resisteva alla
Nato e ai suoi jihadisti, quando il No alle zozzerie come TAV, Tap, Muos era
chiaro e forte, quando Euro e UE erano giustamente visti come chiodi nella
nostra bara, quando non era ancora iniziata la corsa a chi arriva prima a
Washington, o in Viale dell’Astronomia (Confindustria), il MoVimento tracimava
dalle piazze e arrivava al 33% e lo sproloquione al 17. In Parlamento è ancora
così. Anche se sembra il contrario.
Tanti voti se ne sono andati in astensione, credetemi,
perché Tap, Muos, Terzo Valico, Ilva, sono passati, sul TAV, si continua
inconcepibilmente a traccheggiare, sulla fine dell’Italia tramite spezzatino
apparecchiato per la Grande Bouffe (vedi
Ferreri) del Nord francotedesco, come dire secessionisti dalla nazione alla
mercè dei secessionisti dall’Europa, si chiude la bocca a probabilmente un
occhio, se non due. E il risultato è quello che ha fatto seccare i papaveri. Rossi
o gialli che fossero.
Perché si realizzi l’auspicio di Riccardo III - “Ormai l'inverno del nostro
scontento / s'è fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole…” – altro
che Luca Mazzà. A estremisti, estremismo, a brigante, brigante e mezzo.. A
cominciare dal TAV, a proseguire con il NO al Global Compact che ci farebbe vittime e complici della tratta degli schiavi e dell'assalto all'Africa, e a non perdere neanche un secondo, un voto, a bloccare il
crimine delle “autonomie differenziate”.
Avete
imperdonabilmente contribuito acchè la gente non ne sapesse, non ne parlasse
e quindi non combattesse questo insulto.
Già fate discutere poco in basso, ma se non mettete questa cosa in mano al
popolo, nel cuore del presente e del futuro, è come se non ci foste mai stati. O
impedite che quattro cialtroni, vocati alla regressione tribale, ci facciano da
soli quello che altri necrofori hanno fatto alla Jugoslavia, o alla Libia, agli
indiani d’America, ai palestinesi, eseguendo ordini di servizio di coloro che
sui papaveri di Monet, rossi o gialli che siano, butterebbero glifosato
Monsanto, o siete morti. O siamo morti.