A proposito della “Risposta di un
africano a Zanotelli” mi preme una rettifica a questo periodo:
“Perché Alex non ha il coraggio di puntare il dito contro chi sta creando i
terroristi in Africa, a cominciare dai BokoHaram in Nigeria e Al Shabaab in
Somalia? Crede davvero che in Somalia si divertano a fare una guerra civile da
trent’anni? A chi giovano questi terroristi se non al neocolonialismo? La War
on terror non è forse la nuova evangelizzazione del continente africano? Se
vogliamo rompere il silenzio sull’Africa diciamo di chi è veramente la colpa.
Quale altra potenza conosciamo impegnata a destabilizzare l’Africa ed il mondo
intero con il terrorismo?”
Qui l’autore, che come me conosce
l’Eritrea, mostra di non conoscere la Somalia e di cadere anche lui nella
trappola delle mistificazioni/diffamazioni della propaganda imperialista e
neocolonialista. Sebbene qualche tempo fa un gruppo del grande movimento
islamico di liberazione nazionale Al Shabaab, si sia dichiarato seguace di
Isis, o, se si vuole, dello Stato Islamico, immediata ne è stata l’espulsione
da parte della direzione del movimento. Le foto che dilagano in rete di
formazioni Shabaab con vessilli jihadisti favoriscono l’equivoco. Non so di
ulteriori affiliazioni, se non quello che, con automatismo sospetto, ad Al
Shabaab vengono attribuite dai soliti media mercenari. Si tratta di
giustificare un’occupazione coloniale attuata mediante l’utilizzo di una feroce
forza “interafricana”, UNOSOM, promossa dall’ONU con l’impiego di soldataglie
dei paesi vicini ostili alla Somalia, colpevole di innumerevole atrocità ai
danni dei civili, assistita da sempre più massicce incursioni di forze
speciali, bombardieri e droni Usa, e affidata al governo di una successione di
fantocci mai eletti da nessuno, ma creati a tavolino a Gibuti o a Nairobi dai
colonialisti e loro clienti africani.
L’equiparazione a Boko Haram e altre forze
terroristiche legate all’Isis è impropria, come è abusivo, improprio e
funzionale agli interessi neocoloniali l’uso del termine “terroristi” per Al
Shabaab. Mentre tutte le formazioni terroristiche legate a Isis o Al Qaida si
sanno e sono dimostrate create, istigate e foraggiate dalle potenze occidentali
e da Israele, non v’è nessuna indicazione che questo sia il caso per i ribelli
somali. Tutte le manifestazioni di Isis e affini sono finalizzate a
destabilizzare i paesi in cui avvengono, nell’evidente interesse del
neocolonialismo e dell’imperialismo: dai paesi arabi alla Nigeria,
all’Afghanistan, al Pakistan, alle Filippine, agli Uiguri dello Xinjiang,
all’Europa. La lotta degli Al Shabaab invece è direttamente contro i regimetti
filo-occidentali installati dall’imperialismo, ai suoi protettori Usa e Nato,
ai loro complici africani (Kenya). Mi pare una differenza decisiva. E se tutte
le formazioni terroristiche scaturite dai progetti e dalle strategia
occidentali fanno sistematicamente strame di civili, ovunque, agli scopi noti
della frantumazione sociale, dello spopolamento, dell’emigrazione, della
militarizzazione repressiva, questo non è mai avvenuto in Somalia, dove le
operazioni militari di Al Shabaab sono sempre dirette contro il regime imposto
e i suoi sponsor.
Ma facciamo un po’ di storia. MI è
capitato di essere inviato in Somalia nel 1991, pochi mesi dopo il
rovesciamento di un autocrate di lunga lena, Siad Barre, prima leader
patriottico anticolonialista e alleato degli URSS ai tempi delle grandi
decolonizzazioni, infine, a vento cambiato, fattorino degli Usa e feroce
repressore del suo popolo. Dopo di me, per il TG3 venne Ilaria Alpi. Il
defenestramento di Barre era dovuto a una rivolta dell’esercito sostenuto
da un’insurrezione di massa, guidata dal generale Mohamed Farah Aidid.
Trattandosi di persona indipendente, patriottica, anticolonialista, espressione
della popolazione somala, che ho avuto l’onore di conoscere e il piacere di
intervistare, in Occidente gli si contrappose il solito burattino, tale Ali
Mahdi, caporione tribale, del tutto incapace di contrastare la rivoluzione
nazionale guidata da Aidid. Occorreva intervenire con più pesantezza per
garantire al meglio il recupero della Somalia, collocata in posizione
strategica sulla soglia dell’Oceano indiano e all’imbocco del Mar Rosso e Golfo
Persico (quanto l’Eritrea!), o, al peggio, la solita condizione di caos e di
Stato fallito, incapace di svolgere un qualsiasi ruolo di disturbo agli
interessi occidentali.
E parte la Missione Nato Restore Hope, in cui americani
e italiani si distinguono per efferatezze ai danni dei civili e delle donne,
sconfitta nel 1995 dalla resistenza popolare guidata da Aidid. L’Etiopia, caposaldo
imperialista nel Corno d’Africa, che già aveva divorato un buon terzo della
Somalia (l’Ogaden), dà una mano con ripetute invasioni, regolarmente respinte.
Ali Mahdi scompare, ma Aidid, ora presidente della Somalia, viene ucciso in un
epigonale scontro con miliziani residui di Ali Mahdi. Da allora è il caos,
accanitamente perseguito dai soliti interessi.
La resistenza somala si riorganizza contro
l’ennesimo “governo provvisorio” installato dai colonialisti, con l’Unione
delle Corti Islamiche, organizzazione sociale storica, di segno moderato
(esclude la Sharìa) e dotata di grande appoggio popolare, che passa alla lotta armata
e contemporaneamente dà a Mogadiscio e al paese un assetto di pace e di
riorganizzazione istituzionale. Sono, dopo 17 anni, i primi momenti di
tranquillità e normalità per una popolazione saccheggiata e decimata dal
recupero neocolonialista. Un massiccio intervento Usa, accompagnato
dall’ennesima irruzione militare etiopica pone fine a questa prospettiva di
riscatto della nostra ex-colonia. Una ex-colonia depredata e il debito nei cui
confronti l’Italia ha voluto pagare inondandola di massacri bellici e di
rifiuti tossici con gli sporchi traffici tra servizi e mafie e signori della
guerra locali. Rifiuti tossici, anche nucleari, sepolti sotto nuove strade e
terreni agricoli che hanno causato devastanti morie di abitanti e bestiame.
Ilaria Alpi e Miran Hovratin, miei colleghi, che scoprirono questi crimini, dai
loro autori e complici furono poi eliminati. E la vergogna dell’impunità di
questi bonzi delle nostre istituzioni persiste.
Ci fu poi la fase della demonizzazione dei
somali con la campagna contro i “pirati”, tesa a liberare le acque territoriali
somale da pescatori che ne traevano sostentamento per una popolazione in preda
a carestie e denutrizione, per lasciare mano libera ai predatori delle flotte
pescherecce delle compagnie del Nord del mondo.
Dalla sconfitta delle Corti Islamiche
nacquero gli Al Shabaab. E siamo ai giorni nostri.
Ci siamo coperti di delitti e vergogne
come potenza coloniale, come partecipi di aggressioni e sterminii, come
avvelenatori che rasentano il genocidio, come istigatori di migrazioni di
massa che sterilizzassero la Somalia e abbattessero salari e diritti dei nostri
lavoratori, come assassini di due nostri bravi giornalisti che avrebbero
inchiodato i delinquenti di regime italiani alle loro responsabilità. Non
aggiungiamo ulteriore supporto ai barbari schierandoci dalla parte sbagliata.
Oggi come oggi, gli Al Shabaab sono una forza di resistenza popolare a
colonialismo, imperialismo, sguatteri africani corrotti e asserviti..
Forse qualcuno scoprirà che, invece, come
i jihadisti sparsi qua e là dai globalizzatori di morte e distruzione, anche
gli Shabaab non servono ad altro che a mantenere la Somalia nel caos Che anche di loro le fila le tirano i barbari.
Però oggi è così che non ammazzano o seviziano civili somali, ma gli invasori e
traditori del paese. Cosa faranno questi combattenti somali in futuro sta in
grembo a Giove e noi ci regoleremo di conseguenza.