mercoledì 12 marzo 2025

Eurodemocrazia, da culla a tomba a passo dell’oca --- BRUXELLES-BUCAREST, VICOLO CIECO

 

Fulvio Grimaldi per “Il ringhio del bassotto”

 

 La democrazia muore a Bucarest

“Il ringhio del bassotto”: Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

Video integrale (su Odysee): La democrazia muore a Bucarest

 

I vampiri, dal grande Christopher Lee e prima e poi, venivano innocuizzati col paletto piantato nel cuore. Roba di Transilvania oscura. Roba di Romania nera nera. Solo che il vampiro ha rovesciato le cose e il paletto l’ha piantato lui nel cuore. Di Calin Georgescu. Cioè della Romania, della democrazia. Delle libertà fondamentali. Sulle cui ossa, già ben sgranocchiate dal nazifascismo e indi giustapposte a Ventotene, si sono piantate le fondamenta dell’Unione Europa, più rimasugli ammuffiti di Impero Britannico.

Grandiosa rivincita. Assistita e coadiuvata da una bella banda della Magliana, più Falange Armata, più Banda dell’Uno Bianca, più tutti i servizi segreti con succursali private: pali, autisti, spioni, fornitori delle armi, logistici, giureconsulti alla Nordio per assicurare ai picciotti prescrizioni lunghe due vite. Insomma Ursula von der Leyen, Starmer, Macron, Costa, Merz, Tusk, tutti questi che sul bavero hanno il logo banderista e Zelensky con al collo la Croce di Ferro di Primo Grado.

Col paletto nel cuore, la Romania, cioè le sue istituzioni democratiche, si sono giocate un probabilissimo presidente ultradestro, cospiratore fascista, nazionalista e sovranista (orrore!), all’orecchio di Putin che, con Tic Toc, ha martellato le sinapsi di milioni di rumeni fino a convincerli a votare il mostro estremista putiniano che non voleva far fare alla Romania la fine dell’Ucraina, gloria dei popoli, altare della democrazia, monumento alla libertà.

Martellamento che ha funzionato alla grande, visto che, da primo col 22% alle elezioni, poi per questo scandalo annullate dalla suprema istanza rumena dell’eurogiustizia, era stato elevato nei sondaggi a primo col 45%, con prospettiva di maggioranza assoluta da solo. In elezioni che, non potendosi annullare un’altra volta senza che ID Vance, vicepresidente e testa pensante, tornasse a tuonare che abbattere un candidato, solo perché onesto, assennato e perciò antiguerra, indicava che L’Europa con dentro la Romania era al meglio una discarica di croci uncinate e si accontentassero di Zelensky.  

Mi sovviene Una reminiscenza rumena, quando piantarono – sempre quelli - il paletto nel cuore di quell’altro transilvano, Nicolae Ceausescu. Tutto merito di Timisoara, ricordate, il massacro che sconvolse il mondo e fece accettare la fucilazione su due piedi di Ceausescu  e della moglie Elena. Nient’altro che una costruzione Lego di quelle che ti fanno credere che si tratti del mondo. Come Srebrenica in Jugoslavia, Racak in Kosovo, Halabja curda “gassata da Saddam”, i “gas di Assad a East Ghouta”, l’11 settembre, il 7 ottobre, Pearl Harbour, i soldati tedeschi vestiti da polacchi che sparano sui borghi tedeschi, la strage nazista di polacchi a Katyn attribuita ai sovietici, e andare, andare andare. Nel segno della fede più potente di tutti, quella della False Flag. Tipo l’inferno per i peccatori.

Vi siete dimenticati. Vi eravate bevuti tutto, all’epoca, o dai libri di storia? Allora allungo l’inciso, la memoria serve. Dicembre 1979, il mondo del socialismo reale si disintegra. Picconi manovrati da Reagan, Gorbaciov e poi Eltsin (l’Abu Mazen dell’URSS). Gorbaciov prova a intimare ai rumeni di smetterla col socialismo e la contrapposizione a Occidente e mercato. Ceausescu rifiuta. Problemone nei Balcani, tra Mediterraneo e Mar Nero. Problemissimo: il popolo sta con lui, lo sostiene nella coerenza.

Occorrono paletti da conficcare nel cuore di questi sconsiderati. E anche di quelli che da fuori, annaspando nella palude tossica del Libero Mercato, li guardano con simpatia. A Timisoara si allestisce una rivoltina colorata. Niente di che… Fino a quando non circolano a valanga, a mitraglia, a bombardamento a tappeto, foto e video del “massacro della polizia di Ceausescu”. Decine di cadaveri sparsi per le strade, con la stessa valenza realistica dei morti disseminati sapientemente a Bucha, o dei passanti che a Wuhan cadono stecchiti sotto telecamere occidentali a dimostrare che il Covid c’è proprio. O della fila di camion del nostro esercito che da Bergamo portano via ciò che l’obitorio non riesce più a smaltire: un cadavere. Uno.

Poi inchiesta. I cadaveri “uccisi dalla polizia” in quelle ore, erano in decomposizione da giorni. Tutti tirati fuori da fosse nel cimitero e dagli obitori. Va bene tutto, si mormora perplessi, ma non quella povera donna morta con sul seno un cadaverino neanche tutto partorita. E lì allora, Ceausescu, Nicolae ed Elena, se la sono proprio cercata! E la folla  cambia umore e direzione. Funziona. Come avrebbe funzionato anni dopo a Belgrado. Fateli fuori subito i mostri. Altro che processo, fucilateli!

La scena raccapricciante e dannante, da svolta storica, mostrava il cadavere di una donna di settant’anni, cui avevano messo sul ventre una creaturina malamente nata. Si è saputo, dimostrato, anche detto fra i denti. Persino dagli stessi ragazzi di bottega mediatici. Ma nessuno ascoltava più.

In Romania certe operazioni funzionano. Ieri, oggi. Telecomandate, ma funzionano.

Ursula suona al citofono e manda su il cestino con dentro il Digital Services Act, DSA, da tempo licenziato dalla UE per tenerci nei ceppi di ciò che Ursula e i suoi decidono essere disinformazione, discorsi dell’odio, complottismo, fake news.

Dal piano ringraziano con fazzoletti blu pieni di stellette e rimandano giù la cesta con dentro il gradimento del dono come espresso da alcuni dei gioielli di libertà d’espressione e democrazia già confezionati e che al DSA si sono ispirati. Insieme a una foto di Calin Georgescu sfregiata con tanto di baffetti di Hitler.

Il governo di Bucarest ha dunque emanato questa “Ordinanza d’emergenza” (a scartabellarci golosi si sono subito precipitati i nostri Piantedosi e Nordio). Permette di bloccare contenuti, definire false le informazioni, manipolate o minaccia nei confronti della Sicurezza Nazionale. Senza autorizzazione giudiziaria e senza la benchè minima definizione dei criteri di valutazione. A pene di segugio. Sovrana vi regna l’Intelligenza Artificiale. Tipo, quel malfattore che attenta alla vita del ministro ha proprio la tua faccia e pure la tua voce.

Scegliamo fior da fiore, su suggerimento dell’account indipendente “Daily Romania”, che ne è venuto in possesso, quanto l’ordinanza consente all’autorità – Servizi, Forze Armate, Cyberautorità, Autorità elettorali - nel nome della sicurezza, oltre al bando di contenuti, alla chiusura di testate, al blocco di oppositori sociali.

Creazione di profili generati dall’intelligenza artificiale. Manipolazione delle identità di persone, imprese private, enti. Inserimenti di profili e contenuti in piattaforme altrui. Diffusione di contenuti simili, ma opposti e attribuiti alla stessa fonte. Utilizzo di testi farlocchi generati dall’IA. Organizzazione di campagne di solidarietà false. Diffusione di contenuti video, foto e audio, veri o apparentemente veri, attribuiti a entità vere o false. Diffusione di ricerche e sondaggi falsificati o manipolati. Diffusione di teorie della cospirazione, appelli di forte emotività, informazioni fuorvianti. Scambio delle origini di documenti visivi (già fatto infinite volte, quando manifestazioni per una causa erano state fatte passare per un’altra). Campagne di diffamazione.

E qui, prescindendo da altre, complessivamente 37, voci elencate nell’ordinanza, torniamo al caso Georgescu. Che è poi quello collaudato,  pronto ad essere adoperato ovunque le democrazie occidentali rischiano di soccombere alle autocrazie orientali che ricorrono a spregiudicati personaggi “di estrema destra, “ultradestri”, “estremisti”, “ neonazisti” e, dio ce ne scampi e liberi, putiniani.

 

 

martedì 11 marzo 2025

 

Fulvio Grimaldi per l’Antidiplomatico



In Siria i jihadisti democratici tornano carnefici

CISGIORDANIA, LA NUOVA NAKBA

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-fulvio_grimaldi__in_siria_i_jihadisti_democratici_tornano_ca

 

Occultata dalle intemperanze e improvvisazioni di Trump, comprese le oscenità sul cimitero dei vivi di Gaza e le nequizie deontologiche e morali di un sistema politico-mediatico italiota, sistematicamente depistatore e menzognero, dovremmo passare sopra la nuova Nakba che lo Stato terrorista dei soli ebrei sta infliggendo agli umani veri di Cisgiordania. Nakba che è ormai il quarto fronte aperto dai necrofagi impiantati dall’anglosfera in Medioriente, dopo Gaza, Libano, Siria. Paesi, popoli, che si vorrebbero frammenti di cadaveri per comporre la Grande Israele.

La troupe era composta da Sandra e me e nel documentario “Araba Fenice, il tuo nome è Gaza” potete vedere cosa abbiamo girato in Cisgiordania e, soprattutto a Hebron, oggi nuovo obiettivo della sostituzione etnica che faccia della Cisgiordania la Giudea e Samaria della mistificazione biblica.  

Da Hebron che, con la pulizia etnica dilagante dal Nord della Cisgiordania al Sud, era rimasta relativamente fuori dalla furia stragista e devastatrice delle bande di coloni e dell’esercito, mi arrivano famigliari e care voci. Quanto di oppressione nazirazzista avevamo visto e documentato allora, si è duplicato, quadriplicato, esteso e potenziato fino ad assumere i tratti genocidi di Gaza. Dopo Nablus, Jenin, Tulkarem, e decine di centri abitati, dopo lo svuotamento della Valle del Giordano, anche Hebron deve scomparire.

La pulizia etnica strisciante, operata allora tramite terrore ancora episodico, al quale assistevano impotenti i soliti nostri ridondanti “peacekeepers”, in ispecie Carabinieri (e ce lo confessavano frustrati), è diventata sterminio. Tutto calcolato, tutto pianificato meticolosamente. Loro, commettendo la solita, abusiva rivendicazione storica, direbbero “fin dai tempi di Mosè”. Noi sappiamo che la matrice è il sionismo allestito dal colonialismo storico alla fine dell’800.

Arrivando a Hebron dalle colline che la circondano, costellate di villaggi agropastorali di antichissima cultura, si scende a fondo valle correndo lungo una fiumana di abitazioni, moschee, botteghe, officine, scuole, sedi istituzionali. Alla fine, stop. Il nulla. Il nulla dove era il centro della comunità, del suo vivere insieme, il grande mercato medievale arabo. Solo serrande chiuse. E pattuglie dell’esercito occupante che già solo con l’atteggiamento, se non con le canne del fucile che ti guardano, digrignano: “Via da qui!”.

E’ ancora vivo e lotta insieme alla sua comunità il medico, laureato in Italia, che ci ha accolto sulla porta della casa da cui era stato espulso, ma in cui erano trattenuti, sequestrati, dall’occupante militare israeliano insediatosi nel piano alto, moglie e figli piccoli.

Mentre il dottor Jussef, ci raccontava come dal tetto i soldati, utilizzando i suoi famigliari come scudi umani, si divertivano a sparare contro le case abitate sul lato opposto della piazza, questi stessi fucilatori, accortisi della nostra presenza, dall’alto ci mostravano il dito medio.

Prima del mercato antico c’era uno dei mille e mille posti di blocco dedicati all’esasperazione della vita dei titolari di questi luoghi. Riuscimmo ad attraversarlo e, passando per il dedalo di vicoli e corridoi ingrigiti, tra bazar defunti dietro alle saracinesche, superando uno spiazzo vuoto nel quale restavano solo le tracce delle fondamenta di edifici commerciali rasi al suolo, risalimmo verso la cittadella storica. Allora occupata da 500 ebrei sionisti di origine statunitense. Ogni strada di accesso a questo territorio stuprato, ogni sua via di comunicazione interna, era percorsa, con la regolarità di un servizio pubblico urbano, da pattuglie e blindati di militari. A volte a scorta di nugoli famigliari in abito nero, cappello nero e treccine. E inevitabilmente occhiate sospette, sguardi torvi.

Ma si resisteva. Accadendo ogni giorno, nella zona della città che la truffa di Oslo aveva concesso alla libertà di movimento – sempre parziale e spesso interrotta – venivano improvvisate barricate a contrasto dei pattugliamenti e delle irruzioni in case, negozi, università, municipio. E all’arrivo dei blindati o dei soldati appiedati, le venivano date fuoco. Partivano i sassi. Che soddisfazione parteciparvi. Il tempo di vita che mi riconosco non buttato è sicuramente quello che mi ha visto a fianco di chi tirava sassi, e anche altro.

Oggi Hebron ospita ancora circa 200.000 palestinesi, sotto tiro di 800 coloni che rivendicano tutta la città perché datagli dal loro dio. Sono pochi i maschi che nel corso di questi anni non siano passati per le carceri israeliane della tortura, comprovata mille volte dalle proprie carni, più che dai racconti. Sono poche le famiglie che non siano state terrorizzate dalle incursioni notturne di chi, bastonato chi rimaneva, sequestrava padri, madri figli e li portava dove sarebbero rimasti. Anche per anni, nudi, denutriti, vessati, senza imputazioni, processi, difesa: detenzione amministrativa. Dal 1967 è toccato a circa 700.000 palestinesi. Sono molte le case demolite perché un loro inquilino dava motivo per sospettarne…

La situazione è precipitata in tutta la Cisgiordania a partire dal 7 ottobre dell’Alluvione di Al Aqsa. Ma nel Sud da questi ultimi giorni.

Da Hebron ci giungono voci di ancora sopravviventi. Nei giorni dopo l’operazione liberatoria di Hamas, nel carcere della città arrivarono donne di Gaza. Vestiti insanguinati, lo jihab strappato, sistemate per terra, il cambio con indumenti zeppi di pulci. Entrano soldati, gli mettono le manette di nastro che stringono i polsi fino a gonfiarli, bendano gli occhi, le costringono a terra con la faccia nella polvere, le insultano, le minacciano cani poliziotti.  E le portano via. Le fanno rientrare nelle loro celle una volta che vi hanno fatto esplodere candelotti lacrimogeni. Quelli tossici, CS, quelli che a me, nei miei scontri a Ramallah durati pochi minuti, hanno lasciato una bronchite cronica. Figuriamoci il loro sistema respiratorio sottoposto alla gassificazione fin dall’infanzia….

Intanto, dai coltivatori e allevatori sulle colline attorno a Hebron hanno iniziato a essere incorporati dai coloni migliaia di ettari di terra, intere greggi, milioni di ulivi. E gli acquedotti  e le reti elettriche distrutti. E chi si ostina a non togliersi dai piedi, si ritrova la casa devastata, le stanze bruciacchiate dalle granate di gas, la macchina a fuoco, i cellulari rubati, tutti i percorsi ostruiti, cancellati. Lo vivono ora ogni giorno, ogni notte, ogni ora quelli di Um Al-Khair, Khirbet Zan, Tuwani, Sheb Al-Butom., villaggi a corona intorno a Hebron, assediati e soffocati dagli insediamenti dei coloni.

A Hebron visitammo, superando con disagio gli ostili frammezzi militari ebraici, la storica Moschea di Abramo, luogo sacro dell’Islam. Baruch Goldstein, fanatico decerebrato del partito di Meir Kahane, padrino e ispiratore delle attuali formazioni fasciste dei ministri annessionisti, Smotrich e Ben Gvir, nel 1994 vi ammazzò a mitragliate 29 palestinesi. Il suo ritratto è appeso nell’ufficio di Itamar Ben Gvir, capo di Otzama Yehudit, “Potere Ebraico”.

Torniamo a Nord, alla nuova Nakba, a quella innescata dal regime ebraico-nazista senza alcun bisogno dell’innesco-pretesto del 7 ottobre (un autodafè, se mai ce n’è stato uno!), a partire dal rogo che, parecchio prima, il 26 febbraio 2003, con un raid di coloni, incenerì la citta palestinese di Howara.

Solo nei primi due mesi di gazificazione - ricordiamoci: accuratamente preparata dalle incursioni della polizia del presidente Abu Mazen - 50.000 palestinesi espulsi dalle loro terre, case, comunità, nel nulla della nuova Nakba. E’ l’inizio. Con i confini verso Giordania, Libano, Egitto, Siria, chiusi, quando non superati da Israele con le cosiddette “zone cuscinetto di sicurezza” (da annettere domani) nel territorio degli altri Stati, per questi 50.000 e quelli che seguiranno è prevista solo la dissoluzione. Evaporare, come l’acqua.

DOVE ISRAELE BUTTA L’OCCHIO, PARTONO GLI STERMINII

Una tale decomposizione, in combutta con i fratelli jihadisti, la contigua setta sionista ha iniziato a infliggerla alle popolazioni di Latakia, Tartus, Hama, Oms, la regione della Siria abitata da sunniti insieme a una locale maggioranza di sciti alawiti, della stessa confessione e cultura politica dei protagonisti della liberazione e della rivoluzione laico-socialista. E in questa area, infatti, che si stanno verificando i primi episodi importanti di una resistenza organizzata e operativamente efficiente.

Occultati dalle cancellerie corresponsabili dell’episodio siriano della guerra agli arabi, già da settimane filtravano notizie sulla ripresa delle atrocità jihadiste, sotto copertura dell’abito e della cravatta di Ahmed Sharaa-Al Jolani, in varie zone della Siria occupata e trisquartata tra turchi, israeliani e mercenariato curdo degli USA.

Incontenibile nella loro ferocia stragista, fatta di esecuzioni di massa, crocefissioni, persone bruciate vive, scuoiate, annegate, stuprate, i “liberatori della Siria” sono tornati a mostrare il volto esibito durante i 13 anni dell’aggressione colonialista, eufemizzata in “guerra civile” Tutte cose documentate anche nel mio “Armageddon sulla via di Damasco” girato in piena guerra. I mercenari Al Qaida dell’aggressione turco-israelo-statunitense diffondevano in tutto il paese le immagini delle loro atrocità a danni di civili di cellulare in cellulare, con l’intento di terrorizzare e castrare ogni volontà di resistenza.

 Hanno esibito buone maniere nel momento delle cerimonie democratiche di insediamento a Damasco. Tanto goffe e bugiarde, quanto applaudite da quel nostro mondo che vi si riconosce, ma che dice di amare il diverso. Tanto da ucciderlo, o farlo uccidere appena può (vedi Siria). Ma la vera natura di questi mostri allevati e armati dalla CIA e da Erdogan (Netaniahu ne faceva curare i feriti in cliniche israeliane) è riesplosa appena le telecamere di servizio coloniale si sono ritirate. Insieme ai primi sussulti di una resistenza, per ora apparsa a macchie di leopardo.

Una fin qui occultata campagna di esecuzioni, anche di massa, distruzione di abitati, arresti, sequestri, maltrattamenti, massacri di soldati dell’esercito siriano, di amministratori, funzionari, impiegati dello Stato abbattuto, addirittura bombardamenti da elicotteri, tutto riservato con particolare accanimento a cristiani e sciti, raggiunge ora l’apice nella regione siriana che scende verso il Mediterraneo. Al 10 di marzo le persone assassinate erano oltre 1.300 nella sola provincia di Latakia. Insieme ai membri dei gruppi di resistenza e ai miliziani jihadisti, in maggioranza civili.

Non pare che il tentativo della popolazione di trovare protezione rifugiandosi nelle vicinanze delle basi russe, navale a Tartus e aerea, Khmeimim, a Latakia, abbia impedito la continuazione dell’eccidio. Del resto sul destino di queste basi non sai è ancora saputo nulla di definitivo. Pare siano in corso colloqui tra Mosca e le nuove autorità di Damasco.

Il mondo tace. Al capo massacratore, lasciato fare per 13 anni, e ora riscattato dalla promessa di sparpagliare i resti della Siria ai piedi degli squartatori, tutto è consentito.

Torniamo in Cisgiordania. I coloni, smaltita la fuga di molte decine di migliaia dalla Galilea colpita da Hezbollah, garantiti da questo regime, hanno ripreso a immigrare e dovrebbero aggirarsi intorno al milione. La loro rapina a mano armata di territorio a oltre due milioni di palestinesi della Cisgiordania e assicurata dagli armamenti ricevuti, dalla libertà giuridica di delinquere a tutti i livelli purchè sia ai danni dei nativi, dal costante rinforzo prestato dall’IDF e dal collaborazionismo armato e di intelligence dell’ANP. E, ora, dopo i tentennamenti di Biden, anche dal benestare di Trump. in vista dei resort da far sorgere in queste valli ubertose.

La violenza armata, ormai quotidiana e che non si ferma alla distruzione e poi allo sgombero di interi campi profughi (Jenin, Tulkarem, Nur Shams…) mediante pogrom di coloni, carri armati, ruspe, addirittura raid di cacciabombardieri, ripete pari pari il genocidio di Gaza.

La distruzione mirata di acquedotti, reti elettriche, depositi di viveri, sistemi fognari, la cancellazione o ostruzione delle vie di comunicazione, i 900 posti blocco, spesso improvvisati, i quasi 200.000 lavoratori che traevano il sostentamento delle loro famiglie da lavori per imprese israeliane, predispongono all’invivibilità, all’inedia e, quindi, allo spodestamento e alla desertificazione del cuore della Palestina. Per il quale sarà previsto la riabilitazione attraverso un piano di rinascita tipo “Riviera di Gaza”.

E’ un’altra Nakba. Sotto i nostri occhi. Come nel 1948. E seguenti.

venerdì 7 marzo 2025

Il 15 marzo per l’Europa di Davos? --- ALLA DERIVA SULLA NAVE DEI MORTI --- Emergenze di regime: AIDS, terrorismo, Covid, clima, ora Putin


Sul suo canale Youtube Spettacolino di Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=t06DmEnqTdI

https://youtu.be/t06DmEnqTdI

Dunque, l’umorista spento di cui nel video, fattosi canarino in gabbia dal cinguettio su comando, va facendo delle giravolte. “Ma sì, ma andiamoci lo stesso il 15 marzo per l’Europa… 800 miliardi? Un po’ troppi? Ma non ne abbiamo già speso quasi altrettanti per salvare Ucraina e democrazia ? Su, non formalizziamoci sui numeri…”

Da noi, nell’Italia di ospedali, scuole, università, strade, salari, tutti ottimali, con la dottrina Ursula von Bomben (copy Travaglio), quirinalizzata dal ripetente sul Colle, succede questo: 2025 + 7 miliardi di euro, 2026 +17 miliardi, 2027 +27 miliardi, 2028 + 37 miliardi.

VIVA L’EUROPA A TRAZIONE ARMATA FRANCO-BRITANNICO-TEDESCA , CON VIGORE E BUONUMORE ALLA TERZA GUERRA MONDIALE, MAGARI ATOMICA.

Ora che quei cagasotto di americani hanno mollato l’osso russo per le briciole palestinesi, si torna alle cannoniere di Sua Maestà. Che nostalgia!

Stavolta è la volta buona per il definitivo Grande Reset di Davos. Ce n’è voluto un po’, ma di emergenza in emergenza ci siamo arrivati:

AIDS, a colpirci nel nocciolo della vita e dei rapporti tra sessi da improntare a diffidenza, sospetto, paura, ostilità sociale,

TERRORISMO che, dall’11 settembre, è fatto sapientemente dilagare ovunque. Un terrorista a terrorizzarci dietro a ogni angolo, il mondo civile contro il barbarico islamico (e palestinese e iraniano e iracheno e libico e afghano e siriano). Sorveglianza, per carità, controllo, senza remore e senza limiti.

COVID, grande balzo in avanti sul piano della cancellazione dell’economia dei piccoli, garanzia di autonomia e autodeterminazione, a vantaggio della super-economia dei super-trans-grandi. Frantumazione della coesione sociale, “muori e fai morire”. Silenzio sugli effetti avversi che provocano enormi eccessi di mortalità ovunque si sia abbondato con vaccini e tamponi falsificanti, generazioni intere affette da miocarditi e altri guai. Un’intera umanità minata nelle difese immunitarie. Ma impaurita e sottomessa, pronta all’emergenza successiva. Che è

CLIMA, tutti colpevoli, come giurano i giovinotti mobilitati da Greta e dall’industria del Green, per aver emesso e fatto emettere CO2, secondo gli scienziati onesti il più innocente dei gas serra, oltre tutto necessario alla vita sulla terra (cosa che magari disturba i depopolatori), ma utilizzato per occultare gli inquinanti e inquinatori impuniti. Grossissima opportunità per nuovi profitti da devastazione della natura, della vita degli animali e della produzione di cibo Vai con milioni di giganti eolici e deserti ex-agricoli di lastre fotovoltaiche. E se le macchine elettriche, con quelle batterie non smantibili come l’uranio, provocano scempi geologici, idrici, sanitari e s’incendiano al primo botto, siamo comunque quelli fichi.

PUTIN, soluzione finale. Minaccia ontologica, neanche più comunista, ma avversa allo strapotere delinquenziale e guarrafondaio della classe dominante dello Stato dominante. Ovviamente privatizzato. Con limpida evidenza il Male, a prescindere, da rimuovere con il Bene di coloro che sanno come gestire il mondo, gli uomini e i subalterni. E ci sanno convincere che la lotta di classe non fosse stata che una scazzottatura tra ragazzi di Terza Media. Al peggio, invidia sociale. Lo si assicura dalle vette di tacchi 12cm.

Pionieri del fascismo duemila in marcia: Netaniahu, Zelensky, Meloni, Ursula e compari in UE e altri cacicchi messi sù qua e là dall’impero.

Poi la guerra, atomica o no, si farà o non si farà. Ce lo chiediamo sereni al tè delle cinque. Tanto saremo mica noi a combattere, morire o rimetterci, anzi. Ma intanto quel che conta è che, una volta di più, come per alcuni millenni, con poche sventurate e brevi eccezioni, in ben cinquant’anni siamo stati bravi a dare lezioni di disciplina, obbedienza, sottomissione, servitudine, a tutto il resto del mondo.

QUALCUNO FERMI URSULA, I BALTICI,  MA ANCHE MATTARELLA

mercoledì 5 marzo 2025

C’è ancora l’America Latina, chi l’avrebbe detto --- SCOSSE TELLURICHE DAL MESSICO ALL’ARGENTINA

 


C’è ancora l’America Latina, chi l’avrebbe detto

SCOSSE TELLURICHE DAL MESSICO ALL’ARGENTINA

 

 “Il ringhio del bassotto” Paolo Arigotti intervista  Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=iyVp0wMj43s

 

Il Messico da Obrador a Claudia Sheinbaum, nel segno della sovranità nazionale, dell’antimperialismo e dall’aggressività USA. Resta la questione del Chiapas, dove, fin dai tempi del sedicente Subcomandante Marcos, si manipolano le comunità zapatiste contro la sinistra messicana.

Il Nicaragua sandinista che supera l’ennesima cospirazione colorata, con protagonisti la CIA, il Vaticano, i media occidentali.

L’Honduras, liberatosi dalla dittatura imposta con il colpo di Stato di Obama nel 2009, continua la sua marcia verso un’autentica liberazione dalle multinazionali USA, a dispetto del tentativo di destabilizzarlo utilizzando bande criminali armate.

Il Venezuela, supera l’ennesimo golpismo USA, successivo a elezioni vittoriose per la rivoluzione bolivaria, portato avanti dalle eterne quinte colonne reazionarie, viene ora aggredita dal confine ovest da bande armate mercenarie che la Colombia di Petro e il Venezuela di Maduro cercano di contenere. Altro fronte a est, dove gli USA fomentano la militarizzazione della Guyana contro il Venezuela che ne rivendica il possesso storico della regione di confine.

Il Perù resta obiettivo strategico USA sul Pacifico. Dopo il dittatore stragista Fujimori, il governo antimperialista e sovranista di Pedro Castillo, tuttora carcerato ea dispetto di una rivolta indigena endemica, viene abbattuto dal golpe di Dina Boluarte, presidente del parlamento, su istigazione della Generale Laura Richardson, Comando Sud USA.

In Ecuador, dove la felice transizione, tra il 2007 e il 2017, da massima base Usa nel subcontinente a nazione sovrana e antimperialista realizzata da Rafael Correa, la contesa in vista del ballottaggio è tra il proconsole USA Daniel Noboa e l’esponente della Revolucion Ciudadana, Luisa Gonzales, entrambi al 44% al primo turno. Perenne resta l’ambiguità della formazione indigenista Pachakutik, al 5%, che incredibilmente non ha dato indicazione di voto.

La questione più dolorosa per lo schieramento antimperialista e bolivariano è data dalla Bolivia. Interrotto, con Evo Morales, tra il 2007 e il 2019, il processo di riscatto dalle dittature imposte dagli USA, con un golpe civile-militare, la sinistra antimperialista ha riconquistato il potere con un’inarrestabile vittoria elettorale di Luis Arce, valente economista di tutti i mandati di Morales.

Morales che, con la fuga in Messico e poi in Argentina al tempo del golpe, ha perso molto del suo prestigio nella popolazione e, specificamente, nel suo movimento MAS (Movimiento al Socialismo), ha poi insistito per essere candidato unico alle prossime elezioni presidenziali, contro il dettato della Costituzione, da lui già violato quando aveva preteso, prima del golpe un terzo mandato. Los scontro tra le due fazioni della società antimperialista, di Morales e Arce, ha lacerato il paese, mentre se ne vorrà approfittare il solito settore nettamente fascista dei latifondisti di Santa Cruz, perenni fomentatori di destabilizzazioni agli ordini degli USA.

Quanto all’Argentina, sta crescendo una sempre più diffusa resistenza sociale al manovratore della motosega, Milei, che però, nel frattempo, continua a segare tutto quanto corrispondeva a uno Stato e ai suoi compiti verso il cittadino.

Il Brasile, con lo storico doppiogiochista Lula, si barcamena. Si è rifiutato di riconoscere la vittoria di Maduro in Venezuela e, incredibile, ha posto il veto all’ingresso di Caracas nei BRICS. Del resto, la sua prima visita dopo l’elezione è stata a Biden.

Cina e Russia dappertutto. Ma non con basi militari e lanciamissili ai confini tra USA e Messico e Canada (tipo Ucraina). Con accordi di cooperazione paritaria su investimenti e lavori per infrastrutture, miniere, scambi. Trump se ne sta preoccupando.

 

Eccetera eccetera.

martedì 4 marzo 2025

Fulvio Grimaldi - "EUROGERMANIA" scassata ma armata: così la Bundeswehr ritorna Wehrmacht

 

Fulvio Grimaldi - "EUROGERMANIA" scassata ma armata: così la Bundeswehr ritorna Wehrmacht

 di Fulvio Grimaldi per L’Antidiplomatico

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-fulvio_grimaldi__eurogermania_scassata_ma_armata_la_bundeswehr_ritorna_wehrmacht/58662_59454/

Se ne sono dette di tutte sulle elezioni tedesche. Perlopiù a partire da un presupposto dato come marmoreo e perenne. Qui si prova a uscire un po’ dal coro e non me ne abbia a male il lettore…..

Sarà perché ho un antenato francese, il Capitano Pierre Francois De Gerbaulet che, scampato alla Notte di San Bartolomeo e alla strage degli ugonotti ordinata da Carlo IX, si rifugia in Germania, Vestfalia, e i suoi discendenti vi rimangono fino ai giorni nostri. Sarà perché ho passato la parte più cruda della guerra in Germania, da ragazzino quasi adolescente, e vi ho anche sparato contro gli angloamericani. Peraltro senza prenderci. E non mi è venuto neanche difficile, dopo aver visto a Germania ormai rasa al suolo, a Francoforte, Colonia, Coblenza, svuotare i palazzi dei loro abitanti a forza del fosforo di Churchill e Roosevelt. O dopo aver raccolto un mio compagno di classe, sfollato dalla Ruhr incenerita, sventrato dalle mitragliatrici degli Spitfire…….

Sarà perché a Monaco e a Colonia, con Thomas Mann, ho studiato Germanistica… Ma, pur guardando il mondo, e agendovi, da sinistra estrema, non concordo con quasi nessuno degli analisti che della Germania si dicono esperti (escluso Vladimiro Giacchè). Tanto meno ora, viste le valutazioni che si vanno facendo delle recenti elezioni….

….Qui si mettono di fronte, da un lato il variegato schieramento politico-ideologico cui l’occupante e poi padrino statunitense ha messo in mano il paese dal 1945 e da Adenauer a Schroeder, a Kohl, a Merkel, dall’altro, questa che viene anatemizzata come destra estrema, ultradestra, perfino neonazista, e anche senza il neo. Qui Ursula, Scholz, Pistorius, Habeck, Baerbock, ora Merz-Blackrock. All’opposto, allineate contro il muro, le entità incerte, per quanto pretese rigorosamenre definite, di Alice Weidel e Biorn Hoecke, la temibilissima organizzazione giovanile di AFD e altri. L’accostamento - in molto peggio - ai nostri meloniani, larussiani e poi casapoundiani arriva in automatico. Chi è estrema destra, cosa è estrema destra?......

…. L’OPLAN, Piano Operativo Germania, testè adottato, combina la nuova Bundeswehr con due strutture pubbliche civili, le amministrazioni e i governi dei singoli Laender. Vengono creati dalla Bundeswehr per ogni Land e a Berlino, Comandi del Territorio dotati di poteri esecutivi e costituenti un ponte tra autorità civile e autorità militare. Con le prime, in casi di emergenza, ovviamente subordinate alle seconde. E’ scritto: “I soldati e le soldatesse del  Landeskommando Berlino consigliano e assistono il Senato e i relativi organismi subordinati, quali polizia e Vigili del Fuoco. E ciò non soltanto nell’ipotesi di eventi disastrosi, bensì nel quadro complessivo della Difesa del territorio (Heimat)”. Questa struttura viene integrata dai Comandi di Collegamento nei vari quartieri. Al momento giusto, tutto il potere ai militari. Per quanto la Costituzione non lo dica…..

…. Concludendo, ragionando con Sahra Wagenknecht, il cui giudizio su Putin e UE mi renderebbe difficile votarla, se vogliamo parlare di schieramenti alla maniera di come l’Assemblea Nazionale Costituente si era distribuita nella Sala della Pallacorda il 17 giugno 1789, di sinistra in questo contesto non ce n’è proprio. Si dicono “sinistra” quelli che al posto dei diritti sociali hanno piazzato quelli civili, senza che il quadro liberista di fondo debba cambiare. E, con esso, inevitabilmente i rapporti di forza tra le classi. Tutti gli spazi dello Stato sono occupati da destre, più o meno estreme. Ma chi auspica e conduce guerre armate agli altri e sociali e poliziesche ai propri cittadini, per antonomasia è destra, superdestra, archetipo della destra, anticamera del nazismo. E si appresta a gestire il potere a Berlino.