Metapolitica-Il fuoriscena del Potere, condotto da Francesco Capo
https://www.youtube.com/live/GdhcE_jsl2I
https://www.youtube.com/live/GdhcE_jsl2I?si=sp62xAJyt_Lr6FgW
Quello che in questa trasmissione di Francesco Capo provo a
sottolineare è il fenomeno della quasi totale passività con la quale la società
italiana, colpita al cuore nella sua identità politica, storica, culturale,
sociale, ha reagito, NON reagito, a una trasformazione più radicale addirittura
di quella realizzata dal primo fascismo negli anni Venti. Passivizzazione
indotta e subita dalla popolazione in generale, ma con accentuazione di
particolare gravità nelle classi subalterne, proprio quelle contro le quali
l’operazione è concepita e diretta e che ne hanno di più da perdere.
Dal 21 al 23 giugno ero a Gambassi Terme, un borgo
straordinario di quella Toscana che nell’immaginario è collocata a custodia
della più incorrotta identità storica e culturale del paese. Una terra in cui da
bambino ascoltavo il pastore nelle campagne di Fiesole recitare per suo diletto
i versi della Commedia. Definirei Gambassi, dove ha appeno vinto una bella
civica, il ventricolo sinistro del cuore d’Italia.
Ebbene è stato lì e, a quanto mi risulta, solo lì, che in
questi giorni, dove almeno in un cartonato di Parlamento si sono affrontate calci
e pugni per esibire il tricolore, con un’organizzazione, un pubblico e dei
relatori si è denunciata lo stupro della nazione: premierato e autonomia
differenziata. In parole non fronzolute: dittatura e frantumazione. Roma,
Dante, i Fratelli Bandiera, la Repubblica Romana, Leopardi, Manzoni, i Vespri
Siciliani, la liberazione partigiana? Tutto al cesso.
Esagero? Hanno tagliato gli attributi dei presunti
rappresentanti eletti del popolo, al punto da massacrare di botte un
parlamentare che aveva offerto la bandiera a un senatore che, schifato, ne ha
innescato il pestaggio. A partire dall’oscenità assoluta Berlusconi, omo de
panza in cravatta e brillantina, hanno mosso guerra alla magistratura, terzo
Potere dello Stato democratico, quello che controlla e impedisce governi della
malavita (vedi Mani Pulite), arrivando con Nordio a incatenare il Pubblico
Ministero alla politica, come la Salis alla sua guardiana.
Già se ne vede l’effetto: il PM con famiglia capisce al volo
che quelli dei colletti bianchi non sono mai reati molto gravi. Meritano
comprensione, sono utili al fare… Mai come quelli di coloro che invadono le
piazze con scritte irriverenti su lenzuola o cartelli. Hanno violato articoli
dirimenti della Costituzione, tra cui quello contro la guerra, che inibisce di
uccidere e farsi uccidere (dopo l’anticipo serbo del governo del “compromesso
storico” D’Alema-Mattarella, con i Comunisti Italiani di Marco Rizzo a lustrare
le bombe).
Infine, essendo costoro una conventicola bigotta di valori
all’incontrario – un classico massonico-mafioso-fascista – sono
straordinariamente dotati di incompetenza, ignoranza, incultura e, dunque, di
supponenza e fregola di prevaricazione. E hanno fatto ciò che ogni impero esige
dalle sue marche periferiche, dai suoi vassalli, valvassori e, in questo caso, ragazzi
di bottega.
Con il premierato, dove un capofazione, monarca per grazia
di dio (?) e volontà del popolo bovinizzato (!), avesse anche solo un quarto
dei voti di quel 50% di chi da noi vota, gode di un manganello spazza-dissenso
assicuratogli dal premio di maggioranza, nell’aldilà si moltiplicano gli
orgasmi di trapassati come il Duce, il Fuehrer, Bokassa e Pio IX. E altrettanto fanno gli uomini-dollaro,
anticipatori dell’evento in quanto compilatori della letterina che la banca
d’affari prediletta dalla criminalità economica organizzata, J.P.Morgan, fece
pervenire nel 2013 al fiduciario Enrico Letta, capo del governo dependance.
Disse, quell’Ordine di Servizio del Reich: “Avete rotto con l’antifascismo,
basta con queste costituzioni democratiche”. E da allora, il torrente
Democrazia, scaturito nel 1945, ha gradualmente invertito il corso ed è
risalito a monte.
Dove oggi si è inabissato verso le sue misteriose origini.
Merito degli untorelli del capitalismo di sangue, guerra, Satman Singh e
Palestina.
Ma “voi volete il duce? E allora noi vogliamo i cacicchi!”,
fu il grido che pervase il Nord dal Tagliamento alle sorgenti di Padre Po.
Anche questo di grande soddisfazione, se non ai padri fondatori trapassati
sopra menzionati, a loro colleghi della forza di Carlo V, Cecco Beppe, Nicola
II, o Obama: “che nessuno delle consorterie di miei sudditi si permetta di
crescere oltre i 100 km quadrati”. Anche qui: per grazie di dio e volontà del
popolo: divide et impera.
E dunque ducati, marchesati, contadi, principati, regnucci e
repubblichette. Tutti ovviamente dotati di corti, cortigiani, buffoni di corte,
clientes. Oggi li chiamano regioni, ma è più o meno la stessa roba. Pensare che
lo Stato nazionale fosse una meta degna, da raggiungere per dare forza e
armonia alla propria voce nel trambusto planetario, è ubbia da lasciare al
barbone in camicia rossa, quello del cui nome si insignirono certe brigate.
Amici, salici piangenti, come è possibile che tutto questo
sia passato senza che quasi ce ne accorgessimo? E’ a tal punto che ci ha
ridotto la camicia di forza detta pandemia? Dove sono, davanti allo
sbrindellamento del paese costruito con sangue, sudore e monumenti a partire da
Romolo e Remo, o giù di lì. Furono i romani a chiamare Italia l’Italia. E come
si sarebbe non potuto, guardando la carta geografica e vedendo una
configurazione definita, circoscritta, in sé conclusa, come questa penisola:
organismo fisiologicamente perfetto, meglio del teorema di Pitagora, o di una
terzina di Dante. Nel suo mare. A dispetto di vicini e lontani. E difatti poi vennero
i barbari. E ognuno se ne prese un pezzo. E di Italia fino a Dante Alighieri
non se ne parlò più.
Come è stata possibile tanta inerzia davanti a fatti tanto
sconvolgenti, decisi da tanto pochi a danni imperituri di tanto tanti?
C’è, visibilissimo, l’arretramento di coloro che pensavamo,
al tempo della truffa covidiana, della presa per il culo climatica, della
guerra a noi e ai popoli, delle boiate sociocide della fluidità, fossero i
portavoce, mediatici e partitici, del nostro dissenso e della successiva
sollevazione. E’ la solita triste vicenda italiota dell’incendiario che si
riduce a pompiere, del comunista che torna a vivacchiare sottobraccio al
fascista, di quello che aveva colto in vela il vento che spirava da Oriente, ma
poi toccava anche remare ed era troppo dura.
L’affievolirsi di quelle trombe in pifferi ha fatto gioco al
fronte compatto degli orchestrali da bacchetta unica. Guardate come siamo messi
e poi ditemi come fa un cristiano, o anche un illuminato laico, a uscire dalla
boccia del pesce rosso che vede il mondo deformato dal vetro concavo in cui lo
hanno chiuso e dall’acqua con la quale lo hanno inondato.
C’è Elkann che ha i due giornali più importanti: Repubblica
e Stampa. C’è il berluschino Cairo che ha La7 e il primo quotidiano. C’è
Caltagirone che ha i campioni della provincia Messaggero, Gazzettino, Mattino.
C’è Angelucci che ha i fogliacci di regime, Libero, Il Giornale, Il Tempo. E
finisce lì l’informazione cartacea. Una volta c’erano gli editori. Mestiere?
Informare. Questi qua non sono editori, sono imprenditori. Il loro mestiere non
è l’informazione. E’ la comunicazione. Comunicazione di quanto il giro
capitalista del momento ti intima di dire, credere, fare. E che ti dà fuoco se
non ci stai. Comunicazione che serva a vendere: automobili, armi, palazzi,
farmaci, terapie. Tutto fuorchè informazione.
Altri giornaletti
trottano al seguito, mugolando le stesse cose, se no il capitalismo impersonato
da quei giornali grossi non gli fa avere la pubblicità che li fa sopravvivere.
Poi la TV. La rappresenta bene un omuncolo in bretelle rosse
che l’altra sera su La7 diceva che nessuno aveva aiutato tanto i palestinesi,
che “stuprano”, quanto gli USA. O quell’altro, su RAI1 che, mentre intervista
la capa del governo, fa la maglia con l’intarsio che dice: “Brava e bella
Giorgia”. O ancora uno che dal Libano, su Rainews24, annuncia “Buona Giornata a
Saxa Rubra” e poi solo “gli Hezbollah attaccano, Israele si difende e i
Falangisti, che sono bravi e giusti,non vogliono lo scontro con Israele…”
I Falangisti? Ma sì, sono quelli cui il premier e generale
israeliano Sharon disse di far fuori tutti i palestinesi nei campi di Sabra e
Shatila, ricordate? Per quello in bretelle Sharon è un fuoriclasse, ma
Netaniahu è il campione.
Con una stampa così, vuoi che vi parlino della fine
dell’Italia grazie a Premierato e Autonomia Differenziata? O che ci si possa rifare
ricorrendo alla Corte Costituzionale o Referendum? Magari! Ci credo poco. Chi
non esulterebbe a poter nominare il commissario della Nazionale? C’è solo da sperare nella rivolta di quel Sud
che da un paio di secoli è preso a calci. Guerra civile? Che sia.