https://www.youtube.com/watch?v=haEQNk6gE8M&feature=youtu.be
https://www.youtube.com/watch?time_continue=21&v=ZeVYbTw6omE
Qui sopra la copertina del mio documentario “TARGET IRAN”, realizzato durante il secondo mandato di Ahamdinejad, ma attuale più che mai, e due link youtube: al trailer del film e a una sua breve selezione. E’ l’unico docufilm italiano, per quanto mi risulta, che vi racconta l’Iran e il suo popolo antico e giovanissimo, le sue donne all’avanguardia sociale e professionale, la sua forte coscienza storica e patriottica, la sua incredibile bellezza, il suo ottimismo, il suo sorriso, i suoi governanti, i suoi combattenti, i suoi artisti, le vittime del terrorismo Mossad, al contrario del quadro offerto dai media al servizio dei necrofagi che non tollerano l’esistenza di indipendenza, sovranità, autodeterminazione, progresso sociale, cultura, civiltà. Copie dvd sono ottenibili scrivendo a visionando@virgilio.it.
Mi permetto di pubblicizzare e promuovere la diffusione di questo lungometraggio (85’) perché si è scatenato quello che promette essere un rinnovato tentativo USraeliano, con il conforto saudita e il beneplacito dell’UE, al cambio violento di regime in Iran, stavolta mettendoci tutto l’impegno dei due terroristi di Stato della cosiddetta “comunità internazionale (leggi NATO), Trump (con lo Stato Profondo Usa) e Netaniahu (sostenuto dalla lobby) e arrivando fino all’aggressione armata, con conseguenze apocalittiche non solo per il Medioriente.
Dal fallimento della “rivoluzione verde” alla lotta contro la “dittatura”
L’anticipazione di questa strategia, lubrificata dallo tsunami di falsità e diffamazioni di cui si incaricano i media mainstream, con particolare efficacia quelli di “sinistra” e la loro clientela di utili idioti e amici del giaguaro imperialista, la si è avuta nel 2009, al tempo delle elezioni che hanno rinnovato il mandato al migliore, più laico, antimperialista (si ricordi la sua amicizia con Hugo Chavez) e socialmente sensibile presidente iraniano, Mahmud Ahamdinejad. Venne scatenata la sedicente “rivoluzione verde”, dove settori della borghesia ricca, nostalgica della sanguinaria dittatura del fantoccio occidentale Reza Pahlevi e famelica di neoliberismo per poter sottrarre beni e diritti ai ceti popolari valorizzati da Ahmadinejad, vennero mandati, da agenti infiltrati del terrorismo internazionale, allo scontro con lo Stato. Il pretesto era il solito: brogli nella vittoria di Ahamedinejad, riscatto delle donne oppresse da burka e bigottismo patriarcale.
Allora si trattava eminentemente di ridurre la crescente influenza di Tehran sul cosiddetto “arco scita”, espressione depistante utilizzata per descrivere governi e popolazioni resistenti all’imperialismo Usa e israeliano,neutralizzare il suo ruolo di prezioso fornitore di gas e petrolio a paesi su cui l’Occidente intende esercitare il dominio energetico,bloccare il modello di emancipazione sociale messo in atto da Ahmadinejad e l’impetuoso sviluppo industriale del paese. Al centro della sceneggiata era la presunta volontà di Tehran di dotarsi di armamento atomico, quando la stessa IAEA (Agenzia ONU per l’energia atomica) insisteva a dimostrare che lo sviluppo nucleare dell’Iran era dedicato esclusivamente a uso civile: sanitario ed energetico.
Dall’”ultra conservatore” (leggi antimperialista) Ahmadinejad al “moderato” (leggi disponibile) Rouhani
Con l’avvento del “moderato” Hassan Rouhani, reso possibile dal fatto che il “conservatore” Ahmadinejad non poteva presentarsi per un terzo mandato e che il suo schieramento aveva fronteggiato le elezioni diviso (“moderato” e “conservatore” sono i termini che i media ci infliggono per designare chi è gradito e chi sgradito all’Occidente), avviene l’indecorosa resa, la rivincita dei “quartieri alti” di Tehran, un’offensiva privatizzatrice e, pietra angolare dell’indipendenza o meno del paese, l’accordo sul nucleare con gli Usa che ha privato l’Iran quasi interamente del suo potenziale di nucleare civile. Il che avrebbe dovuto portare alla normalizzazione dei rapporti con Usa e Occidente, alla fine di sanzioni tra le più feroci e genocide mai inflitte, alla pacificazione della regione. E’ sotto gli occhi di tutti a cosa ha portato l’arrendevolezza di Rouhani.
Il regime change di Obama, Hillary Clinton e Netaniahu fallì clamorosamente, ma a dispetto della “disponibilità” offerta dalla direzione iraniana (peraltro niente affatto unita, ma fortemente contrastata dalla Guida Suprema, Ali Khamenei e dai settori più avanzati e coscienti del paese, guidati dai Guardiani della Rivoluzione), non cessò, anzi assunse toni sempre più isterici e violenti la campagna politico-mediatica occidentale di contumelie e fake news, accompagnata da ondate di attentati terroristici contro scienziati iraniani e la stessa popolazione civile, affidati a una setta di fuorusciti riparata a Parigi e a Washington e da lì foraggiata e armata, i Mujahedin del Popolo (MEK). Il sostegno dato dall’Iran, sotto pressione dei non silenziati ambienti antimperialisti e antisionisti, alla resistenza irachena e iraniana contro Usa, Israele, Nato e loro mercenariato jihadista, l’impetuosa crescita del suo prestigio e della sua influenza nella regione e al di là di essa, hanno fatto saltare i nervi ai suoi nemici. E siamo ai pogrom di oggi che annunciano una nuova “rivoluzione verde” che in Occidente si spera risolutrice. Ma che non lo sarà, alla luce dell’unità del popolo iraniano, della sua coscienza politica, del suo patriottismo.
Dal golpe contro Mossadeq ai pogrom di oggi: la costante di una deformazione della verità sull’Iran
Dal giorno in cui la rivoluzione khomeinista ha posto fine alle ingerenze colonialiste e poi imperialiste (si ricordi il colpo di Stato angloamericano contro il premier Mossadeq nel 1952 e la restaurazione imperiale sotto lo Shah), l’Occidente non ha mai cessato di fornire all’opinione pubblica un quadro grottescamente distorto dell’Iran e dei suoi 80 milioni di abitanti. Oggi si riparte con la totale falsità di una dittatura, una società oppressa dal clero, una catastrofe economico-sociale, una matrice di terrorismo e instabilità in tutta la regione. La potenza che s’inventa interferenze russe nelle proprie elezioni, ma che non ha trascurato di intervenire, con tangenti, ricatti, manipolazione di settori sociali, tsunami mediatici e colpi di Stato, in praticamente ogni processo elettorale e genericamente politico dove fosse in gioco il dominio Usa, rinnova l’operazione fallita del 2009: obiettivo, ancora una volta il regime change e, in mancanza, l’aggressione, o diretta, o affidata a surrogati.
Le politiche neoliberiste di Rouhani, che hanno annullato in parte il progresso delle classi popolari realizzato da Ahmadinejad, ma soprattutto le sanzioni che l’accordo nucleare avrebbe dovuto far sospendere, ma che Trump ha rafforzato, hanno peggiorato le condizioni di vita di vaste masse: aumento dei prezzi di carburanti ed energia, annullamento dei sussidi alimentari, inflazione, crisi del bazar, disoccupoazione. Ed è successo quanto s’è visto e documentato a Kiev, Bengasi in Libia, Deraa in Siria, Caracas. Parte una pacifica rivendicazione di piazza in varie città iraniane, nel giro di ore, secondo un programma dettagliato pubblicato in rete, in varie città spuntano gruppetti di non più di 50 soggetti che, alle richieste di aumenti salariali e altri interventi economici, sovrappongono slogan anti-sistema, contro il governo e, con particolare virulenza contro il “dittatore” Khamenei, che è dittatore quanto lo è il capo di Stato di qualsiasi paese europeo.
La monotonia dei copioni per le rivoluzioni colorate
Allora si trattava eminentemente di ridurre la crescente influenza di Tehran sul cosiddetto “arco scita”, espressione depistante utilizzata per descrivere governi e popolazioni resistenti all’imperialismo Usa e israeliano,neutralizzare il suo ruolo di prezioso fornitore di gas e petrolio a paesi su cui l’Occidente intende esercitare il dominio energetico,bloccare il modello di emancipazione sociale messo in atto da Ahmadinejad e l’impetuoso sviluppo industriale del paese. Al centro della sceneggiata era la presunta volontà di Tehran di dotarsi di armamento atomico, quando la stessa IAEA (Agenzia ONU per l’energia atomica) insisteva a dimostrare che lo sviluppo nucleare dell’Iran era dedicato esclusivamente a uso civile: sanitario ed energetico.
Dall’”ultra conservatore” (leggi antimperialista) Ahmadinejad al “moderato” (leggi disponibile) Rouhani
Con l’avvento del “moderato” Hassan Rouhani, reso possibile dal fatto che il “conservatore” Ahmadinejad non poteva presentarsi per un terzo mandato e che il suo schieramento aveva fronteggiato le elezioni diviso (“moderato” e “conservatore” sono i termini che i media ci infliggono per designare chi è gradito e chi sgradito all’Occidente), avviene l’indecorosa resa, la rivincita dei “quartieri alti” di Tehran, un’offensiva privatizzatrice e, pietra angolare dell’indipendenza o meno del paese, l’accordo sul nucleare con gli Usa che ha privato l’Iran quasi interamente del suo potenziale di nucleare civile. Il che avrebbe dovuto portare alla normalizzazione dei rapporti con Usa e Occidente, alla fine di sanzioni tra le più feroci e genocide mai inflitte, alla pacificazione della regione. E’ sotto gli occhi di tutti a cosa ha portato l’arrendevolezza di Rouhani.
Il regime change di Obama, Hillary Clinton e Netaniahu fallì clamorosamente, ma a dispetto della “disponibilità” offerta dalla direzione iraniana (peraltro niente affatto unita, ma fortemente contrastata dalla Guida Suprema, Ali Khamenei e dai settori più avanzati e coscienti del paese, guidati dai Guardiani della Rivoluzione), non cessò, anzi assunse toni sempre più isterici e violenti la campagna politico-mediatica occidentale di contumelie e fake news, accompagnata da ondate di attentati terroristici contro scienziati iraniani e la stessa popolazione civile, affidati a una setta di fuorusciti riparata a Parigi e a Washington e da lì foraggiata e armata, i Mujahedin del Popolo (MEK). Il sostegno dato dall’Iran, sotto pressione dei non silenziati ambienti antimperialisti e antisionisti, alla resistenza irachena e iraniana contro Usa, Israele, Nato e loro mercenariato jihadista, l’impetuosa crescita del suo prestigio e della sua influenza nella regione e al di là di essa, hanno fatto saltare i nervi ai suoi nemici. E siamo ai pogrom di oggi che annunciano una nuova “rivoluzione verde” che in Occidente si spera risolutrice. Ma che non lo sarà, alla luce dell’unità del popolo iraniano, della sua coscienza politica, del suo patriottismo.
Dal golpe contro Mossadeq ai pogrom di oggi: la costante di una deformazione della verità sull’Iran
Dal giorno in cui la rivoluzione khomeinista ha posto fine alle ingerenze colonialiste e poi imperialiste (si ricordi il colpo di Stato angloamericano contro il premier Mossadeq nel 1952 e la restaurazione imperiale sotto lo Shah), l’Occidente non ha mai cessato di fornire all’opinione pubblica un quadro grottescamente distorto dell’Iran e dei suoi 80 milioni di abitanti. Oggi si riparte con la totale falsità di una dittatura, una società oppressa dal clero, una catastrofe economico-sociale, una matrice di terrorismo e instabilità in tutta la regione. La potenza che s’inventa interferenze russe nelle proprie elezioni, ma che non ha trascurato di intervenire, con tangenti, ricatti, manipolazione di settori sociali, tsunami mediatici e colpi di Stato, in praticamente ogni processo elettorale e genericamente politico dove fosse in gioco il dominio Usa, rinnova l’operazione fallita del 2009: obiettivo, ancora una volta il regime change e, in mancanza, l’aggressione, o diretta, o affidata a surrogati.
Le politiche neoliberiste di Rouhani, che hanno annullato in parte il progresso delle classi popolari realizzato da Ahmadinejad, ma soprattutto le sanzioni che l’accordo nucleare avrebbe dovuto far sospendere, ma che Trump ha rafforzato, hanno peggiorato le condizioni di vita di vaste masse: aumento dei prezzi di carburanti ed energia, annullamento dei sussidi alimentari, inflazione, crisi del bazar, disoccupoazione. Ed è successo quanto s’è visto e documentato a Kiev, Bengasi in Libia, Deraa in Siria, Caracas. Parte una pacifica rivendicazione di piazza in varie città iraniane, nel giro di ore, secondo un programma dettagliato pubblicato in rete, in varie città spuntano gruppetti di non più di 50 soggetti che, alle richieste di aumenti salariali e altri interventi economici, sovrappongono slogan anti-sistema, contro il governo e, con particolare virulenza contro il “dittatore” Khamenei, che è dittatore quanto lo è il capo di Stato di qualsiasi paese europeo.
La monotonia dei copioni per le rivoluzioni colorate
Se “morte al dittatore” e “morte a Khamenei” ci riportano dritti dritti agli auspici di morte indirizzati a Maduro, Gheddafi o Assad dal mercenariato jihadista di Obama-Clinton, l’inconfutabile marchio israeliano risuona, poi, nelle imprecazioni contro il ruolo regionale dell’Iran e contro l’impegno per la Palestina, Gaza e il Libano: “Giù le mani dal Medioriente”, “No Gaza”, “No Libano”. Non passano che poche ore e, immancabili, partono colpi di arma da fuoco, non si capisce bene da quale parte (per i media occidentali inconfutabilmente dalla polizia) e cadono le prime vittime. A tempo scaduto, escono fuori prove, video, testimonianze e confessioni che attestano la presenza di infiltrati impegnati a sparare sulla folla. Su questo aspetto, tuttavia, i massmedia appaiono distratti. Come ciechi e sordi, “diversamente abili”, appaiono a fronte della immediate e di gran lunga numericamente superiori manifestazioni di massa a sostegno del governo e contro i complottisti stranieri.
Guarda chi c’è: Amnesty e, in coda, il manifesto
Intanto hanno lucidato le proprie trombe tutti gli squalificatissimi arnesi della cosiddetta “società civile” e dei “diritti umani”, gli scontati travestimenti dell’intelligence imperialista, da Amnesty International a HRW e alla National Endowment for Democracy, con pesce pilota, da noi, il “manifesto”, zelantissimo su tutte le campagne delle false sinistre e vere destre internazionali: russofobia, “dittatori”, migranti e Ong sorosiane, molestie, gender, “populisti”, “sovranisti”, “minaccia fascista” incombente (che, per carità, non riguarda mica censura, militarizzazione, securitarismo, bellicismo, colonialismo, guerra ai poveri su entrambi i lati dell’Atlantico). Ogni tanto , nell’idea fallace che pure in quelli del “manifesto” debba sopravvivere un briciolo di morale e di onestà intellettuale (non penso agli auto- ipnotizzati che contribuiscono pensando di scrivere per un giornale dalla parte dei deboli e oppressi), mi chiedo se gli balena mai il sospetto di aver dato il proprio contributo allo squartamento di Jugoslavia, Libia, Siria, Iraq e, con questo, all’eliminazione di milioni di innocenti. Se lo chieda anche il comunista Manlio Dinucci.
Una di queste entità, la Foundation for Defense of Democracies, del talmudista Mark Dubowitz, ha sintetizzato il programma di distruzione dell’Iran, nel plauso del direttore della Cia, Mike Pompeo e del segretario di Stato Tillerson, nei termini di un appello a Trump di lanciare “l’offensiva finale contro il regime di Tehran, indebolendone le finanze attraverso più massicce sanzioni economiche e minandone la direzione attraverso la mobilitazione delle forze pro-democrazia”. Al tempo stesso il Congresso ha votato cospicui finanziamenti ai terroristi del MEK, la cui presidente, Maryam Rajavi, non ha perso l’occasione peri incitare “l’eroico popolo dell’Iran” all’assassinio del dittatore Khamenei e alla liberazione dei prigionieri politici.
Neda Soltan e il trucchetto
Presto emergerà una nuova eroina-simbolo della “rivoluzione democratica”, sul modello di Neda Soltan, ricordate? La giovane manifestante di Tehran uccisa dagli agenti del regime di cui, poi, un video dimostrava la finta morte allestita con finto sangue dai suoi compari e un giornale tedesco, la Sueddeutsche Zeitung, la resurrezione in Germania.
Nulla di nuovo sotto il sole. Solo che questa volta temo che, constati i propri rovesci in Medio Oriente, grazie anche all’Iran, i veri Stati canaglia vogliano andare fino in fondo. E qui, amici, la controinformazione è vitale. Soprattutto per spuntare le frecce avvelenate che, in partenza dall’house organ sorosiano che si fregia del vezzeggiativo “quotidiano comunista”, contaminano le facoltà raziocinanti di tanti dabbenuomini e tante dabbendonne, anche femministe, anche LGBTQ, al punto da trascinarseli appresso nel lastricare la strada dell’inferno.
Guarda chi c’è: Amnesty e, in coda, il manifesto
Intanto hanno lucidato le proprie trombe tutti gli squalificatissimi arnesi della cosiddetta “società civile” e dei “diritti umani”, gli scontati travestimenti dell’intelligence imperialista, da Amnesty International a HRW e alla National Endowment for Democracy, con pesce pilota, da noi, il “manifesto”, zelantissimo su tutte le campagne delle false sinistre e vere destre internazionali: russofobia, “dittatori”, migranti e Ong sorosiane, molestie, gender, “populisti”, “sovranisti”, “minaccia fascista” incombente (che, per carità, non riguarda mica censura, militarizzazione, securitarismo, bellicismo, colonialismo, guerra ai poveri su entrambi i lati dell’Atlantico). Ogni tanto , nell’idea fallace che pure in quelli del “manifesto” debba sopravvivere un briciolo di morale e di onestà intellettuale (non penso agli auto- ipnotizzati che contribuiscono pensando di scrivere per un giornale dalla parte dei deboli e oppressi), mi chiedo se gli balena mai il sospetto di aver dato il proprio contributo allo squartamento di Jugoslavia, Libia, Siria, Iraq e, con questo, all’eliminazione di milioni di innocenti. Se lo chieda anche il comunista Manlio Dinucci.
Una di queste entità, la Foundation for Defense of Democracies, del talmudista Mark Dubowitz, ha sintetizzato il programma di distruzione dell’Iran, nel plauso del direttore della Cia, Mike Pompeo e del segretario di Stato Tillerson, nei termini di un appello a Trump di lanciare “l’offensiva finale contro il regime di Tehran, indebolendone le finanze attraverso più massicce sanzioni economiche e minandone la direzione attraverso la mobilitazione delle forze pro-democrazia”. Al tempo stesso il Congresso ha votato cospicui finanziamenti ai terroristi del MEK, la cui presidente, Maryam Rajavi, non ha perso l’occasione peri incitare “l’eroico popolo dell’Iran” all’assassinio del dittatore Khamenei e alla liberazione dei prigionieri politici.
Neda Soltan e il trucchetto
Presto emergerà una nuova eroina-simbolo della “rivoluzione democratica”, sul modello di Neda Soltan, ricordate? La giovane manifestante di Tehran uccisa dagli agenti del regime di cui, poi, un video dimostrava la finta morte allestita con finto sangue dai suoi compari e un giornale tedesco, la Sueddeutsche Zeitung, la resurrezione in Germania.
Nulla di nuovo sotto il sole. Solo che questa volta temo che, constati i propri rovesci in Medio Oriente, grazie anche all’Iran, i veri Stati canaglia vogliano andare fino in fondo. E qui, amici, la controinformazione è vitale. Soprattutto per spuntare le frecce avvelenate che, in partenza dall’house organ sorosiano che si fregia del vezzeggiativo “quotidiano comunista”, contaminano le facoltà raziocinanti di tanti dabbenuomini e tante dabbendonne, anche femministe, anche LGBTQ, al punto da trascinarseli appresso nel lastricare la strada dell’inferno.
15 commenti:
Ecco il nuovo post,prima di quanto si pensava! Intanto Belpietro viene assolto per un titolo abbastanza esplicito che puo' contribuire ad oliare i cannoni contro l'Iran (iraniani=islamici=terroristi), almeno quelli dell'informazione. In realta' un martire da usare contro l'Iran gia' ci sarebbe, lo scienziato che avrebbe lavorato anche in Italia ed e' processato dagli iraniani per il concorso in omicidio di quattro scienziati iraniani. Amnesty non si e' limitata a chiedere clemenza o grazia, ma chiederebbe l'annullamento del processo e l'istituzione di un nuovo processo "imparziale e tutte le possibilita' di difesa per l'imputato". Su facebook gia' girano le varie petizioni. Peraltro mi ricordo ancora dell'angelizzazione di Sakineh, per tanti, CGIL compresa, vittima della "misogenia intrinseca nell'islam e tipica dell'Iran", ma in realta' brutale uxoricida, piu' volte data per giustiziata ed invece liberata dai terribili iraniani. Mi ricordo peraltro la testimonianza di un ricercatore iraniano che conobbi nel 2009 a proposito quei "democratici manifestanti" del 2009 che di fatto impedirono al padre per due mesi di svolgere la professione di dentista costringendolo a tenere chiuso lo studio. E di aver conosciuto in quel periodo iraniane giovani e belle che non mi hanno mai detto di essere state obbligate ad indossare nel loro paese ne' il burka ne il niqab.
Due anni fa ero andato in vacanza in Iran. Avevo trovato una popolazione stupenda, accogliente, amichevole. Una nazione ordinata, efficiente, tollerante.
Mario
E' tutto nelle mani degli iraniani. Fortunatamente hanno di fronte agli occhi i risultati delle altre "rivoluzioni colorate". I persiani sono un popolo per lo più istruito e culturalmente ricco, con tutti i distinguo possibili dovuti al contesto politico odierno. Sanno che cosa gli aspetta in questo preciso momento storico in caso di destabilizzazione del paese, o di cedimento. La soluzione Siria o quella Libia (meno quella Iraq) sono pronte a scattare.
Nessuna persona scontenta del proprio governo o del sistema di potere vorrebbe la distruzione del proprio paese e la riduzione a macerie delle città.
Quanto ai nostri media è ormai tutto così chiaro, che non vale minimamente la pena leggere o ascoltare il solito veleno a reti unificate.
Dopo l'opzione rivolta, che propabilmente fallirà miseramente, si tenterà l'aggressione militare... è evidente che dagli USA è arrivato il via alle operazioni. Niente di più facile che si cominci con attacchi terroristici, finti massacri per giustificare poi il solito appoggio alle "forze democratiche" di turno pronte a prendere le armi (curdi?).
Le dichiarazioni deliranti di Trump e il coro MSM fanno pensare che questa volta la cosa non finirà qui. Del resto la destabilizzazione dell'Iran potrebbe facilitare un riavvio delle ostilità in Siria e costringere di nuovo i russi ad intervenire, portando ad un nuovo dispendio di uomini e risorse (i russi se lo possono davvero permettere?).
Forse potrebbe esserci un collegamento con le elezioni russe, anche se la rielezione di Putin appare piuttosto scontata.
Anonimo@ Condivido molto delle tue congetture, ma credo anche che, in assenza di un intervento armato diretto (non lo rischiano mai contro un paese forte che gli può far male), o dell’atomica di Israele, possono giocarsi la carta della destabilizzazione interna ricorrendo all’Isis, al MEK e alle minoranze interne. Teoria del Caos. Sempre meglio di un Iran in grado di rafforzare il suo ruolo regionale.
Quando nella seconda metà degli anni settanta frequentavo la facoltà di Architettura abitai per un periodo con due studenti Iraniani: Bijan e Hassan . In Iran allora c’era ancora lo scià Reza Pahlavi. Bijan figlio di un funzionario di banca era naturalmente benestante e parteggiava per il monarca. Hassan di estrazione popolare mi parlava invece dell’ l'Ayatollah Khomeini, allora in esilio in Francia, come figura di riferimento per la futura rivoluzione. Già allora avevo capito da che parte stare. Quando nel 1979 lo Scià fuggi dall’Iran, Hassan anche se da li a poco, come me, si sarebbe laureato, lasciò tutto e partì per partecipare alla rivoluzione. Di lui poi ho perso ogni traccia, e anche il mio interesse per l’Iran è scemato. Naturalmente però mai sono caduto nelle trappole mediatiche che ne hanno fatto uno stato “canaglia”.
Ho visto il tuo bellissimo documentario e penso che dovrebbe essere proiettato in tutte le Scuole Pubbliche Superiori e nelle Università. Ringraziandoti volevo chiederti se è vero che Soros possiede ONG in Iran.
Pier Luigi
Pier Luigi@
Si può dire con sufficiente approssimazione che tutte le ONG di una certa importanza internazionale e che si intitolano ai "diritti umani", contro le "dittature" e per i migranti sono finanziate da Soros o dalla sua Open Society Foundation. Pubblicamente, con tanto di docuimento nominativo, Soros afferma di avere sotto controllo oltre 200 eurodeputati, tra cui Cofferati, Pitella e la Spinella.
Il solito copione, la medesima sceneggiatura, i soliti finanziatori ed attori con le solite "presstitutes" di regime al seguito (corporate whores). Una vera porcata schifosa, come in Siria, Libia, Iraq, Afghanistan, Iugoslavia, Ucraina, Honduras, solo per restare in questi ultimi anni. Disgustosi globalisti assassini. Perderanno tutto.
Max
Ecco come il Corriere della Sera sdogana addirittura il regime di Reza Phalevi come un regime di libertà dove le donne potevano fare quello che volevano, anche "non mettere il velo"! Non un cenno alla polizia politica ed alle migliaia di scomparsi dalle carceri iraniane.
http://www.corriere.it/esteri/18_gennaio_03/01-esteri-aprecorriere-web-sezioni-aa055c32-eff7-11e7-ae90-7494db7ac3d7.shtml
Alex1@
Anche Sky ci ha mostrato i bikini e le minigonne del felice tempo dello Shah e... della SAVAK (ne ho visto il carcere...)
Mi stupisce che ti stupisci.
Felice di vederti di nuovo in prima linea.
Mi stupisco perché ogni tanto penso che ci sia ancora un limite alla decenza, sia pure in una generale disinformazione. Ma si vede che non è così.
Caro Fulvio, a proposito di un articolo di P.Barabino sul fatto quotidiano del 3 gennaio, “Iran, ricercatrice a Teheran: La ragazza che si è tolta il velo? Semplificazione dei media a uso del lettore occidentale”, nella rubrica dei commenti ho espresso il mio no comment rispetto al fatto che la ricercatrice intervistata, pur vivendo da un anno a Tehran e occupandosi di sociologia, spacciava ancora, assecondata dal giornalista, la mega bufala dell’uccisione di Neda Soltan. Ho poi fornito il link al tuo articolo. Dopo qualche ora sono stato ringraziato in un commento di una lettrice per la dritta sul tuo articolo “tanto interessante quanto misconosciuto” e per essere “probabilmente uno dei pochi non-troll a stelle e strisce” in quel blog. Penso sia dunque doveroso che io ringrazi te che sei all’origine del ringraziamento da me ricevuto, e così approfitto per farti anch’io i miei migliori auguri a 360 gradi!
Aldo@
Caro Aldo, bel lavoro, complimenti. E grazie!
Giulietto Chiesa insieme ad altri costruisce la "Lista del popolo" qualche giorno fa ho visto un attivista fare volantinaggio. Ma al di là delle buone intenzioni, quale può essere l'intento di una lista di cui non si conosce nulla del programma? Portare due o tre deputati? Per fare poi cisa?
Consiglio questo bel pezzo sulle false prospettive, occidentali e non, su evoluzioni e rivoluzioni iraniane, che immagino condividerai:
thevision.com/attualita/non-capiamo-iran/
saluti, Pancho.
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